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Un quadro generale sulla prassi della dismissione nei primi tre anni di applicazione del Testo unico

3. L’ATTUAZIONE DEL CONTENUTO DEI PIANI DI RAZIONALIZZAZIONE: MODALITÀ DI DISMISSIONE DELLE

3.5 Analisi di alcuni casi concreti di dismissione delle partecipazioni

3.5.1 Un quadro generale sulla prassi della dismissione nei primi tre anni di applicazione del Testo unico

Viste le modalità di dismissione delle partecipazioni non consentite dalle norme contenute nel Testo unico, conviene provare ad addentrarsi nella logica delle scelte operate delle pubbliche amministrazioni relativamente all’una ovvero all’altra misura di razionalizzazione.

Come detto più volte, effettuata la ricognizione delle partecipazioni ai sensi dell’art.

24 ovvero l’analisi delle società ai sensi dell’art. 20, qualora una pubblica amministrazione riscontri la sussistenza delle criticità di cui all’art. 20, comma 2, del Testo unico, deve procedere alla redazione di un piano che contenga idonee misure di razionalizzazione al fine di eliminare le suddette criticità.

129 La giurisprudenza civile ha chiarito che la società per azioni con partecipazione pubblica non muta la sua natura di soggetto di diritto privato per il solo fatto che un ente pubblico ne possegga, in tutto o in parte, le azioni. (Cass. Civ., Sez. Un., n. 7799/2005; Cass. Civ., Sez. Un., 17287/2006)

130 Tra i quali si menzionano:

- Corte dei conti, sez. contr. Regione Basilicata, par. n. 2806/2011;

- Corte dei conti, sez. contr. Regione Lombardia, par. n. 5191/2012, par. 337/2013 - Corte dei conti, sez. contr. Regione Veneto, par. n. 980/2012;

- Corte dei conti, sez. contr. Regione Piemonte, delib. n. 487/2012.

In prima analisi, si può affermare che la compresenza di più criticità indirizza le decisioni delle pubbliche amministrazioni in sede di redazione del piano di riassetto in merito alla partecipazione in esame.

In fin dei conti, il Testo unico contiene delle regole stringenti per la detenibilità di una partecipazione societaria in capo ad una pubblica amministrazione, con l’obiettivo – palesato dalla legge delega, oltre che dai precedenti interventi normativi – di ridurne il numero; parametri che devono essere compresenti nelle società al fine di legittimare la partecipazione pubblica.

Qualora uno o più di tali parametri non sussistano, la pubblica amministrazione deve intervenire con un piano di riassetto che contenga le misure di razionalizzazione idonee a seconda del caso concreto; quindi, il Testo unico prevede un obbligo di razionalizzazione ma, come si evince dalla prassi che vede pubbliche amministrazioni disporre differenti misure in casi simili, la misura in concreto da adottare dipende da una molteplicità di fattori.

Ridurre il numero delle partecipazioni non ha, quindi, come unica strada l’alienazione delle stesse, sebbene questa sia considerata la “via maestra” dalla dottrina131.

Certamente la si può considerare “via maestra” – come si evince dalla prassi dei primi tre anni di applicazione del Testo unico – nel caso in cui l’unico fattore critico sussistente relativamente ad una partecipazione detenuta sia dato dalla circostanza che quest’ultima afferisca ad una società che svolge un’attività non strettamente necessaria per il perseguimento delle finalità istituzionali dell’ente pubblico socio (art. 20, comma 2, lett a, che rinvia all’art. 4).

In questo caso, infatti, non si tratta di un difetto strutturale dato dalla presenza di un numero maggiore di amministratori rispetto al numero dei dipendenti, né vi è la necessità di ridurre i costi ovvero di aggregare due società che svolgono attività analoghe o simili: si tratta di dovere effettivamente eliminare una partecipata dall’organigramma societario di una pubblica amministrazione in quanto svolge un attività irrimediabilmente incompatibile con le finalità istituzionali di quest’ultima.

L’avverbio “irrimediabilmente” lascia uno spiraglio per quei casi in cui la pubblica amministrazione possa deliberare in merito ad una modifica dell’oggetto sociale per far sì che l’attività della società rientri tra quelle consentite dall’art. 4 del Testo unico:

131 Marasà G., Considerazioni su riordino e riduzione delle partecipazioni pubbliche nel t.u. (d.lgs.

175/2016) integrato e corretto (d.lgs. n. 100/2017), 1° agosto 2017, op. cit.

una strada non sempre percorribile, specie nei casi in cui l’ente pubblico detenga una quota di minoranza che non permette di modificare lo statuto agevolmente132.

Bisogna precisare che il numero di azioni o di quote possedute da una pubblica amministrazione in una società avente ad oggetto la produzione di beni e servizi non strettamente necessaria alle sue finalità istituzionali incide non solo sulla scelta tra la dismissione e il mantenimento, potendosi (ad esempio) in questo secondo caso ricorrere ad una modifica dell’oggetto sociale (nei limiti di quanto permesso), ma anche sulle stesse modalità di dismissione.

Infatti, se la pubblica amministrazione possiede la maggioranza delle quote o delle azioni è più facile che si proceda alla dismissione delle partecipazioni mediante lo scioglimento della società e la liquidazione, altrimenti, quando l’ente pubblico detiene partecipazioni di minoranza in una società, la dismissione è comunque attuabile mediante l’alienazione delle quote o delle azioni detenute dall’ente pubblico nella società in questione.

Qualora l’alienazione – da attuarsi secondo le modalità di cui all’art. 10 del Testo unico – non avviene entro un anno dalla ricognizione, si procede alla liquidazione della partecipazione in denaro in base ai criteri di cui all’art. 2437-ter, secondo comma, attraverso il procedimento di cui al successivo art. 2437-quater del codice civile.

Nelle motivazioni ai piani di riassetto adottati all’esito della revisione straordinaria133 con riferimento alle partecipazioni societarie che non rientravano nelle categorie di cui all’art. 4 (art. 20, comma 2, lett. a) la Regione Marche ha evidenziato la questione disponendo l’alienazione in quanto “non possedendo la maggioranza delle azioni non si può procedere alla liquidazione della società”.

Si può avere un analogo riscontro prendendo visione dei piani di revisione straordinaria e di razionalizzazione della Provincia di Pesaro e di Urbino.

In particolare, la suddetta amministrazione provinciale marchigiana (attraverso il suo Consiglio provinciale) – all’interno del piano di revisione straordinaria134 – ha previsto la dismissione delle partecipazioni in società che non rispettavano i requisiti richiesti

132 Basti pensare che per la modifica dell’oggetto sociale, la cui delibera deve essere adottata dall’assemblea straordinaria, è necessario il voto favorevole di tanti soci che rappresentano più della metà del capitale sociale in prima convocazione, mentre, in seconda convocazione è necessaria una maggioranza rafforzata di più di un terzo del capitale sociale; per approfondimenti sul tema si veda Campobasso G.F., Diritto commerciale. Vol. 2. Diritto delle società, a cura di Campobasso M., 9°

edizione, Torino, UTET giuridica, 2015, p. 314 e ss.

133 Revisione straordinaria delle partecipazioni societarie detenute dalla Regione Marche contenuta nella Deliberazione della Giunta regionale n. 1101 del 25/09/2017.

134 Delibera Consiglio provinciale n. 32/2017.

dall’art. 20, comma 2, del Testo unico, potendo procedere alla liquidazione solo quando deteneva la totalità delle partecipazioni, come nel caso della società denominata “Valore Immobiliare s.r.l.” che presentava perdite reiterate.

In altre società in cui la Provincia di Pesaro e di Urbino deteneva una quota di partecipazione esigua e che non rispettavano i requisiti di cui al suddetto art. 20, l’amministrazione provinciale ha dovuto disporre l’alienazione mediante gara pubblica ovvero, subordinatamente all’infruttuosità di quest’ultima, il recesso e la liquidazione della quota.

3.5.2 La Legge Delrio ha rimischiato il mazzo di carte delle società pubbliche

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