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Il quadro normativo di riferimento 30

Nel documento I futuri della città: la città solidale (pagine 31-35)

1.4 Le specificità del caso italiano 28 

1.4.1 L’universo delle politiche migratorie 29

1.4.1.1 Il quadro normativo di riferimento 30

Nell’ambito delle politiche migratorie, occorre innanzitutto delineare le principali caratteristiche del contesto normativo internazionale, a partire dalla dichiarazione dell’ONU che assume un elevato valore morale e politico, comprendendo in primo luogo la dichiarazione universale di uguaglianza di fronte alla legge, il diritto ad un giudice indipendente ed imparziale, il divieto di trattamenti disumani e il principio di irretroattività della legge penale. Allo stesso tempo, notevole importanza riveste la convenzione n. 143 del 24 giugno 1975 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) relativa alle migrazioni in condizioni abusive e alla promozione di pari opportunità e uguale trattamento dei lavoratori migranti, ratificata dallo Stato italiano con legge 10 aprile 1981 n.158. La suddetta convenzione impegnava in primo luogo a combattere le migrazioni clandestine, ma anche ad assicurare ai lavoratori comunque presenti sul territorio italiano un trattamento basato su criteri di umanità, garantendo agli stessi in ogni caso i diritti fondamentali della persona ed assicurando nel caso di migrazione legittima situazioni di sostanziale parità con i cittadini lavoratori.

31 Nel contesto normativo comunitario, il trattato costitutivo della Comunità Europea, stipulato nel 1957, non prevedeva nessuna norma specifica in tema di immigrazione; il problema veniva affrontato in prima istanza con il trattato di Roma, che affermava in linea di principio il diritto alla libertà di movimento finalizzata allo svolgimento di attività lavorativa, e successivamente tra il 1974 e il 1976 in occasione di un programma a favore dei lavoratori migranti portato avanti dalla Commissione Europea, il cui esito consisteva nell’affermazione della parità di trattamento in materia di condizioni di vita e di lavoro. A questo punto, nonostante fosse chiara la necessità di procedure di comunicazione e di consultazione tra gli stati membri in tema di politiche migratorie, si decise di mantenere una linea di cooperazione intergovernativa, pervenendo in data 14 giugno 1985 all’accordo di Schengen e alla sua convenzione di applicazione in data 19 giugno 1990. Si creò, in tal modo, un’unica frontiera esterna ed una disciplina unitaria in tema di visti d’ingresso, diritto di asilo e controllo alle frontiere esterne. In seguito, con la convenzione di Dublino del 15 giugno 1990 venivano fissate alcune regole in tema di diritto di asilo, mentre con il trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992 si sancivano gli obblighi di cooperazione tra gli stati in tema di asilo, ingressi e controlli alle frontiere; inoltre l’accordo di Politica Sociale (APS), annesso al trattato sottoforma di protocollo, conferiva al Consiglio la possibilità di adottare all’unanimità, su proposta della Commissione e previa consultazione del parlamento europeo e del CSE, prescrizioni minime in tema di condizioni di impiego. Il trattato di Amsterdam si spinge oltre, definendo alcune competenze CE su basi programmatiche e linee di intervento che attengono al partenariato con i paesi di origine, all’integrazione e alla gestione dei flussi. Infine, la Carta di Nizza del 7 dicembre 2000 affronta temi come il divieto di discriminazione, il diritto al ricongiungimento familiare, la priorità dei cittadini comunitari nelle offerte di lavoro, l’unificazione in un unico titolo di permessi, contratti di lavoro e permessi di soggiorno.

Per quanto concerne il contesto normativo nazionale, il 1986 rappresenta una svolta nella storia dell’immigrazione straniera verso l’Italia, dal momento che per la prima volta viene approvata una legge che riconosce la presenza di lavoratori extra- comunitari, ponendosi esplicitamente l’obiettivo di regolarne lo status giuridico e di programmarne gli ingressi; fino ad allora, infatti, le uniche norme in vigore erano quelle del Codice di Pubblica Sicurezza del 1935, che si limitava ad assoggettare lo straniero a una serie di controlli discrezionali da parte delle autorità di polizia. La legge n. 943/1986 (legge Craxi-De Michelis) - anche in attuazione della sopra citata convenzione OIL del 1975 - definisce il «lavoratore extracomunitario legalmente residente sul territorio» come soggetto di diritti, a cui deve essere assicurato il pieno

32 accesso alla sanità, ai servizi sociali, alla scuola e alla casa, nonché la protezione della cultura e della lingua di origine (art. 1). Successivamente venne approvata la legge n. 39 del 28 febbraio 1990 (legge Martelli) che, pur con l’intento di dare risposta all’esigenza di una sistematica disciplina in materia di immigrazione, proponendosi di individuare strumenti che consentissero quanto meno la gestione delle emergenze, presentava ancora caratteri di frammentarietà.

Il primo quadro organico di norme viene introdotto con la legge 6 marzo 1998 n. 40 (legge Turco-Napolitano), alla base del Testo Unico sull’immigrazione11, la quale introduce una definizione integrale di straniero, stabilisce dei criteri di parità di trattamento, introduce il concetto di quote massime, collega il permesso di soggiorno con l’avviamento al lavoro e la sussistenza di condizioni sociali di garanzia e stabilisce dei criteri in materia di trattamento previdenziale degli immigrati.

Il quadro normativo attuale è caratterizzato dalla legge 30 luglio 2002 n.189 (legge Bossi-Fini), che in parte tende ad effettuare un collegamento tra la presenza dello straniero e la sua occupazione lavorativa, unificando anche a livello amministrativo i due momenti e introducendo il cosiddetto contratto di soggiorno. Tale normativa tende a privilegiare determinati canali che possano garantire un’immigrazione maggiormente integrata, per mezzo della costituzione - nell’ambito delle quote - di liste preferenziali con cittadini stranieri di origine italiana o con paesi dove siano avviati programmi di formazione unitamente ad istituzioni italiane, stabilendo al tempo stesso la penalizzazione dell’immigrazione di quei paesi che non collaborano nel controllo dei flussi migratori. La nuova legge si pone, infatti, l’obiettivo di controllare il fenomeno migratorio in ambito internazionale, prevedendo anche l’utilizzo di mezzi militari e la dotazione di mezzi di sorveglianza per quei paesi disponibili al controllo dei flussi migratori. Appare chiara l’ispirazione a criteri di maggiore severità nei confronti dell’immigrazione irregolare, che porta tra le altre cose alla restrizione di diritti come il ricongiungimento familiare e l’ottenimento della carta di soggiorno, inasprendo notevolmente le sanzioni penali.

Il 15 marzo 2007 il Consiglio dei Ministri approva il disegno di legge (Amato- Ferrero) che delega al Governo «la disciplina dell’immigrazione e delle norme sulla condizione dello straniero». I punti essenziali del disegno di legge che modificano la legge Bossi-Fini sono: a) la durata del decreto flussi che, con l’intento di fissare le quote di stranieri da ammettere in Italia, da annuale diventerà triennale, in modo da consentire una programmazione più rispondente alle necessità di medio e lungo

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Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286 - Testo unico delle disposizioni concernenti la

disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, pubblicato nella Gazzetta

33 periodo, pur permanendo la possibilità di rivedere annualmente l’entità dei flussi; b) l’introduzione di un canale privilegiato per l’ingresso dei lavoratori altamente qualificati, al di fuori delle quote stabilite per i flussi, prevedendo altresì la concessione rapida di un permesso di soggiorno della durata massima di 5 anni per i soggetti particolarmente qualificati nei campi della ricerca, della scienza, della cultura, dell’arte, dell’imprenditoria, dello spettacolo e dello sport; c) la figura dello sponsor (enti e organismi istituzionali, associazioni imprenditoriali e professionali), che potrà consentire l’ingresso di immigrati per motivi di lavoro, nell’ambito delle quote, dando garanzie di carattere patrimoniale sul loro sostentamento e sul loro eventuale rimpatrio, nonché autorizzando lo straniero ad entrare regolarmente in Italia per cercare lavoro e al datore di lavoro di assumere il lavoratore straniero dopo averlo impiegato in prova; d) la riconduzione della giurisdizione riguardante reati penali commessi dall’immigrato nell’alveo del giudice ordinario, in un’ottica di garanzia per i diritti della persona; e) l’introduzione, per rendere effettive le espulsioni, di programmi specifici di rimpatrio volontario e assistito, dei quali potranno usufruire gli immigrati che collaborano alla propria identificazione, beneficiando di una riduzione dei tempi di divieto di reingresso in Italia; f) il superamento degli attuali “Centri di permanenza temporanea e assistita” (CPT), strettamente connesso al nuovo sistema delle espulsioni che porterà ad una diminuzione, secondo le previsioni del Ministero dell’Interno, del numero di soggetti destinati agli stessi centri, agevolandone il progressivo svuotamento; tali strutture rimarranno esclusivamente per coloro i quali si sottraggono all’identificazione e/o sono nella fase di transito tra l’espulsione deliberata e la sua attuazione, mentre gli stranieri in condizioni di bisogno saranno accolti in strutture di accoglienza vera e propria nelle quali la permanenza avrà durata limitata.

Successivamente, il 21 maggio 2008, il Consiglio dei Ministri approva il “pacchetto sicurezza” - composto da un decreto legge, un disegno di legge e tre decreti legislativi - all’interno del quale molte sono le disposizioni che intervengono in materia di immigrazione. Nello specifico, il decreto legge contiene nuove norme al fine di contrastare l’immigrazione clandestina, prevedendo l’ampliamento dei reati per i quali è prevista l’espulsione e l’introduzione dell’aggravante della clandestinità, nonché la confisca degli immobili affittati ad immigrati irregolari seguita da pene severe per i proprietari. Il disegno di legge prevede, invece, una disciplina più rigorosa in merito all’acquisizione della cittadinanza a seguito di matrimonio, l’introduzione del reato di ingresso illegale nel territorio dello Stato, la subordinazione dell’iscrizione anagrafica alla verifica da parte dei comuni delle condizioni igienico-sanitarie dell’immobile di residenza, l’attuazione di norme più

34 severe per i Money Transfer - che dovranno probabilmente verificare il possesso del permesso di soggiorno da parte dei clienti del servizio - e il prolungamento della permanenza nei “Centri di Identificazione ed Espulsione” fino a un periodo di 18 mesi, anticipando la direttiva rimpatri in fase di definizione avanzata in sede di Unione europea. Per quanto concerne infine i tre decreti legislativi, il primo stabilisce alcune condizioni limitative all’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare12, il secondo prevede l’introduzione di norme più restrittive in materia di richiesta di asilo politico, il terzo dispone alcune novità per quanto riguarda l’iscrizione anagrafica dei cittadini comunitari, introducendo alcune specificazioni rispetto ai motivi imperativi di pubblica sicurezza.

Nel documento I futuri della città: la città solidale (pagine 31-35)