La questione relativa alla natura giuridica del bitcoin è tutt’altro che banale. Ancora non vi è consenso al riguardo a causa della complessità del fenomeno e della diffidenza che i regolatori hanno mostrato nei suoi confronti. Il risultato di questa diffidenza è stato un temporeggiamento, dovuto anche alla passata scarsa rilevanza del fenomeno. La Banca Centrale Europea nei documenti riguardanti l’argomento “valute virtuali” ha sempre concluso che il fenomeno non aveva dimensioni tali da rendere necessario un intervento decisorio, anche se lo considerava
da monitorare attentamente109. Ad oggi l’attenzione è aumentata e il
fenomeno ha acquisito una rilevanza considerevole, il suo valore ha subito un incremento nell’ultimo anno paragonabile a quello delle più spietate bolle speculative, il suo valore complessivo è inferiore solo a dollaro, euro, yuan e yen con una capitalizzazione di quasi trecento
miliardi110, degna delle più potenti multinazionali. Il panorama
economico vede la nascita di una moltitudine di altcoins e il lancio di numerose Initial Coin Offering (ICO) come sistema di reperimento di fondi utilizzato dalle aziende che investono nel fintech. Di conseguenza le esigenze di interventi normativi si fanno più pressanti; il primo passo
109 BCE, “Virtual currency schemes”, 2012 e “Virtual Currency Schemes – a further
analysis”, 2015
110 Dati riportati dall’Agenzia Giornalistica Italiana sul sito
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non può che essere quello della qualificazione giuridica, poiché da questa poi conseguiranno diversi trattamenti a seconda della normativa applicabile. Che sia sussunzione in categorie già esistenti, tramite attività interpretativa, o creazione di una nuova figura giuridica, questo passaggio è imprescindibile; prima o poi il fenomeno delle valute virtuali dovrà trovare una collocazione normativa precisa, oltre alla definizione descrittiva.
1.1. - Denaro.
Il primo modo, che viene naturale, per definire i bitcoin è quello di denaro. Il denaro è una categoria giuridica che ha subito un’ evoluzione da denaro-merce, a denaro-rappresentativo, a denaro fiat.
La moneta-merce era un tipo di denaro costituito da un bene avente valore intrinseco (in genere metalli preziosi). La moneta-rappresentativa invece consisteva in un documento rappresentante una quantità di un determinato bene (bene sottostante) depositato presso una banca o altri istituti di credito; quindi il certificato non aveva valore intrinseco ma poteva essere scambiato con un quantitativo determinato di quel bene sottostante. Le monete fiat (sinonimo di moneta avente corso legale) sono le monete contemporanee, che non si riferiscono ad un bene sottostante, ma acquisiscono valore in base all’autorità che le emette,
autorità alla quale legge attribuisce tale facoltà111.
Il bitcoin non è sussumibile in alcuna di queste categorie, in quanto non ha alcun valore intrinseco, non rappresenta alcun bene sottostante e non è una moneta fiat poiché non viene emessa da alcuna autorità centrale. Inoltre, la moneta per essere considerata tale deve, tradizionalmente, assolvere a tre diverse funzioni:
111
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- mezzo di scambio: il denaro è utilizzato come intermediario nelle transazioni per risolvere le inconvenienze del baratto (i.e. il bisogno di coincidenza tra i bisogni delle due parti).
- unità di conto: viene utilizzato come unità numerica standard per misurare il valore e i costi dei beni, servizi, attività e responsabilità. - riserva di valore: il denaro notoriamente può essere tenuto da parte, in
sicurezza, per essere utilizzato in futuro.112
Il bitcoin può essere utilizzato quale mezzo di scambio come il denaro tradizionale, ma la sua efficacia liberatoria non è erga omnes, quindi, come il baratto, necessità dell’incontro di due bisogni complementari (ossia quello del compratore di pagare in bitcoin e quello del venditore di accettare bitcoin come pagamento); le parti devono accordarsi che il pagamento venga effettuato in bitcoin. Un compratore o un venditore hanno facoltà di entrare nella comunità Bitcoin con facilità e velocità se richiesto da uno specifico affare, ma questo tecnicamente non fa della cripto-valuta in questione un mezzo di pagamento, in senso strettamente giuridico, equivalente al denaro fiat.
Per quanto riguardo i punti successivi, l’accentuata volatilità intrinseca del bitcoin fa sì che, come unità di conto e riserva di valore, esso assolva solo in parte tali funzioni. Nel senso che può essere considerata come unità di conto, ma le continue e rilevanti fluttuazioni del suo valore lo rendono di poco affidamento. Senza contare che non è possibile mettere in pratica una politica monetaria per stabilizzarne il prezzo (se si stabilizzerà, un giorno, sarà grazie alle dinamiche di mercato legate alla sua diffusione, e comunque non è un fenomeno regolabile) poiché il suo funzionamento è basato su un protocollo informatico, e solo ad esso risponde. Non è, quindi possibile assicurare
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la sua stabilità in assoluto; non si può fare affidamento su un valore stabile del tempo.
Questa intrinseca volatilità non lo rende neppure una buona riserva di valore. Certamente nel corso del 2017 il valore del bitcoin ha avuto una crescita esponenziale, tale da far credere al mondo di poter essere un buon investimento e una buona riserva di valore. Il fatto è che da un giorno all’altro il bitcoin può perdere tutto il suo valore senza che nessun’autorità garante possa intervenire per tutelare gli utenti. Se,
come molti esperti sostengono113, i governi mettessero fuori legge i
bitcoin, il suo valore crollerebbe immediatamente. Parlando, quindi, in senso tecnico i bitcoin sono una riserva di valore altamente inaffidabile, in quanto la sua sorte non è sicura, non è prevedibile, né controllabile in maniera significativa. “Per sintetizzare, è opinione diffusa che le criptovalute, per accedere al mercato delle monete, debbano “imparare” a diventare stabili”114
.
Si potrebbe controbattere che anche le c.d. monete fiat basano il proprio utilizzo su una convenzione (che sarebbe la legge, che fonda lo Stato di diritto) e che comunque anche il valore di queste potrebbe crollare un domani. Un siffatto ragionamento, peraltro, trascura di considerare che la struttura che gestisce tale aspetto della politica monetaria, negli Stati moderni, adotta tutte le precauzioni del caso e, dal punto di vista dell’affidamento, le garanzie sono ben più solide. Certamente per gli Stati in crisi il discorso è diverso, però in tal caso si considera una situazione patologica, non fisiologica.
113
Stiglitz J., Premio Nobel per l’ economia nel 2001, ha dichiarato alla Bloombert TV che i bitcoin "andrebbero messi fuorilegge (…)hanno successo solamente perché in possesso di un alto potenziale per aggirare le leggi fiscali, ma non hanno alcuna funzione sociale. Se i governi mettessero fuorilegge la criptovaluta, il suo valore di mercato crollerebbe immediatamente".
114Capogna A.-Peraino L.-Perugi S.-Cecili M.-Zborowski G.-Ruffo A., “Bitcoin:
profili giuridici e comparatistici. Analisi e sviluppi futuri di un fenomeno in evoluzione”, Diritto Mercato Tecnologia, N.3, 2015 p. 40.
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In base allo stato dell’arte, la nostra legislazione, nazionale e comunitaria, ci fornisce garanzie rispetto alla stabilità monetaria più solide di quelle del sistema Bitcoin. Innanzi tutto, la moneta a corso legale non può essere rifiutata come mezzo di pagamento per le obbligazioni pecuniarie, come statuisce l’art. 1277 c.c.: “I debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento e per il suo valore nominale. (…)”. In secondo luogo la Banca Centrale Europea, in sinergia con gli Stati membri, ha tra i suoi compiti istituzionali proprio quello di monitorare e assicurare la stabilità finanziaria e dei prezzi, salvaguardando la moneta unica europea.
In definitiva il bitcoin non può essere considerato denaro legalmente inteso, anche se può assolvere in parte alle sue funzioni e presenta caratteristiche simili. Del resto, proprio per la sua natura e lo scopo per cui è nato, esso non può essere assimilato alle monete aventi corso legale: da esse si vuole differenziare ontologicamente. Se la sua diffusione sarà ampia e estremamente consistente, potrà assolvere a
ruolo di sistema alternativo a quello legale115.
1.2. - Moneta Complementare.
Prendendo le mosse dall’ultima considerazione, si potrebbe tentare di definire il bitcoin come moneta complementare (moneta privata). Si tratta di uno strumento di commutazione con cui è possibile effettuare scambi di beni e servizi, in alternativa al denaro ufficiale.
La valuta complementare non ha corso legale ed è accettata su base volontaria; per questo è generalmente usata all’interno di un gruppo, di una comunità chiusa, di una rete all’interno della quale facilita la
115 Oltretutto sia la BCE che la Banca d’Italia hanno a più riprese sottolineato che le
valute virtuali non possono essere assimilate alla moneta avente corso legale, che in Europa è l’euro in base al diritto comunitario.
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circolazione di merci, di beni e servizi116. Nasce come sistema per
arginare fenomeni di eccessiva tesaurizzazione della moneta a corso legale, che comporta una paralisi della circolazione della ricchezza. Viene generalmente emessa dall’autorità che gestisce la comunità stessa, non dalle autorità governative adibite ad emettere moneta fiat; viene gestita normalmente tramite stanze di compensazione che regolano i crediti-debiti degli utenti.
In sostanza, una valuta complementare si comporta come un mezzo di scambio e viene impiegata in maniera parallela alla moneta nazionale di riferimento; non avendo, però, corso legale, la moneta complementare può non essere accettata per ripagare un debito (se non nei confronti dei
membri della comunità), né può essere utilizzata per pagare le tasse117.
In Italia esistono diverse comunità che utilizzano monete complementari come la sarda Sardex.net o la napoletana SEC.
Tale forma di denaro complementare risponde sostanzialmente agli stessi principi del denaro-merce e del baratto, rappresentandone una
versione moderna. La somiglianza con il sistema Bitcoin è notevole118.
Le differenze, però, sono sostanziali. La comunità di riferimento della valuta complementare è un gruppo chiuso e geograficamente localizzato (tant’è che si usa anche il termine di valute locali) o comunque collegato ad una certa attività o scopo. La valuta complementare è emessa e gestita da una autorità centrale che si occupa del suo funzionamento, del suo tasso di cambio, dell’effettività e sicurezza del suo operato. Altre
differenze derivano dalla disciplina negoziale delle monete
complementari, che impone di detenerle per limitati periodi di tempo e usarle solo per finalità di baratto o di scambio di servizi tra i soggetti aderenti al sistema, non permette di effettuare transazioni anonime o 116 https://it.wikipedia.org/wiki/Valuta_complementare 117 https://www.change.org/p/riconoscimento-giuridico-e-regolamentazione-del- bitcoin-in-italia 118
Arangüena G., “Bitcoin: una sfida per i policymakers e i regolatori”, Diritto Mercato Tecnologia, n. 1, 2014, p. 26
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non tracciabili, vieta il trading di unità di conto.119 Come il Bitcoin, il
loro uso in Italia non è illegale allo stato attuale; però, nemmeno questo tipo di valuta ha una disciplina specifica, le caratteristiche prima delineate non sono requisiti obbligatori ed è ben possibile che sorgano in futuro monete complementari il cui ambito di applicazione non sia territoriale e che non siano emesse da autorità centrali.
In assoluto non si può escludere che un domani i Bitcoin siano ricompresi in questa classe di monete o che vengano create valute virtuali affini al concetto di moneta complementare, ma allo stato attuale della legislazione non si può nemmeno affermare il contrario. Stanti le diverse caratteristiche di entrambi i fenomeni, non si può far rientrare i bitcoin a pieno titolo nella categoria delle valute complementari, anche se la somiglianza è rilevante e significativi siano i punti di contatto. In definitiva, la categoria delle monete complementari non sembra cogliere del tutto la natura e complessità del Bitcoin, soprattutto nella sua utilizzazione in funzione speculativa.
1.3. - Moneta Elettronica.
L’ultima direttiva europea riguardante la moneta elettronica, ossia la Direttiva 2009/110/CE (Electronic Money Directive o EMD2), definisce la moneta elettronica all’art 2, n. 2, come “il valore monetario memorizzato elettronicamente, ivi inclusa la memorizzazione magnetica, rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente che sia emesso dietro ricevimento di fondi per effettuare operazioni di pagamento (...) e che sia accettato da persone fisiche o giuridiche diverse dall’emittente di moneta elettronica”. Per poter parlare di moneta elettronica devono, quindi, sussistere i seguenti requisiti:
- la sussistenza di un valore monetario;
119
Mancini M. “Valute virtuali e Bitcoin”, Analisi Giuridica dell’Economia, 2015, p. 125.
88 - la sua memorizzazione elettronica;
- l’emissione di una sequenza di bit120 che rappresentano
elettronicamente il denaro consegnato all’emittente per poter eseguire operazioni di versamento, trasferimento o prelievo fondi;
- l’accettazione generalizzata, potenziale, come mezzo di pagamento da parte di persone diverse dall’emittente.
La moneta elettronica costituisce uno strumento di pagamento a spendibilità generalizzata che può essere usato presso una serie illimitata di operatori e per una gamma illimitata di beni o di servizi. La spendibilità generalizzata deve essere presente sia per quanto riguarda l’oggetto dell’acquisto effettuato mediante moneta elettronica, sia in
relazione ai soggetti presso cui il pagamento viene eseguito121.
Per quanto riguarda la sua emissione, i soggetti abilitati sono esclusivamente gli Istituti bancari e postali, le banche centrali nazionali, la Banca Centrale Europea e gli Istituti di moneta elettronica. Questi ultimi sono definiti dall’art. 2, n. 1, della sopracitata Direttiva 2009/110/CE come persone giuridiche autorizzate ad emettere moneta elettronica conformemente al titolo II della stessa direttiva. L’emissione di moneta elettronica coincide con la memorizzazione del valore monetario consegnato all’Istituto e la sua conseguente “trasformazione” in moneta elettronica (c.d. caricamento). Questa “trasformazione” riguarda un mezzo di pagamento, la moneta legale, e un altro mezzo di pagamento, la moneta elettronica.
Secondo quanto stabilito dall’art 11 della EMD2, gli Stati membri garantiscono che gli emittenti di moneta elettronica la emettano al valore nominale dietro ricevimento di fondi e devono assicurare che,
120 La memorizzazione elettronica di denaro comporta la sua scrittura in una sequenza
digitale di bit, che lo rende un’informazione sulla memorizzazione monetaria.
121
Mancini N., “Bitcoin: rischi e difficoltà normative”, Banca Impresa e Società, 2016, p. 122.
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dietro richiesta del detentore di moneta elettronica, gli emittenti rimborsino, in qualsiasi momento e al valore nominale, il valore monetario della moneta elettronica detenuta. Tutte le condizioni del rimborso devono essere previste nel contratto tra l’emittente e il detentore di moneta elettronica, comprese spese e commissioni. Chiaramente il rimborso è possibile anche per una parte soltanto dell’importo detenuto in moneta elettronica e può essere richiesto al
termine del contratto di emissione o durante la sua pendenza122.
Il Bitcoin è considerato da qualcuno come uno specifico tipo di moneta elettronica usato per transazioni online. Certamente i due strumenti condividono alcune caratteristiche importanti (come il fatto di essere un valore digitale, di essere utilizzato per transazioni su internet, in entrambi i casi la spendibilità oggettiva è generalizzata, per quanto riguarda i beni acquistabili, che sono potenzialmente illimitati), ma le differenze sono notevoli ed impediscono la sussunzione della cripto- valuta nella categoria in questione.
Da un punto di vista qualitativo, le cripto-valute non sono una rappresentazione digitale di un determinato quantitativo di valuta fiat previamente versato e immagazzinato. La moneta elettronica non consiste in una moneta altra rispetto a quella legale sottostante, previamente caricata mediante versamento all’istituto di emissione ma ne è una rappresentazione, e l’unità di conto è la medesima della valuta fiat sottostante. Il bitcoin, per contro, non è una rappresentazione digitale di valuta fiat, non è collegato ad un equivalente valore immagazzinato previo versamento; può essere acquistato e venduto in cambio di valuta legale su piattaforme di cambio, ma al valore di
122 La normativa italiana in recepimento della Direttiva in questione prevede una
differenza tra rimborso alla scadenza del contratto di emissione e quello richiesto in pendenza del rapporto. All’art. 126-novies TUB si prevede che in caso di rimborso di moneta elettronica ci possano essere commissioni a carico dell’utente, se previamente previste dal contratto e al verificarsi di determinate circostanze (se il rimborso è chiesto prima della scadenza del contratto, se si chiede il recesso dal contratto prima della sua scadenza o se il rimborso è chiesto più di un anno dopo la sua scadenza).
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mercato, molto volatile; viceversa la moneta elettronica è rimborsabile al valore nominale su richiesta dell’utente, in qualunque momento, come statuito dall’art. 11 della EMD2.
Concettualmente, dunque, si tratta di due cose distinte. La moneta elettronica, rappresentando valuta fiat, non può essere rifiutata come mezzo di pagamento di un debito pecuniario, mentre, notoriamente, le cripto-valute assumono efficacia liberatoria se accettate dal creditore previo accordo. L’emissione di moneta elettronica è effettuata ad opera esclusiva dei soggetti sopraindicati, senza la creazione di una nuova valuta; l’emissione di bitcoin avviene in maniera decentrata, non ad opera di un soggetto previamente abilitato a procedervi; d’altra parte, l’attività di estrazione della cripto-valuta rappresenta una vera e propria creazione di nuove unità. È differente, altresì, la gestione delle transazioni, che nella moneta elettronica è a carico degli istituti di emissione (che intermediano i pagamenti effettuati dall’utente, eseguendo i trasferimenti di valuta reale alle strutture con le quali
l’utente ha posto in essere rapporti di compravendita123
), mentre nel Bitcoin le transazioni non vengono gestite da un’autorità centrale garante.
1.4. - Strumento/prodotto finanziario.
Seguendosi l’esempio della Germania, si potrebbe tentare di inquadrare i bitcoin nella categoria degli strumenti finanziari o in quella dei prodotti finanziari (gli strumenti finanziari sono una specie rientrante nel genere dei prodotti finanziari) . La disciplina italiana di riferimento è
il Testo Unico della Finanza (TUF)124.
Secondo l’art 1, comma 2, del TUF “per “strumento finanziario” si intende qualsiasi strumento riportato nella Sezione C dell’Allegato I.
123 Teti A., “Bitcoin: la criptomoneta del cyberspazio che sfida banche e governi”,
Mondo Digitale, 2013, p. 2.
124
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Gli strumenti di pagamento non sono strumenti finanziari” (in conformità alle modifiche apportate al TUF dal decreto legislativo n.129 del 3 Agosto 2017 e dal decreto legge n.148 del 16 Ottobre 2017, coordinato con la legge di conversione n.172 del 4 Dicembre 2017, in vigore dal 3 Gennaio 2018). L’Allegato I, Sezione C, presenta un’elencazione tassativa di ciò che è considerato strumento finanziario per la legge italiana. Si possono individuare tre gruppi distinti di strumenti: 1) strumenti finanziari non derivati; 2) strumenti finanziari derivati; 3) quote di emissione.
Nella prima categoria rientrano i valori mobiliari, gli strumenti del mercato monetario e le quote di un organismo di investimento collettivo (ossia i primi 3 punti dell’elenco dell’Allegato I, Sezione C). Per valori mobiliari, l’art. 1, comma 1-bis, TUF intende “(…) categorie di valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali, quali ad esempio: a) azioni di società e altri titoli equivalenti ad azioni di società, di partnership o di altri soggetti e ricevute di deposito azionario; b) obbligazioni e titoli di debito, comprese le ricevute di deposito relative a tali titoli; c) qualsiasi altro valore mobiliare che permetta di acquisire o di vendere i valori mobiliari indicati alle lettere a) e b) o che comporti un regolamento a pronti determinato con riferimento a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, merci o altri indici o misure.” Invece, gli strumenti del mercato monetario sono definite dal comma 1- ter dell’art. 1 TUF come “(…) categorie di strumenti normalmente negoziati nel mercato monetario, quali, ad esempio, i buoni del tesoro, i certificati di deposito e le carte commerciali.” La definizione, poi, di organismo collettivo del risparmio (OICR) è data dall’art 1, comma 1, lettera k), del TUF : “(…) organismo istituito per la prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio, il cui patrimonio è raccolto tra una pluralit di investitori mediante l’emissione e l’offerta di quote o azioni, gestito in monte nell’interesse degli investitori e in autonomia dai medesimi nonché investito in strumenti finanziari, crediti, inclusi
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quelli erogati, a favore di soggetti diversi da consumatori, a valere sul patrimonio dell’OICR, partecipazioni o altri beni mobili o immobili, in base a una politica di investimento predeterminata.”
Nella seconda categoria rientrano invece i punti da 4 a 10 dell’Allegato I, Sezione C, in aggiunta agli strumenti finanziari previsti al comma 1- bis lettera c) del TUF125, sopracitato. Gli strumenti derivati sono i contratti di opzione, i contratti finanziari a termine standardizzati (future), gli swap, gli accordi per scambi futuri di tassi di interessi e altri contratti derivati che siano:
a) connessi a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, quote di emissione o altri strumenti finanziari derivati che possono essere regolati con consegna fisica del sottostante o attraverso pagamento di differenziale in contanti (punto numero 4 dell’ Allegato I, Sezione C, del TUF);