di Palermo36. Saline di Trapani (Fig. 14) è un’armonia di trasparenze e passaggi tonali che lasciano spazio al bianco abbacinante dei grossi cumuli di sale su cui risplende la luce mediterranea in un felicissimo omaggio al paesaggio trapanese, di incomparabile bellezza, puntellato da piccole figure. Tra i dipinti rea-lizzati all’inizio degli anni ’80, prima del trasferimento a Capri, sono da citare Posillipo (Fig. 15) e I due amici (Fig. 16), entrambi del 1880, oggi presso collezioni private. Il primo, di rara sensibilità cromatica e carico di afflato emotivo, è una delicata trasfigurazione sen-timentale del paesaggio di Posillipo, reso attraverso i bagliori atmosferici che si riflettono sulle acque del mare appena increspate dalle barche in prossimità del porticciolo. È opera emblematica della qualità pittorica raggiunta da Leto anche I due amici, la gioiosa rappre-sentazione di un momento di svago vissuto con spen-sieratezza da due giovinetti sulla spiaggia che si affaccia sul profilo di un’isola, forse Favignana. È una compo-sizione segnata da un sapiente virtuosismo, percepibile nella resa magistrale di particolari in cui nulla è lasciato all’illustrazione sommaria, come i riflessi di luce che ac-cendono le acque puntellate dalle barche all’orizzonte, i panni stesi ad asciugare sulle barche a riva, anch’esse saggi pittorici di livello, e la canna da pesca, tenuta dal fanciullo scanzonato, in cui è presente in nuce la mae-stria di opere come I funari di Torre del Greco e La pesca del tonno (La mattanza a Favignana), in cui l’episodio narrato non scade nel descrittivismo fine a se stesso ma diviene metafora del rapporto Uomo/Natura.
Nel 1882 Leto si trasferisce definitivamente a Capri e la sua pittura dal tratto vigorosamente corposo, ab-bandonate le influenze francesizzanti degli anni ’70, diviene «plastica e salda»37. Giunto a Capri, Leto si de-dica a I funari di Torre del Greco, dipinto datato 1883 e presentato lo stesso anno all’Esposizione Nazionale di Roma, dove fu acquistato dal Ministero della Pub-blica Istruzione e destinato all’attuale Galleria Na-zionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma.
Una pregevole serie di studi di questo capolavoro è, invece, custodita presso la Galleria d’Arte Moderna di Palermo. Tra le vette più alte della produzione del pit-tore, l’opera coniuga l’adesione incondizionata al vero, ereditata dal realismo meridionale di Palizzi e Morelli Fig. 9 – Michele Catti, Autunno in città, 1888, olio su
tela, 38 x 15 cm, collezione privata, courtesy Galleria Beatrice, Palermo
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e coltivata tra Napoli e Firenze, con la scelta di sog-getti mai banali e portatori di una tematica sociale che sfugge a certo bozzettismo ottocentesco. «Ma in Antonio Leto – scriveva l’Accascina nell’articolo Per la XXI Biennale di Venezia. Il paesaggio siciliano, pub-blicato il 18 giugno 1937 da “Il Giornale di Sicilia”
– c’è soprattutto da guardare quella sua inarrivabile intelligenza di cogliere di ogni terra il caratteristico pulsare di sentimenti, il gesto, l’attitudine, lo spirito del popolo che a quella natura è legato»38. Ne I funari di Torre del Greco, che affronta il medesimo tema raf-figurato nel dipinto eseguito nel 1882 da Gioacchino Toma, oggi presso il Museo di Capodimonte a Na-poli, le umili figure dei cordari dediti a quel lavoro di cui mostrano i segni e gli strumenti sono immerse nella bellezza struggente del paesaggio mediterraneo e, come scrive Gabriele D’Annunzio nel 1883 contri-buendo al successo del dipinto, «alzano al gran sole i fiocchi di lino che si accendono di una viva biondezza nell’azzurro come alberi strani, in una nudità abba-gliante di terreno». L’opera segna una delle punte di livello della produzione del pittore e insieme a dipinti straordinari come La pesca del tonno (La mattanza a Favignana) e tra cui si annovera anche La sciavica, che proprio grazie all’archivio fotografico in esame è possibile conoscere e studiare, consente di apprezzare quel personalissimo connubio, presente nella ricerca di Leto, tra sentimento della natura e adesione al mondo del lavoro.
Nel 1892 a Capri Leto fonda il Circolo degli Artisti, di cui è presidente, che vede la partecipazione di di-versi esponenti della cultura del tempo, tra cui Au-gusto Lovatti, Benham Hay e Carlo Di Giuseppe, e promuove esposizioni presso l’Hotel Quisisana. Nel suo rifugio caprese, trascorso nell’abitazione di via Tra-gara, divenuta punto di incontro per gli intellettuali del tempo fino alla morte dell’artista, la produzione di Leto si volge a ritrarre con ardore palizziano e
in-tensità evocativa i luoghi più popolari dell’isola e del Fig. 10 – Michele Catti, Veduta con figure, 1891, olio
Fig. 11 – Antonino Leto, La Senna a Bou-gival (Lungo la Senna), 1878, olio su tela, 25 x 34 cm, collezione privata, courtesy Galleria Beatrice, Palermo
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Numerose, negli anni ottanta, le partecipazioni con opere degne di nota a mostre e rassegne tra cui l’Espo-sizione Internazionale di Nizza (1883-1884) (Fig. 17) con Centodieci anni a Ischia, Nel bosco di Portici, Nel frutteto e Due ventagli; l’Esposizione Internazionale di Roma (1883) con I funari di Torre del Greco, acquistato dal Ministero della Pubblica Istruzione per la Galle-ria d’Arte Moderna di Roma; l’Esposizione Generale Italiana di Torino del 1884 con Ve ne darò; The Ita-lian Exhibition di Londra (1888) con Tunny fishing in
Sicily, Melons e due varianti di Neapolitan Fisherman;
la Promotrice di Napoli del 1890, dove presenta il di-pinto La pesca del tonno, acquistato da Umberto I di Savoia e oggi al Museo di Capodimonte a Napoli40. Nel 1887 Leto conclude uno dei suoi capolavori, me-ritevole di rientrare anche tra le opere più rappresen-tative del realismo siciliano e dell’Ottocento europeo, La pesca del tonno (La mattanza a Favignana) (Fig.
18), oggi alla Fondazione Sicilia di Palermo, iniziato intorno al 1881 verosimilmente in seguito a una visita presso le tonnare di proprietà dei Florio. L’opera spicca nella produzione di Leto non solo per le eccellenti qualità formali ma anche per l’abilità del pittore nella resa magistrale di un momento di pathos, sottolineato da audaci scelte cromatiche, che diviene metafora di quel «conflitto oscuro e primordiale tra l’uomo e la bestia, complice il mare»41. Non a caso Leto coglie lo spettacolo culminante della pesca del tonno in Sicilia optando per la rappresentazione della cosiddetta “ca-mera della morte”, in cui i “tonnaroti” guidati dal Rais stringevano e sollevavano le reti per fare fuoriuscire i tonni e arpionarli. Si tratta di un riuscitissimo dipinto epico, caratterizzato da una vivace intensità espressiva e da una spiccata coralità poetica, capace di coinvolgere emotivamente chi osserva la scena e che, da un lato, è attirato dal tumulto causato dai tonni agonizzanti, enfatizzato dall’evidenza tattile degli schizzi d’acqua rischiarati dal bianco in contrasto con il mare scuro in primo piano e, dall’altro, è invitato a riappacificarsi con la natura nella resa intimista del paesaggio sullo sfondo, in cui i valori cromatici sfumano indistintamente e i toni brillanti si alternano con grazia alle ombre.
Sul finire del secolo la pittura di Leto, riconquistato il sole grazie alla permanenza a Capri, si scalda di una luce mediterranea facendosi incredibilmente vivida, gioiosa e brillante nelle figure e nelle vedute di soggetto partenopeo come nelle opere Golfo di Napoli (Fig. 19) del 1890 circa e La nassa del 1890-1900, in collezioni private.
La mancata partecipazione all’Esposizione Nazionale di Palermo del 1891-1892 è da imputare verosimilmente a quell’insofferenza maturata dall’artista verso il circuito artistico formatosi all’ombra di Francesco Lojacono e che più volte lo aveva spinto a cercare ispirazione oltre Fig. 12 – Antonino Leto, Bougival (La Senna a
Bougi-val), 1877-1880, olio su tela, 20 x 40 cm, collezione privata, courtesy Galleria Beatrice, Palermo
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i confini isolani. Nel 1894 partecipa all’Esposizione di Monaco di Baviera e nel 1910, anno in cui Leto soggiorna a Palermo per un breve periodo, è la volta della IX Esposizione Internazionale d’Arte della città di Venezia42. Grazie all’interessamento dei suoi più cari amici, Leto è presente – insieme a un cospicuo gruppo di artisti tra cui Vincenzo Caprile, Giuseppe Casciaro, Vincenzo Migliaro, Federico Rossano, Rubens Santoro, Paolo Vetri, Domenico Trentacoste – nella Sala
Napo-letana (Sala 38), di cui era Commissario generale Gio-vanni Tesorone, con Marina di Castello a Capri,, oggi a Ca’ Pesaro, Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Venezia, e Dietro la piccola marina (Scogli della piccola marina a Capri), di collezione privata, opere acquistate dal re Vittorio Emanuele III e dal principe ereditario Costantino di Grecia43.
Fig. 13 – Antonino Leto, Festa a Villa Florio, 1877, olio su tela, 32 x 44 cm, collezione privata, courtesy Galleria Beatrice, Palermo
Fig. 14 – Antonino Leto, Saline di Tra-pani, 1881 circa, olio su tela, 50,3 x 84 cm, Palermo, Galleria d’Arte Moderna
“Empedocle Restivo”
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A interrompere gli anni di oblio seguiti alla morte, sopraggiunta nel 1913, non fu sufficiente la Mostra individuale di Antonino Leto, organizzata nel 1924 in occasione della XIV Esposizione Internazionale d’Arte della città di Venezia e promossa dai “commissari ordi-natori” Ettore De Maria Bergler e Nino Sofia44. Nella presentazione in catalogo, Nino Sofia ricorda i viaggi a Parigi e a Londra insieme a De Nittis e a Mancini, e sottolineando la celebrità di «uno dei migliori arti-sti del suo tempo», apprezzato da nomi illustri come quelli di D’Annunzio e Bracco, definendolo «pittore senza eguali di scene che davano un grande riposo allo spirito ed una vivida luce allo sguardo» non tralascia un riferimento alla guerra che «stese sulla memoria del grande artista il suo velo cinereo»45. Nella Sala 42 del Palazzo delle Esposizioni, intitolata Mostra di Antonino Leto, A. Mancini ed altri, insieme ai dipinti di Anto-nio Mancini e alle sculture di Ernesto Bazzaro, Nicola D’Antino, Leo Guerrini, Angelo Zanelli, erano
espo-ste le seguenti opere di Leto, per lo più provenienti da collezioni private e musei: «Strada polverosa (app.
al Museo Nazionale di Palermo), Piazza della Signo-ria a Firenze (app. al comm. Spranger), Studi, Studio di signora, Macchiette (app. al sig. Federico Michele), Studio (app. al sig. Ceraulo), Contadina nel Bosco, Casa di Portici (app. alla Galleria d’A. M. di Palermo), Il richiamo (app. al sig. Nino Sofia), Paese grigio, Stu-dio (app. al rag. Paolo Cocci), Terrazza sul mare (app.
al sig. Faraci Giuseppe), Bougeval (app. al sig. Dotto Giovanni), Posillipo (app. al barone Deo Morra)»46. Nel 1923 il Segretario generale della XIV Biennale di Venezia Vittorio Pica aveva accolto con entusiasmo la proposta, avanzata da un gruppo di giornalisti, di una mostra postuma «di quel valente e nobile pittore che fu Antonino Leto»47 affidando il proprio pensiero a una lettera pubblicata nell’articolo Per la gloria del pittore Leto de “L’Ora”: «Io l’appoggerò con grande fervore purché io abbia la sicurezza che in essa figureranno le