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La qPCR, nota anche come Real-Time PCR, è una tecnica di laboratorio basata sul sistema della PCR che è in grado di amplificare e quantificare contemporaneamente una molecola target di DNA. Una sua possibile applicazione riguarda proprio la misurazione delle variazioni dei livelli di espressione genica per uno o più geni tra campioni differenti, come ad esmpio i cDNA degli embrioni con l'sovraespressione di hPDGF-B ed i wild type. La quantificazione avviene “real time”, ovvero man mano che la reazione di amplificazione procede: durante l'amplificazione si ha l'inserimento di un intercalante del DNA fluorescente, il SYBRGreen, che si attiva quando viene intercalato dal DNA.

Figura : Il SYBRGreen si attiva man mano che viene intercalato negli ampliconi di DNA prodotti durante la

La reazione di amplificazione avviene proprio come in una qualsiasi reazione di PCR, ma con delle differenze. La principale, riguarda il fatto che il templato è un cDNA in cui il numero di copie di un determinato trascritto può variare da un campione ad un altro. Man mano che la reazione procede, il numero di ampliconi per un dato trascritto va via via accumulandosi, intercalando così sempre più SYBRGreen, e mandando una segnale di fluorescenza sempre più forte che viene letto dal termociclatore. Contemporaneamente, il programma del termociclatore rappresenta le varie reazioni di amplificazione con un grafico a curve sinusoidali dove ciascuna curva rappresenta una delle reazioni di amplificazione. Man mano che i cicli di amplificazione aumentano, le curve crescono fino a che non raggiungono un plateau. Il “valore soglia” della qPCR è il valore di fluorescenza prefissato, uguale per tutte le reazioni di qPCR che viene raggiunto man mano che l'amplificazione procede e che aumentano il numero di molecole di DNA che intercalano il SYBRGreen. Graficamente, questo è il valore per cui si dice che la curva “esce”, ovvero quando inizia a salire. Ovviamente, maggiore sarà il numero di copie del templato di partenza e minore sarà il numero di cicli richiesto per raggiungere questo valore soglia.

Figura : Rappresentazione di una reazione di qPCR. Ogni reazione di amplificazione è rappresentata da

una curva di un diverso colore. La linea orizzontale rossa rappresenta il valore soglia. Immagine presa dal sito www.kapabiosystems.com

Le reazioni di qPCR sono fatte con una soluzione del kit “GoTaq qPCR Master Mix” della PROMEGA, contenente già i desossinucleotidi, la DNA polimerasi termo-resistente, e un Buffer che serve a mantenere il pH stabile (tampone) e necessario per costituire l'ambiente

adatto alla reazione l'enzima. A questa, vanno addizionati i primers forward e reverse in concentrazione 10 mM, ed il templato. Una reazione di amplificazione ha un volume di 20 μL, ed è costituita da:

10 μL di soluzione del kit

1 μL di soluzione contenente i primers forward e reverse in concentrazione 10 mM 32 ng di cDNA

H2O RF a volume

I livelli di espressione genica tra i due campioni per ogni gene preso in esame, sono confrontati con quelli di un gene housekeeping espresso nei due campioni, e che non dovrebbe essere influenzato in alcun modo dal trattamento, come il GAPDH.

I primers per ogni reazione vengono progettati in modo tale che gli ampliconi non siano più lunghi di 200 bp (circa), che si appaino perfettamente senza alcun mismatch che abbiano una concentrazione in GC pari al 50% circa, che siano altamente specifici che abbiamo la Tm tra i 58°C ed i 62°C, e che siano possibilmente a cavallo di un introne. La specificità dei primers viene testata con l'algoritmo BLAST.

Le sequenze dei primers usate sono quelle riportate nella Tabella qui sotto (Tabella 2). cdh4for ACCTGGCTCGCCATTAACAC cdh4rev AGGTCGTCCTTCACAAATGG cdh6for CGGAAACAGTGCAAGAGTTG cdh6rev TCTGTCCATGTTTGGCAATG cdh2for CAGGAAGAAGGGTTGTTTGC cdh2rev CGGGATCTGAAAGTTTGGAG gadphfor CTTTGATGCTGATGCTGGAA gadphrev CGGGATCTGAAAGTTTGGAG

Tabella 2: primers per la qPCR

Per ogni amplificazione fatta con una coppia di primers deve essere presente un triplicato sperimentale, fatto per ciascun campione. Inoltre, per avere la sicurezza di non aver inquinato nulla durante l'esperimento, è sempre il caso di fare il “bianco” di ogni reazione fatta per ogni coppia di primers, in cui i volume di cDNA è sostituito con l'H2O RF. Un esempio di una progettazione di un esperimento di qPCR è rappresentato nella Tabella 3.

PRIMERS hPDGF-B WT BIANCO gapdh Campione 1 Campione 1 bianco_gadph Campione 2 Campione 2 Campione 3 Campione 3 gene X1 Campione 1 Campione 1 bianco_geneX1 Campione 2 Campione 2 Campione 3 Campione 3 gene X2 Campione 1 Campione 1 bianco_geneX2 Campione 2 Campione 2 Campione 3 Campione 3 --- --- --- --- gene Xn Campione 1 Campione 1 bianco_geneXn Campione 2 Campione 2 Campione 3 Campione 3

Risultati

Il mio progetto di tesi si riaggancia a degli esperimenti condotti dal dott. Paolo Malatesta, dell'Istituto Tumori di Genova, su un modello di gliomagenesi indotto mediante la sovraespressione del PDGF-B, uno dei quattro possibili ligandi della famiglia del fattore di crescita delle piastrine (Calzolari et al., 2008). In questi esperimenti, il dott. Malatesta ha indotto gliomi di III e IV grado (noti anche come “high grade gliomas”) in un modello murino grazie ad un costrutto contenente hPDGF-B, trasfettato mediate vettori retrovirali. Le iniezioni sono state fatte in progenitori neurali di embrioni di topo. Queste cellule, anziché generare come da consueto, una vasta gamma di cellule appartenenti al Sistema Nervoso Centrale, hanno invece formato una massa di cellule proliferanti, riconosciuta come un oligodendroglioma di grado più alto grazie sia alle caratteristiche istopatologiche che presentava, sia ad una comparazione sotto il profilo genico. Queste cellule, se prelevate dai cervelli di questi topi e iniettate in cervelli di topi adulti sani, erano in grado di formare masse tumorali secondarie in vivo in un sito diverso da quello che è il sito di iniezione, ovvero presentavano una notevole capacità migratoria, e soprattutto la capacità di invadere il parenchima cerebrale. Quando poi queste cellule venivano messe in coltura, mostravano insensibilità nei confronti dell'inibizione da contatto una volta giunti a confluenza, e formavano foci (Calzolari et al., 2008; Appolloni et al., 2009). Confrontando il profilo genico delle due popolazioni cellulari, che per convenzione chiameremo HGG[P+] e HGG[P-], il dott. Malatesta ha notato una significativa differenza dei livelli di espressione di diverse molecole d'adesione. Quella che variava maggiormente nel suo modello era la caderina 4, nota anche come R-caderina. Mettendo a confronto le giunzioni aderenti delle cellule HGG[P+] e delle cellule HGG[P-], è stato riscontrato che in entrambe non si ha una differenza apprezzabile dei livelli di espressione della N-caderina, ma tramite analisi condotte per immunofluorescenza, a livello delle giunzioni aderenti si assisteva ad un incremento della R-caderina e ad una de-localazzazione della N-caderina. Questi dati hanno suggerito che in questi tumori, oltre ad esserci il classico “switch” di caderine della transizione epitelio-mesenchimatica, che vede coinvolte la E- e la N-caderina, abbiamo un secondo “switch” che comporta un depauperamento della N-caderina nelle giunzioni aderenti ed un aumento della R-caderina, suggerendoci così che la R-caderina sia responsabile di questo particolare fenotipo.

Nel mio progetto di tesi, ho cercato di riprodurre gli esperimenti condotti dal dott. Malatesta sulla sovraespressione dello hPDGF-B in vivo, utilizzando come sistema modello per lo studio del comportamento delle metastasi tumorali le cellule delle creste neurali, nell'organismo modello Xenopus laevis. Come sappiamo, infatti, queste cellule sono in grado di migrare, invadere i tessuti in cui migrano, e anche in questo caso il fenotipo migratorio è conferito dallo switch di caderine della transizione epitelio- mesenchimatica.

Inoltre, utilizzare questo vertebrato come organismo modello offre una serie di vantaggi. Tra questi, abbiamo il fatto che la prima divisione a cui l'embrione va incontro determinerà quali saranno il futuro lato sinistro e destro. Così, iniettando gli embrioni di Xenopus da un lato solo, sarà possibile distinguere all'interno dello stesso organismo il lato iniettato come “lato trattato”, ed il lato non iniettato come “lato di controllo”, avendo così la possibilità di analizzare i cambiamenti indotti dall'iniezione rispetto ad una condizione “wild type” riducendo moltissimo il fenomeno di variabilità intra-campione.

Gli embrioni di Xenopus vengono quindi fatti crescere fino allo stadio desiderato, riconosciuto mediante il sistema di stadiatura di Nieuwkoop e Faber (1969). Gli stadi presi in esame sono stati principalmente quelli che interessano il processo della neurulazione (quindi dalla neurula precoce a stadio 13-14, fino allo stadio 20-21), anche se ho comunque voluto verificare gli effetti della sovraespressione del PDGF-B anche nel tailbud (in particolar modo, lo stadio 25, e gli stadi tra 35 e 40).

La scelta delle cellule delle creste neurali di Xenopus laevis come possibile modello in cui riprodurre le conseguenze di una sovraespressione del PDGF-B è anche supportata da dati di letteratura che dimostrano un'espressione del recettore PDGFRα nelle creste (C.J. Bae et al., 2013; Figura 1).

neurali craniche (C.J. Bae et al., 2013).

Analisi dell'espressione genica del PDGF-B e del suo recettore osservata