• Non ci sono risultati.

Validazione in vivo della correlazione funzionale tra segnalazione del PDGF-B e l?espressione della R-caderina e di altre caderine riscontrata in gliomi di alto grado

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Validazione in vivo della correlazione funzionale tra segnalazione del PDGF-B e l?espressione della R-caderina e di altre caderine riscontrata in gliomi di alto grado"

Copied!
162
0
0

Testo completo

(1)

Università degli studi di Pisa

Dipartimento di BIOLOGIA

Corso di Laurea Magistrale in Biologia Molecolare e Cellulare

Tesi di Laurea

Anno accademico 2013-2014

Validazione in vivo della correlazione funzionale tra

segnalazione del PDGF-B e l’espressione della

R-Caderina e di altre caderine riscontrata

in gliomi di alto grado

Candidato

Relatore

(2)
(3)

Indice

Indice 3

Riassunto 6

Introduzione

Plateled-Derived Growth Factor

Funzione 8

Sistema di segnalazione 9

Ruolo nello sviluppo embrionale 13

Ruolo nello sviluppo del Sistema Nervoso Centrale 16 PDGF-B e Gliomagenesi

Gliomi, glioblastomi e High Grade Glioma 18

Modelli di High Grade Glioma indotti dalla sovraespressione

del PDGF-B 21

La sovraespressione del PDGF-B induce inibizione da

contatto 24

La sovraespressione del PDGF-B induce i progenitori neurali

a differenziare verso un lineage oligodendrocitico 26 Reclutamento dei precursori neurali da parte del segnale

paracrino del PDGF-B 27

Molecole di adesione come uno dei possibili target terapeutici:

uno switch di caderine è alla base della malignità tumorale 29 Ruolo ed importanza della “Retinal-cadherin” (CDH4) 29 La sovraespressione del PDGF-B induce una sovraespressione

della R-caderina e la delocalizzazione della N-caderina 30 La sovraespressione della R-caderina induce foci, ma non la

migrazione in vivo 32

Una minore espressione della R-caderina restaura l'inibizione

da contatto e limita la tumorigenesi 33

Cellule delle creste neurali, migrazione cellulare e caderine “Neural Crest Cells”: un sistema modello ottimale per lo

(4)

Induzione delle cellule della cresta neurale 37 Meccanismi molecolari alla base della migrazione delle cellule

della cresta neurale 40

I derivati delle cellule delle creste neurali 42

Le NCC craniali 42

Le NCC vagali 43

Le NCC del tronco 44

Una famiglia di molecole di adesione: le caderine 45 Le caderine classiche coinvolte nello sviluppo delle creste

neurali 46

L'inibizione da contatto della migrazione (CIM) 51

Il fenomeno della co-attrazione 53

Una migrazione guidata per le cellule delle creste neurali 53 Le cellule delle creste neurali sono un modello ottimale per

studiare le metastasi 55

Scopo della tesi 57

Materiali e Metodi

Digestione di plasmidi con enzimi di restrizione 58

Purificazione del DNA 59

Embrioni di Xenopus laevis 60

Microiniezione 62

Reazione cromogenica per la galattosidasi 65

Ibridazione in situ e doppia ibridazione in situ 66

Depigmentazione 72

Analisi dell'espressione genica mediante Quantitative Polymerase

Chain Reaction (qPCR o Real Time PCR) 73

Risultati 81

Pattern d'espressione di XPDGF-B e del suo recettore osservato

mediante Ibridazione In Situ “whole mount” 83

Analisi del comportamento delle cellule delle creste neurali a seguito della sovraespressione di hPDGF-B mediante Ibridazione In Situ

(5)

“whole mount” con marker di creste 88 Analisi dell'espressione di R-cad mediante Ibridazione In Situ

“whole mount” e qPCR 94

Analisi delle molecole di adesione coinvolte nella migrazione delle cellule

delle creste neurali: Xcdh6, Xcdh11, N-cad e PCNS 101

Discussione 110

Conclusioni 117

Bibliografia 119

(6)

Riassunto

Gli HGG (High Grade Glioma) sono i principali tumori del Sistema Nervoso Centrale. Originano da cellule della glia (da cui il nome), e sono costituiti da cellule anaplastiche. Una loro peculiarità è l’abilità di infiltrarsi nel parenchima cerebrale, estendendo così i confini del tumore. Gli approcci terapeutici di tipo chirurgico e/o farmacologico o radioterapico non risultano ad oggi risolutivi, rendendo questo tipo di tumori pressoché incurabile.

Una strategia, con lo scopo di uccidere selettivamente queste cellule o comunque inibirne le capacità invasive, potrebbe essere cruciale per combattere questa tipologia di gliomi maligni.

Una percentuale di gliomi è caratterizzata dalla sovraespressione del fattore di crescita PDGF-B ed è stato dimostrato, in modello murino, che il PDGF-B è necessario al tumore per mantenere la tumorigenicità in termini di grado di proliferazione e capacità di infiltrare il parenchima cerebrale probabilmente annullando il fenomeno dell’inibizione da contatto cellula-cellula. Esperimenti condotti dal Dott. Paolo Malatesta dell’Istituto Italiano Tumori di Genova, hanno suggerito una possibile associazione tra la sovraespressione del PDGF-B e la sovraespressione di una particolare proteina d’adesione nota come Caderina 4 o R-caderina (così chiamata perché identificata per la prima volta nella retina di pollo). In particolare, nei gliomi che presentano una sovraespressione del PDGF-B, si osserva un fenomeno di delocalizzazione della N-caderina a livello delle giunzioni aderenti e la sovraespressione a livello di membrana della R-caderina durante l’acquisizione di motilità nelle cellule tumorali. Quello da me trattato durante il mio internato di tesi, è uno dei molteplici aspetti dell’interazione tra PDGF-B e invasività cellulare tramite sovraespressione indotta di tale fattore nelle cellule delle creste neurali (NCC) di Xenopus laevis, e di come questa alterazione possa influire sull'espressione tanto della R-caderina, quanto di altre molecole di adesione. Le NCC costituiscono un ottimo modello di analisi per lo switch delle caderine e per la motilità cellulare, dal momento che è quello che normalmente avviene durante lo sviluppo e specificatamente durante la transizione epitelio mesenchimatica. Ho quindi clonato il cDNA per la R-caderina umana in uno specifico vettore di espressione (pCS2+), da cui ho trascritto il relativo capped mRNA poi microiniettato in embrioni di X. laevis allo stato di 2-4 cellule. Gli embrioni con la

(7)

sovraespressione della R-caderina sono stati analizzati mediante ibridazione in situ “whole mount” a vari stadi di sviluppo utilizzando markers specifici delle creste neurali. I fenotipi ottenuti sono stati correlati a quelli ottenuti precedentemente con la sovraespressione del PDGF-B. Per verificare, invece, l’effettiva correlazione tra signalling del PDGF-B ed R-caderina, sono state fatte sia una qPCR con primers progettati per la caderina 4 di Xenopus sul cDNA ottenuto da embrioni in cui era stata indotta la sovraespressione di PDGF-B, sia un’ibridazione in situ trascrivendo il probe specifico per l’mRNA di XCDH4 e testandolo su embrioni microiniettati con il PDGF-B. È attualmente in corso anche la ricerca di altre molecole di adesione coinvolte con la migrazione delle NCC che possano essere modulate dalla sovraespressione del PDGF-B. I livelli di espressione di queste molecole sono analizzati sia quantitativamente che qualitativamente tramite qPCR ed Ibridazione In Situ “whole mount”.

I risultati ottenuti, ancora in corso di completamento, supportano l’idea di una correlazione funzionale tra il signalling del PDGF-B e l’R-caderina anche in un modello animale in vivo. E’ auspicabile che l’insieme di questi dati possa contribuire a chiarire le basi molecolari della tumorigenicità indotta dal PDGF-B nell’ottica di futuri approcci terapeutici.

(8)

INTRODUZIONE

Platelet-Derived Growth Factor

Funzione

Il PDGF, o plateled derived growth factor, è un fattore di crescita individuato ed identificato principalmente come prodotto secretorio delle piastrine (Balk 1971; Busch et al. 1976) e come componente del siero responsabile della proliferazione delle cellule della muscolatura liscia arteriosa (Ross et al. 1974). Studi condotti in vitro ed in vivo su organismi modello hanno suggerito l’espressione di tale fattore in una variegata moltitudine di tessuti e hanno dimostrato il suo pieno coinvolgimento in vari processi di natura biologica quali la migrazione cellulare, lo sviluppo, la proliferazione e nell'angiogenesi.

Il PDGF appartiene ad una famiglia composta da quattro ligandi: PDGFA, PDGFB, PDGFC e PDGFD, ed è prodotto a partire da vari tipi cellulari: monociti/macrofagi, fibroblasti, citotrofoblasti della placenta, cellule endoteliali, cellule muscolari lisce, neuroni e alcune cellule della glia (Heldin e Westermark 1990; Raines et al. 1990; Raines e Ross 1993).

Data la sua natura di fattore di crescita, il PDGF risulta essere un potente mitogeno, in grado di indurre la proliferazione cellulare del tessuto connettivo della muscolatura liscia, in aggiunta a fibroblasti e cellule di derivazione neuroectodermica, tra cui si annoverano cellule staminali neurali adulte, embrionali e cellule gliali (Raines et al. 1990). Oltre alla sua forte azione mitogena, tale fattore risulta implicato in processi chemiotattici perché in grado di reclutare diversi tipi cellulari, indotti a migrare in determinati punti di un tessuto (Grotendorst et al. 1982; Siegbahn et al. 1990); tale caratteristica è importante poiché nel caso che un dato tessuto subisca un trauma come una lacerazione, viene a prodursi un coagulo veicolato in cui le piastrine presenti rilasciano PDGF: quest’ultimo grazie alle proprietà in precedenza descritte, è in grado di richiamare fibroblasti e macrofagi e di indurne la proliferazione localizzata; i fibroblasti sostituiscono infatti le cellule morte riproducendo e rigenerando in tal modo il tessuto. L’azione di questo fattore ha effetti sicuramente di natura autocrina sulle cellule che si occupano della sua produzione, ma è

(9)

capace anche di notevoli effetti paracrini su altri tipi cellulari.

Il PDGF sembra inoltre anche coinvolto nel differenziamento cellulare (Raff et al. 1989; Richardson et al. 1990) e nella regolazione della produzione di componenti della matrice extracellulare (Owen et al. 1982; Majack et al. 1985).

In particolare, il fattore PDGF-B è stato studiato e analizzato per il suo coinvolgimento nei processi di cancerogenesi; in particolare è stata analizzata la sua espressione nei gliomi, neoplasie del Sistema Nervoso Centrale (SNC): in questi tumori aggressivi si è notata una sovraespressione sia del recettore, sia del ligando (Hermanson et al. 1992; Nister et al. 1988) e tale sovraespressione ha portato ad una stimolazione paracrina e/o autocrina alla crescita del tumore (Hermansson et al. 1988).

Oltre ai gliomi, l’espressione del PDGF-B e del suo recettore è stata riscontrata in diverse forme di tumori associati al SNC, ma anche in sarcomi, tumori delle cellule della linea germinale e carcinomi del sistema gastrointestinale: il legame tra il PDGF-B e la produzione di tutta questa serie di tumori, è stata inizialmente dimostrata tramite la scoperta che l’oncogene v-sis del virus del sarcoma delle scimmie, risulta essere un omologo retrovirale del gene cellulare che porta alla codifica della catena β del PDGF (Doolittle et al. 1983; Waterfiled et al. 1983).

La via di segnalazione del PDGF-B è direttamente coinvolta nei gliomi, nei tumori delle cellule della glia di supporto, come astrociti o oligodendrociti, nel sistema nervoso centrale; ruolo importante e fondamentale che si può capire dalle sue funzioni nei processi di trasduzione del segnale e nella regolazione di uno sviluppo normale.

Sistema di segnalazione

Il gene del PDGF-B è situato sul cromosoma 22 di uomo ed è composto da sette esoni intercalati da introni di dimensioni diverse. La proteina matura è codificata per la maggior parte dall’esone 4 e dall’esone 5. Una caratteristica comune a tutti i membri della famiglia del PDGF è un motivo conservato di otto cisteine; nella struttura terziaria della proteina matura sono presenti infatti ponti disolfuro intramolecolari che ne determinano la conformazione finale: i residui di cisteina 1 e 6, e 3 e 7, rispettivamente, sembrano essenziali per l’attività biologica del PDGF-B stesso (Giese et al. 1987; Sauer e Donaghue 1988; Ostman et al. 1992; Heldin et al. 1993). A seguito di splicing alternativo, il trascritto del PDGF-B è presente in due distinte forme che differiscono tra loro nelle regioni non tradotte al 5’UTR e sono identificabili nello sviluppo del cervello di ratto (Sasahara et al. 1998).

(10)

La famiglia del PDGF, come già detto in precedenza, si compone di quattro ligandi (PDGFA-D) e due diversi recettori (PDGFRα e PDGFRβ) che sono a loro volta appartenenti a quella superfamiglia di recettori tirosin-chinasici, il cui massimo esponente è rappresentato dal recettore per il fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF). Il PDGF ha una struttura dimerica dovuta alla formazione di legami covalenti tramite ponti disolfuro: tutti i ligandi (PDGFA-D) sono in grado di formare omodimeri, ed inotre il ligando PDGF-A ed il ligando PDGF-B sono in grado di formare un eterodimero funzionale (AB). I recettori α e β possono dare origine agli omodimeri αα e ββ o agli eterodimeri αβ: ciascuno di loro ha proprietà di segnalazione diverse. I ligandi hanno infatti diversa affinità per le differenti combinazioni di recettori; tutto ciò è dovuto al fatto che le porzioni extracellulari dei recettori hanno solo il 31% di identità fra loro (Heldin e Westermark, 1999; Li et al. 2000; Bergsten et al. 2001; LaRochelle et al. 2001). In particolare il ligando AA viene a legarsi esclusivamente al recettore αα; i ligandi CC e AB possono legarsi indistintamente ai recettori αα e αβ; il ligando DD può legarsi ad αβ e ββ; ed infine il ligando BB può prendere contatto con tutti e tre i tipi di recettori (Figura 1).

Fig. 1: Recettori e ligandi della famiglia del PDGF. Le frecce direzionali indicano le

(11)

I recettori per il PDGF si compongono di una porzione extracellulare, adibita al reclutamento del ligando e caratterizzata dalla presenza di cinque domini immunoglobulinici; e una porzione citoplasmatica dove è presente un dominio tirosin-chinasico. Il contatto tra ligando e recettore porta alla dimerizzazione del recettore stesso e all’attivazione del dominio citoplasmatico che va incontro ad un processo di autofosforilazione dei diversi residui di tirosina presenti. Tale meccanismo consente l’attacco al recettore di numerosi complessi proteici e multiproteici che portano all’attivazione di numerose vie di segnalazione (Figura 2).

Fig. 2: Vie di trasduzione associate ai recettori per il PDGF

Gli esiti di tali variegate vie di segnalazione sono tra i più disparati: proliferazione cellulare, migrazione, deposizione di matrice, sopravvivenza e transizione epitelio mesenchimatica (Betsholtz et al. 2001); in particolare, uno di questi “pathway” comprende ad esempio l’attivazione della via delle MAPK (mitogen-activated protein kinase) che è una treonina/serina chinasi in grado di controllare innumerevoli processi quali la mitosi,

(12)

l’apoptosi cellulare e il differenziamento. Altri “pathways” importanti mediati dall’azione del PDGF sono inoltre quelli mediati dalla fosfatidilinositolo 3-chinasi (PI3K), dalla chinasi della famiglia SRC, dai fattori di trascrizione STAT, e dalla fosfolipasi CQ (PLCQ). Tuttavia, anche se nei due distinti recettori è stata riscontrata un’attività molto simile, la via di segnalazione che viene ad attivarsi ogni qualvolta un dato ligando lega il suo recettore, è estremamente specifica e anche il grado con cui tale attivazione si presenta è distinto fra i due recettori (Heidaran et al. 1993). Sono stati condotti esperimenti di sostituzione in vivo sui recettori, in cui una subunità è stata sostituita con un'altra così da avere nell’organismo domini intracellulari solo di un tipo. Questi esperimenti non hanno portato tale organismo a condurre uno sviluppo normale (Klinghoffer et al. 2001): ogni recettore ha quindi un’unica e ben definita risposta di trasduzione del segnale dopo il contatto con il ligando (Shih et al. 2006).

Alcune vie di segnalazione attivate dal PDGF sono implicate nello sviluppo gliale e nella gliomagenesi: tuttavia anche se il PDGF è in grado di attivare tali vie, il modo e la misura con cui il PDGF contribuisce alla loro attivazione nei tumori non è stata per lo più definita. I vari “pathways” connessi intimamente all’azione del PDGF prevedono un meccanismo comune di reclutamento di componenti di segnalazione al recettore attivo: in particolare i residui tirosin-chinasici fosforilati nel dominio citoplasmatico del PDGFR permettono l’ancoraggio di diverse proteine contenenti un dominio SH2.

Nello specifico, due proteine contenenti tale dominio (Shc e Grb2), legandosi alla porzione intracellulare del recettore PDGFR sono capaci di reclutare Sos, un fattore necessario allo scambio tra il GDP e il GTP sull’oncogene Ras, membro della famiglia di proteine in grado di legare nucleotidi guanosinici (proteine G) e avente appunto attività GTP-asica. Una volta attivato, Ras induce segnali mitogenici attraverso la via di segnalazione delle MAPK: questo porta in ultima istanza ad un effetto di sovraregolazione di geni target proliferativi. Un’altra via di segnalazione attivata dal PDGFR, come abbiamo già detto in precedenza, coinvolge l’enzima PI3-chinasi, costituito da una subunità catalitica ed una subunità regolatrice. Tale enzima viene reclutato sulla membrana grazie al suo dominio SH2 presente sulla subunità regolatrice. Quano viene fosforilato, converte il lipide di membrana fosfatidilinositolo 4,5-bisfosfato (PIP2) in fosfatidilinositolo 3,4,5-trisfosfato (PIP3) che, tramite il reclutamento di Akt, una chinasi a serina, promuove la sopravvivenza e la crescita cellulare attraverso molteplici pathways. Tali “pathway” sono inoltre in grado di regolare l’efficienza di traduzione di mRNA specifici all’interno della cellula (Rajasekhar et al. 2003). Attraverso l’utilizzo di metodiche come il “western blotting” sono stati

(13)

rintracciati ed identificati i vari componenti attivati dalla via di segnalazione delle MAPK e dal fattore Akt in vari campioni chirurgici di glioblastoma (Holland et al. 2000).

Le tirosin-chinasi della famiglia Src (SFK) sono un altro elemento di segnalazione di PDGFR e giocano un ruolo importante nella regolazione della trasduzione del segnale mediata dai recettori di membrana nel compartimento citoplasmatico. Queste chinasi contengono un dominio SH2 che si lega alla tirosina fosforilata nel recettore PDGF. Gli SFK sono enzimi che controllano la crescita, il differenziamento, la migrazione e la sopravvivenza cellulare. È stato inoltre dimostrato che la chinasi della famiglia Src, Fyn, è coinvolta nella differenziazione degli oligodendrociti attraverso la regolazione delle proteine che regolano Rho (Wolf et al. 2001).

Un’ulteriore “pathway” attivato dal recettore PDGFR è quello che vede coinvolto l’enzima PLCγ, che esplica la sua azione una volta fosforilato a livello di membrana; la sua azione prevede la rottura di PIP2 – precedentemente descritto – in due prodotti distinti: l’inositolo 1,4,5 trifosfato e il diacilglicerolo; quest’ultimo è capace di mobilizzare le riserve di calcio intracellulare. L’azione di PLCγ e la immediatamente successiva attivazione della proteina PKC (protein kinase C) sono state collegate direttamente a fenomeni di proliferazione e invasività cellulare (Khoshyomn et al. 1999; Da Rocha et al. 2002). ). I PDGFR sono stati collegati all’attivazione delle Jak chinasi e la successiva attivazione dei loro substrati, i fattori di trascrizione Stat (Vignais et al. 1996).

Inoltre, la segnalazione Stat in risposta al “pathway” del fattore neurotrofico ciliare (CNTF) può promuovere il differenziamento degli astrociti gliali dalle cellule precursori neuronali (Bonni et al. 1997).

Il “signaling” del PDGF risulta essere quindi estremamente variegato e implicato in moltissimi processi a livello cellullare; bisogna tuttavia tenere presente e distinguere in modo marcato la stimolazione cui può andare incontro questo fattore di crescita: a breve termine, quindi transiente e di rapida durata o a lungo termine, quindi cronica e persistente; sembra infatti quest’ultima quella da più vicino coinvolta nel fenomeno della tumorigenesi gliale in vivo (Shih et al. 2006).

Ruolo nello sviluppo embrionale

Il fattore PDGF assume distinti ruoli nell’embriogenesi dei mammiferi a vari stadi di sviluppo. Per la sua azione naturale di mitogeno durante le primissime fasi guida la proliferazione del mesenchima indifferenziato e di alcune popolazioni di cellule progenitrici (Betsholtz et al. 2001). Per esempio, la segnalazione del PDGFR è essenziale

(14)

per la proliferazione delle cellule interstiziali nel testicolo embrionale precoce e nei reni, e per la proliferazione mesenchimale nell’intestino precoce, nella pelle e nello sviluppo del polmone (Karlsson et al. 2000; Li et al. 2000; Li e Hoyle et al. 2001; Brennan et al. 2003). Nelle successive fasi di maturazione, il “pathway” di segnalazione del PDGF è strettamente coinvolto nel differenziamento cellullare e nel rimodellamento dei tessuti, oltre che nel processo di morfogenesi. In Drosophila melanogaster e nel topo, tale fattore controlla eventi di migrazione cellullare nella breve e lunga distanza.

In vivo, le informazioni sul ruolo del PDGF sono state acquisite per lo più studiando i “pattern” di espressione del recettore PDGFR e del suo ligando e/o attraverso esperimenti di perdita di funzione: topi knockout sia per il recettore sia per il ligando stesso presentano numerose anomalie tra cui formazione di glomeruli renali anormali, anemia, trombocitopenia, dilatazione dei vasi sanguinei e delle camere cardiache, emorragie ed edema che possono portare a morte perinatale (Levéen et al. 1994; Soriano et al. 1994) (Figura 3).

Fig. 3: Embrioni PDGF-B mutato. (A) Caratteristiche esterne di un embrione mutante a E18.5. Si noti

l'aspetto emorragico ed edematoso. (B) Aspetto esterno di un embrione mutante a E19. (CH) Mutanti di PDGF-B (m) e controlli (c) a stadio E19. (C) Sanguinamento localizzato (frecce) sotto la pelle e nel grasso

bruno di un embrione mutante E19. (D) Aspetto corrispondente di un embrione normale E19. (E) Organi addominali di un embrione di controllo E19 (c) e un mutante (m). Notare le emorragie nel fegato e la dilatazione dei vasi sanguigni mesenterici (frecce). (F) Organi del torace di un embrione di controllo E19 (a

sinistra) e un mutante (a destra); le frecce indicano il cuore. (G) Il fenotipo del rene di due coppie di reni mutanti (m) a stadio E19 a confronto con due coppie di reni di controllo (c). (H) Vesciche delle vie urinarie

da due embrioni di controllo (c) e due mutanti (m) E19. (Levéen et al. 1994; Soriano et al. 1994)

Questi topi presentano moltissime anomalie anatomiche oltre che istologiche: i capillari glomerulari del rene non si formano e più anse di capillari non ramificate vanno a riempire

(15)

lo spazio glomerulare; molti vasi non sono inoltre completamente coperti da cellule murali (Levéen et al. 1994; Soriano et al. 1994). Questo comporta un iperproliferazione delle cellule endoteliali che producono in tal modo capillari ectopici, dilatati e fortemente instabili, soggetti a degenerazione (Lindahl et al. 1997; Hellstrom et al. 2001; Enge et al. 2002). Persino il cuore e molte grandi arterie vanno incontro a dilatazione in embrioni a stadi più tardivi. Lo status ematologico degli embrioni morti per emorragia prima di nascere comprende eritroblastosi, anemia macrocitica, e trombocitopenia. Tali risultati suggeriscono che il PDGF-B è fortemente implicato nella creazione di alcune tra le più importanti funzioni renali e vascolari. Nel sistema vascolare, tale fattore è espresso dalle cellule endoteliali e il suo recettore PDGFRβ è presente sulle cellule muscolari lisce vascolari nonché sui periciti, cellule deputate al sostegno e allo sviluppo dei vasi. E’ stato analizzato in modello murino il fenomeno della neovascolarizzazione: la sovraespressione di PDGF-B porta alla stimolazione dell’espressione del fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF); questi due fattori infatti cooperano congiuntamente nella formazione di nuovi vasi, favorendo la proliferazione controllata delle cellule endoteliali vascolari e reclutando, nelle fasi terminali della neoangiogenesi, periciti sui vasi neoformati (Levéen et al. 1994; Soriano et al. 1994; Lindahl et al. 1997; Benjamin et al. 1998; Heldin et al. 1999; Hellstrom et al. 2001; Guo et al. 2003). Anomalie in questa rete di segnalazione paracrina portano a diversi difetti nella produzione di nuovi vasi: in prima istanza, le cellule endoteliali vanno incontro a proliferazione non controllata e non regolata che porta alla formazione di vasi aberranti ed emorragie; in secondo luogo non vengono ad essere reclutati i periciti e le cellule di sostegno, evento che conferisce instabilità a livello del sistema vascolare. Questo, in sintesi, indica che il PDGF è estremamente importante nel processo di angiogenesi nei tessuti adulti (Cao et al. 2003; Guo et al. 2003) e risulta essere essenziale per la crescita, l’invasione e la produzione di metastasi maligne in vari tumori. Studi recenti hanno visto il ruolo angiogenico del PDGF-B anche in neoplasie ematologiche tra cui il mieloma multiplo (Tsirakis et al. 2011). Sono stati condotti altri studi sui topi con “knockout” condizionale che alterano l'attività del PDGF senza causare una mortalità precoce. Anche la retina è particolarmente sensibile alle mutazioni nel dominio del PDGFR: topi mutanti (che sopravvivono fino all'età adulta) mostrano la retinopatia proliferativa (Freyberger et al. 2000). Ciò può derivare da una sovraespressione del PDGF negli astrociti o da una carenza del PDGF nell'endotelio vascolare; entrambi si traducono in una carenza di periciti (Fruttiger et al. 1996; Klinghoffer et al. 2001; Enge et al. 2002; Forsberg Nilsson et al. 2003).

(16)

Ruolo nello sviluppo del Sistema Nervoso Centrale

Il signaling del PDGF esercita funzioni multiple anche durante lo sviluppo del sistema nervoso centrale. Il profilo di espressione del PDGF nel SNC durante lo sviluppo embrionale è stato analizzato sia in topo che in Xenopus laevis (Shih et al. 2006).

Il PDGF-B è distribuito nei neuroni in diverse regioni del sistema nervoso centrale dell'embrione e dell'adulto (Sasahara et al. 1992). L'espressione più accentuata si registra nelle fibre del nervo olfattivo e rimane a un livello elevato nel sistema olfattivo adulto. Poiché i neuroni sensoriali primari del sistema olfattivo conservano la capacità di rigenerarsi nell’adulto, questo risultato è in accordo con il ruolo suggerito dal PDGF come fattore neurotrofico. Le cellule di Schwann, le cellule mielinizzanti del sistema nervoso periferico, esprimono il recettore PDGF (e rispondono al PDGF-B con una maggiore proliferazione in vitro (Davis et al. 1990, Eccleston et al. 1990).

Il PDGF-A si trova espresso nei neuroni a partire da E15 e continua ad essere espresso nelle fasi adulte, anche il PDGF-B è espresso nei neuroni, ma in maniera più limitata (Yeh et al. 1991; Sasahara et al. 1991). I PDGF-A e PDGFR sono presenti durante l'embriogenesi, con ruoli essenziali in molti contesti, tra cui il sistema nervoso centrale, la cresta neurale e lo sviluppo degli organi (Leveen et al. 1994;. Soriano et al. 1994; Soriano et al. 1997; Fruttiger et al.1999; Gnessi et al. 2000; Karlsson et al. 2000). In particolare PDGF-A e PDGFR sono responsabili della proliferazione, della sopravvivenza, della migrazione e del differenziamento delle cellule progenitrici gliali, durante lo sviluppo degli oligodendrociti. Nel sistema nervoso centrale dei mammiferi gli oligodendrociti depositano uno strato isolante di mielina intorno alle proiezioni neuronali; queste guaine mieliniche sono essenziali nel facilitare la neurotrasmissione. Gli oligodendrociti differenziano dopo la nascita dalle cellule progenitrici che esprimono PDGFR (O2A). Linee di topo knockout PDGF- A e PDGFR mostrano difetti nella mielinizzazione del SNC, a causa di difetti di migrazione, di sopravvivenza e differenziazione di cellule progenitrici degli oligodendrociti (OPC) (Baron et al. 2002; Calver et al. 1998; Fruttiger et al. 1999; Klinghoffer et al. 2002) e sviluppano un fenotipo di tremore muscolare (Fruttiger et al. 1999). I contributi di diverse vie di segnalazione all’attività del PDGFR nella regolazione dello sviluppo della linea degli oligodendrociti sono stati analizzati in vitro ed in vivo mediante la delezione mirata di residui critici di tirosina nel dominio intracellulare che legano particolari componenti di segnalazione. Si è osservato che l'attivazione di entrambe le vie di segnalazione Src e PI3K sono necessarie per una corretta mielinizzazione del SNC

(17)

(Klinghoffer et al. 2002). Questa giustapposizione di espressione dei ligandi nei neuroni e dei recettori nelle cellule gliali suggerisce che i neuroni sono in grado di fornire i fattori trofici di crescita necessari ai precursori gliali.

Studi in Xenopus laevis hanno portato alla conclusione che la segnalazione del PDGF è implicata nella gastrulazione e nella chiusura del tubo neurale (Ataliotis et al. 1995). La gastrulazione comporta una serie di complessi e coordinati movimenti cellulari che danno origine al piano del corpo in tutti i vertebrati. In Xenopus laevis, questo processo inizia con l'involuzione di cellule sul lato dorsale dell'embrione. Al fine di valutare il ruolo del PDGF-A durante la gastrulazione di Xenopus, è stato generato un mutante dominante negativo del suo recettore, PDGFR, per interrompere la segnalazione del PDGF-A nell'embrione ed è stato dimostrato che il PDGF è necessario per un corretta gastrulazione.

(18)

PDGF-B E GLIOMAGENESI

Evidenze derivate da studi condotti su animali modello hanno dimostrato una connessione causale tra un'espressione aberrante del signalling PDGF-B (platelet derived growth factor B) e la formazione di alcune tipologie di glioma. Dati recenti riguardo i meccanismi cellulari che si basano sulla progressione tumorale di gliomi indotti dal PDGF-B ed il loro mantenimento indicano che il PDGF-B può essere inaspettatatmente coinvolto nel superamento dell'inibizione da contatto, sia della proliferazione che della migrazione, e che possa promuovere la progressione tumorale (Calzolari and Malatesta Brain Pathol. 2010).

Gliomi, glioblastomi e “high grade gliomas”

I gliomi sono dei tumori incurabili, che originano a livello cerebrale o nella spina dorsale da cellule gliali. Si generano principalmente a livello del cervello, ed infatti da soli costituiscono circa il 30% di tutti i tumori cerebrali o che interessano il Sistema Nervoso Centrale, e circa l'80% di tutti i tumori maligni cerebrali. Sono caratterizzati dall'abilità delle singole cellule cancerose di infiltrarsi nel parenchima estendendo così ampiamente i confini del tumore. Sono inoltre riconoscibili dalle loro peculiari caratteristiche istopatologiche e grazie al loro profilo genico: questo tipo di tumori, infatti, presenta alcuni dei markers tipici delle cellule gliali, da cui origina. I gliomi possono inoltre essere classificati per tipo cellulare, o per grado.

I principali sono:

 astrocitomi, tumori originatisi dagli astrociti, costituiscono la forma più comune di glioma);

 oligodendrogliomi, si originano dagli oligodendrociti, o dai precursori delle cellule gliali;

 ependimomi, dalle cellule ependimali;

 gliomi misti, in cui il tumore deriva da cellule della glia di differente origine (come ad esempio gli oligoastrocitomi che originano sia dagli astrociti che dagli oligodendrociti);

 glioblastomi, noti anche come glioblastomas multiforme o GBMs, possono generarsi da qualsiasi cellula della glia, e rappresentano la forma più maligna di glioma.

(19)

Tuttavia, tracciando un profilo genico “genome-wide” per le varie classi di tumore, si nota un scarsa corrispondenza tra le caratteristiche isto-patologiche e le proprietà biologiche (Karcher et al., 2006). La diversità intrinseca si rispecchia nell'ampio numeri di “pathways” coinvolti nella generazione di questi tumori, ragion per cui le varie tipologie di tumori sono spesse confuse tra di loro, e considerate come un' unica entità (Parsons et al., 2008).

Alternativamente, i glioblastomi possono essere distinti in base al grado (Louis et al., 2007) . Il concetto di gradazione dei tumori del sistema nervoso centrale, si riferisce alla “progressività di comportamento" di tali neoplasie (da tumore benigno e circoscritto a tumore maligno e infiltrante). Dei vari sistemi utilizzati per identificare il grado di un tumore, il più comune è quello della World Health Organization (WHO) per gli astrocitomi, secondo il quale i tumori partono da un grado I in cui non è particolarmente avanzato, ed i pazienti mostrano una prognosi migliore, fino al grado IV dove il tumore è più avanzato e con una prognosi peggiore. In base a questa classificazione, i glioblastomi possono essere suddivisi in:

 “Low grade gliomas” (LGGs), che per il sistema di gradazione della WHO appartengono al II grado. Infatti, sono tumori genericamente benigni, infatti i pazienti presentano una prognosi migliore, e sono costituiti da cellule differenziate;  “High grade gliomas” (HGGs), che sono invece tumori di III e IV grado. Sono

maligni, con una prognosi peggiore, e costituiti da cellule indifferenziate.

Gli attuali trattamenti non sono in grado di eradicare del tutto il tumore, dato che le cellule che lo compongono hanno una natura altamente invasiva e sono in grado di generare tumori secondari, portando così ad una ricaduta. L'incurabilità dei gliomi è in parte dovuta alla loro scarsa accessibilità, che rende ostici trattamenti farmacologici e chirurgici. Questi ultimi, soprattutto, sono resi difficoltosi proprio dalla capacità delle singole cellule di infiltrarsi nel parenchima cerebrale. Occorrerebbe quindi una strategia per uccidere specificatamente queste cellule o comunque per inibirne la loro capacità migratoria.

Le più comuni alterazioni geniche riscontrate in questa classe di tumori le troviamo riassunte in questa tabella (Tabella 1; Calzolari et al., 2010).

(20)

Tabella 1: Tabella con le più comuni alterazioni genetiche presenti nei tumori umani. La tabella è presa

dall'articolo Recent insights into PDGF-induced gliomagenesi, Calzolari et al., 2010

Come si può notare in questa tabella, nonostante la distinzione per grado e per caratteristiche isto-patologiche, una peculiarità di questi tumori è un'alterazione del signalling del PDGF-B, condizione presente non solo nei gliomi, ma in un più ampio spettro di tumori umani.

Studi condotti su topo hanno dimostrato il ruolo rilevante svolto da questo “pathway” nella gliomagenesi: forzando l'espressione del PDGF-B o del recettore PDGFRα in progenitori neurali di topo, sia in fase perinatale che in fase adulta, è possibile generare astrocitomi, oligodendrogliomi ed anche glioblastomi (Furnari et al., 2007; Hartmann et al., 2004). In genere, l'alterazione del “pathway” del PDGF è associata ad una sovraespressione dei recettori (è abbastanza difficile che avvenga una mutazione attivante in PDGFRα e PDGFRβ), ma sia i ligandi che i recettori si possono trovare co-espressi da cellule tumorali, e da cellule endoteliali e cellule murali attorno ai vasi sanguigni, dimostrando che il signalling autocrino e paracrino del PDGF può giocare un ruolo importante nella formazione e nel mantenimento di questi tumori (Hermanson et al., 1992; Nister et al., 1988).

Dal momento che l'alterazione del signalling del PDGF è così comune nei gliomi umani, è logico aspettarsi che giochi un ruolo molto importante nella gliomagenesi (Baron et al., 2002), anche se ancora non si sa molto su come questo avvenga. Di recente è stato tuttavia

(21)

ipotizzato che PDGFR medi processi di autofagia nelle cellule tumorali in seguito a fenomeni di ipossia (Calzolari et al., 2008).

Modelli di HGG indotti dalla sovraespressione del PDGF-B

Sono stati condotti esperimenti dal dott. Malatesta in topo in modo tale da avere un quadro più chiaro sulla gliomagenesi indotta da PDGF in un modello animale.

Il PDGF-B è stato iniettato in embrioni di topo (E14) a livello di una popolazione di cellule progenitrici multipotenti presenti nei ventricoli laterali e nel telencefalo (Figura 4). Queste cellule, che nell'adulto portano alla formazione di una vasta ed eterogenea gamma di tipi cellulari presenti nel Sistema Nervoso Centrale, in questi topi hanno invece dato origine a masse proliferanti con caratteristiche isto-patologche che le identificavano con gli oligodendrogliomi di grado più alto (Dai et al., 2001; Uhrbom et al., 1998; Appolloni et al., 2009; Calzolari et al., 2008). Sia la sintomatologia che veniva sviluppata nel tempo, sia il forte evento proliferativo che accompagnava la formazione di queste masse, suggeriva si trattasse di un tumore.

Fig. 4:Trasduzione in utero di progenitori neurali telencefalici mediante vettori retrovirali contenenti il costrutto B/GFP. La figura è stata disegnata sui dati presi dall'articolo Recent insights into

PDGF-induced gliomagenesi, Calzolari et al. 2010

Tuttavia, alcuni topi presentavano i sintomi più precocemente mentre altri più tardivamente. Il primo gruppo era caratterizzato da una forte idrocefalia e da perdita di

(22)

peso, ma soprattutto mostravano diffuse infiltrazioni di cellule che sovraespimevano il PDGF-B, riconosciute mediante reporter gene nel parenchima cerebrale. Mancavano però altri sintomi tipici dei glioblastomi, come la necrosi diffusa ed i fenomeni di neovascolarizzazione.

I topi del secondo gruppo, di contro, avevano ampie regioni caratterizzate da emorragia, necrosi, e fenomeni angiogenetici. Anche in questo caso erano poi presenti masse di cellule proliferanti ed infiltrazioni nel parenchima cerebrale, ma di volume maggiore.

Il primo tipo di gliomi, con sintomatologia più lieve e più precoce, è stato identificato con i “low grade gliomas” (o LGGs). Il secondo tipo di tumore, caratterizzata da una maggiore proliferazione, una maggiore infiltrazione e da fenomeni necrotici e neo-angiogenetici, è stata identificato invece con gli “high grade gliomas” (o HGGs) (Louis et al., 2007). Un'altra caratteristica che consente di distinguere ben tra queste due tipologie è che gli HGGs, una volta introdotti manualmente nel parenchima cerebrale di un topo adulto, sono in grado di produrre tumori secondari in un tempo relativamente breve, contrariamente agli LGGs (e nonostante questi ultimi siano comunque molto simili sotto il profilo genico). Sacrificando l'animale poche settimane dopo l'iniezione, le cellule in cui è presente l' sovraespressione del PDGF-B (riconosciute mediante reporter gene), sono ben lontane dal sito di iniezione, arrivando a migrare e colonizzare anche l'altro emisfero animale.

Una volta analizzati, i tumori secondari così generatisi mostravano le medesime caratteristiche dei tumori primari, come l'essere circondate da regioni con diffusa necrosi, attività di neovascolarizzazione, e l'essere costituite da cellule altamente proliferative. In aggiunta, questi gliomi secondari mostravano anche una struttura molto più compatta. Oltretutto, se questi tumori secondari vengono re-iniettati in cervelli sani di topi adulti sono in grado di generare tumori terziari (Figura 5; Calzolari et al., 2008).

(23)

Fig. 5: Il PDGF-B è in grado di indurre i gliomi, facendogli acquisire gradualmente un fenotipo completamente maligno. Gliomi possono essere osservati in un modello in vivo di gliomagenesi ottenuto

trasducendo il PDGF-B mediante vettori retroviarli nei progenitori neurali di embrioni di topo. Le curve di sopravvivenza mostrano due differenti gruppi di tumore, distinguibili grazie alla comparsa dei sintomi e al potenziale propagativo del tumore. La figura è stata disegnata sui dati presi dall'articolo Recent insights into

PDGF-induced gliomagenesi, Calzolari et al., 2010.

Una volta che in una cellula i recettori del PDGF si sono uniti con i loro ligandi, sono in grado di attivare una moltitudine di differenti “pathway”, in grado di influenzare la sopravvivenza cellulare, la proliferazione e la motilità, e così le cellule che secernono PDGF sono in grado di influenzare le cellule vicine. Come già detto prima, la sovraespressione del PDGF è in grado di “aiutare” la progressione tumorale reclutando cellule endoteliali per fenomeni di neovascolarizzazione, ma soprattutto potenziando le capacità infiltrative delle cellule tumorali, richiamando le capacità migratorie dei progenitori neurali da cui derivano (Hermanson et al., 1992; Nister et al., 1988). È interessante osservare una correlazione tra il comportamento delle cellule tumorali in vivo ed in vitro, e come anche nel secondo caso venga sottolineata la differenza tra HGGs e LGGs.

Mettendo in coltura cellule che derivano da queste due tipologie di tumori, si osserva un fenomeno notevole: mentre le cellule che derivano dai LGGs vanno incontro a differenziamento e morte qualche giorno dopo essere state piastrate, le cellule provenienti dagli HGGs possono essere passate in coltura svariate volte senza che per questo avvengano cambiamenti che possano interessare la loro morfologia o la loro attività

(24)

proliferativa. Addirittura, se inserite in un cervello murino, queste sono in grado di generare tumori secondari che mostrano le medesime caratteristiche dei gliomi secondari generati da cellule prelevate direttamente dai gliomi primari (Calzolari et al., 2008). Nonostante le scoperte fatte fino ad ora, non è ancora chiaro come il PDGF-B possa contribuire con il suo signalling alla formazione sia di un “low grade glioma” che di un “high grade glioma” o alla sua progressione dal primo al secondo tipo. Probabilmente, il PDGF-B da solo non è in grado di generare la forma più aggressiva del glioma, ma solo di conferirvi un fenotipo tumorale, e di attivare un “pathway” che poi progredisce e culmina con la generazione di un glioblastoma.

La sovraespressione del PDGF-B induce inibizione da contatto

Ulteriori esperimenti condotti in laboratorio dal dott. Malatesta, hanno inoltre dimostrato come una continua sovraespressione del PDGF-B sia necessaria per mantenere la tumorigenicità (Calzolari et al., 2008), dimostrando così come non venga mai acquisita una indipendenza del tumore dallo stimolo iniziale. Apparentemente, quanto detto potrebbe fare supporre che il PDGF-B non sia responsabile del fenotipo proliferativo. In realtà, è molto più probabile che sia in grado di attivare fenomeni mitogenetici, ma che non sia indispensabile perchè questo fenotipo venga mantenuto. Infatti, se le cellule trasfettate con il PDGF-B vengono messe in coltura, queste continuano a proliferare in maniera estesa. Quest'ultime sono insensibili all'inibizione da contatto (CIP) che le cellule proliferanti in coltura normalmente hanno, superando così la confluenza e formando foci (Bogler et al., 1990; Buffo et al., 2008).

Negli esperimenti condotti nel laboratorio del dott. Malatesta è stato osservato che, se in cellule provenienti da un HGG si silenziasse la sovraespressione del PDGF-B (HGG[P-], contrapposte alle cellule HGG[P+] in cui il PDGF-B non è silenziato), queste in coltura conserverebbero il loro potenziale proliferativo, non riuscendo però a superare più l'inibizione da contatto (Appolloni et al., 2009). Inoltre, se re-iniettate in cervelli murini, queste cellule perdono non sono più in grado di infiltrarsi nel parenchima cerebrale e di generare tumori secondari. Tuttavia, se il silenziamento viene rimosso e l'espressione del PDGF viene restaurata, queste acquisiscono nuovamente le caratteristiche tipiche tumorali sia in vivo che in vitro (Figura 6).

(25)

Fig. 6: la sovraespressione del PDGF-B conferisce capacità invasive. In verde, le cellule di glioma che

presentano una continua sovraespressione del PDGF-B (HGG[P+]); in rosso, le cellule di glioma che sono andate incontro ad un silenziamento spontaneo (HGG[P-]); in giallo, le cellule HGG[P-] in cui è stata re-introdotta l'espressione del PDGF-B. Le cellule che presentano una sovraespressione del PDGF-B sono le

uniche in grado di invadere il parenchima cerebrale

Questo ci dimostra che la sovraespressione del PDGF-B è responsabile della perdita della CIP. Inoltre, un' altra differenza tra le HGG[P+] e le HGG[P-] riguarda l'aspetto dell'invasività. Se le due popolazioni cellulari vengono marcate con differenti reporter fluorescenti, e trapiantate tutt'e due in cervelli di adulto, le HGG[P+] si infiltrano nel parenchima cerebrale, e 8 giorni dopo l'espianto, si possono trovare anche oltre i 3000 µm dal sito di iniezione, con una distanza media di 200 µm. Al contrario, le HGG[P-] non si diffondono nel parenchima e non abbandonano il sito di iniezione. Infatti, nello stesso lasso di tempo non sono state trovate cellule appartenenti a questa popolazione cellulare oltre i 40 µm da dove si trovava l'ago (Calzolari et al., 2008).

Le cellule HGG [P-], tuttavia, acquistano nuovamente la capacità migratoria quando trasfettate con un vettore che esprime il PDGF-B, rendendole praticamente indistinguibili dalle HGG [P+] (la distanza percorsa da queste cellule è analizzata a 8 e a 15 giorni dall'iniezione).

(26)

PDGF-B è necessaria alla migrazione delle cellule nel parenchima cerebrale.

In un ulteriore esperimento, le HGG [P+] e le HGG [P-] sono state marcate con due distinti traccianti e, poste in una coltura in cui era stato fatto un solco, queste due popolazioni cellulari si trovavano ai lati di questo solco. Dopo 24 ore, le cellule HGG[P+] e le HGG[P-] non mostravano una differenza eclatante nella migrazione, quanto più nella direzione della migrazione.

Infatti, il solco è stato ri-popolato principalmente dalle cellule HGG[P-] piuttosto che dalle cellule HGG[P+], rimarcando la loro sensibilità all'inibizione da contatto (venivano poi stoppate, infatti, dal contatto con altre cellule presenti nel solco). Di contro, le HGG[P+] continuano a non mostrare questa caratteristica.

Le cellule HGG[P+] non mostrano nemmeno una polarizzazione cellulare riarcata dal fatto che, nel loro citoplasma, l'apparato del Golgi risulta non avere una posizione precisa. Nelle HGG[P-] l'apparato del Golgi risulta invece più localizzato verso il solco, secondo quella che sarà poi la direzione di migrazione delle cellule.

Non a caso, questo bias della migrazione si riflette che il rapporto tra HGG[P+] e HGG[P-] nella zona ripopolata risulta praticamente invertito rispetto al rapporto tra le due popolazioni cellulari nel resto della cultura.

Anche in questo caso, la re-introduzione del PDGF-B nelle HGG[P-] tramite trasduzione retrovirale è sufficiente a far si che il loro comportamento non differisca da quello delle HGG[P+].

Quest'ultimo risultato, mette in luce un aspetto ulteriore: più che conferire la capacità di migrare fine a se stessa, sembra che il PDGF-B, in questo contesto, renda le cellule in grado di migrare ignorando l'inibizione da contatto.

La sovraespressione del PDGF-B induce i progenitori neurali a

differenziare verso un lineage oligodendrocitico

Analisi condotte tramite “microarray” hanno dimostrato una uniformità generale sotto il profilo genico per i vari tipi di glioma indotti mediante sovraespressione del PDGF, ma soprattutto una fortissima somiglianza con le OPCs, se comparati con i profili genici di tutta una serie di tipi cellulari appartenenti al sistema nervoso.

Anzi, sembrerebbe addirittura che la sovraespressione del PDGF mediante retrovirus induca una sorta di bias nel destino delle cellule multipotenti progenitrici neurali, portando alla formazione di OPCs (Appolloni et al., 2009). Questo mostrerebbe che il PDGF-B

(27)

possa essere effettivamente in grado di promuovere un certo destino neurale piuttosto che un altro, e che l'alterazione del destino dei precursori neurali possa essere uno step rilevante nella formazione di gliomi.

Fig. 7: L' sovraespressione del PDGF-B porta i progenitori neurali a differenziarsi in OPCs. Quella

nell'immagine è una rappresentazione schematica di cosa accadrebbe nel mettere dei progenitori neurali in coltura con (pannello inferiore) e senza (pannello superiore) PDGF-B. La figura è stata presa dall'articolo

citato.

Reclutamento dei precursore neurali da parte del segnale paracrino del

PDGF-B

Un altro aspetto importante nello sviluppo dei tumori cerebrali è l'interazione tra le cellule tumorali e le cellule nervose non trasformate. Come sappiamo, il cervello umano contiene una ampio spettro di progenitori della glia il cui ruolo nell'omeostasi degli oligodendrociti e nella formazione di astrociti reattivi a seguito di lesioni non è ancora del tutto chiaro (Buffo et al., 2008; Canoll et al., 2008; Chen et al., 2008; Dimou et al., 2008; Tatsumi et al., 2008). Probabilmente, fattori associati alla formazioni di gliomi, o lesioni che possono indurre tumori influenzano la crescita tumorale. Ed infatti, gliomi indotti dal PDGF sono caratterizzati dall'abbondante presenza di OPCs e di astrociti nei tumori in crescita in vivo. In particolar modo, Assanah e colleghi hanno mostrato come gliomi indotti dalla sovraespressione del PDGF-B nei progenitori gliali presenti nella materia bianca sono costituiti anche da una grossa percentuale di OPCs proliferanti non generate dal PDGF (le cellule non risultavano trasfettate) (Assanah et al., 2006). Data l'attiva proliferazione di questa popolazione cellulare, queste cellule potrebbero contribuire alla crescita tumorale, suggerendo che i progenitori della glia siano reclutati dalla massa in espansione.

(28)

Queste cellule si possono inoltre distinguere dalle altre cellule presenti nella massa in crescita perchè, se re-iniettate in un cervello adulto di un topo sano, risultano assolutamente prive della capacità di dare origine a tumori secondari (Figura 8; Appolloni et al., 2009).

Un'altra popolazione cellulare reclutata dalla massa tumorale è quella degli astrociti (Buffo et al., 2008; Chen et al., 2008). La presenza di queste cellule nei gliomi può avere importanti implicazioni, non ultima quella di essere una risposta ai danni indotta dall'espansione del tumore. In più, la presenza degli astrociti può essere importante anche ai fini della malignità del tumore. Sembra infatti che quest'ultimo aspetto sia correlato ad un'aumentata espressione di Sonic hedgehog, prodotto dagli astrociti presenti (Becher et al., 2008).

Tuttavia, non ci sono evidenze in vivo per cui l'inibizione di Shh riesca a ridurre la crescita tumorale. Comunque, come già dimostrato in altri lavori (Clement et al., 2007), è possibile che Shh derivato dagli astrociti possa sostenere la crescita sia del glioma umano che in modelli di glioma studiati fino ad ora.

Fig. 8: I progenitori della glia sono reclutati dalla massa tumorale, e contribuiscono alla crescita dei gliomi

indotti mediante sovraespressione del PDGF-B, senza per questo acquisire loro stessi un potenziale tumorigenico, come rivelato da esperimenti di re-iniezione (Appolloni et al. 2009) e di dissociazioni

(Assanah et al. 2006). La figura è stata disegnata sui dati presi dagli articoli citati. Fac-sorting = fluorescence-activated cell-sorting; GFP = green fluorescent protein.

(29)

Molecole d'adesione come possibili target terapeutici: uno switch di

caderine è alla base della malignità tumorale

Un evento caratteristico dell'acquisizione di un fenotipo tumorale è lo “switch” tra le differenti isoforme delle caderine a livello delle giunzioni cellula-cellula. Per esempio, il processo di transizione epitelio-mesenchimatica (EMT) che porta ad una progressiva perdita delle giunzioni cellulari e che conseguentemente consente alle cellule di superare l'inibizione da contatto, è frutto di uno switch dalla E-caderina (cdh1) alla N-caderina (cdh2) nelle giunzioni aderenti (Wheelock et al., 2008 , Le Bras et al., 2012).

La transizione epitelio-mesenchimatica fu scoperta la prima volta durante l'embriogenesi, vista la sua importanza per la formazione dell'embrione (Kalluri et al., 2009; Thiery et al., 2009; Lim et al., 2012), ma successivamente fu descritta come uno step essenziale per la progressione tumorale di alcune forme invasive di cancro di origine epiteliale, come il cancro al seno, alla prostata, alla cervice, al colon e così via (Sheehan et al., 2008; Hsu et al., 2007; Gravdal et al. 2007; Trimboli et al., 2008; Siletz et al., 2013).

Uno “switch” analogo che coinvolge la N- e la R-caderina è stato osservato in diverse forme di cancro, ed in linee cellulari immortalizzate (Appolloni I., 2013).

Ruolo ed importanza della “Retinal” - cadherin (CDH4)

La R-caderina è sempre stato oggetto di controversie, sin dalla sua scoperta a livello della retina di pollo (da qui la “R”) (Inuzuka et al., 1991). La R-caderina sembra sia in grado sia di promuovere la progressione tumorale (Kucharczak et al., 2008), sia di inibirla (Miotto et al., 2004; Agiostratidou et al., 2009; Zou et al., 2009; Du et al., 2011). In entrambi i casi, è fuor di dubbio che la R-caderina sia importante, anche se il suo comportamento sembra essere contesto-dipendente.

Con lo scopo di valutare in che modo l'attività migratoria delle cellule tumorali sia regolata dalle caderine, sono state prese in esame cellule con un alto potenziale infiltrativo in vivo in modelli murini di HGG indotti mediante sovraespressione del PDGF (Appolloni et al., 2009; Calzolari et al., 2008), che sappiamo essere un'alterazione tipica dei gliomi umani (Brennan et al., 2009; Verhaak et al., 2010).

È già stato dimostrato che, in questi modelli, la sovraespressione del PDGF-B è richiesta per a formazione di HGG al fine di mantenere le caratteristiche tumorigeniche, come ad esempio la capacità di proliferare oltre la confluenza e la capacità di infiltrarsi all'interno

(30)

del parenchima cerebrale, ignorando così sia il fenomeno di inibizione da contatto associato alla proliferazione (CIP), sia il fenomeno di inibizione da contatto associato alla migrazione (CIM) Calzolari et al., 2008). Un'ipotesi plausibile formulata è che il meccanismo alla base del superameno della CIP della CIM da parte del PDGF-B è uno switch a livello di membrana tra la N- e la R-caderina. I risultati mostrano che la sovraespressione della R-caderina ricapitola la maggior parte degli effetti del PDGF-B negli HGG, e che è necessaria e sufficiente per la perdita delle giunzioni aderenti cellula-cellula, consentendo il superamento della CIP. La R-caderina è inoltre necessaria (ma non sufficiente) per abilitare la migrazione cellulare degli HGG e l'invasività a livello di parenchima cerebrale al fine di generare tumori secondari a seguito di iniezioni in cervelli di topo.

La sovraespressione del PDGF-B induce una sovraespressione della

R-caderina e la delocalizzazione della N-R-caderina

Per capire come il PDGF-B riesca a superare quest'inibizione da contatto, e quali possano essere i meccanismi molecolari alla base, mediante analisi di “microarray” sono state comparate le HGG[P+] e le HGG[P-] anche sotto il profilo genico. I geni che sembrano essere più significativamente modulati sono 176, e riguardano proteine della matrice extracellulare e molecole coinvolte nell'adesione cellula-cellula, il che sarebbe indicativo su come il PDGF-B possa essere coinvolto nel superamento della CIM e della CIP. In particolar modo, l'attenzione del dott. Malatesta si è concentrata sulle caderine, che risultano coinvolte nella CIM e nella CIP anche di altri sistemi (Wheelock et al., 2008; Le Bras et al., 2012; Kim et al., 2011; Levenberg et al., 1999; McClatchey et al., 2012). Un'analisi condotta mediante “microarray”, e successivamente confermata tramite Western blot (Figura 9), ha mostrato come la N-caderina, la protagonista principale della EMT, risulti altamente espressa anche in queste due popolazioni cellulari, ma non sembra esserci nessuna differenza così marcata nell'espressione tra le HGG[P+] e le HGG[P-].

Al contrario, la R-caderina risulta significativamente più espressa nelle HGG[P+] piuttosto che nelle HGG[P-]. Anche tramite analisi di immunofluorescenza fatte con anticorpi anti-R-caderina, il segnale nelle HGG[P-] era appena visibile, mentre nelle HGG[P+] si vede come la R-caderina sia immediatamente localizzata a livello di membrana cellulare.

Anche in questo caso, introdurre nuovamente l'espressione del PDGF-B nelle HGG[P-] tramite vettori retrovirali è stato sufficiente per aumentare l'RNA messaggero della

(31)

R-caderina di quasi 8 volte, mentre i livelli della proteina sono aumentati di “sole” 5 volte a livello della membrana cellulare.

Accoppiato all'aumento della R-caderina, si osserva una delocalizzazione della N-caderina in corrispondenza delle giunzioni cellula-cellula. Mentre nelle HGG[P-] la N-caderina è co-localizzata con la β-catenina nelle regioni tra le cellule adiacenti, nelle HGG[P+] la N-caderina sparisce via via dalle giunzioni tra cellule, riducendo la frequenza di questa proteina nelle cllule in coltura a circa 1/5 dell'originale, mentre la β-catenina non risulta delocalizzata. Se, addirittura, si fa sovraesprimere la N-caderina tramite vettore retrovirale, non aumenta comunque la concentrazione del suo prodotto proteico a livello delle giunzioni cellula-cellula, e le cellule trasdotte continuano comunque a formare foci (Figura 10; Appolloni et al., 2013).

Fig. 9: la sovraespressione del PDGF-B comporta un aumento della R-caderina sia a livello di trascritto che a

(32)

Fig. 10: la sovraespressione del PDGF-B porta ad un secondo switch di caderine. L'aumento dei livelli di

espressione della R-caderina induce una localizzazione a livello delle giunzioni aderenti del prodotto proteico, accoppiata ad una delocalizzazione della N-caderina, come dimostrato dall'immunostaining. Invariato, invece, il segnale della β-catenina. Se viene indotta una sovraespressione della R-caderina, in

queste cellule, questa si va rilocalizzare sempre a livello delle giunzioni aderenti

La sovraespressione della R-caderina induce foci ma non la migrazione in

vivo

Quanto detto finora ci suggerisce che la sovraespressione della R-caderina possa essere la diretta responsabile della perdita dell'inibizione da contatto. Per testare quest'ipotesi, il dott. Malatesta ha inserito nelle HGG[P-], tramite un vettore retrovirale, un costrutto con la R-caderina e il DsRed come reporter. I livelli della proteina sono poi stati analizzati tramite Western blot: il costrutto inserito portava ad un concentrazione del prodotto proteico dalle 30 alle 160 volta più espresso rispetto alle HGG[P-] non trasdotte, e dalle 4 alle 19 volte più espresso rispetto alle HGG[P+]. Le cellule trasdotte non proliferano più delle non trasdotte, proprio come le HGG[P+] non proliferavano più delle HGG[P-] (risultato dimostrato anche tramite immunostaining fatto con la proteina Ki67). Comunque, queste cellule sono in grado di crescere oltre la confluenza, formando così foci, segno che la

(33)

sovraespressione di R-caderina è sufficiente a superare la CIP. Proprio come le HGG[P+], le HGG[P-] trasdotte mostrano una localizzazione di membrana della R-caderina ed una concomitante delocalizzazione della N-caderina dalle giunzioni aderenti, anche se i livelli di espressione per questa caderina risultano inalterati.

Sono stati poi testati gli effetti di R-caderina sulla migrazione, ed è risultato che la sovraespressione della R-caderina non altera la capacità delle cellule HGG[P-] di polarizzarsi e dirigersi verso il solco sulla piastra, senza che si alteri la loro persistenza nel muoversi verso la piastra. Successivamente, è stata analizzata la capacità delle HGG[P-] trasdotte con R-caderina di infiltrarsi nel parenchima cerebrale tramite iniezioni, in cui le cellule messe in coltura erano marcate con DsRed e le HGG[P+] marcate con EGFP. Quattordici giorni dopo l'iniezione è stato trovato che, mentre le cellule HGG[P+] si sono diffuse, come ci aspettavamo, allontanandosi dal sito di iniezione e invadendo il parenchima, le HGG[P-] trasdotte sono rimaste confinate in corrispondenza del sito di iniezione. Gli animali a cui venivano iniettate queste cellule, infatti, non sviluppavano tumori, proprio come non li sviluppano gli animali iniettati con le HGG[P-] non trasdotte, e contrariamente a quanto accade con le HGG[P+]. Quindi, quanto detto finora indica che la sovraespressione della R-caderina non è sufficiente a superare la CIM (Appolloni et al., 2013).

Una minore espressione della R-caderina restaura l'inibizione da contatto,

e limita la tumorigenesi

La sovraespressione della R-caderina è necessaria per il mantenimento dei tratti maligni delle HGG[P+]. Sono stati progettati due miRNA che targettano il trascritto della R-caderina, inseriti entrambi in un costrutto presente in vettore retrovirale, che li co-trasduce insieme alla EGFP.

L'efficienza di questi due miRNA è stato valutato tramite RT-PCR, western blot ed immunofluorescenza, mostrando che in effetti erano in grado di ridurre sia il livello di espressione del trascritto di R-caderina che la concentrazione del prodotto proteico nelle HGG[P+], dandogli un livello di espressione più simile a quello delle HGG[P-]. Le HGG[P+] trasdotte con il costrutto contenente i due tipi di miRNA perdono la loro abilità di formare foci, fatto che non è legato ad una diminuita proliferazione (le cellule trasdotte con i miRNA avevano lo stesso segnale di immunostaining per Ki67 di quelle non trasdotte) quanto piuttosto all'aver nuovamente acquisito l'inibizione da contatto tramite

(34)

silenziamento della R-caderina.

Quindi, il silenziamento di R-caderina è sufficiente per recuperare l'inibizione da contatto, ed il superamento della CIP dovuto alla sovraespressione del PDGF-B può essere imputato alla R-caderina. Il silenziamento della R-caderina ha come effetto una ri-localizzazione della N-caderina nelle giunzioni cellula-cellula delle cellule HGG[P+], con un aumento della concentrazione di N-caderina in questi siti, proprio come accadeva nelle HGG[P-]. Come a conferma di ciò, quando in un cervello adulto sono state iniettate le cellule HGG[P+] in cui la R-caderina era stata silenziata, queste cellule avevano perso l'abilità di invadere il parenchima cerebrale e sono rimaste confinate nel sito di iniezione, differentemente dalle HGG[P+] trapiantate come controllo positivo, che hanno invaso il parenchima cerebrale.

La R-caderina silenziata può quindi essere un grosso ostacolo per il potenziale tumorigenico: gli animali in cui venivano iniettate le cellule HGG[P+] trasdotte con i due miRNA sopravvivevano quasi il doppio del tempo di quanto sopravvivevano gli animali iniettati con le sole HGG[P+].

(35)

Cellule delle creste neurali, migrazione cellulare e

caderine

“Neural Crest Cells”: un sistema modello ottimale per lo studio della

migrazione cellulare

La cresta neurale è costituita da una popolazione di cellule multipotenti indotte nel bordo della piastra neurale durante la neurulazione, in grado di dare origine a numerosi tipi cellulari.

Le cellule della cresta neurale (NCC) sono state ampiamente studiate poiché migrano durante l'embriogenesi originando strutture importantissime per il corretto sviluppo dell'organismo, ed inoltre i meccanismi che usano per la migrazione richiamano quelli delle metastasi tumorali. I problemi nello sviluppo della cresta neurale sono alla base di molte sindromi umane e malattie congenite conosciute comunemente come “neurocristopatie”.

La popolazione delle NCC craniche è presente esclusivamente nei vertebrati, ed è responsabile della formazione della mandibola (fenomeno che ha portato all'acquisizione dell'istinto predatorio), e di una nuova organizzazione strutturale degli organi di senso della regione cefalica nei vertebrati (Figura 11).

Questo fa della cresta neurale un buon sistema modello per studiare la differenziazione cellulare e le proprietà delle cellule staminali, ma anche un buon modello per la transizione epitelio-mesenchimatica (EMT) e la migrazione cellulare.

(36)

Fig. 11: Il contributo delle cellule delle reste neurali alle strutture cranio-facciali. A: le NCC contribuiscono alla formazione dei nervi cranici del sitema nervoso periferico in un embrione di mammifero.

B: Distribuzione dei nervi cranici in una testa umana. I colori indicano quali creste hanno contribuito nello sviluppo degli specifici nervi. I nervi che non hanno ricevuto contributo dalle cellule della cresta, o in cui le

NCC hanno contribuito solo alla formazione dei gangli risultano in grigio. C: Legenda del contributo delle NCC e delle cellule dei placodi al III, V, VII, VIII, IX, e X ganglio cefalico. D: Distribuione delle creste

(37)

neurali e dei derivati mesodermici di ossa e cartilagini in una testa umana. (sono rappresentati solo i principali derivati). E: Le NCC formano i tre ossicini dell'orecchio medio. F: Contributo delle NCC a varie

parti dei denti. mes=mesencefalo; r=rombomero. Immagine tratta da Theveneau and Mayor, 2011.

Induzione delle cellule della cresta neurale

La natura migratoria e le caratteristiche di multipotenzialità delle cellule delle creste sono regolate da una cascata di eventi molecolari. La cresta neurale è indotta ai bordi della piastra neurale da una precisa combinazione di molecole alla base dei “signalling” cellulari come BMP , la via di Wnt, FGF, l'acido retinoico e Notch, prodotte dall'ectoderma, dal neuroepitelio e dal mesoderma sottostante (Figura 12) (Milet and Monsoro-Burq, 2012; Prasad et al., 2012).

Tramite esperimenti di guadagno e perdita di funzione è stato dimostrato che il signalling di Wnt è molto conservato nell'induzione delle creste neurali. Infatti, il promotore di Slug (che è uno specifico marker delle creste neurali) contiene dei siti di binding per fattori di trascrizione coinvolti nell'attivazione di geni target Wnt-dipendenti, suggerendo così un ruolo del signalling di Wnt nella specificazione delle creste (Vallin J. et al., 2001) .

Il ruolo di BMP nella formazione della cresta neurale è associato all'induzione della piastra neurale. Molecole antagoniste a BMP si diffondono dall'ectoderma, generando un gradiente dell'attività di BMP. In questo modo, la concentrazione intermedia di BMP presente tra i bassi livelli della proteina richiesti per generare la piastra neurale e quelli più alti per generare l'epidermide, è necessaria per lo sviluppo di un lineage con caratteristiche delle cellule della cresta neurale.

FGF viene prodotto dal mesoderma parassiale e si pensa sia coinvolto nella formazione delle creste, perché l'espressione di dominanti negativi per il recettore di FGF in espianti ectodermici messi a contatto con il mesoderma parassiale bloccano l'induzione delle creste (Mayor et al., 2007).

(38)

Fig. 12: Network genico coinvolto nell'induzione e nel differenziamento delle cellule delle creste neurali nei vertebrati. Le frecce rosse rappresentano le interazioni dirette. Le frecce nere mostrano le interazioni

geniche scoperte mediante esperimenti di perdita e di guadagno di funzione. Le frecce grigie mostrano l'inibizione genica. Immagine tratta da Meulemans and Bronner-Fraser, 2004.

La specificazione del territorio delle creste ai bordi della piastra neurale è dovuta ad un set di fattori di trascrizione, tra cui fattori appartenenti alla famiglia Zic, Pax3/7, Dlx5, Msx1/2 che mediano i pathway di Wnt, BMP e FGF. L'attività di questi fattori di trascrizione porterà poi all'espressione dei tipici marker delle creste. Evidenze sperimentali hanno dimostrato quest'ultimo aspetto: per esempio, in Xenopus, Msx1 risulta essere sufficiente e necessario per l'espressione di Slug, Snail, e FoxD3 (Tribulo et al., 2003). Inoltre, Pax3 è essenziale per l'espressione di FoxD3 negli embrioni di topo (Dottori et al., 2001) .

Tutti insieme, questi segnali attivano l'espressione di un set di fattori di trascrizione come quelli codificati dai geni Snail, Slug, FoxD3 e SoxE, che inizialmente definiscono il territorio delle creste e che successivamente ne regolano lo sviluppo (Cheung et al., 2005; McKeown et al., 2013; Theveneau and Mayor, 2012). Oltre a questi, troviamo espressi Twist, un fattore di trascrizione con motivo basic helix-loop-helix, e Id.

Le cellule delle creste neurali si differenziano già al momento in cui vengono indotte o restano indifferenziate fino a che non migrano? A tutt'oggi ci sono ancora molte

(39)

controversie sulla multipotenza della cresta neurale. Sebbene dati sperimentali suggeriscano che la maggior parte delle cellule delle creste neurali non sono predeterminate, e differenziano a seguito di tutta una serie di segnali che incontrano durante la migrazione, alcune cellule delle creste neurali sembrano essere destinate verso uno specifico “lineage” prima della migrazione (Krispin et al., 2010; McKinney et al., 2013). Quindi, la popolazione di cellule delle creste neurali sembra essere un gruppo eterogeneo composto da cellule con vari livelli di multipotenza e plasticità.

Alcuni dei geni precoci delle creste, che sono sovraespressi al momento dell'induzione, controllano anche l'inizio della EMT. In particolar modo, la EMT risulta essere collegata con le proprietà staminali di queste cellule (Chang et al., 2011; Mani et al., 2008; Morel et al., 2008). Questo ci suggerisce l'interessante possibilità che la multipotenzialità delle cellule della cresta e l'induzione della migrazione delle stesse possano essere due eventi collegati e simultaneamente controllati come parte di un programma di EMT.

Riferimenti

Documenti correlati

L'immobile in oggetto risulta essere esternamente in condizioni mediocri in seguito ad una manutenzione straordinaria con pratica edilizia presso comune di

Sono possibili diverse costruzioni del tetto come tetto piano, tetto piano ricoperto di verde, tetto a due falde, tetto a padiglione ecc.... Per la compatibilità elettromagnetica,

RITENUTO pertanto che si può procedere all'impegno e alla liquidazione della spesa complessiva di 1.934.422,45 per far fronte al pagamento delle fatture emesse della società

giovedì 27 gennaio ore 19.30 - turno G-G1 venerdì 28 gennaio ore 20.30 - turno V-V1 sabato 29 gennaio ore 18.00 - turno S-S1 direttore Antonio Pappano.. soprano Eleonora Buratto

Per determinare il più probabile valore di mercato in condizioni di vendita forzata, come valore derivato dal più probabile valore in regime di libero mercato, si prendono in esame

corresponsione degli oneri a seguire. I rilevati saranno computati geometricamente con il sistema delle sezioni ragguagliate, senza tener conto di cali di

Si tratta di una piccola cappella all'interno del giardino della villa indicata come bene n.1 del lotto 1, censito al NCT foglio 48 particella 138 fabbricato rurale

[r]