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3.3 “Il quarto ponte” e altre realtà

Una teoria non può essere confermata se non viene osservata nella sua pratica. Per questa ragione, successivo allo studio della letteratura in tema di empowerment, ho vissuto l'incontro con diverse realtà che si sono fatte finestra per l'osservazione del processo: “Il quarto ponte”, ma non solo.

3.3.1 L'associazione culturale “Il quarto Ponte” di Bassano del Grappa

L'osservatorio privilegiato delle nostre ricerche è stata l'associazione culturale “Il quarto ponte” di Bassano del Grappa, la quale, come abbiamo spiegato in introduzione, ha

263TENEGGI G., 2012, “Liberare la partecipazione comunitaria. Tre aspirazioni partecipative per un nuovo

ispirato la nostra riflessione sui processi di empowerment. I riferimenti a questa realtà sono stati numerosi, proprio perché vi troviamo un'applicazione forte di queste logiche, e non serve presentarla ulteriormente. Vorremmo soltanto sottolineare che a nostro avviso l'elemento “vincente” di un'organizzazione sta nella sua presenza trasversale in occasioni tra loro distanti e nella partecipazione dei membri sia in nome dell'associazione, sia come singoli individui. Ciò provoca l'effetto di uscire dalla cornice che qualifica i mediatori e quindi li costringe dentro limiti ben precisi ed è un forte segnale di integrazione. Possiamo dire sia il caso de “Il quarto ponte”.

Lo spazio offerto da questo servizio garantisce inoltre la libertà d'espressione e di partecipazione tanto dei soggetti empowered che degli empowering in un servizio a soglia bassa, il cui accesso è relativamente complesso solo per la collocazione centrale ma difficilmente individuabile. Tuttavia è un servizio conosciuto e sostenuto dagli altri servizi e dall'amministrazione pubblica.

Incontrare questa e altre realtà del terzo settore ci ha insegnato molto. Innanzitutto, abbiamo appreso che voler insistere con una gestione strettamente imprenditoriale porta facilmente a disgregazione. Al contrario, realtà come “Il quarto ponte” dimostrano che il lavoro di rete è fonte di ricchezza e porta alla moltiplicazione dei legami e delle risorse. L'associazione sfrutta i vantaggi della rete a partire dal suo interno, con le istituzioni e con le altre associazioni e cooperative presenti sul territorio. Non si può infatti parlare de “Il quarto ponte” senza chiamare nel discorso altre realtà.

A differenza di altri contesti cittadini, a Bassano del Grappa non si respira alcuno spirito di competizione all'interno del terzo settore – probabilmente a fronte di un minor numero di organizzazioni presenti – e ciò permette di lavorare serenamente con una certa continuità dal punto di vista del carico di lavoro e dei finanziamenti. L'attuale situazione di crisi finanziaria incentiva al lavoro di partnership e stimola, per un ritrovato senso di solidarietà a livello cittadino, un rinforzo del volontariato. Questi elementi le consentono di operare nonostante le difficoltà del periodo di crisi, grazie appunto alla rete e al volontariato, che le permettono di essere meno dipendente dagli aiuti dall'alto.

3.3.2 Altre realtà

Nell'elaborato che ora va a chiudersi sono emerse anche altre realtà estranee al territorio bassanese ma altrettanto interessanti perché coinvolte nelle medesime dinamiche, come ad esempio il servizio di “Telefono Mondo” dell'”Associazione Progetto integrazione” di Milano. Intendiamo inoltre riportare un altro esempio che risponde a queste logiche, realizzato nella città di Milano. Si tratta di un progetto ideato dalla “Biblioteca Tibaldi” e la “Cooperativa sociale Fate artigiane”, dal nome “Navighiamo insieme”, che ha visto coinvolti attivamente mediatori linguistico-culturali di sette aree linguistiche nelle vesti di operatori all'interno degli spazi della biblioteca nell'offerta di servizi dedicati agli utenti stranieri quali l'accoglienza, l'assistenza ai servizi della biblioteca – prestiti, postazioni internet, servizio audio-visivi – e informazioni relative alla città. Il progetto è stato promosso e sostenuto in comunione con altre forze sociali e arricchito da laboratori teatrali e corsi di lingua italiana. Tuttavia una mancanza di mezzi finanziari e probabilmente uno scarso appoggio del territorio ha decretato la fine di questo bel progetto. Ugualmente, possiamo vedere anche in quest'esperienza un percorso che sebbene si proponesse solo l'obiettivo della coesione e integrazione sociale, ha visto attivarsi anche promettenti forme di empowerment per gli stranieri coinvolti.

Conclusione

L'attuale situazione migratoria che il nostro paese sta vivendo ci porta ad interrogarci sulla necessità di ripensare la società dal punto di vista degli stranieri. Inevitabilmente, far parte di un territorio significa avere rapporti con le istituzioni, con i servizi socio- sanitari e scolastici, principalmente. Di primaria importanza diventa, pertanto, il predisporre questi ambienti di dispositivi atti alla gestione delle problematiche che sorgono con l'utenza straniera.

Quello legato alla lingua è un problema sentito come urgente – tanto dagli stranieri quanto dagli italiani – dal momento che l'elemento linguistico si fa inscindibile dalla comunicazione stessa tra italofoni e non italofoni e, assieme alle questioni legate all'identità culturale, richiede l'intervento di figure competenti alla sua gestione. Da questa constatazione si sviluppa la figura del mediatore linguistico-culturale, che con la sua professionalità e formazione si fa intermediario nello scambio di messaggi tra due parti che si trovano in situazione di incomunicabilità. Al mediatore linguistico-culturale si riconoscono abilità linguistiche nella conoscenza di più registri linguistici, padronanza anche della sfera culturale dei diversi interlocutori, e una competenza comunicativa interculturale264. Abbiamo notato infatti come il mediatore si faccia

sempre più operatore interculturale, inserendosi nei problemi di comunicazione e conflitti interculturali, assumendo il suo incarico come una missione orientata a costruire una cultura di interazione tra le culture. La sua formazione ed esperienza si estende a diversi campi e discipline – oltre ad una preparazione giuridica, ha competenza nelle aree che va a toccare con il suo intervento – e ciò fa vacillare i soggetti che lo impiegano, sulla definizione delle sue funzioni e mansioni. Motivo di protesta è infatti un mancato riconoscimento giuridico della professione del mediatore, che non aiuta a delinearne il ruolo e lo costringe a una forte precarietà lavorativa.

Trasversalmente all'esercizio della sua attività, il mediatore promuove nei diversi

ambienti che frequenta, una nuova immagine dello straniero, non più visto come peso sociale bensì come risorsa, diffondendo l'idea della diversità come ricchezza. Il mediatore, attraverso l'esperienza del suo stesso percorso migratorio – che giunge per la maggior parte di loro a una piena integrazione e realizzazione di sé – spinge a vedere il potenziale insito in ciascuna persona.

Per questa ragione abbiamo condotto una lettura della professione di mediazione in una prospettiva di empowerment. Se l'attivazione degli stranieri nella mediazione linguistica e culturale è fondamentale strumento impiegato in diversi ambiti – ed espressione di

welfare mix – al contempo compie un lavoro di realizzazione dell'individuo. Il costrutto

dell'empowerment – vicino alle teorie delle capacitazioni di Sen e Nussbaum – descrive il processo di valorizzazione e potenziamento delle abilità possedute da un individuo, o da un gruppo di individui, attraverso l'impiego delle stesse in risposta ad un problema sentito dagli individui, che diventano soggetti attivi risollevandosi da una condizione di svantaggio, disagio, marginalità e generando nuove opportunità a partire proprio dai punti di forza e non da quelli di debolezza.

Anche per quanto riguarda la mediazione, infatti, si incide sullo stato di inferiorità ed emarginazione degli stranieri, attraverso l'investimento del loro patrimonio linguistico- culturale e delle risorse personali. E questo cammino, che si concentra più sul processo che sul prodotto, scommette sull'iniziativa della stessa persona interessata dal processo, e allo stesso tempo produce un modello per l'utenza straniera che si fa testimone del percorso di realizzazione del mediatore.

Abbiamo visto come Zimmerman265 usi fare una distinzione di questo processo a

seconda di tre livelli distinti: quello individuale, dal punto di vista delle organizzazioni, e della comunità. Sono livelli interdipendenti, che vivono inevitabilmente gli effetti del meccanismo innescato.

Innanzitutto, l'individuo, attraverso la professionalizzazione del suo lavoro di mediazione ottiene una valorizzazione come forma di riconoscimento delle sue capacità da parte della società, vede accrescersi la sua autostima, grazie anche all'emancipazione conquistata per aver acquisito autonomia nella risoluzione dei propri problemi, libero accesso alle risorse, controllo degli eventi della propria vita e di quella della propria

265ZIMMERMAN M. A., 1999, “Empowerment e partecipazione della comunità. Un'analisi per il prossimo

comunità, consapevolezza critica e partecipazione attiva che porti a logiche inclusive e una cultura di interazione, condivisione, riacquistando così il senso di comunità.

Le organizzazioni che vivono al loro interno queste dinamiche acquisiscono una maggiore opportunità di gestire le risorse disponibili anche servendosi del sostegno della rete associazionistica con la quale divide oneri e risorse. In genere queste organizzazioni presentano una struttura orizzontale che cerca la gestione partecipata e accoglie processi decisionali democratici coinvolgendo e incitando alla partecipazione attiva dei singoli dentro e fuori l'organizzazione, abbassando sensibilmente la soglia d'accesso ai servizi e puntando alla condivisione di obiettivi e strategie. Abbiamo visto anche il significato dell'auto-organizzazione e l'importanza della narrazione per gli stranieri, entrambi elementi che aiutano a vincere l'alienazione e che in un certo senso si fanno terapeutici per l'individuo.

L'attivazione degli individui e l'azione delle organizzazioni non possono che approdare nella comunità. La ricerca individuale, e come organizzazione, del controllo e della partecipazione si traduce anche nell'influenza esercitata sull'amministrazione pubblica e sulla sfera politica e decisionale, nonché sui servizi pubblici rivolti alla cittadinanza, di farsi più accoglienti delle istanze degli stranieri e predisporre, ove necessario, le misure per adeguare la società per garantire il libero accesso alle risorse, la partecipazione e l'inclusione, nel pieno rispetto reciproco e desiderio di conoscenza. La comunità si giova della collaborazione di individui responsabilizzati accogliendo la loro iniziativa, generando allo stesso tempo, una forma di valorizzazione ed emancipazione degli stranieri e un conseguente scacco all'assistenzialismo e supporto al welfare.

Accogliere le dinamiche di empowerment crea le basi per l'integrazione – e l'interazione tra culture – e buone pratiche che aiutano a prevenire il riprodursi delle diseguaglianze e la formazione di nuovo disagio.

La base del nostro lavoro di ricerca è stato il ricchissimo contributo offerto dai mediatori e operatori dell'Associazione culturale “Il quarto ponte” di Bassano del Grappa, che da 6 anni offre alla società il servizio di mediazione linguistico-culturale e che il territorio vede attiva in numerosi progetti ed eventi nella città con i quali intende promuovere l'intercultura.

dell'empowerment attraverso la professione del mediatore linguistico-culturale, che ha tutti i presupposti per diventare un modello riproducibile in molti altri ambienti.

Allegato 1