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QUESTIONI REGOLAMENTAR

SOMMARIO: 1. I comitati paritetici nelle indagini conoscitive bicamerali - 1.1 Le fasi procedurali - 1.2 Le norme regolamentari della Camera e del Senato e i precedenti del 1944 e del 1976 - 2. I profili problematici - 2.1 Il ruolo della Presidenza di Assemblea - 2.2 Modalità per l’intervento e la convocazione dei pubblici funzionari - 2.3 Predisposizione del programma - 2.4 L’indagine conoscitiva nel periodo di prorogatio delle Camere. I poteri prorogati e il ruolo degli uffici

1. I comitati paritetici nelle indagini conoscitive bicamerali

1.1 Le fasi procedurali dell’istituto

Tra le innovazioni più rilevanti apportate dai nuovi regolamenti del 1971 vi è la previsione dell’ipotesi che una indagine conoscitiva sia avviata contemporaneamente dai due rami del Parlamento; nel qual caso si prescrive la costituzione di un comitato paritetico, con le opportune intese, da parte dei presidenti delle due Camere.

Il comitato paritetico è un collegio misto, composto normalmente da 15 senatori, designati dalla Commissione del Senato interessata, e da 15

deputati, designati dalla corrispondente Commissione della Camera, secondo i consueti criteri vigenti per la formazione degli organi bicamerali, con il compito di svolgere la fase istruttoria di una indagine conoscitiva qualora, ai sensi dell’articolo 48, 7° comma, regolamento del Senato e 144, 5° comma, regolamento della Camera, le due Commissioni competenti abbiano disposto un’indagine sulla stessa materia e i Presidenti delle Camere abbiano raggiunto le “opportune intese” per l’avvio di una procedura congiunta. In mancanza di precise norme regolamentari che ne disciplinino proceduralmente la formazione e l’attività, per la costituzione del Comitato paritetico si è fatto riferimento, in via analogica (fin dalla prima esperienza del 1974), ad una prassi collaudata per altri collegi ristretti, dalle finalità sostanzialmente affini. Il suo fondamento giuridico deriva, come già menzionato, dagli articoli 144, 5° comma, reg. Camera e 48, 7° comma, reg. Senato e, lato sensu, dall’articolo 64 della Costituzione, che, sancendo il potere di autoregolamentazione delle Camere e dunque l’autonomia organizzativa di ciascuna Camera, lascia, di conseguenza, spazio a forme di coordinamento dell’attività parlamentare: il Comitato paritetico ne costituisce una delle espressioni concrete. Quale risultante della fusione dei rappresentanti di due “enti” distinti (le Commissioni), tale organo è concettualmente più vicino ad una struttura intercamerale anziché bicamerale. Quanto alla natura giuridica, il rapporto intercorrente tra tale Comitato e le Commissioni da cui deriva si configura come meramente

organico. Spetta ai due Presidenti decidere l’avvio di una procedura congiunta, posto che le deliberazioni delle due Commissioni interessate non produrrebbero effetti concreti se non accompagnate dalla promozione e dal raggiungimento delle intese suddette, che hanno per oggetto l’individuazione di criteri operativi quali l’affidamento dell’indagine ad un Comitato paritetico, l’elaborazione del programma dell’indagine da parte di quest’ultimo, la predeterminazione della presidenza e della sede del Comitato nonché del regolamento che ne disciplini l’attività (in prassi, quelli della Camera cui appartiene la Commissione che per prima ha deliberato di procedere all’indagine conoscitiva). Rimane ancora qualche margine di dubbio – che ha però, alla luce del consolidamento della prassi applicativa, un valore sempre più teorico – se le intese possano stabilire di affidare al Comitato anche l’eventuale redazione ed approvazione del documento conclusivo dell’indagine (facoltativo secondo il regolamento del Senato, obbligatorio secondo quello della Camera).

All’inizio della prassi, la Presidenza della Camera aveva prospettato la possibilità di attribuire al Comitato anche tale ulteriore compito ma la Presidenza del Senato ha sempre ribadito che ogni compito del Comitato dovesse ritenersi esaurito con il completamento dell’attività istruttoria, lasciando alle singole commissioni la titolarità della fase conclusiva dell’indagine, e che le intese presidenziali non potessero “dar luogo ad una disciplina anche parzialmente derogatoria rispetto a quella che i regolamenti

di ciascuna Camera dettano in ordine alle indagini conoscitive, atteso che le intese stesse devono semplicemente limitarsi a fornire strumenti che consentano poi alle Commissioni interessate di operare nella piena

osservanza dei regolamenti delle rispettive Assemblee”26.

Il primo effetto giuridicamente rilevante conseguente alle intese presidenziali è quello di provocare la convocazione degli uffici della Presidenza delle due Commissioni interessate, integrati dai rappresentanti dei gruppi parlamentari, i quali designano i componenti del Comitato, la cui nomina spetta però ai presidenti delle due Commissioni.

Appartiene alla fase preparatoria dell’indagine quella della costituzione del Comitato. Nella sua prima riunione, infatti, viene eletto l’ufficio di presidenza, composto da un presidente (normalmente quello della Commissione che ha approvato per prima l’indagine), da due vicepresidenti e da due segretari (in entrambi i casi, generalmente, uno in rappresentanza della Camera e l’altro del Senato). Talvolta sulla base di accordi intervenuti tra i gruppi parlamentari, possono anche essere designati anche due relatori. Nella seduta successiva, il presidente del Comitato sottopone all’esame e all’approvazione del plenum del collegio la bozza del programma dell’indagine, l’elenco dei soggetti da audire e di quelli cui richiedere relazioni, note e risposte scritte sulla base di appositi questionari,

26 Cfr. Circolari e disposizioni interpretative del regolamento emanate dal Presidente della Camera, 1948 –

riservandosi di completare e definire il relativo calendario attuativo, sulla base delle decisioni del Comitato. Il programma approvato viene trasmesso ai presidenti delle due Camere.

La pubblicità dei lavori è assicurata dalla redazione del resoconto stenografico e, su richiesta di un rappresentante di gruppo ed assenso del Comitato, anche attraverso la ripresa audiovisiva mediante circuito chiuso. Agli “auditi” è riconosciuta la possibilità di rivedere il testo del resoconto stenografico per apportarvi eventuali correzioni ma soltanto di natura strettamente formale.

Esaurita questa prima fase si passa a quella istruttoria dell’indagine, che consta di audizioni, acquisizione di documenti e memorie, di eventuali consulenze tecniche e sopralluoghi. Alle sedute del Comitato possono partecipare anche parlamentari che non ne facciano formalmente parte e i ministri interessati. Non di rado accade che il calendario prestabilito non possa essere rispettato. Non è infrequente il caso dell’impossibilità di una delle due componenti a partecipare alle riunioni a causa dei lavori di una o di entrambe le Commissioni o Assemblee.

Ultimate le audizioni e acquisiti i documenti, l’ultimo adempimento del Comitato paritetico è quello di trasmettere le risultanze ai plenum delle Commissioni. Da qui la necessità di procedere alla nomina di due relatori che sono, normalmente, lo stesso presidente del Comitato in cui esso si è riunito ed un vicepresidente per l’altra. Nella fase finale dell’indagine, per la stesura

della bozza del documento conclusivo la prassi registra ulteriori contatti e

rapporti informali fra i membri del Comitato e delle due Commissioni27.

La fattispecie regolamentare dello svolgimento congiunto di indagini conoscitive da parte di Commissioni permanenti dei due rami del Parlamento ha avuto una applicazione assai limitata nella prassi (anche se all’esiguità del numero ha corrisposto una loro particolare rilevanza sociale e politica) soprattutto a fronte delle moltissime indagini conoscitive monocamerali svolte e in pressoché costante aumento a partire dal 1971, anno in cui tale istituto, come sappiamo, ha assunto una precisa configurazione giuridica nei regolamenti parlamentari. Esempi fra i più recenti, oltre quelli del 1974 e del 1976, sono quello del 1992 dove le VIII Commissioni del Senato e della Camera deliberarono una stessa indagine conoscitiva in materia di esecuzione di opere pubbliche, e quello del 2001 dove le I commissioni delle due Camere deliberarono una indagine sui fatti accaduti in occasione del vertice del G8 tenutosi a Genova.

Dopo alcune iniziali incertezze, il consolidamento della prassi applicativa, anche se finora molto limitata, ha evidenziato che lo svolgimento congiunto di indagini conoscitive da parte di Commissioni permanenti dei due rami del Parlamento risponde indubbiamente a criteri di maggiore speditezza

27 PICCIOLI CLAUDIO, L’esperienza dei comitati paritetici nelle indagini conoscitive bicamerali delle

commissioni parlamentari, in Il Parlamento della Repubblica: organi, procedure, apparati, Camera dei

deputati, segreteria generale, Roma, 1996.

PICCIOLI CLAUDIO, Comitato paritetico (di indagine conoscitiva), Bollettino di informazioni costituzionali e parlamentari, 1993.

operativa dei lavori e che il Comitato paritetico, ad hoc costituito, si configura come un organo di coordinamento funzionale fra i lavori delle due Camere, in particolare di Commissioni dotate degli stessi poteri e tese al medesimo fine conoscitivo.

1.2 Le norme regolamentari della Camera e del Senato e i precedenti

del 1974 e del 1976

Il quinto comma dell’articolo 144 del regolamento della Camera e il settimo comma dell’articolo 48 del regolamento del Senato prescrivono, con sostanziale uniformità di espressioni, che, ad opera dei due rami del Parlamento, i Presidenti delle due Camere promuovono le opportune intese affinché le Commissioni interessate procedano congiuntamente. Il problema della procedura da seguire per ottemperare al disposto delle norme citate si è posto per la prima volta nel 1974, allorché, a seguito delle comunicazioni rese dal Ministro delle poste e delle telecomunicazioni davanti alle competenti Commissioni del Senato e della Camera in merito alla situazione di disservizio dell’Amministrazione postale, le stesse Commissioni deliberarono separatamente l’avvio in una indagine conoscitiva

sull’argomento28. Le intese intercorse tra le Presidenze delle Assemblee

portarono in quella circostanza alla convocazione degli Uffici di Presidenza delle due Commissioni interessate, integrati dai rappresentanti dei gruppi, i quali stabilirono di affidare la conduzione dell’indagine ad un apposito comitato paritetico. Tale istituto avrebbe dovuto, secondo prime impostazioni suggerite dagli Uffici del Senato, rivestire il carattere di organo delegato e sostitutivo delle due Commissioni per tutti gli atti connessi allo svolgimento della indagine conoscitiva, dalla fase istruttoria fino all’adozione del documento conclusivo. Poiché, per altro, questa ultima è stata prescritta solo come eventuale dal regolamento del Senato, mentre è necessaria in base a quello della Camera, si poneva sul punto specifico il problema della armonizzazione delle due norme citate. Né a questo proposito avrebbe potuto soccorrere il criterio operativo – su cui per altri versi vi fu concorde assenso – di applicare il regolamento della Camera che aveva per prima deliberato l’indagine – nella fattispecie il Senato – criterio desumibile dalla prassi della Camera dei deputati in materia di organi bicamerali. Con una decisione che sembrò comunque ispirata più a criteri di opportunità che di esplicita scelta giuridica, gli Uffici di Presidenza riuniti delle due Commissioni stabilirono, in sostanza, la inapplicabilità del solo regolamento del Senato alla fase conclusiva dell’indagine, demandando i risultati dell’attività del Comitato all’autonoma valutazione delle Commissioni stesse, rimaste titolari, rispettivamente, dell’obbligo di adottare il documento finale.

La questione della procedura e dei poteri del Comitato tornò a presentarsi nel marzo del 1976 in relazione all’intendimento manifestato dalle Commissioni industria del Senato e della Camera di procedere congiuntamente ad una indagine conoscitiva sull’assicurazione per la responsabilità civile connessa all’uso degli autoveicoli. Nel corso delle intese avviate dalle Presidenze dei due rami del Parlamento, il Presidente del Senato, richiesto da quello della Camera di esprimere un parere sui criteri da seguire, richiamava quelli stabiliti nell’unico precedente fino ad allora verificatosi e di cui si è fatto sopra cenno, consistenti sostanzialmente:

a) nell’affidamento dell’indagine al Comitato paritetico;

b) nell’elaborazione da parte di questo del programma dell’indagine;

c) nella individuazione della presidenza e della sede del Comitato, nonché del regolamento disciplinante l’attività relativa, in quelli propri della Camera di appartenenza della Commissione che per prima aveva deliberato l’indagine;

d) nella devoluzione al Comitato della sola attività istruttoria, libera restando ciascuna delle due Commissioni di tradurne le risultanze in un proprio documento.

Il presidente della Camera manifestò dissenso verso il punto d) ritenendo che non si dovesse “precludere al collegio misto che procede all’indagine la possibilità di addivenire, ove ritenuto opportuno, alla redazione di un documento comune”. A suo avviso, infatti, il rinvio operato dai citati articoli

dei due regolamenti alla “intesa” dei due presidenti, quale fonte di regolazione della procedura in comune, rendeva possibile una disciplina parzialmente derogatoria di quella vigente per ciascuna Camera.

Le argomentazioni di cui sopra non convinsero però il Presidente del Senato che, ribadiva la sua perplessità sulla possibilità che il comitato misto svolgesse un’attività ulteriore rispetto a quella meramente istruttoria che le citate disposizioni regolamentari sembravano consentire di attribuirgli. Riteneva, inoltre, opinabile la tesi della derogabilità anche parziale delle norme citate ad opera delle intese tra le due Presidenze.

Nel marzo 1977, una nuova iniziativa della Presidenza della Camera proponeva a quella del Senato una riconsiderazione del punto controverso

sub d), insistendo sulla possibilità per il Comitato misto di adottare il

documento conclusivo e attribuendo in tal modo al Comitato stesso “il carattere di organo delegato e sostitutivo per tutti gli atti connessi allo svolgimento dell’indagine, dalla fase istruttoria fino all’eventuale adozione del predetto documento”. La Presidenza del Senato assumeva anche questa volta una posizione di netto dissenso, con il risultato che la procedura fu avviata negli stessi termini già seguiti per l’indagine conoscitiva sui disservizi postali. La presidenza della Camera, dal canto suo, pur ribadendo il proprio punto di vista e richiamando ancora una volta il carattere “neutrale” del documento conclusivo, di cui sono destinatarie le Commissioni, accettava nuovamente il punto di vista della Presidenza del Senato per consentire

finalmente l’avvio dell’indagine. Tale prassi si è così andata consolidandosi in maniera definitiva.

2.I profili problematici

2.1 Il ruolo della Presidenza di Assemblea

In un passaggio precedente si è visto qual è stata l’impostazione della Presidenza di Assemblea a proposito del procedimento di indagine conoscitiva. Quando lo schema di programma della indagine perviene al Presidente di Assemblea incontra nove volte su dieci una sbrigativa presa d’atto che si traduce nella semplice apposizione di un visto. Secondo la prassi tale atto è definito come una autorizzazione. Dobbiamo allora chiederci su quale base può giustificarsi una tale autorizzazione.

La prima ragione che sembra evidente potrebbe essere di natura amministrativa. Per espletare una indagine occorre avvalersi di determinati servizi (funzionari, impiegati, stenografi, ecc.); occorre pertanto chiedere al Presidente di Assemblea che metta detti servizi a disposizione della commissione. Analogamente, poiché le indagini possono comportare una certa spesa (per ricerche, sopralluoghi, ecc.) è necessario che il presidente autorizzi tale spesa. Si tratterebbe certo di ragioni di ordine pratico.

Occorre invece chiedersi se l’intervento del Presidente di Assemblea non trovi nel caso specifico il suo fondamento in permanenti ragioni di ordine istituzionali, attinenti al corretto e regolare funzionamento dell’istituto parlamentare nel suo complesso. Sotto tale profilo il Presidente di Assemblea potrebbe dare gli opportuni chiarimenti e suggerimenti al fine di coordinare le iniziative delle varie commissioni ed anche della commissione che ha deliberato l’indagine. Si ritiene che tale intervento non possa costituire una autorizzazione in senso tecnico. Infatti, ove la commissione, nonostante il contrario avviso del Presidente di Assemblea, insista per procedere ad una indagine conoscitiva, non sembra che il Presidente di Assemblea possa bloccare l’iniziativa, e ciò malgrado la dizione recata dall’art. 48 Regolamento Senato («previo consenso del Presidente del Senato»).

La titolarità della potestà di avviare una indagine, infatti, non può che restare in capo alla commissione e non già essere ripartita tra quest’ultima ed il Presidente di Assemblea.

Ciò non toglie che un più ampio coinvolgimento ed anzi un intervento maggiormente pervasivo del Presidente di Assemblea nella fase istruttoria della indagine conoscitiva è opportuno ed anzi fortemente auspicabile. Stando alla prassi, non è mai successo che il Presidente di Assemblea si sia spinto oltre la soglia dell’esercizio di una sorta di atto dovuto ed abbia inteso intervenire per chiarire le motivazioni, la portata, i limiti di materia, il numero

e la qualità dei soggetti da audire, l’opportunità di certe visite e di determinati sopralluoghi, i tempi presunti di effettuazione dell’indagine.

Al Presidente compete di regolare i lavori parlamentari e, pertanto, le sue decisioni sono dettate dalla esigenza di facilitare il loro miglior andamento, nel rispetto del regolamento. Perciò, di fronte ad una richiesta di indagine da parte di una commissione, il Presidente ha il diritto-dovere di accertare la sua compatibilità regolamentare. Deve quindi vagliare se la materia di indagine rientri effettivamente nella competenza della Commissione, deve valutare se lo svolgimento di tale indagine comporti o meno conseguenze alle altre attività, soprattutto ove la Commissione intenda recarsi in missione.

Infatti l’autorizzazione concessa sta a significare che la Camera ha inteso dare pubblicità esterna alla decisione circa l’avvio di una procedura di

indagine29. «Il Presidente adempie in questo caso a quella funzione di

garanzia costituzionale del corretto uso delle proprie attribuzioni posta in

luce dagli studiosi».30

29 Rif. Cesareo C., Le indagini conoscitive delle commissioni parlamentari, in Il Parlamento della Repubblica:

organi, procedure, apparati, Camera dei Deputati, Roma, 1987.

2.2 Modalità per l’intervento e la convocazione dei pubblici funzionari

L’articolo 48 Regolamento del Senato e l’articolo 144 Regolamento della Camera non richiedono particolari modalità per la convocazione da parte delle Commissioni delle persone audite siano essi privati cittadini, rappresentanti di enti territoriali, funzionari ministeriali o amministratori di enti pubblici.

Nessuna difficoltà si pone nei confronti dell’intervento dei privati cittadini, affermata la legittimità della partecipazione di estranei ai lavori della Commissione.

Nasce invece un problema quando si tratta di funzionari ministeriali o di amministratori di enti pubblici, di coloro cioè che si trovano in una posizione gerarchica inferiore nei confronti del Governo. Il problema consiste nell’applicazione o meno della procedura prevista dall’articolo 47 Regolamento del Senato e articolo 143 Regolamento della Camera, di richiedere cioè che sia il ministro a disporre l’intervento in Commissione del soggetto.

Secondo alcuni31 la questione sembra molto più grave in astratto che in

concreto, in quanto a prescindere dalle ragioni di correttezza e di cortesia da cui deriva che il Ministro deve essere posto a conoscenza ad opera della stessa Commissione della convocazione, tenendo conto del rapporto

gerarchico che li lega al rispettivo Ministero, informino tempestivamente il competente Ministro. Solo l’espresso divieto di quest’ultimo precluderebbe al funzionario di presentarsi in Commissione, divieto che naturalmente non potrebbe non assumere un preciso significato politico. Del resto il principio della necessità dell’autorizzazione ministeriale espressa, verrebbe quasi sempre ad essere vulnerato in quanto essa avrebbe senso solo quando la Commissione avesse già deciso e preventivamente comunicato tutte le domande che potrebbero essere fatte al funzionario. Resterebbe in tal modo preclusa alla commissione la possibilità di chiedere chiarimenti suppletivi.

Si può concordare con chi32 ha sostenuto che la preventiva autorizzazione del

Ministro sia senz’altro necessaria nel caso di convocazione in sede politica o legislativa perché in tal caso, per quanto possa essere vasto l’oggetto della convocazione, sarà pur sempre limitata ad uno specifico argomento o ad un determinato progetto di legge e quindi l’autorizzazione può assumere un preciso significato e le direttive del ministro rivestire un ruolo determinante. Negli altri casi, quelli cioè disciplinati dagli articoli 144 Regolamento della Camera e 48 Regolamento del Senato, la richiesta di autorizzazione ministeriale si palesa non obbligatoria, ma semplicemente opportuna.

2.3 Predisposizione del programma

La prassi ha permesso di stabilire che per la predisposizione del programma di indagine – momento particolarmente delicato per i riflessi che possono derivarne sia alle fasi successive sia allo stesso documento conclusivo – le Commissioni generalmente mutuano le modalità previste per la trattazione di progetti di legge.

Generalmente si affida la predisposizione dello schema operativo della indagine ad un relatore, che spesso si identifica con il proponente. Naturalmente le affinità con il procedimento legislativo comportano l’osservanza della scelta di un relatore tratto dalle fila della maggioranza. Da questo momento l’intera indagine è da lui gestita, sovente senza che si produca la situazione di scambio di informazioni preventivo con i colleghi dello stesso gruppo o della maggioranza. Si determina l’affermazione di una curiosa vicenda giuridica caratterizzata dal fatto che un’attività immediatamente attribuibile alla responsabilità della intera commissione,

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