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L A R EGIA M ARINA I TALIANA ALLA C ONFERENZA DI L ONDRA 1930.

C ORFÙ D ODECANESO E T ANGERI

3. L A R EGIA M ARINA I TALIANA ALLA C ONFERENZA DI L ONDRA 1930.

Prima che fosse approvato il disegno di legge sulla istituzione della carica di Capo di Stato Maggiore Generale, da riservare esclusivamente alle alte sfere dell’Esercito, Revel fece sapere che qualora fosse stata approvata avrebbe provveduto a dimettersi. Il clima si fece incandescente, così alcune personalità della marina si rivolsero a Costanzo Ciano perché mitigasse l’atteggiamento del Capo del Governo e modificasse tale provvedimento dannoso per la Marina. Ma Ciano si dimostrò sordo a tali richieste563. Costanzo era ben consapevole che i rapporti tra Revel e il Duce si erano da tempo modificati. Mussolini non perdonò a Revel le difficoltà che quest’ultimo gli fece per la presa di Corfù, oltre a mal digerire l’ingerenze in politica interna attinenti ai fatti dell’Aventino. Revel sempre coerente con le sue idee si dimostrò molte volte poco accondiscendente ai desiderata di natura politico del capo del governo. Ciano, sin dal 1924, fu la valvola di sfogo di Mussolini che si lagnava del comportamento troppo rigido del Duca del Mare. Così il livornese divoratore di cacciucco raccolse l’invito di Mussolini a indicargli una persona che fosse meno reticente alla volontà governativa e più incline al compromesso, Sirianni. Anche i rapporti tra Ciano e Revel si modificarono durante il mandato ministeriale di quest’ultimo. Ciano era favorevole a costruire un flotta basata su piccoli incrociatori siluranti e cacciatorpediniere, mentre Revel chiedeva da tempo un programma pluriennale per realizzare una flotta navale equilibrata in tutte le sue componenti, incluse le navi portaerei.

Ciano, legato a doppio filo con la cantieristica Livornese, vedeva nel programma composto da innumerevoli siluranti ottime opportunità per il cantiere Orlando che si sarebbe prestato benissimo a tali costruzioni navali564. Revel per contro, convinto assertore dell’organicità della flotta, aveva

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Si veda Giorgerini G., Da Matapan al Golfo cit. p. 202. Per Giorgerini tra le varie personalità della marina che intervennero in favore del Duca del Mare faceva parte anche Luigi Rizzo.

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Impressionante la mole di lavoro che ebbe in quel periodo il cantiere di Livorno, anche in considerazione del fatto che in quel periodo la tendenza del ministero della Marina era quello di parcellizzare i lavori in più cantieri, anche a scapito dell’economia nazionale e dell’efficienza costruttiva. Infatti dopo che il cantiere Orlando ebbe la commessa dell’incrociatore Trento potè contare anche su molte altre commissioni ministeriali come: due incrociatori da oltre 12.000 tonnellate Gorizia e Pola; incrociatore leggero da oltre 10.000 tonnellate

Duca d’Aosta; incrociatori leggeri Classe “Capitani Romani“ Attilio Regolo, Caio Mario, Scipione Africano e Claudio Tiberio (quest’ultimo mai terminato). Ben 4 cacciatorpediniere da 2.130 tonnellate Classe “Poeti“ ossia: Oriani, Gioberti, Carducci, Alfieri. Per non parlare di 9 Cacciatorpediniere Classe “Soldati“ da 2.150 tonnellate: Camicia Nera, Aviere, Artigliere, Geniere, Corazziere, Ascari, Legionario, Corsaro, Velite. Il MAS « 501 ». Nel

1942 sempre il cantiere di Livorno procede al varo di 6 delle 9 corvette Classe “Gabbiano“ previste. Ma il cantiere livornese lavorò anche per forniture importanti estere; infatti fu li che si costruì l’incrociatore per l’Argentina “Veintecinco de Mayo“ da 6.800 tonnellate nel 1927-1931; l’incrociatore leggero “Tashkent“ destinato alla Russia, costruito dal 1936-1939 da 2.895 tonnellate che alla prova sul Mar Nero realizzò l’eccezionale velocità di ben 45,3 nodi. Per quanto scritto si rimanda all’articolo dell’ammiraglio Romani L., Il

192 incaricato l’Istituto di Guerra Marittima di condurre uno studio sul fabbisogno della flotta italiana, per il suo sviluppo. Le posizioni dei due erano troppo distanti, se si considera anche che a quel tempo l’Istituto di Guerra Marittima era diretto da Bernotti che certo non godeva della simpatia del conte Ciano565.

Ciano non raccolse quindi l’invito dei suoi ex colleghi di marina, e naturalmente non mitigò alcuna posizione e così quando Mussolini fece approvare il disegno di legge tanto contestato da tutta la Regia Marina, Revel rassegnò le dimissioni. Mussolini assunse ad interim la direzione del ministero della Marina il 10 maggio con nomina regia. Ciano, capito l’imminenza delle dimissioni di Revel, fece trasferire Sirianni dalla Scuola di meccanici di Venezia a Roma, e nel marzo del 1925 lo fece nominare Segretario del Consiglio Superiore di Marina. Questo basta a far comprendere come la nomina di Sirianni a Sottosegretario di stato fosse stata predisposta ben prima del ritiro, per quanto preannunciato, di Revel. La nomina di Sirianni a Sottosegretario di Stato fece non poco scalpore. Infatti quando il Ministro ad interim fece sapere che si voleva giovare della collaborazione di un Sottosegretario di Stato, nell’ambiente navale, ed unanimemente, si pensò che a ricoprire quel ruolo fosse destinato l’ammiraglio Ducci che a quel tempo ricopriva la carica di Capo di Stato Maggiore. Sirianni non poteva sfoggiare un curriculum come quello dell’ammiraglio Ducci. Certo si era distinto nella guerra italo turca dopo aver meritato una medaglia d’argento per aver forzato il blocco dei Dardanelli566 e ben comparì durante un’operazione nel Basso Adriatico che gli fruttò una promozione sul campo. Fece bene anche come comandante del Reggimento di Marina567 e comandante della corazzata Cesare, incarico che tenne dal 1921 al 1925, fino a quando, cioè, fu chiamato a dirigere la Scuola di Meccanici di Venezia. Insomma un curriculum di tutto rispetto, ma certamente non sufficiente per ricoprire il ruolo più importante della Regia Marina, oltre al fatto che Sirianni mancava Una così cospicua assegnazione di commesse navali non poteva che essere frutto della benevolenza di Ciano verso gli Orlando e verso la cantieristica livornese. Và ricordato che Giuseppe Orlando morì nel 1926 e la direzione passò ai figli, i quali si trovarono in grosse difficoltà durante la costruzione dell’incrociatore “Trento“ che necessitò di ben 4 anni per la sua entrata in servizio. Questi ritardi fecero si che si accumulassero perdite di capitale enormi mandando la società verso la bancarotta, così la Terni decise di coprire il deficit del cantiere livornese, incorporando nella propria struttura. Così nacque l’Odero-Terni-Orlando, ossia la OTO con un capitale sociale di ben 115 milioni.

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Credo che in tal senso sia illuminante ciò che ricorda Bernotti nelle sue memorie: «Nel luglio 1930 le forze navali di superficie della 1ᵃ squadra andarono a Livorno per la cerimonia della consegna della bandiera al cacciatorpediniere Zeffiro da parte della città che aveva dato i natali all’ammiraglio Costanzo Ciano, comandante del cacciatorpediniere Zeffiro all’inizio della Grande Guerra. Naturalmente l’ammiraglio fu invitato ad intervenire. A bordo della nave Trieste, col suo solito modo assai gioviale, mi disse ad alta voce: “Come va?

Che dice Bernotti ?“. Avendo io risposto che non avevo novità Ciano ribatté: “Non è possibile; Bernotti dice sempre qualche cosa“. Ma immediatamente S.E. l’ammiraglio Gambardella, che era a pochi metri di distanza da

Ciano e dal ministro Sirianni, ribatté: “Bernotti non dice in pubblico, ma dice in privato“». In Bernotti R.,

Cinquant’anni nella Marina militare, cit., p. 216.

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Si veda Gabriele M., La Marina nella guerra italo-turca, cit., pp. 183.

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Il futuro Reggimento San Marco. Sirianni acquisì notevole esperienza come comandante di forze di terra durante la rivolta dei Boxer in Cina. Infatti comandò un distaccamento forte di 39 uomini tra capi, sottocapi e comuni e dal sottotenente di vascello Premoli in: Ciro Paoletti La Marina italiana in estremo oriente, cit., pp. 40- 42.

193 totalmente d’incarichi di comando complessi. Ma il neo promosso contrammiraglio aveva due delle prerogative principali richieste dal nuovo incarico: un carattere poco spigoloso e una conoscenza diretta con Ciano, che alla vigilia dei nuovi programmi di ammodernamento della Marina voleva un suo “ amico “ in tale ruolo per destinare quote consistenti al cantiere livornese Orlando. Quando Sirianni fu nominato sottosegretario di Stato, l’ammiraglio Ducci lasciò la carica di Capo di Stato Maggiore. A ricoprire tale incarico fu chiamato il vice ammiraglio Alfredo Acton. Non sorprende francamente neanche quest’altra decisione.

Con D.M. del luglio 1925, a completamento dell’opera, gli furono delegate tute le competenze del ministero della Marina incluso il diritto d’intervento alle sedute del Consiglio dei Ministri, del Senato e naturalmente della Camera dei Deputati568. Non solo ma alla fine del 1925 Sirianni fu nominato, dal re, Grand’Ufficiale della Corona d’Italia e Commendatore dell’ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro569. All’Adunanza pomeridiana degli Ammiragli dell’11 agosto 1925, che aveva come motivo di discussione Nuove Costruzioni parteciparono i Vice ammiragli d’Armata Alfredo Acton (Capo di Stato Maggiore della Marina e Presidente del Comitato Ammiragli), Emilio Solari, Diego Simonetti, i Vice Ammiragli di Squadra Guido Biscaretti di Ruffia, Giuseppe Mortola, Vittorio Molà, Pio Lobelli Bodoni; il Tenente Generale Ispettore D.M. Giovanni Tomadelli; il Tenente Generale Ispettore G. N. Giuseppe Rota; il Contrammiraglio di Divisione Fausto Gambardella; il Generale del Genio Navale Mibelli. Naturalmente a tale adunanza partecipò anche il Capo del Governo Benito Mussolini in qualità di ministro della Marina e il Contrammiraglio Giuseppe Sirianni, Sottosegretario di Stato per la Marina570. Fu Mussolini ad introdurre i motivi della discussione ossia: 1- se si dovevano costruire le navi portaerei; 2- se si doveva preferire a queste la costruzione d’incrociatori portaerei; 3- se si doveva preferire la costruzione di due incrociatori simili ai Trento ma migliorati; 4- se si doveva preferire la costruzione d’incrociatori con tonnellaggi inferiori ma in maggior numero.

Dopo tale introduzione la parola fu presa dall’ammiraglio Alfredo Acton che sostenne l’efficienza dell’idrovolante non solo come ricognitore ma anche come bombardiere prontamente impiegabile contro formazioni nemiche, per ciò escludeva la necessità della costruzione di una nave portaerei tanto più che non solo era più dispendiosa di un incrociatore tipo “Trento”, ma anche più vulnerabile di quest’ultimo e non impiegabile come nave di linea, oltre che i vapori di benzina la rendevano vulnerabile anche al tiro di navi inferiori. Per quanto detto il vecchio ammiraglio sconsigliava nel modo più deciso la costruzione della nave portaerei. È interessante a questo punto riportare uno stralcio delle considerazioni che fece Mussolini dopo l’introduzione fatta da Acton:

568 Ricorda Ernesto Pellegrini «Con decreto del Capo del Governo del gennaio 1926, gli fu pure delegata la firma

di tutti gli atti, decreti e provvedimenti di competenza del Ministro della Marina, ad eccezione di taluni casi previsti dallo Statuto e del testo unico sulle pensioni civili e militari» in Pellegrini E., Giuseppe Sirianni Ministro

della Marina, cit., pp. 74.

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Ivi, pp. 76-77.

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194 «Se ho ben capito (Mussolini) parmi che questo tipo di nave richieda una forte difesa estranea ad essa, e che per poter navigare necessiti di numerosa scorta di altre unità minori; ora poiché il concetto logico da seguirsi è quello di costruire unità che in guerra possano fare da sé, parmi che la somma richiesta per una nave che sfugge all’applicazione di tale concetto possa essere meglio utilizzata nella costruzione di altri tipi. Inoltre i velivoli lanciati da una tale nave … potranno tornarvi tanto facilmente, visto che la nave non può star ferma ad aspettarli, ma deve essere mobile per evitare gli attacchi che possono venire a lei diretti? E se vi è foschia, e se il mare agitato impedisce il ritorno sul ponte cosa succederà agli apparecchi? Sono tutti questi incidenti comuni … In sostanza una nave portaerei è utile per un paese che intraveda la possibilità di una guerra oceanica; ma questo non è il caso nostro, perché condizione sine qua non per permetterci di affacciarci all’Oceano è quella di avere prima dominata la situazione mediterranea, il che potrà accadere solo se, per un declinare della potenza francese, potessimo impadronirci delle sue colonie africane»571.

Da qui l’invito di Mussolini ad esprimere il proprio parere. La nave portaerei fu ritenuta utile ma non necessaria da quasi tutti i membri così Mussolini poté facilmente dichiarare la nave portaerei scartata ad unanimità. In seguito fu preso in considerazione il progetto dell’incrociatore portaerei del generale Rota. Un incrociatore con ponte di volo armato con due torri quadrinate da 203 mm. poste una a poppa e l’altra a prora per una stazza di 12.000 tonnellate. Così descriveva il proprio progetto il generale Rota:

«Il progetto da me studiato è quello di una nave portaerei; ma solo per poter passare le strettoie di Washington; in realtà esso riproduce una nave con aerei. In base alle convenzioni di Washington, la nave deve essere con ponte di volo. Potremmo arrivare fino alle 27.000 tonnellate, ma ho creduto di potermi fermare alle 12.000, poiché le 2.000 tonnellate in più rispetto ai tipi “ Trento “ erano sufficienti per assicurare alla nave un’efficace difesa subacquea, una buona protezione con corazza, una certa robustezza di scafo»572.

Mentre un incrociatore tipo Trento costava circa 152 milioni l’incrociatore portaerei studiato dal generale Rota costava circa 172 milioni. Anche questo progetto fu accantonato. In quella adunanza pomeridiana (13 agosto 1925) si presero le seguenti decisioni: 1- non costruire nessuna nave portaerei; 2- non costruire nessun incrociatore portaerei; 3- costruire 4 incrociatori leggeri da 4.500 tonnellate.

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Ivi, pp. 113. Cfr, anche Rastrelli A., La Portaerei italiana, cit. pp. 88-89.

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195 Sicuramente questa seduta rappresentò un’altra occasione mancata per la costruzione della nave portaerei in cui la Regia Marina non seppe imporsi. In realtà, altre vere occasioni per ottenere la tanto agognata nave portaerei non ci saranno in futuro perché con l’arrivo di Balbo all’Aviazione, le già scarne possibilità di ottenere quel tipo di nave e quindi la conseguente autonomia aerea da parte della Regia Marina si scontrerà e s’infrangerà con la granitica volontà politica del ferrarese fortemente intenzionato a mantenere direttamente il controllo su tutto ciò che potesse volare. Stupisce come l’ammiraglio Acton, che pur si era espresso favorevolmente all’aereo e alla nave portaerei in seguito alla partecipazione al congresso di Washington abbia in un certo qual modo fatto un passo indietro in seno all’adunanza del Consiglio degli Ammiragli del 13 agosto. L’introduzione fatta al discorso di Mussolini andava proprio nella direzione desiderata dal Capo del Governo, da sempre fautore dell’Aviazione. Eppure in qualità di comandante delle forze in mare durante l’esercitazione del 1924 aveva nella sua relazione finale ravvisato l’importanza dell’azione aerea, l’assoluta necessità che la marina si dotasse di una tale specialità per assolvere autonomamente quei servizi indispensabili alle forze in mare. Il progetto Rota presentava soluzioni interessanti e sicuramente migliorabile, poteva essere la base su cui fondare il primo nucleo dell’aviazione imbarcata, ma tale progetto urtava con la formazione di quegli ammiragli che erano cresciuti con il mito del cannone e delle corazze e poco avevano compreso della reale efficienza del siluro e dell’aereo. Le loro più grandi preoccupazioni provenivano dall’attacco subacqueo e dall’azione di siluranti di superficie contro cui, infatti, il progetto Rota era fortemente armato potendo contare su di un totale di sei complessi sestupli da 40 mm. e sei impianti singoli da 100 mm.

Le ristrettezze economiche e la necessità di implementare il nostro naviglio di linea aspettando la fine della vacanza navale, sicuramente condizionarono fortemente la decisione del Comitato degli Ammiragli. Ma non è errato sostenere che se a quella adunanza vi avessero partecipato personalità come Revel e Ducci o il Bernotti, molto probabilmente il risultato sarebbe stato diverso, e non ci sarebbe stato con ogni probabilità quel discorso introduttivo dell’ammiraglio Acton che andando nella direzione voluta dal ministro ad interim della Marina, ha condizionato i giudizi successivi. Mentre nell’adunanza del Consiglio degli Ammiragli di agosto si parlava della nave portaerei come un bastimento effimero di cui non si riusciva a delineare l’impiego e valutarne i benefici, nella conferenza tenutasi a La Spezia nell’aprile dello stesso anno se ne tracciò con limpidezza il giusto impiego ed i relativi enormi vantaggi derivati. Il che è indice di come il problema della portaerei era molto sentito e dibattuto tra i quadri intermedi della Marina; ossia da quei quadri, o meglio da quella generazione di comandanti che non crebbero con il mito del cannone e della corazza. Illuminante se

196 non profetico fu l’intervento del maggiore del Genio Navale Luigi Gagnotto573 il quale in quella conferenza sostenne che:

« … Date le moderne artiglierie, la distanza dei combattimenti si può ritenere attorno i 20 km. A tale distanza un osservatore anche molto acuto che stia sulla coperta di una nave non potrà vedere altro che le soprastrutture della nave nemica … In questi frangenti ecco che l’aviazione viene in aiuto della nave mettendo i suoi occhi a servizio della stessa, ed è un aiuto formidabile questo, perché il problema del tiro navale è di tale complessa difficoltà da non poter essere facilmente risolto senza indicazioni precise degli scarti; se il direttore del tiro può avere l’indicazione esatta degli scarti dei primi colpi, è in grado di aggiustare immediatamente il tiro e di far sì che i colpi successivi siano subito efficaci.

Però anche prima che le navi giungano a portata di tiro è importantissimo l’aiuto che possano dare gli occhi dell’aviazione esplorando il mare; un Ammiraglio che possa avere informazioni sulle forze nemiche che ha di fronte, sui loro movimenti e quindi sulle intenzioni è in grado di giudicare con molta migliore condizione di causa sull’opportunità e sul modo d’impegnarsi e sullo svolgimento da dare alla sua azione.

Non solo, ma l’aviazione, oltre a portare l’aiuto dei suoi occhi in uno scontro sul mare, può assumersi anche una parte più diretta coadiuvando con i suoi mezzi di offesa a demolire la resistenza avversaria, e questo sarà senza dubbio l’incarico più importante che sarà dato in avvenire all’aviazione navale. Gli aeroplani siluranti sono in studio avanzato presso tutti gli Stati e gli aeroplani bombardieri che possono rovesciare tonnellate di esplosivo sopra le navi sono provati con esito favorevole: tutti ricordano gli esperimenti americani contro la corazzata Albany, e i più recenti contro la Washington»574.

Quindi per il maggiore Luigi Gagnotto, l’aviazione “navale“ doveva non solo svolgere una indispensabile funzione di ricognizione, tesa a dare le maggior informazioni possibili per avvantaggiare la flotta, ma doveva collaborare attivamente con le forze di mare per dare a quest’ultime le informazioni indispensabili per aggiustare il tiro navale contro le formazioni nemiche. Sorprende inoltre la lucidità del Gagnotto quando intravede nell’aereo un mezzo micidiale d’offesa navale, sostenendo che quest’ultimo compito sarà il più importante affidato all’aviazione navale. Continuando nel suo intervento sosteneva che:

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Il maggiore Gagnotto sarà l’ideatore di ben due catapulte per aereo adoperate dalla Regia Marina: una da 5000 kg poppiera brandeggiabile adoperate per le corazzate Classe Littorio e una da 2700 kg. prodiera non brandeggiabile per gli incrociatori da 10.000 tonnellate modello Washington.

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Si veda di Gabriele M., Una voce degli anni Venti nel dibattito sulle portaerei, in «Rivista Marittima» maggio 1998 pp. 11-12.

197 «Nasce come logica ed immediata conseguenza che una squadra scoperta e sorvegliata e bombardata ed avvelenata dagli aerei nemici cercherà di difendersi coi mezzi suoi cioè colle artiglierie antiaeree, queste però hanno delle grandi limitazioni specialmente verso aerei esploratori, così che non resterà altro mezzo che ricorrere all’aereo per battere l’aereo e la Squadra Navale si dovrà provvedere di velivoli da caccia veloci e potenti che al primo avviso possano alzarsi e difenderla contro i grandi nemici aerei da bombardamento e per distruggere gli incomodi esploratori nemici»575.

Impressionante, come la descrizione sia puntuale e precisa quasi vent’anni prima degli scontri aereo navali; unica eccezione la considerazione che le flotte potessero essere attaccate con gas, che in verità si sarebbero dispersi immediatamente, ma ciò è probabilmente attribuibile a qualche lettura douhettiana dell’ingegnere. Leggendo questo passo della relazione non si può essere che d’accordo