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P ARTIE P REMIERE – P RIMA P ARTE

I. Les origines des radios libres dans les années Soixante-dix (1970-1976)

I.2 Radio libere: Primi tentativi isolati in Italia e in Francia 1 Le influenze del mai ‘

Nella letteratura sulle radio libere sia per quanto riguarda il caso italiano51, che quello francese52, si rintraccia l’origine culturale di questo fenomeno nei movimenti di contestazione del 1968, e, più in generale nella pratica della “presa della parola” che Michel de Certeau individua come una delle più importanti manifestazioni dello spirito del maggio francese53; l’idea di “prendere la parola” si diffonde nelle minoranze escluse dai grandi canali di comunicazione e più in generale nei movimenti spontanei ed organizzati che in questo periodo reclamano la propria “visibilità”54 attraverso i media. All’indomani degli avvenimenti del mai ‘68 De Certeau aveva intravisto“ un phénomène socioculturel nouveau et important dans cet impact de l’expression qui manifeste une désarticulation entre le dit et le non-dit; qui retire à une pratique sociale ses fondements tacites; qui renvoie finalement, je crois, à un déplacement des «valeurs» sur lesquelles une architecture des pouvoirs et des échanges s’était construite et croyait pouvoir encore s’appuyer. Par ce biais, l’action symbolique ouvre aussi une brèche dans notre conception de la société”55. Nei giorni del mai ’68 si era prodotta una sorta di “rivoluzione simbolica” “caractérisée par la volonté de s’articuler en «lieux de parole» qui contestent des acceptations silencieuses”. La parola del maggio secondo lo storico e antropologo francese apriva un processo del linguaggio e chiamava ad “una revisione globale del nostro sistema culturale” (ouvre un

51 Cfr. in particolare per il caso italiano P. Ortoleva, Introduzione, in P. Ortoleva, G. Cordoni e N. Verna (a cura di), Radio

FM 1976-2006. Trent’anni di libertà d’antenna, cit., pp. 21-23.

52 Per il caso francese cfr. T. Lefebvre, La bataille des radios libres 1977-1981, Nouveau Monde Éditions, Paris 2008, J.-J.

Cheval, Les Radios en France, cit., pp. 68-70.

53 Cfr. M. De Certeau, La prise de la parole et autres écrits politiques, Éditions du Seuil, Paris 1994.

54 Sul concetto della “visibilità” garantita dai media in generale e per una lettura del fenomeno della “pubblicità mediata” che

i mezzi di comunicazione elettronici come la radio e la televisione hanno consentito durante il XX secolo cfr. J. B. Thompson, Mezzi di comunicazione e modernità. Una teoria sociale dei media, Il Mulino, Bologna 1998, pp. 176-189.

procés du langage et appelle une révision globale de notre système culturel)56. “Prendere la parola” aveva il senso di un rifiuto, di una protesta nei confronti delle istituzioni, del sapere “costituito”, delle autorità. Ma possedeva allo stesso tempo una capacità creativa autonoma che aveva liberato dei nuovi bisogni di rappresentazione57.

Durante e dopo gli avvenimenti del maggio ’68 la “presa della parola” si esprime anche attraverso la critica ai mezzi di comunicazione di massa accusati dai movimenti studenteschi ed operai di fornire un’informazione parziale sugli avvenimenti in corso. I manifesti58 prodotti dall’Atelier Populaire dell’École des beaux-arts di Parigi durante le agitazioni del maggio’68, riportavano slogan quali “Information Libre”, “Attention, la radio ment”, “Tout la presse est toxique”, “La police vous parle tous les soirs à 20 heures” che esprimevano una dura critica nei confronti del controllo del potere politico sui mezzi di comunicazione di massa e sull’informazione in generale. Una richiesta di maggiore pluralismo, di indipendenza e libertà di informazione, era all’origine anche dello sciopero che nei giorni delle agitazioni per oltre un mese coinvolgerà il personale dell’ORTF. Nel corso di questa fase erano gli stessi dipendenti dell’ente radiotelevisivo a chiedere delle profonde modifiche della gestione e dell’organizzazione dei mezzi di comunicazione statali. Le critiche principali erano rivolte in particolare ai telegiornali in quanto contrastavano con la libertà di tono espressa dalle radio “periferiche” come Europe n° 1 e RTL59. La presenza degli inviati di queste due stazioni, collegati in diretta telefonica con lo studio centrale attraverso automobili e moto dotate di antenne ricetrasmittenti, consentiva agli ascoltatori di vivere da vicino lo svolgimento delle manifestazioni, mentre i giornalisti della televisione pubblica non erano autorizzati a portare microfoni e telecamere nei cortei. Tuttavia l’eccessivo spazio riservato al racconto degli avvenimenti e ad alcuni esponenti del mondo studentesco60, aveva provocato la reazione del governo che aveva proibito l’uso

56 M. De Certeau, La presa della parola e altri scritti politici, Meltemi, Roma 2007, p. 35. (Si utilizza qui la traduzione in

italiano tenendo sempre presente la versione originale francese nelle citazioni più significative).

57 Ibidem, p. 38-39.

58 Per una rappresentazione iconografica dei manifesti del maggio-giugno ’68 si veda Atelier Populaire de l’Ecole nationale

supérieure des beaux-arts de Paris, Atelier populaire présenté par lui-même: 87 affiches de mai-juin 1968, Usine, Université, Union, Paris 1968 e V. Gasquet, Les 500 affiches de Mai 68, Balland, Paris 1978. Per una ricostruzione storica della creazione dei manifesti del maggio ‘68 cfr. L. Gervereau, Les affiches de “mai 68”, in Matériaux pour l’histoire de notre temps, vol. 11, n° 11-13, 1988, pp. 160-171.

59 Per una ricostruzione degli avvenimenti del maggio ’68 da un punto di vista dei media in generale cfr. F. D’Almeida e C.

Delporte, Histoire des médias en France de la Grande Guerre à nos jours, Flammarion, Paris 2010, pp. 236-242. Per una raccolta di testimonianze sul ruolo svolto delle radio “periferiche” durante le manifestazioni cfr. E. Sullerot, Transistors et barricades, in (a cura di) P. Labro et l’équipe d’Editions spéciale, «Ce n’est qu’un début…», Éditions et Publications Premières, Paris 1968, e per un’analisi del 1968 dal punto di vista della radio cfr. R. Duval, Mai 68 et la radio, in “Cahiers d’histoire de la radiodiffusion”, n° 59, L’année radiophonique 1968, janvier-mars 1999, pp. 91-167.

60A questo proposito è rimasto celebre l’episodio della discussione avvenuta sulle antenne di RTL tra Alain Geismar,

presidente del Syndicat national de l’einsegnement supérieur (Snesup), e il vicerettore della Sorbona Chalin, messi in contatto telefonico dal redattore in capo della stazione Jean-Pierre Farkas. Lo stesso Farkas, favorevole ad un colloquio tra i due, interromperà la trasmissione quando Geismar, approfittando della radio, inizierà a dare indicazioni ai manifestanti.

delle automobili e delle moto, sostenendo che le trasmissioni dei reporter disturbavano le frequenze utilizzate dalla polizia e dalle ambulanze, oltre a fornire indicazioni ai manifestanti. Da un’indagine sugli ascolti realizzata dal CESP61(Centre d’études des supports de publicité) nel 1968 si rileva l’ampio successo di queste stazioni nell’ascolto del pubblico in Francia. Dopo il canale pubblico France Inter che raggiungeva il 32,9% degli ascolti, le emittenti maggiormente seguite erano Europe n° 1 e Radio Luxembourg che ottenevano rispettivamente il 21, 4% e il 19,6% dell’ascolto radiofonico complessivo. La fine dello sciopero dell’ORTF, avvenuta il 24 giugno 1968, determinerà il licenziamento di numerosi giornalisti della televisione e della radio pubblica, oltre all’annullamento di diversi programmi televisivi di approfondimento informativo, nonostante le proteste degli ascoltatori e di diversi personaggi del mondo della cultura francese62. Durante gli avvenimenti del maggio ’68 la radio viene percepita da una buona parte della popolazione come un mezzo di comunicazione immediato e diretto, capace di raccontare senza filtri la realtà quotidiana. Tale capacità della radio di restituire gli avvenimenti come se si svolgessero in presenza degli ascoltatori, appare significativa se si pensa che avviene all’interno di un sistema dei media che Guy Débord non più tardi del 1967, aveva definito “società dello spettacolo”. Secondo Débord infatti “tutta la vita delle società nelle quali predominano le condizioni moderne di produzione si presenta come un’immensa accumulazione di spettacoli. Tutto ciò che era direttamente vissuto si è allontanato in una rappresentazione” 63.

Accanto alla libertà di informazione si manifestano nuovi bisogni, in particolare si diffonde l’idea che i media invece di comunicare soltanto il punto di vista del potere politico, dovrebbero essere in grado di garantire ai cittadini lo spazio per esprimere le proprie opinioni. Come hanno sostenuto Fabrice d’Almeida e Christian Delporte “la crise de 1968 a placé la liberté d’information au cœur du débat médiatique. Plus généralement, elle a hissé au premier plan la revendication sociale de la liberté de parole et de la possibilité, pour tous, d’accéder aux médias”64. In questo clima, in cui si avverte l’esigenza di “utilizzare” i mezzi di comunicazione di massa da parte di chi fino a quel momento è stato escluso dalla comunicazione, si sviluppa e diffonde un’idea di controinformazione che

61 L’indagine è riportata nell’articolo di J. Durand, Les enquêtes sur le public de la radio et de la télévision en 1968, in

“Cahiers d’histoire de la radiodiffusion”, n° 59, L’année radiophonique 1968, janvier-mars 1999, p. 194.

62 Per questa fase cfr. C. Brochand, Histoire générale de la radio et de la télévision en France, Tome II 1944-1974, La

Documentation française, Paris 1994, pp. 134-154.

63 G. Debord, La societé du spectacle, Paris, Buchet-Castel 1967, (trad. italiana 5 ed. , Baldini&Castoldi, Milano 2008), p.

53.

all’inizio degli anni Settanta, grazie alla possibilità di utilizzare strumenti leggeri, economici e apparentemente semplici, trova le sue manifestazioni più compiute nella stampa e nel cinema militante65. I movimenti giovanili di contestazione dopo il Sessantotto e in seguito al diffondersi in Europa di quella forma di “giornalismo militante”, nato nei primi anni Sessanta negli Stati Uniti denominato advocacy journalism66, si dotarono attraverso l’uso del ciclostile e della stampa offset, di una serie di organi di stampa, prima periodici, poi quotidiani e puntarono a creare una rete di media alternativa al sistema dominante67. Il dibattito sull’utilizzo alternativo dei mezzi di comunicazione di massa si sviluppa in questi anni in Italia soprattutto negli ambienti della nuova sinistra, producendo nel corso degli anni una vasta pubblicistica: in campo giornalistico tra gli esempi più interessanti troviamo in Italia la nascita dei tre quotidiani della sinistra extraparlamentare come “Il Manifesto”, “Lotta Continua” e il “Quotidiano dei lavoratori”68; Anche per l’Italia le vicende del biennio 1968-69 rappresentano un tornante decisivo dal punto di vista delle comunicazioni di massa: come ha sostenuto Franco Monteleone “il ’68 non solo aveva mandato in frantumi il «miracolo economico» ma aveva messo in crisi tutto l’assetto e il ruolo del sistema di comunicazione di massa, aveva fatto saltare le sue rigidità, aveva liberato nuove forze ed espresso nuove domande sociali e politiche”69. I mezzi di comunicazione di massa vengono messi in discussione da alcune minoranze intellettuali vicine all’area della nuova sinistra di impostazione marxista, in quanto considerati fondamentali per la riproduzione e la propaganda del sistema capitalista. I media – secondo un’analisi ripresa in parte dalla Scuola di Francoforte di Max Adorno e Theodor Horkheimer - possiedono la capacità di manipolazione e condizionamento sul pubblico, che rende necessaria la definizione di nuove strategie al fine di un loro utilizzo alternativo70. In Francia dopo la creazione dell’Agence de Presse Libération nel giugno 1971, come espressione di una volontà di informazione alternativa, nascerà nella primavera del 1973 il quotidiano “Libération”, affiancandosi ad altre pubblicazioni come “Rouge”,

65 C. Collin, Ondes de choc. De l’usage de la radio en temps de lutte, L’Harmattan, Paris 1982, p. 21. 66 Cfr. G. Gozzini, Storia del giornalismo, Bruno Mondadori, Milano 2000, pp. 242-245.

67 Cfr. P. Ortoleva, Saggio sui movimenti del 1968 in Europa e in America, Editori Riuniti, Roma

1988, pp. 126-146 e U. Eco e P. Violi, La controinformazione, in V. Castronovo e N. Tranfaglia (a cura di), Storia della stampa italiana, volume VI: La stampa italiana del neocapitalismo, Laterza, Roma-Bari 1976, pp. 99-169.

68 Per i quotidiani della nuova sinistra in Italia cfr. P. Murialdi, Storia del giornalismo italiano, Il Mulino, Bologna 2006, pp.

239-242.

69 F. Monteleone, Storia della radio e della televisione in Italia. Costume società e politica, Marsilio, Venezia 2006, p. 378. 70 Cfr. C. Collin, Ondes de choc. De l’usage de la radio en temps de lutte, cit. , pp. 19-20.

l’organo della LCR (Ligue Communiste Révolutionnaire)71. La necessità di canali di informazione alternativa era espressa con chiarezza nel manifesto dell’Agence Presse Libération che recitava:

“En mettant la justice au pas, en laissant sévir la police, en muselant l’information, le pouvoir espère cacher sa gangrène. Au service de cette tache, il tient en laisse non seulement radios et télévisions, mais encore la plupart des rédactions de la presse écrite. […]. Contre les faux, les fauste cartes de presse, les faux témoignages, les fauste informations, on se bat. On se bat pour rétablir la vérité, pour renforcer l’information libre, attaquer l’information aux ordres. Un collectif de journalistes appartennat à la presse révolutionnaire comme à la presse traditionnelle engage avec nous une nouvelle bataille sur le front de l’information. Nous voulons, tous ensemble, créer un nouvel intrument pour la défense de la vérité”72

La pubblicazione del periodico “Tout!” nel 1970 rappresentava un ulteriore esempio di questa tendenza di stampa alternativa.

Sull’onda di questa fascinazione per le nuove tecnologie e per le esperienze di comunicazione “dal basso” matureranno nei due Paesi i primi tentativi isolati di radio “libere”

I.2.2 Da Radio Campus a Radio Sicilia Libera

Uno dei primi esperimenti di radio libere in Francia è costituito da “Radio Campus”73, che inizia a trasmettere nella primavera del 1969 dal campus universitario di Villeneuve d’Ascq nei pressi di Lille. Fondata da Christian Verwaerde, un giovane ingegnere elettronico dell’IUT (Institut Universitaire Technologique) di Lille, “Radio Campus” trasmetteva regolarmente in modulazione di frequenza e in onde lunghe. La programmazione era ispirata nello stile alle radio offshore inglesi, con la proposta di una grande quantità di musica. La tolleranza accordata dalle autorità a questa esperienza, che rappresenta uno dei primi casi di esperienze alternative al monopolio di Radio France, era giustificata dalla debole potenza del trasmettitore, un apparecchio da 10 watt e dall’isolamento geografico del campus che determinava una diffusione circoscritta. Tuttavia a partire dall’inizio dell’anno accademico 1974, anche a causa di problemi con l’autorità di polizia, Verwaerde è costretto ad interrompere le trasmissioni di “Radio Campus”, con grande dispiacere degli ascoltatori, prevalentemente studenti, che avevano

71 Per la nascita del quotidiano “Libération” cfr. A. Gattolin, Libération et l’ombre de mai, in “Médiamorphoses”, n° hs (

hors série) 2008, ( Les empreintes de Mai 68), p. 79-83 e C. Collin, Ondes de choc. De l’usage de la radio en temps de lutte, cit. , p. 22.

72 Il manifesto è riportato in F.M. Samuelson, Il était une fois Libé…, Editions du Seuil, Paris 1979, pp.108-109. 73 Cfr. J.-J. Cheval, La radio en France. Histoire, état, enjeux, cit., p. 73.

individuato nell’emittente una possibilità di svago nelle ore di riposo dallo studio. Negli anni successivi, in particolare dall’ottobre del 1976, come sottolineato da un documento del Ministero dell’Interno francese, “Radio Campus” si costituirà in associazione in base alla legge n. 1901 e parteciperà alla battaglia delle radio libere ricominciando a trasmettere dall’autunno del 1977. Il suo contributo sarà decisivo sia per la futura battaglia contro il monopolio che per la sviluppo di un’altra radio di Lille, “Radio Beau Délire”, che vedrà la luce nella fase seguente74.

La prima esperienza di pirateria radiofonica nasce in Italia con “Radio Sicilia Libera” a Partinico nel marzo 197075; tale iniziativa viene animata dallo scrittore e sociologo Danilo Dolci, che attraverso l’attività del suo “Centro studi e Iniziative”, svolge in questo periodo un’opera di sostegno alla popolazione della valle del fiume Belice. In seguito al terremoto che aveva colpito i territori della Sicilia occidentale nel gennaio del 1968, dopo circa due anni di ritardi nei lavori per la ricostruzione, Danilo Dolci sceglie la radio come strumento per lanciare un messaggio di richiesta di aiuto e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Il suo intento era ispirato dalla volontà di utilizzare la radio come mezzo alternativo per diffondere il più possibile le notizie drammatiche riguardanti le popolazioni “delle valli del Belice, del Carboi e dello Jato dopo il tragico terremoto del 15 gennaio 1968 e dopo che sono passati inutilmente due anni senza l’avvio della promessa ricostruzione”76. Danilo Dolci negli anni precedenti si era contraddistinto per modalità di protesta non violente77, come scioperi della fame e marce di piazza accanto ai più umili e agli emarginati per denunciare lo stato di abbandono delle popolazioni terremotate. Dalla lettura delle carte del Commissariato di Partinico emerge come Danilo Dolci, dopo aver informato l’autorità di pubblica sicurezza sulla manifestazione, aveva anche chiarito meglio i contenuti della sua trasmissione che si caratterizzava per essere la prima a trasmettere fuori dal monopolio della Rai e in completa illegalità. “Radio Sicilia Libera” inizia le trasmissioni la sera del 25 marzo 1970 in modulazione di frequenza sui 98,5 megahertz, grazie al contributo di due collaboratori, Franco Alasia e Giuseppe Lombardo, chiusi all’interno degli uffici del Centro studi con cento litri di benzina e un gruppo

74 Centre des Archives Contemporaines (CAC), site de Fointanebleau, vérsément n° 19810440, art. 25: radios libres: notes et

presse 1977-1979.

75 Durante il 1970 si registrano anche i tentativi, effimeri e marginali di “Radio GAP” a Trento. Questa emittente, costituita

da un gruppo locale vicino alle posizioni di “Lotta Continua”, in un paio di occasioni disturberà le frequenze del telegiornale Rai diffondendo messaggi definiti “partigiani”. Per questa iniziativa cfr. S. Dark, Libere! L’epopea delle radio italiane degli anni ’70, Stampa Alternativa, Viterbo 2009, p. 31.

76 Cfr. O. Barletta, Il “centro” di Dolci parla da una radio clandestina, in “Il Giornale di Sicilia”, 26 marzo 1970.

77 Cfr. per esempio l’articolo Denunciato Danilo Dolci: ha scritto sui muri la sua protesta, in “Il Giornale di Sicilia”, 23

elettrogeno per consentire la diffusione del programma. I mezzi utilizzati erano estremamente semplici e rudimentali ma adeguati allo scopo prefisso: “[…] le apparecchiature sono costituite da una ricetrasmittente della quale i due operatori non hanno indicato la potenza, due antenne, una esterna di sette metri orientabile ed una interna, di dimensioni più ridotte, tenuta di riserva. Vi sono inoltre quattro batterie e due registratori”78. Questo tipo di strumentazione, semplice e poco sofisticata, dimostrava come i progressi tecnologici nel campo della radiofonia consentissero ormai di creare un efficace dispositivo di propaganda e informazione con mezzi limitati in un ambito geografico circoscritto. Dall’analisi del palinsesto emerge la volontà di associare il messaggio di denuncia delle popolazioni terremotate con l’affermazione del valore della cultura e dell’identità locale del luogo dell’emissione. Infatti, il programma comprendeva:

- “un appello all’opinione pubblica nazionale e internazionale, e agli organi direttamente responsabili” della durata di 19 minuti;

- “la voce della gente delle valli Belice, Jato e Carboi (bambini, donne, agricoltori, sindaci, sindacalisti, medici, educatori)” in un reportage di 75 minuti;

- “il punto esatto sulla finora non avvenuta ricostruzione (si documenta fra l’altro un fatto gravissimo: a parte il danaro confusamente usato, spesso mal usato e sperperato in baracche e assistenza – non un solo miliardo è stato finora speso, dei 162 stanziati specificamente per la ricostruzione, a più di due anni dal terremoto)” per una trasmissione di 25 minuti;

- “l’espressione di alcuni valori culturali della Sicilia occidentale che non vogliamo muoiano” in un comunicato di circa 60 minuti;

- “alcuni messaggi di solidarietà e una canzone popolare «La Sicilia camina»” per un quarto d’ora;

Nell’appello all’opinione pubblica si insisteva sull’importanza dei mezzi di comunicazione ed implicitamente vi era nelle intenzioni di Dolci la volontà di mostrare l’inadeguatezza delle informazioni della stampa e della televisione nazionale oltre a constatare lo spazio ridotto che all’interno dei media italiani occupavano alcune zone dell’Italia, come in questo caso le zone della Sicilia occidentale. Si riporta a questo proposito una parte significativa del comunicato:

“Qui parlano i poveri cristi della Sicilia occidentale, attraverso la radio della nuova resistenza. S.O.S. …siciliani, italiani, uomini di tutto il mondo ascoltate: si sta compiendo un delitto, di enorme gravità, assurdo, si lascia spegnere un’intera popolazione, la popolazione delle valli del Belice, dello Jato e del Carboi, la popolazione della Sicilia

78 Cfr. Continuano dalla valle del Belice le trasmissioni dell’emittente clandestina, in “Il Corriere della Sera”, 27 marzo

occidentale non vuole morire. Siciliani, italiani, uomini di tutto il mondo, avvisate immediatamente i vostri amici, i vostri vicini, ascoltate la voce del povero cristo che non vuole morire, ascoltate la voce della gente che soffre assurdamente. Siciliani, italiani, uomini di tutto il mondo non possiamo lasciar compiere questo delitto: le baracche non