CAPITOLO 3: i Musei Civici di Padova
3.11 Il rapporto tra il Comune di Padova e i Musei Civici
Basandosi su quanto è stato rilevato fino a questo momento, a partire quindi dalla nascita ufficiale del Civico Museo, il ruolo della Municipalità nei confronti di questo ufficio appare marginale. Il Museo risentì sempre della carenza di fondi che sarebbero dovuti arrivare da appositi finanziamenti decisi in sede di bilancio, per provvedere all’incremento scientifico delle collezioni e a tutte quelle necessità che emergevano nel museo. In particolare è da notare come nonostante vennero fatte moltissime donazioni all’istituto, il Comune fu molto lento a rispettare tutte le condizioni che legavano queste al Museo, oltre che al rispetto del Regolamento stesso dell’ufficio. Le criticità principali che perseverarono nel Civico Museo furono quelle relative all’inadeguatezza dei luoghi conservativi delle raccolte civiche e alla carenza del personale, per riuscire a fornire servizi all’altezza della fama che l’ente aveva raggiunto. Molti sforzi vennero fatti da singole personalità per riuscire a incentivare e valorizzare le collezioni civiche, più che dal Comune stesso. Inoltre, risulta estremamente interessante notare come nonostante queste mancanze da parte del proprietario legale delle raccolte artistiche, il Comune appunto, i Musei vennero sempre interessati dal fenomeno delle donazioni, che inizialmente furono fondamentali per la creazioni dei nuclei museali (Banzato, 2008).
A partire dagli anni Novanta del XX secolo, però, si può notare come la municipalità inizi a sviluppare quelle che si possono definire delle politiche culturali, incentrate soprattutto nel complesso dei Musei Civici. In particolare fu in questo decennio che si manifestò da parte comunale un atteggiamento più sensibilizzato nei confronti dei legami che esistono tra i suoi istituti museali e la collettività cittadina, cercando oltretutto di ripensare al ruolo che i privati potevano assumere come fornitori anch’essi di servizi culturali. I Musei Civici, quindi, iniziarono ad essere considerati come risorsa, piuttosto che come una mera presenza da mantenere, utile a far risaltare ed emergere la stessa reputazione di Padova (Carpita, Stinco, 2007). In base a quanto definito dal Regolamento dei Musei Civici la loro direzione è svolta dall’ufficio comunale chiamato Settore Musei e Biblioteche, che non si limita esclusivamente a coordinare le attività dei Musei Civici analizzati nel presente caso, bensì le sue responsabilità si estendono anche ad altri monumenti del comune patavino, che sono: il Palazzo della
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Ragione; il piano nobile del Pedrocchi; la Loggia Odeo Cornaro; i due Oratori di San Rocco e San Michele; la casa del Petrarca; le varie Biblioteche. Esso, inoltre, è affiancato da un ulteriore ufficio, denominato Settore Cultura, con il quale vengono organizzati eventi specifici.
Il Settore Musei e Biblioteca, in particolare, si occupa di quattro specifici servizi, che sono: 1. Museo Archeologico;
2. Museo d’Arte; 3. Museo Bottacin; 4. Servizi Bibliotecari.
A cui se ne aggiungono altri due: uno più propriamente amministrativo e l’altro relativo alla Direzione e servizi generali di Settore. Ognuno di questi ha dei compiti distinti in base alle raccolte che gli interessano, ossia mansioni tecniche, individuabili: nella tutela delle collezioni, in attività di ricerca e classificazione, nel trattamento a fini di restaurazione dei pezzi artistici, ma anche per la divulgazione di informazioni (Banzato, 2000; Carpita, Stinco, 2007). Per quando riguarda, invece, i rapporti che il Settore stesso e il Comune intrattengono, essi sono di origine prettamente finanziaria, in quanto i Musei non sono economicamente indipendenti, vengono così definite: le attività da pianificare e la programmazione del bilancio (Banzato, 2000). È la municipalità, quindi a dover occuparsi della loro gestione finanziaria, avvalendosi della possibilità di stipulare possibili intese con soggetti privati, soprattutto per far fronte a determinati costi o per lo svolgimento di specifiche attività; anche la regione Veneto in base ai provvedimenti definiti nelle Norme in materia di musei, biblioteche, archivi di enti locali o di
interesse locale (L.R. 5 settembre 1984 n.50) a cui fanno riferimento anche le successive
modifiche e integrazioni, dove vengono definite le metodiche e i parametri appositi, si premura di elargire dei contributi in favore dei musei (Carpita, Stinco, 2007). Nonostante tali finanziamenti, risulta comunque vitale per l’apertura delle sedi museali il contributo apportato dai cittadini padovani, che compiono il servizio di volontariato in questi istituti culturali, soprattutto quello inerente alla guardiania dei vari ambienti (Banzato, 2000). Risale, infatti, al 1993 la disposizione inerente all’assunzione di personale in pensione, che svolge mansioni inerenti alla vigilanza e sorveglianza, pagati sotto forma di rimborso. Gli anziani per poter rientrare tra coloro che possono svolgere questa attività di volontariato devono avere tra i 55 e i 75 anni compresi. Tale decisione oltre a essere di rilevante importanza per permettere un’ adeguata fruizione museale, rispettando anche gli orari di apertura del museo, che altrimenti non sarebbero così estesi, rientra in una politica comunale più ampia, ossia quella di cercare
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di rendere partecipe anche la popolazione più anziana in attività sociali, infatti, prima di adottare il loro contributo come volontari nei Musei Civici, la municipalità patavina ne aveva promosso il loro impegno in altri eventi (Carpita, Stinco, 2007). A occuparsi dei rapporti tra i volontari e il Settore museale è l’ufficio dei Servizi Generali, il quale svolge anche altre mansioni che servono da sostegno anche a quei servizi di natura più tecnica; oltre al coordinamento con i pensionati per la guardiania dei musei, appena descritto, l’ufficio cura le attività di raccolta di documenti del gabinetto fotografico, l’aggiornamento dell’archivio, l’annotazione a bilancio delle entrate museali, tutte le operazioni necessarie a mantenere gli edifici in condizioni di pulizie e igiene ottimali, la direzione del personale e la visibilità degli istituti museali a fini comunicativi.
Dagli anni Novanta, grazie anche allo sviluppo a livello statale di norme per la promozione del contributo privato nel settore museale, come la legge Rochey, la direzione dei Musei Civici di Padova si avvale per alcune attività della loro assistenza (Banzato 2000). Tra queste ultime rientrano quelle inerenti al Bookshop a partire dal 1997, in cui oltre a limitarsi alla vendita di libri vengono offerti altri materiali. Per quanto riguarda, invece, le modalità di ingresso, per poter visitare i Musei Civici di Padova bisogna pagare il biglietto. Negli anni molte sono state le varie soluzione adottate dalla municipalità cercando il metodo migliore per promuovere la valorizzazione del proprio patrimonio culturale. Già verso la fine degli anni Ottanta, in occasione delle celebrazioni per ricordare i 650 anni dalla scomparsa di Giotto, la decisione della Giunta comunale fu quella di rendere partecipe l’A.P.T di Padova, ossia l’Agenzia per il Turismo della città. Quest’ultima era la principale organizzatrice delle attività che si sarebbero svolte per ricordare la morte di Giotto e le sue mansioni riguardavano prettamente gli aspetti gestionali ed economici. Venne, quindi, pensato un biglietto unico con cui si poteva accedere a diverse attrattive con valore storico e artistico della città, tra cui il complesso museale situato in Piazza Eremitani, la Cappella degli Scrovegni e la Pinacoteca che ancora, in quel periodo, situata nella sede dell’antico Civico Museo, in Piazza del Santo. Tale modalità di bigliettazione riguardava specialmente i luoghi appena nominati e non sarebbe stata un surrogato dei biglietti relativi agli altri luoghi culturali. Come si nota, prende l’avvio la ricerca di una soluzione di pagamento dell’ingresso dei musei, in cui quelli che inizialmente furono i nuclei originari dell’ufficio di Andrea Gloria, venivano uniti. Negli anni Novanta sulla spinta delle nuove politiche culturali intraprese dal Comune, che prevedevano un orario di visita ai musei più estesi e il modo per dare a tali istituzioni un’uniformità maggiore a livello gestionale, si sentiva
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la necessità di migliorare l’organizzazione inerente alle visite degli istituti. Questo obiettivo si realizzò attraverso diversi anni, in base anche alle varie attività che venivano programmate, come quella appena menzionata in onore del pittore toscano, prevedendo il contributo da parte di privati. L’anno successivo alla costituzione del biglietto telematico, ossia nel 1999, vennero rese possibili le vendite anticipate dei biglietti e quelle per poter prenotare la visita sia nella Cappella degli Scrovegni che nel complesso degli Eremitani, rendendo così possibile un controllo più adeguato dei fruitori, appoggiandosi alla società denominata Ingegneria per la cultura coadiuvata da quella milanese TicketOne srl. L’idea di creare una Carta, che poi diventerà l’attuale Card, si sviluppò nel 2000, quando con quella chiamata Carta Giovani rese possibile la visita a tutti i monumenti patavini con delle agevolazioni a chi l’aveva acquistata. Grazie alla disposizione presa dalla Giunta municipale n. 61 del 1 gennaio 2002, venne introdotta la PadovaCard. Quest’ultima fu il risultato di una commissione ingaggiata appositamente per la sua creazione ed è ancora utilizzata per poter accedere alla visita dei Musei Civici di Padova a cui però si accostano anche altre carte, pensate per target specifici di visitatori: i cittadini padovani; le famiglie; i turisti passeggeri e per i residenti veneti (Carpita, Stinco, 2007).