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Il rapporto con il regime: riconoscenza forzata e ricompense di stato

CAPITOLO 2. L’INVENZIONE DELLA MUZICĂ POPULARĂ: IL CASO DI MARIA LĂTĂREȚU

2.4. Il rapporto con il regime: riconoscenza forzata e ricompense di stato

Negli anni Cinquanta, testimonianza patente di quel debito verso il regime cui tutti gli artisti implicati nel mondo del folclore erano tenuti, i riferimenti alla nuova ideologia si moltiplicarono nei canti. Alcune

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In altre occorrenze, quando non erano impiegati i cantanti, si assistette nel corso degli anni sessanta a una forma di gigantismo orchestrale folclorico con esecuzioni cui prendevano parte una cinquantina di strumentisti.

composizioni vennero create di sana pianta per compiacere il regime, verosimilmente sotto pressione di qualcuno della Secția de Propagandă și Agitație a Comitetului Central al P.M.R. (Sezione di Propaganda e Promozione del Comitato Centrale del PMR – Partito del lavoro rumeno)61. Si tratta dei cosiddetti cântec nou (ossia canti nuovi), testi originali disposti su melodie preesistenti o di nuova invenzione in stile folclorico contenti un messaggio esplicito in linea con l’ideologia del regime. Esempi emblematici e persino un po’ goffi di questo genere sono Horă păcii (2364 II62), ovvero horă della pace, e Partidul nostru

ne-învată (2631 I), ossia, significativamente, “il nostro partito ci

insegna”. Il primo è stato registrato in occasione della tournée a Praga del 1950. In linea dunque con un idea dello scambio culturale fra le nazioni amiche che contenesse un esplicito riferimento alla politica (la pace intesa come armonia entro i paesi del Patto di Varsavia e, sperabilmente, in tutto il mondo con l’estensione del socialismo al di fuori dei confini dell’alleanza). Ioana Lătărețu sostiene che questa sia una composizione originale di Maria, sebbene nell’unico documento che riporti riferimenti precisi alla paternità dei brani eseguiti dalla cantante non ve ne sia prova. 63 Nel secondo non viene menzionata la data di incisione, che tuttavia dovrebbe collocarsi nei primi anni Cinquanta. 64

Altri canti, non propriamente ascrivibili al genere del cântec nou, contenevano invece riferimenti più velati all’ideologia socialista, benchè sempre perfettamente decodificabili da chi di quelle musiche fruiva. È il caso, ad esempio, di Mă uitai la răsarit, (la prima incisione è catalogata come 2768 II). Il brano ebbe grande successo all’epoca e fu inciso

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Purtroppo mancano al momento testimonianze precise al riguardo riferite a Maria Lătărețu. 62

I numeri di classificazione, ove non diversamente indicato, fanno riferimento al catalogo dell’Istituto di etnografia e di folclore di Bucarest (v. anche catalogo delle registrazioni di Maria Lătărețu, in appendice), dove le incisioni sono state effettuate (nella gran parte dei casi) e annotate.

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Si tratta di un elenco che va sotto il nome di Indice de titluri cuprinzînd creațiile, prelucrările și

aranjamentele Mariei Lătărețu (Indice dei titoli comprendente le creazioni, elaborazioni e arrangiamenti di

Maria Lătărețu), stilato da Tiberiu Alexandru per quella sezione dell’Unione dei compositori rumeni che si occupava delle questioni inernti il diritto d’autore (il documento è trascritto e riportato in Brânaru 1989: 229).

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Nel catalogo figura insieme a una dozzina di brani senza data collocati tra incisioni del 1953 e del 1958 (sulla mancanza di linearità cronologica del catalogo in questione si è già detto, v. nota 57, p. 56).

nuovamente alcune altre volte, con titoli diversi e leggere varianti nel testo e nell’arrangiamento. La prima registrazione appartiene a quel gruppo di brani realizzati verosimilmente nei primi anni Cinquanta. Alan Lomax, nel volume XVII della raccolta World Library of Folk and Primitive Music da lui curata per Columbia (KL 5799, edito nel 1963), include un Mă uitai spre răsărit cantato da Maria Lătărețu. La data indicata dall’etnomusicologo per questo brano è il 1955, cosa che farebbe pensare si tratti della prima incisione realizzata per l’Istituto di folclore (2768 II). Vi è però un’incongruenza: “la răsărit” nel catalogo dell’istituto diventa invece “spre răsărit” nel disco curato da Lomax. Supponendo comunque che il brano sia stato realizzato intorno alla metà degli anni Cinquanta, il riferimento alla situazione politica del momento è lampante. “Mă uitai la răsărit, Văzui primăvara viind”, ovvero “mi voltai verso l’oriente, Vidi la primavera che arrivava” allude ai rapporti con l’Unione Sovietica (guida spirituale dei paesi del Patto di Varsavia) e al levante come luogo (non solo geografico) delle speranze per l’avvenire socialista (un futuro che si presentava come un nuovo inizio, una primavera appunto, ricca di promesse). Il resto del canto è in realtà una nota doina dell’Oltenia che Maria aveva già inciso nel 1937 (773 b) con il titolo Eu cunosc vara când vine. I due versi sono stati aggiunti per compiacere la propaganda, secondo un procedimento molto comune all’epoca, non solo nei canti di Maria Lătărețu (v. par. 3.2.2.2, p. 100). Una piccola interpolazione, o il cambiamento di qualche parola era sufficiente a risignificare il canto e a collocarlo nel nuovo clima. Era anche un espediente più efficace rispetto alla creazione di una composizione totalmente nuova. I brani tradizionali erano conosciuti e amati dai fruitori della musica popolare. L’opera di indottrinamento risultava meno sgradita se era veicolata da questi canti, per quanto rivestiti di (o integrati con) nuovi significati.

È impossibile valutare, allo stato attuale delle conoscenze, fino a che punto le iniziative in linea con la propaganda fossero prese autonomamente da Maria Lătărețu. Ciononostante è indubbio che la

cantante nutrisse riconoscenza verso quel regime che le aveva spalancato le porte a una carriera folgorante. La retorica della bambina di misere origini (senza neppure un paio di scarpe prima di arrivare a Bucarest, secondo i racconti un poco da romanzo tardo ottocentesco che lei stessa riferì) che raggiunge una posizione di tutto rispetto nel mondo grazie alle sue doti canore è indissolubilmente associata alla retorica dei tempi nuovi, radiosi di benessere e di libertà, che la propaganda diffondeva in riferimento al dopoguerra (l’espressione in uso allora in Romania era, invariabilmente, “dopo-liberazione”). Nelle interviste rilasciate alla stampa, Maria stessa tratteggia brevemente l’infanzia di miseria per poi soffermarsi con soddisfazione e gratitudine sugli anni successivi al ’45 (in queste interviste, come in materiali analoghi, è pressoché impossibile distinguere elementi genuini da altri imposti dall’intervistatore o dal redattore e decisi a tavolino per compiacere la propaganda).

Comunque stiano le cose, la sicurezza di una posizione economica e professionale di tutto rispetto, garantita da qualche piccolo, “spontaneo”, omaggio all’ideologia di stato era senz’altro molto apprezzata da Maria, come da molti artisti famosi nelle sue stesse condizioni. La cantante aveva girato il mondo (quella parte di mondo che era permesso visitare ai rumeni al tempo), aveva cantato su palcoscenici prestigiosi, viveva della musica che amava, era ammirata oltre misura da un vastissimo pubblico. Le limitazioni della libertà dovevano sembrare poca cosa a fronte dei vantaggi recati dal nuovo corso politico, almeno fino a quell’epoca. Per consolidare ulteriormente quel rapporto di scambio reciproco e allargare il debito di gratitudine degli artisti lo stato soleva premiare quelli considerati più meritevoli con onorificenze di vario tipo. Maria si distinse da questo punto di vista per abbondanza di riconoscimenti. Nel 1952 ricevette la medaglia del quinto anniversario della Repubblica Popolare Rumena, nel 1954 quella dell’Ordine del lavoro, nel 1962 quella per “merito culturale”, nel 1964 fu insignita del titolo di “artista emerita”. La sua popolarità era tale che anche i capi di stato la richiedevano in occasioni ufficiali come pure private. Gheorghe

Gheorghiu-Dej, il primo presidente della Romania la volle al matrimonio della sua figlia più piccola. Nicolae Ceaușescu, succeduto a Gheroghiu- Dej nel 1965, come pure molte altre eminenti personalità del mondo politico, la invitavano regolarmente a cantare in occasione dei ricevimenti che organizzavano. Si replicava per la nota cantante un fenomeno che aveva riguardato i lăutari per secoli, come minimo dalla loro comparsa nei principati rumeni alla fine del XIV secolo. I musicisti più apprezzati erano contesi dalle élite e ricercati per dare lustro agli eventi sociali più rilevanti. Si perpetuava cioè quel connubio tra lăutari e potere che aveva contraddistinto la vita professionale di questi ultimi nei cinque secoli precedenti. Nuovi “musicisti di corte” erano ora pronti a servire le nuove classi dominanti, a cantarne le lodi, ad allietarne i momenti di svago e gli eventi sociali, a condividerne l’ideologia e persino a farsi promotori di questa.