Capitolo 3: Prospettive alternative
3.1 Recuperare il concetto di “wetland”
Il termine wetland203 significa zona umida, vocabolo inglese che è stato introdotto ufficialmente nel 1971 all’interno della Convenzione di Ramsar (“Convenzione relativa alle zone umide di importanza internazionale, soprattutto come habitat di uccelli acquatici”), e recita quanto segue: “Le zone umide sono aree palustri, acquitrinose o morbose o comunque
specchi d’acqua, naturali o artificiali, permanenti o temporanei, con acqua ferma o corrente, dolce, salmastra o salata, compresi i tratti di mare in cui la profondità non superi i sei metri con la bassa marea”. Durante la Conferenza Internazionale a Ramsar, per la prima volta si
sottolineò l’importanza di salvaguardare e proteggere le zone umide visto il ruolo di fondamentale valore da loro ricoperto, soprattutto per quanto riguarda le innumerevoli funzioni svolte, tra cui: habitat per una vasta quantità di flora e fauna, in special modo per gli uccelli che nidificano in questi luoghi; regolazione del volume delle acque superficiali e della temperatura atmosferica, grazie alla capacità di assorbimento dell’anidride carbonica; fitodepurazione e miglioramento della qualità delle acque.
La considerazione rivolta alle zone umide non è sempre stata così favorevole, anzi, durante il corso del tempo fino al XX secolo, sono state soggette ad una visione particolarmente negativa204, legata all’idea di morte, oscurità, malattia e corruzione. Nella mentalità popolare erano viste come luoghi esalanti miasmi mortali, inospitali, disorientanti e ricoperti da acque buie in cui non si riuscivano ad intravedere le creature che vivevano all’interno, tanto che spesso questa caratterizzazione risulta essere presente anche nelle opere letterarie e cinematografiche, in cui emergono dalle profondità delle lagune e delle paludi mostri con sembianze anfibie.
In realtà, le zone umide rappresentano degli spazi che possono essere molto attrattivi per i turisti, soprattutto per coloro che ricercano il contatto diretto con la natura205. Sono molte le tipologie di turismo che possono essere praticate, anche se in genere sono tutte accomunate dall’appartenenza alla forma dello slow tourism, che prevede il totale rispetto per l’ambiente e la produzione del minor impatto possibile. Si possono, quindi, fare delle escursioni e passeggiate nei pressi delle zone umide, andare in canoa o kayak per esplorare l’area più da
Cavallo F. L. (a cura di), Wetlandia. Tradizioni, valori, turismo nelle zone umide italiane, Cedam, Padova, 203
2014, pp.1-3; https://www.minambiente.it/pagina/zone-umide-di-importanza-internazionale-ai-sensi-della- convenzione-di-ramsar
Cavallo F. L. (a cura di), cit., pp. 3-9 204
Cavallo F. L. (a cura di), cit., pp. VIII-XIII, 13-16 205
vicino, scoprire le tradizioni e la storia locale, o praticare le attività di pescaturismo e ittiturismo.
Nel territorio del Veneto Orientale, tra i fiumi Piave e Tagliamento, sono presenti numerose zone umide, che verranno di seguito descritte.
Tra la foce del Piave ed Eraclea Mare si trova la Laguna del Mort206, uno specchio d’acqua che si estende per circa 125 ettari, formatosi nel 1935 in seguito allo straripamento del Piave e rimasto separato dal mare da una lingua di terra sabbiosa. Si tratta di una laguna con bassi fondali e acqua salata, collegata con una piccola apertura al mare aperto da cui ne riceve il ricambio continuo. L’ambiente è ricco di vegetazione, infatti è circondata da alcune parti prominenti della pineta di Eraclea e da zone boschive. Oltretutto, è stata registrata come area SIC (Sito di Importanza Comunitaria) grazie alla notevole abbondanza faunistica che ospita, tra cui varie tipologie di molluschi e crostacei, come vongole, ostriche, cannolicchi, mitili e granchi; differenti varietà di pesci, ad esempio il cefalo, la passera e la sogliola; infine, è presente una grande ricchezza di avifauna che attraversa questo posto durante le migrazioni e nidifica nelle sue vicinanze, tra cui si possono citare lo svasso, l’alzavola, il germano reale e il trampoliere. In questo luogo incontaminato i turisti possono rilassarsi andando a piedi o in bicicletta per esplorare le ricchezze della laguna, oppure possono godersi il sole lungo la spiaggia che la separa dal mare, la quale nel 2003 è stata inserita nella classifica delle “11 Spiagge più Belle d’Italia” da parte di Legambiente. Inoltre, dal 2011 è stata istituita lungo le sue sponde anche la spiaggia naturista e per questo motivo sono sorte durante gli anni numerose polemiche.
Le lagune di Caorle e Bibione207 sono costituite da un intreccio di canali e valli, unici superstiti dell’antico sistema lagunare che si snodava lungo tutto il litorale veneto. Si tratta di estesi specchi d’acqua con un basso livello di salinità, circondati da una ricca vegetazione formata sia da alberi ad alto fusto e arbusti, sia da distese di canneto.
Nel comune di Caorle208 le valli sono collocate tutte lungo il canale Nicesolo, da cui traggono le proprie acque, e possono essere elencate in ordine dall’interno verso l’esterno: Valle Zignago (377 ettari), Valle Perera (110 ettari), Valle Grande conosciuta anche come Valle Franchetti (220 ettari), e Valle Nova (350 ettari). Nel comune di Bibione sono presenti due bacini, denominati Vallegrande e Vallesina, i quali occupano in totale una superficie di 320
Bondesan A., Levorato C. (a cura di), I geositi della Provincia di Venezia, Servizio Geologico e Difesa del 206
Suolo, SIGEA, Venezia, 2008, pp. 53-57; Pavan L., Ortoncelli L. (a cura di), Terre delle Venezia Orientale. Guida
turistica e culturale, Ediciclo Editore, Portogruaro, 2007, pp. 52, 53; https://www.vegal.net/catalogo/web/allegati/
natura.pdf; Krüger R., Castelli L., Le lagune del Veneto Orientale. Itinerari in bicicletta nel paesaggio lagunare
veneto, Ediciclo Editore, Portogruaro, 2008, pp. 187-189; http://www.eraclea.us/laguna-del-mort-isola-jesolo.html
Regione del Veneto, Le zone umide del Veneto, Carlo Delfino editore & C., Venezia, 2005, p. 40; Marcolin C., 207
Simonella I., Zanetti M., Le lagune del Veneto Orientale, Ediciclo Editore, Portogruaro, 2004, p. 54 Marcolin C., Simonella I., Zanetti M., cit., pp. 53-64
ettari. Tutte queste zone umide209 sono state riconosciute come aree SIC e ZPS, grazie alla loro enorme ricchezza di flora, rappresentata dalla rigogliosa vegetazione che si estende sulle barene e nelle vicinanze, e di fauna, costituita soprattutto da un gran numero di uccelli che sostano in questi luoghi durante le migrazioni o si fermano per nidificare, tra questi si possono citare: lo svasso maggiore, l’airone rosso, la poiana, il pendolino, il cormorano e il cigno reale. Inoltre, tutte le valli sono utilizzate per la pratica della vallicoltura e della caccia. L’uso di queste zone come valli da pesca risale al periodo romano e continua ancora oggi con l’allevamento di cefali, branzini, anguille e orate, attraverso lo sfruttamento dei cicli migratori dei pesci. Infatti, durante la primavera i pesci entrano nelle lagune per trovare nutrimento; successivamente, nel periodo autunnale ripartono per tornare verso il mare a scopo riproduttivo, ed è proprio in questo momento che avviene la cattura. L’attività di caccia, invece, viene praticata solo a livello amatoriale con la possibilità di catturare solo alcune specie preselezionate, anche se ultimamente sta diminuendo sempre più il numero di coloro che ne sono interessati.
Ulteriore area di elevata importanza naturalistica è l’isola litoranea di Vallevecchia210, la quale si estende per 900 ettari tra Porto Falconera e Porto Baseleghe. Si tratta della località balneare con il maggiore livello di naturalità e priva di urbanizzazione della Provincia di Venezia, infatti, successivamente alla bonifica avvenuta negli anni Settanta, si è deciso di attuare degli interventi di riqualificazione ambientale, ad esempio la creazione di nuove pinete, l’allagamento di bacini e zone umide per la fitodepurazione, la realizzazione di siepi e canneti. Tutto ciò ha portato anche al ripopolamento della zona da parte di molte specie di uccelli, che possono essere osservati dai visitatori grazie all’attività di birdwatching.
Dal punto di vista turistico211, le valli non sono direttamente accessibili dato che sono proprietà di privati, ma possono essere esplorate grazie alle escursioni che vengono svolte lungo le strade perimetrali. I turisti, oltretutto, possono essere accompagnati da guide specializzate durante gli itinerari che si realizzano a piedi o in bicicletta, per godere delle bellezze paesaggistiche del luogo sia per quanto riguarda la flora, sia la fauna. Sono presenti varie proposte di percorsi ciclabili212:
https://www.vegal.net/index.php?area=3&menu=98&page=250&lingua=4; Regione del Veneto, cit., pp. 40, 42; 209
http://www.bonificavenetorientale.it/assets/Uploads/VENETO-Deliverable-322-Scientific-Description-ITfinal2.pdf; Krüger R., Castelli L., cit., pp. 207, 208
Marcolin C., Simonella I., Zanetti M., cit., pp. 23, 49, 50, 138; Regione del Veneto, cit., pp. 44-46; Krüger R., 210
Castelli L., cit., pp. 205, 206
Regione del Veneto, cit., pp. 42-44 211
http://www.parcolagunare.it/visita-il-territorio/itinerari/ 212
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Itinerario Caorle - Falconera (Fig. 16): si parte dal centro di Caorle per percorrere in totale circa 10 km lungo un tragitto circolare, che attraversa il lungomare fino a Porto Falconera, successivamente segue l’argine del canale Nicesolo e infine ritorna verso la città balneare procedendo lungo il canale Saetta;Figura 16: Itinerario Caorle-Falconera
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Itinerario Caorle - Brussa (Fig. 17): si tratta di un percorso abbastanza lungo, circa 25 km, che prevede due piccoli tragitti circolari, il primo all’interno di Vallevecchia e il secondo lungo le sponde di Valle Nova, per poi proseguire vicino al canale degli Alberoni e ritornare infine al punto di partenza;Figura 17: Itinerario Caorle-Brussa
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Itinerario Caorle - Valle Rotelle (Fig. 18): è lungo 19 km e parte dalla località di Castello di Brussa, per poi proseguire lungo i margini di Valle Perera fino ad arrivare a Valle Rotelle costeggiando il Canale degli Alberoni, infine ritorna al punto iniziale proseguendo lungo il canale dei Lovi;Figura 18: Itinerario Caorle-Valle Rotelle
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Itinerario Bibione - Vallegrande (Fig. 19): è un percorso di 23 km che parte dal ponte di accesso a Bibione da cui si prosegue costeggiando le lagune di Vallegrande e Vallesina, in seguito si percorre la linea del litorale fino a raggiungere la foce del Tagliamento e infine rientrare;Figura 19: Itinerario Bibione-Vallegrande
Fonte: http://www.parcolagunare.it/visita-il-territorio/itinerari/
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Itinerario Vallevecchia (Fig. 20): si tratta di un tragitto ad anello di 12 km che parte dal ponte che collega l’isola alla terraferma e in seguito la costeggia lungo tutta la lunghezza, cosa che permette di ammirare il paesaggio naturale e l’avifauna locale. Inoltre, si può cogliere l’occasione per visitare il MAV Museo Ambientale di Vallevecchia213, istituito nel 2008 all’interno di un antico essiccatoio. Grazie a diorami, pannelli esplicativi, plastici e postazioni interattive, i visitatori possono conoscere più approfonditamente il territorio lagunare sotto l’aspetto storico, naturalistico e produttivo. Si tratta di un luogo di particolare interesse anche per il turismo didattico, data la presenza di laboratori e della ricostruzione di un casone, che fornisce la possibilità di vedere più da vicino il modo di vivere della popolazione locale.Regione del Veneto, cit., pp. 46, 47 213
Figura 20: Itinerario Vallevecchia
Fonte: http://www.parcolagunare.it/visita-il-territorio/itinerari/
Le lagune di Caorle e Bibione sono visitabili anche via acqua spostandosi con l’uso di imbarcazioni a remi o della canoa. Anche in questo caso, possono essere suggeriti dei percorsi navigabili ai visitatori214, ad esempio si può citare il tragitto di 10 km lungo il canale Nicesolo con partenza da Porto Falconera (Fig. 21), durante il quale si costeggia Valle Nova e si segue esattamente il percorso che faceva lo scrittore Ernest Hemingway, nel secolo scorso, durante le battute di caccia assieme al barone Franchetti.
http://www.parcolagunare.it/visita-il-territorio/itinerari/ 214
Figura 21: Itinerario navigabile lungo il canale Nicesolo
Fonte: http://www.parcolagunare.it/visita-il-territorio/itinerari/
Un altro elemento di notevole interesse turistico sono i casoni215, ossia le abitazioni stagionali dei pescatori durante il periodo della pesca nelle valli. Solitamente, possedevano una pianta di forma ellittica con il tetto spiovente fino a terra e venivano costruiti con i materiali tipici dell’ambiente lagunare: canna palustre per il tetto, pali di legno per la struttura portante e rami di salice per tenere unite le varie parti. All’interno, il pavimento era in terra battuta e al centro della stanza si ergeva un focolare in mattoni, inoltre era presente anche
Pavan L., Ortoncelli L. (a cura di), cit., pp. 80, 81; https://www.parcolagunare.it/visita-il-territorio/i-casoni/; 215
un soppalco dove i pescatori riposavano durante la notte. Nelle vicinanze del casone venivano costruite anche altre strutture, come la cavana per ormeggiare le barche, le buche per mantenere vivo il pesce, un deposito per gli attrezzi, un orto e uno spazio per stendere le reti da pesca. Attualmente, nelle lagune di Caorle e Bibione sono ancora presenti degli esemplari di casoni sparsi lungo i canali e gli specchi d’acqua. Le località che li ospitano sono (Fig. 22): Bocca di Volta; gli argini del canale Nicesolo fino a Porto Falconera; le estremità orientale e occidentale dell’isola di Vallevecchia; la Palude delle Zumelle e lungo il canale dei Lovi; il punto di confluenza del canale Lugugnana con la laguna di Vallegrande. L’unico gruppo di casoni visitabili216 si trova presso l’Isola dei Pescatori affacciata sul canale Nicesolo. I turisti possono raggiungerli in bicicletta o a piedi lungo un breve itinerario, al termine del quale si troveranno immersi in un tipico villaggio lagunare, dove è possibile ammirali esternamente o vedere le stanze interne del cosiddetto “Casone Originale”, l’unico aperto al pubblico. Purtroppo, ultimamente sono sorti alcuni problemi, dato che spesso i casoni vengono lasciati in stato di degrado e abbandono a causa della noncuranza dei discendenti a cui appartengono, oppure viene rovinata la loro originalità trasformandoli in modo troppo moderno per soddisfare le esigenze attuali, causando così la diminuzione del grado di attrattività turistica.
Tra le zone umide del Veneto Orientale sono compresi anche i Laghi di Cinto Caomaggiore217, ossia delle cave di ghiaia che sono state allagate per ripristinare l’ambiente naturale precedentemente modificato dall’uomo. Si tratta di un’area di 40 ettari costituita da quattro specchi d’acqua, denominati Lago Secco, Lago Acco, Lago Premarine e Lago Azzurro, i quali fanno parte del “Parco Regionale dei fiumi Reghena, Lemene e dei laghi di Cinto” riconosciuti come area SIC e ZPS, vista la rigogliosa vegetazione che cresce sulle loro sponde, così come la ricchezza di fauna acquatica e uccelli che ospitano.
http://www.ilalby.com/alla-scoperta-dei-casoni-di-caorle; Franzin R. (a cura di), Casoni dalle lagune di Caorle 216
e Bibione a Cavarzere, Ediciclo Editore, Portogruaro, 2004, pp. 145-158, 163-166
Pavan L., Ortoncelli L. (a cura di), cit., p. 92; http://www.veneziabike.it/perc_pdf/Reghena_Lemene.pdf 217
Figura 22: Mappa della localizzazione dei casoni nelle lagune di Caorle e Bibione
Fonte: Marcolin C., Simonella I., Zanetti M., Le lagune del Veneto Orientale, Ediciclo Editore, Portogruaro, 2004, p. 117