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Il recupero della reputazione »

Capitolo 2: La reputazione e il recupero del brand »

2.4 Il recupero della reputazione »

Strategie per salvaguardare la reputazione durante la crisi

Salvaguardare la reputazione aziendale e mantenere inalterata la predisposizione del pubblico verso l’organizzazione, e quindi fare in modo che i suoi comportamenti d’acquisto non subiscano modificazioni, sono le priorità assolute per limitare l’impatto dell’evento sull’azienda. Nel capitolo precedente avevo descritto le linee guida generali da seguire per effettuare una comunicazione ottimale nei momenti di crisi, adesso entrerò più nel dettaglio descrivendo una ad una le strategie comunicative possibili di un’azienda per proteggere questo importante asset intangibile. Vediamo quali:

Attaccare l’accusatore: è la più diffusa soprattutto tra le aziende che non si

sono preparate accuratamente a gestire la crisi, ma sicuramente non è la più

24 Australia, Brasile, Canada, Cina, Francia, Germania, Giappone, India, Italia, Messico, Regno Unito,

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efficace. Chi gestisce la comunicazione di crisi sceglie di scagliarsi contro il soggetto o i soggetti che mettono in discussione l’azienda. Con l’avvento del

web 2.0 questa strategia ha mostrato tutti i propri limiti perché disallineata

con le tendenze del mondo della rete: si attiverà quasi immediatamente in tutti i blog e gli spazi di discussione un processo di solidarietà ed empatia a favore delle vittime contro l’organizzazione. Questa strategia genera più problemi che benefici e moltiplica le risorse che l’azienda dovrà impiegare per superare la crisi presidiando il web con un estenuante controllo dell’attività di blogger e forum, social network e quotidiani online; in queste situazioni il rischio di perdere il controllo della situazione e di causare un danno di credibilità e reputazione maggiore rispetto al solo evento è molto elevato.

Negare la crisi: tale strategia potrebbe funzionare in caso di crisi circoscritte e solo per limitare i danni nei primi momenti successivi al verificarsi dell’evento scatenante, ma il rischio resta comunque molto elevato poiché è raro che l’organizzazione riesca a stimare con precisione il proprio grado di coinvolgimento.

Escludere proprie colpe: i portavoce in questo caso addossano le responsabilità a entità o persone esterne. Semplice e debole come risposta, potrebbe essere utile ad allentare la pressione, coinvolgendo e attirando l’attenzione all’esterno, se integrata con altre strategie.

Porre l’accento sulla “non intenzionalità” o “l’impossibilità di impedire la crisi”: anche questa strategia può essere utile, se concertata con altre, ad

allentare la pressione; fondamentale è non perdere di vista la richiesta da parte dei media e delle autorità di un’assunzione delle responsabilità.

Minimizzare l’entità del danno: si potrebbe ricordare agli stakeholder i

successi recenti e la storia positiva dell’azienda, attenuando così l’impressione negativa. Al pari di altre reazioni è utile ma non esaustiva, soprattutto perché sposta il focus della discussione, ma non esaurisce il tema della crisi, che potrebbe addirittura essere ulteriormente rafforzato.

Assumersi immediatamente le proprie responsabilità: insieme alle pubbliche scuse, impegnandosi inoltre a evitare il ripetersi di crisi simili e mettendo in atto tutte le azioni concrete necessarie affinché questo avvenga. Anche se

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potrebbe sembrare un riconoscimento della sconfitta da parte dei dirigenti, in realtà, con l’avvento del web 2.0 e attraverso l’elevato grado di partecipazione degli utenti ai dibattiti d’interesse pubblico, paradossalmente negli ultimi anni questa è stata la strategia più profittevole per le aziende. Le scuse non condizionate smorzano le polemiche spuntando le armi ai giornalisti, preservano la reputazione aziendale e riducono le richieste di risarcimento. Molti interlocutori apprezzano quest’atteggiamento e, non sentendosi sfidati o coinvolti in uno scontro, rinunciano alla richiesta dei danni. Allo stesso tempo l’azienda può tentare di coinvolgere gli stakeholder, ovvero un’integrazione proattiva, con un appello ad aiutare l’organizzazione a superare questo momento di difficoltà.

Ma è importante sottolineare che bisogna saper chiedere scusa in modo efficace. Secondo Dov Seidman, esperto in corporate apologies, è importante saper chiedere scusa nel modo giusto per non ottenere l’effetto contrario.

Ecco alcuni consigli dell’esperto:

1. No alle scuse generiche

Le scuse devono essere sempre contestualizzate indicando gli errori commessi, a chi si rivolgono e i provvedimenti che si intende intraprendere per evitare di ricadere negli stessi errori.

2. No alle esagerazioni e alle sceneggiate

Nessuno crede alle sceneggiate. Giocare a scaricabarili o tirare in ballo situazioni esterne può essere controproducente perché si dimostrerebbe, in questo modo, che ci sono situazioni di ordinaria amministrazione che non si è capaci di fronteggiare adeguatamente.

3. L’onestà prima di tutto

Un errore va comunicato utilizzando il tono giusto. Occorre essere schietti, diretti, dimostrando piena consapevolezza di eventuali conseguenze e la volontà di voler rimediare attraverso una proposta concreta.

Sapersi scusare è importante anche nel mondo degli affari, e a scriverlo è “Fortune”. La ricerca effettuata dalla nota rivista americana ci mostra che il numero di scuse da parte di aziende è aumentato drasticamente negli ultimi dieci anni, semplicemente perché non riuscire ad ammettere un errore è uno dei modi più rapidi con il quale un amministratore delegato può mettere a repentaglio se stesso e la reputazione della propria azienda. Non sono solo su questo - l'81% degli americani afferma che le

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scuse pubbliche da parte di un CEO sarebbero considerate un passo positivo durante una crisi, dato che farsi carico degli errori commessi dall’impresa appartiene al loro ruolo.

A conferma di quanto detto in precedenza ho voluto riprendere i tratti salienti dell’intervista rilasciata da Luca Poma25 all’agenzia di stampa italiana Adnkronos ,

nella quale indica la CSR (o corporate social responsability) come una strategia molto utile per l’aziende che vogliono uscire da crisi reputazionali e ribadisce la fondamentale e non troppo scontata regola di chiedere scusa da parte dei manager ai propri stakeholder dopo eventi dannosi.

“La CSR è una chiave per uscire dalla crisi. Lo dice uno studio26 dell’università di

Harvard che ha monitorato 90 aziende che per 18 anni hanno promosso politiche di CSR e 90 che non lo hanno fatto. Il risultato è + 25% di valore in borsa in tutte quelle che si sono impegnate. Questo dimostra che la CSR è una chiave di sviluppo competitivo e incrocia molto la comunicazione di crisi”, perchè secondo Poma, “porci prima il problema di cosa può succedere di negativo ad un nostro stakeholder significa fare management preventivo di crisi”.

Ma come si esce da un danno reputazionale?

“Non esiste una ricetta valida per tutte le stagioni, ma ci sono delle regole base. La prima – e anche la più importante – è saper chiedere scusa. E’ confermato da molti studi scientifici e universitari che le aziende che si assumono le proprie responsabilità e si scusano nei confronti degli utenti e consumatori in maniera schietta e sincera sono anche quelle che recuperano prima il proprio valore”.

In secondo luogo, aggiunge Poma, “bisogna capire come fare affinché lo scenario di

crisi non si ripeta più e prendersi realmente cura dei danni che si sono causati nell’ambiente che ci circonda. Questo significa rifondere se si tratta di danni di carattere economico finanziario o comunque fare in mondo che l’evento negativo impatti il meno possibile sui nostri stakeholder”. Il problema, però, conclude

l’autore, è che “le aziende chiedono troppo poco scusa, anche perché gli avvocati le

consigliano male. Gli avvocati non sono comunicatori e dicono che non bisogna mai

25 Luca Poma è giornalista, scrittore e consulente nel settore della comunicazione digitale e della

sostenibilità ambientale. È professore a contratto in Relazioni Pubbliche all'Università LUMSA di Roma, e docente al Master di 1° livello in Sistemi sanitari e medicine tradizionali dell'Università di Milano Bicocca.

26 Ricerca di Robert Eccles, professore di Management Practice nell’Unità di Comportamento

organizzativo alla Harvard Business School, coadiuvato da “George Serafeim”, professore di Business

57 ammettere le proprie responsabilità. Non è vero. Un grande esempio di case histories di crisi in Italia è “Thyssen Krupp”, che ci dimostra come gli esiti giudiziari sono comunque terrificanti e sfavorevoli quando l’azienda non ha un approccio etico alla crisi che ha contribuito a generare.”

Quindi oltre al superamento del danno reputazionale, saper chiedere scusa rafforza il

brand, non è sinonimo di debolezza, ma di apertura e sensibilità ed è la

dimostrazione che dietro un’azienda ci sono delle persone in carne e ossa.

Il recupero della reputazione post-crisi

Una volta che il danno è fatto e la crisi è ormai conclusa, come ricostruire la reputazione di una qualsiasi azienda?

Ci vuole tempo, costanza e buona volontà. La reputazione è il risultato di un lungo e difficile lavoro di creazione e consolidamento del consenso attraverso una relazione con gli stakeholder. È quindi molto difficile costruirla, ma ancora di più lo è recuperare una credibilità persa a causa di un comportamento sbagliato. Perché ricucire una relazione con gli stakeholder che si sono sentiti traditi è sempre più difficile che costruirne una da zero.

Bisogna puntare su diversi fattori e impegnarsi a lungo. Vediamo quali:

 Carattere distintivo: un’azienda gode di una buona reputazione se possiede una posizione distintiva nella mente degli stakeholder. Per fare ciò bisogna incrociare strategia, una buona campagna di comunicazione e una serie di progetti nazionali e territoriali che ricuciano il rapporto con i pubblici di riferimento.

 Focalizzazione: è possibile guadagnarsi spazi di visibilità concentrandosi su un tema fondamentale, sviluppando la strategia e le proprie azioni su di esso.

 Coerenza: bisogna guadagnarsi la coerenza perduta, avendo tradito le aspettative degli stakeholder con il vostro comportamento. È fondamentale mantenere le promesse e rimanere coerenti con le dichiarazioni fatte.

 Identità: la storia, l’identità e la missione sono un tema che va rifinito tutti i giorni. Anche in questo caso ci vuole coerenza tra valori che vengono comunicati e le azioni fatte.

 Trasparenza: essere trasparenti, dire quello che si sa essere vero e comportarsi di conseguenza vale per le persone come per le aziende.

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In questo modo verranno messe le basi per essere ritenuti ancora una volta credibili agli occhi degli stakeholder. Il passaggio successivo è la costruzione di una strategia integrata di azioni nei confronti dei propri stakeholder di riferimento che permetta di recuperare il bagaglio di reputazione perduta e tornare nelle percezioni e comportamenti di acquisto dei consumatori come “quell’azienda di cui ci si può fidare”.

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