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3. Risultati empirici

3.2 Red Bull

3.2.3 Red Bull “contro”

Riallacciandoci per un momento alla teoria, abbiamo visto come la definizione della propria self image, con particolare riferimento al’orgoglio ed all’autostima, possa essere intrapresa anche attraverso comportamenti di rifiuto di marche o prodotti che rappresentano un’identità negativa ed indesiderata.

I significati simbolici delle marche/prodotti sono spesso riconducibili all’immagine di coloro che ne fruiscono, i quali, in ambito puramente dislike, fungono da ancora negativa di riferimento per il consumatore.

X9 (f Red Bull). “È per qualcuno che non ha identità, per qualcuno che vuole

uscire dalla realtà che ha oppure che pensa che Red Bull sia in grado di dargli l’energia che in realtà uno non ha [..] Red Bull mi da l’idea del bamboccio che non sa neanche cosa sta bevendo e butta giù quella roba soltanto perché vuole essere più sfrontato o più eccitato.

Questo in realtà è uno dei casi più classici di stereotipo negativo (Jagger, 1998. p.5). Il rifiuto di Red Bull da parte di X9 è profondamente radicato nel giudizio sprezzante espresso nei confronti di un determinato gruppo di persone dal quale il nostro candidato vuole essere distinto ed escluso. Anche X1 esprime la sua avversione nei confronti del brand in linea al proprio desiderio di creare un proprio sense of the self attraverso determinati comportamenti di consumo.

X1 (m Red Bull). “È per persone che si fanno un po’ prendere dalle mode [..]Io ad

esempio ho assaggiato vodka alla fragola e red bull e la vedo molto per i classici ragazzini omologati”.

X1 enfatizza a tal proposito il tentativo intrapreso da Red Bull di imporre preferenze e stili al mercato, delineandosi come un autentico consumatore postmoderno capace di giocare in maniera creativa con i vari simboli delle marche. Così come sostenuto da Thompson e Haytko (1997, 35), gli atteggiamenti critici nei confronti della conformità e delle tecniche manipolative intraprese dai marketers, aiutano ciascun consumatore ad uscire dalla “prigionia” di passivo trend follower ed a divenire attivo artefice del proprio stile personale.

Un altro importante fattore di dislike è sicuramente quello riferito al prodotto stesso. A questo livello, Red Bull è stato criticato per le più svariate ragioni, a partire dal sapore stesso che ha causato le più accese reazioni, fino ad arrivare al fallimento della promessa costantemente reclamizzata dal brand.

X10 (m Red Bull) “[..] è un trabiccolo chimico che ha un sapore di un chewing gum

sciolto [..]mi fa schifo.”

X1 (m Red Bull) “secondo me sa di antibiotico [..] e a me fa schifo[..]La associo a

qualcosa proprio di chimico, anche per lo stesso sapore!”

X5 (m, Red Bull). “[..] una lattina intera non la puoi bere, stucca troppo…È

veramente troppo troppo dolce!!”

Trattandosi di prodotto alimentare è evidente che il primo elemento qualificante di Red Bull sia quello relativo al sapore stesso della bevanda. Nel nostro caso X10, X1 e X5

hanno evidenziato quello che a loro modo di vedere è il grande difetto della marca: il gusto. I toni dei rispettivi giudizi sono piuttosto intensi ed il disgusto in quanto tale rappresenta il primo fattore fondamentale per la repulsione del brand. X1 solleva alcune interessanti perplessità anche sulla grafica del packaging.

X1 (m Red Bull). “Io la lattina di Red Bull la associo ad una bottiglietta d’olio di

quelle da motorino!!! Per me non è una bevanda…!!!”

In questa circostanza anche la componente estetica/accessoria del prodotto contribuisce ad alimentare un certo scetticismo e sospetto nei confronti di una bevanda dal gusto piuttosto ambiguo e controverso.

Sempre a livello di prodotto, un ulteriore elemento di dislike è quello riferito ai problemi di performance relativi al mantenimento della promessa effettuata.

X9 (f Red Bull). “L’ho bevuta prima di una partita di basket [..] ma effetti zero!”

X8 (m Red Bull). “L’ho bevuta mentre ero in bici sulla via di casa.. Effetti zero

comunque”

X1 (m Red Bull) “[..] onestamente non mi ha fatto nemmeno un grande effetto [..]”.

In tutti e tre i casi l’avversione alla marca dipende dal fallimento del brand nel mantenere la propria promessa. A differenza di quanto affermato da Fournier (1998) che parla di deterioramento della relazione brand consumatore dovuta ai cosiddetti dyadic stress factors, nella nostra fattispecie non parliamo di una vera e propria partnership marca – consumatore, ed il livello di dislike va a riferirsi ad aspetti funzionali e strumentali che non fanno altro che incrementare lo scetticismo dei confronti dell’Energy drink Red Bull.

Neanche all’immagine dell’azienda vengono risparmiate critiche feroci. A livello corporate infatti risulta piuttosto evidente una comune linea critica, etichettabile in termini puramente ideologici (Murray e Ozanne 1995), per la quale i consumatori non sono necessariamente chiamati a sperimentare esperienze dirette negative per maturare un sentimento ostile, bensì si preoccupano dei comportamenti sleali in senso lato intrapresi dal managment. Sulla base dei diversi contributi notiamo come molti dei nostri intervistati

puntino il dito verso le sostanze utilizzate per la realizzazione del prodotto, rimproverando all’azienda di nascondere e camuffare gli ingredienti all’insaputa del consumatore.

X10 (m Red Bull). “ci dovrebbe essere qualità, la sicurezza che si tratti di un

prodotto genuino, una tabella di ingredienti che non sembri una targa perché lì è tutto così…E116 tutti coloranti additivi agenti chimici dolcificanti.. è un intruglio!”

Come ben evidenziato da X10 i consumatori riconoscono come le grosse aziende siano solite trascurare l’importanza della propria salute e delle propria sicurezza, talvolta omettendo persino il loro dovere di informarli in maniera chiara ed adeguata circa la natura stessa del prodotto. Una condotta del genere aumenta senza dubbio la sfiducia nei confronti delle maggiori multinazionali sempre meno indirizzate, a loro modo di vedere, a fare l’interesse dei propri clienti.

X1 (m Red Bull). “Come tutte le multinazionali è un’azienda potente forte che vedi

ovunque [..] però non mi ha mai stimolato, l’ho sempre vista come una società grossa per il contorno ma scadente nel prodotto.”

X10 (m Red Bull). “Criminali!! È una trovata per far soldi e basta!”

In generale queste grosse società non sono considerate affidabili ed i soggetti dichiarano di non fidarsi affatto di esse per la loro abitudine ad infrangere norme etiche o addirittura scritte come ci suggerisce anche X4.

X4 (f Red Bull). “Penso che abbiano fatto parecchie brutte figure [..] per esempio

alle Olimpiadi: loro non volevano entrare come sponsor perché sono alternativi e non vogliono abbassarsi a pagare per farsi vedere..Però volevano esserci comunque e gli altri sponsor che hanno pagato fior di quattrini per esserci come ad esempio Coca Cola, gliel’hanno voluta far pagare!!Red Bull ha pagato fior di milioni di multe!”.

È giusto infine osservare come la ripulsione nei confronti del brand Red Bull venga in parte generata anche da un uso inappropriato delle pratiche di marketing in particolar modo della pubblicità. Come già abbiamo avuto modo di constatare nella parte teorica, molto spesso i consumatori sono soliti intraprendere azioni di anti brand equity (Dobscha

1997; Dobscha e Ritson 1998): maggiori sono gli investimenti menti che vengono fatti per le campagne pubblicitarie sui mass media, maggiore è la disapprovazione nei confronti del marchio come mostrato da X2, X5 e X4.

X2 (m Red Bull). “Non mi piacciono per niente..Questa cosa di Red Bull che ti mette

le ali proprio non mi piace..A me non fa per niente ridere anzi mi da ai nervi..Poi la fanno in continuazione, bastaa!!

X5 (m Red Bull). “Ti bombardano con quella pubblicità!!”

X4 (f Red Bull). “sinceramente spero che si evolvano un po’..Quel cavolo di cartone

animato c’è da sempre e ha rotto anche un po’ le scatole!”.

Anche in questo caso può essere utile fornire uno snapshot dei cosiddetti punti deboli di Red Bull ( Tabella 2 ).

" Contro " Gusto Packaging Pubblicità Identità consumatore Effetti Qualità bevanda Azienda Tabella 2