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regemunt pigrique lacus ustaeque paludes: è la replica del paesaggio infernale al fragor delle armi di Anfiarao Il verbo, insolito

quality, the witnessing of which brings some kind of satisfaction and pleasure” (Theb 1 86 quod cupiam vidisse nefas) 105 a chi lo ha

17 regemunt pigrique lacus ustaeque paludes: è la replica del paesaggio infernale al fragor delle armi di Anfiarao Il verbo, insolito

(prima solo in Culex 386, Theb. 5. 389), suggerisce attraverso il prefisso intensivo sia un'azione ripetuta (Brachet 1999, 194ss.; Haverling 2000, 360ss.; il “gemito” dei fiumi rimanda al fluire e refluire indolente delle acque e al fruscio che ne deriva) sia, soprattutto, l'amplificazione del suono nel paesaggio circostante, un elemento di tecnica alessandrina per il quale vedi Gruzelier 1993, 197; Theb. 3. 120 plangoribus arva reclamant: i campi ri-echeggiano il pianto dei Tebani; per l'eco prodotta, in particolare, dal frastuono delle armi, vedi Luc. Bell. Civ. 7. 480s.

Pangaeaque saxa resultant / Oetaeaque gemunt rupes; ... , excepit resonis

clamorem vallibus Haemus / Peliacisque dedit rursus geminare cavernis. Qui, poi, l'eco del paesaggio si associa alla “pathetic fallacy” (attribuzione di sentimenti ed emozioni agli oggetti inanimati: vedi Williams a Verg.

Aen. 3. 672ss.; Fitch 2004 II. 10), molto gradita a Stazio (vedi Smolenaars a Theb. 7. 65), assimilando la risposta del paesaggio alle reazioni emotivamente connotate che caratterizzano l'intera scena; sul terrore del paesaggio animato vedi la nota di Micozzi a Theb. 4. 57-8. Il verbo, infine, suggerisce l'idea che il rumore delle acque amplifichi i gemiti dei defunti raccolti sulle rive in attesa di essere traghettati. L'accenno ai fiumi infernali è comune alle descrizioni dell'Oltretomba (vedi Verg.

ricorre in Seneca in maniera quasi ossessiva, vedi HF 554, 686; Thy. 665;

Oed. 547; Töchterle a Sen. Oed. 545-47; per le acque del Flegetonte “onomasticamente” ardenti, vedi nota a v. 29, poi Theb. 4. 523 atra vadis

Phlegeton incendia volvit, e l'estesa descrizione del fiume in Sil. Pun. 13. 563ss.

18s. fremit sulcator ... / dissiluisse: l'intrusione del vate indispettisce Caronte. sulcator si trova, prima di Stazio, in Luc. Bell. Civ. 4. 587s.

Bagrada lentus agit siccae sulcator harenae (il fiume Bagrada); vedi anche Sil. Pun. 7. 363 sulcator navita ponti, ma l'uso per Caronte è invenzione staziana, che si ripete a Theb. 11. 588, per il quale vedi Venini ad loc.

fremere, originariamente intransitivo, passa a reggere l'accusativo sul modello di oro (LHS II. 32, TLL 6. 1283, 81ss.); la costruzione con la dichiarativa è prevalentemente prosastica (vedi Cic. ad Att. 2. 7. 3; Liv. 2. 23. 2; 3. 56. 7), ma vedi Val. Fl. Arg. 4. 234 ore renidenti lustrans obit et

fremit ausum (Langen: fremit [eum] ausum [esse], ma vedi l'uso di fremo transitivo in Val. Fl. Arg. 5. 523s. et nunc ausa viri, nunc – heu – sua prodita

Grais / regna fremit; Sil. Pun. 10. 387 dumque ea Mago fremit cauto non

credita fratri). In generale, per il verbo, il senso di “infuriarsi, adirarsi” prevale con i singoli individui, mentre l'idea di indignazione è più comune nelle rappresentazioni collettive: qui, comunque, il punto è che l'iraconda ostilità del nocchiero (per la quale vedi Norden a Verg. Aen. 6. 384ss.; Austin a Verg. Aen. 6. 384-416; Sen. HF 762ss.) si riduce a un muto fremito, (Vessey 1986, 2981s.: “a roar within”) che accenna al disappunto convenzionale e atteso in seguito all'arrivo prodigioso del vate, ma qui privo di ricadute sull'azione. Per la sostituzione di Ade a Caronte nella funzione di (tentata) censura, vedi introduzione, iv ss.

19s. dissiluisse ... / Tartara: tra i due termini principali della dichiarativa, separati da un forte iperbato, si interpone una seconda descrizione della voragine che ha inghiottito Anfiarao, novo ... hiatu (SB, “a strange yawning”), dove novus allude propriamente all'insolita modalità di ingresso nell'Ade del nuovo defunto (admissos ... Manes), ma anche al carattere inusuale dell'ennesima profanazione degli Inferi (OLD 1196, 9: novus=un evento noto che si ripete): un vivente è ammesso nell'Ade non per sua (scil. Carontis) flumina (20: i precedenti visitatori viventi dell'Ade sono, infatti, tutti traghettati da Caronte), ovvero limite

non licito (vedi 84s. e nota ad loc.) e non è destinato a fare ritorno sulla terra ma a rimanere nell'Oltretomba in qualità di defunto, vedi introduzione, vi ss.

21-30: Stazio rappresenta il “giudizio infernale” con i tratti plastici e definiti di una realizzazione figurativa. Al centro della scena si colloca

Dite nell'esercizio della funzione di giudice; il dio è circondato da personificazioni infernali, a ciascuna delle quali è attribuito un gesto o un'azione funzionale al completamento del “quadro”: nel complesso, “the picture is baroque” (Vessey 1973, 273). La descrizione dello scenario in cui si colloca l'azione divina è “un clichè caro a Stazio: clichè che a sua volta è in stretto rapporto col gusto, tipicamente staziano, della scena a spiccato rilievo” (Venini, 1961b, 384); la stessa tecnica di raffigurazione “a rilievo” è adoperata per la descrizione di Tisifone a Theb. 1. 88ss. e per l'arrivo trionfale di Dioniso a Theb. 4. 562ss. La descrizione dettagliata dello scenario infernale ha funzione di Steigerung (Micozzi 1998, 98; vedi anche Hardie 1990, 233 nota 47) e coincide con il punto di vista del personaggio che giunge per la prima volta in un luogo sconosciuto e inusitato (simile effetto per la rappresentazione delle dimore di Marte che si aprono agli occhi di Mercurio a Theb. 7. 34ss. e della casa del Sonno che appare a Iris a Theb. 10. 84ss.). Il quadro dell'ottavo libro corrisponde puntualmente alla visione dell'Oltretomba descritta da Manto a Theb. 4. 521ss.: per il rapporto fra le due scene e il carattere pittorico della rappresentazione, vedi introduzione, x ss. La cupa rappresentazione del giudizio infernale è propedeutica al “verbal display of antipathy” contenuto nell'invettiva del dio (Dominik 1994b, 33; per l'anticipazione “paesaggistica” dei contenuti di una scena, che rientra nella propensione epica alla chiarezza vedi Fitch a Sen. HF 662- 827; Liebermann 1974, 65ss.); anche il carattere collettivo della scena ha una funzione preparatoria, vedi Micozzi 1998 cit.

21 sedens media ... in arce: la posizione di Dite è quella del magistrato e del giudice (sedeo è verbo tecnico nel linguaggio giudiziario: vedi OLD 1724), associata fin da Omero all'immagine del giudizio infernale (vedi

Od. 11. 568ss. ἔνθ’ ἤτοι Μίνωα δον (… ) θεμιστεύοντα νέκυσσιν, /ἴ μενον; vedi anche Plat.

Gorg. 526 b-d ὁ δὲ Μίνος πισκοπ νἐ ῶ κάθηται), ed è anche la posizione del sovrano, espressione della regalità, sia divina (Theb. 1. 201ss.; Ov. Met. 1. 178; 2. 23ss.; Claud. DRP 1. 79ss. ipse [scil.

Dis] rudi fultus solio nigraque uerendus / maiestate sedet e Gruzelier ad loc. per il senso di “physical dominance over subjects”) che umana, vedi

Theb. 1. 525s. ipse (scil. Adrastus) superbis / fulgebat stratis solioque effultus

eburneo e il ritratto di Eteocle a Theb. 2. 385ss.; vedi anche Sen. Ag. 9s. hoc

sedent alti toro / quibus superba sceptra gestantur manu. Il ritratto di Dite in giudizio recepisce, nell'intersezione fra l'immagine del giudice e quella del sovrano terribile, il modello di Sen. HF 718ss.: vedi introduzione, xi s.

22 dux Erebi populos poscebat crimina vitae: il dio dei Morti passa implacabilmente in rassegna le anime appena giunte agli Inferi. dux

associa Dite alla rappresentazione negativa, propria della Tebaide e già senecana, dei sovrani terreni (vedi Barth: “Tirannum enim praescribit in Plutone”; introduzione, xii, nota 31-33), in particolare di Eteocle, vedi

Theb. 2. 656s.; 3. 96, 236ss.; Dominik 1994a, 150 n. 54: “the use of dux in the Statian corpus is not without its unfavourable implications”; vedi anche l'immagine di Claud. DRP 1. 32 dux Erebi quondam tumidas exarsit

in iras. populos indica, comunemente (Theb. 4. 528s., Ov. Met. 10. 14s.; Sen.

HF. 191 e Fitch ad loc.), la moltitudine dei defunti che eccede, per definizione, ogni misura. poscere crimina è una iunctura tecnica dell'oratoria giudiziaria (TLL 10. 2.1, 73, 57ss.; Cic. Planc. 48 posco… atque

flagito crimen): in poscere crimina vitae, Stazio riprende, appianandolo, il nesso con endiadi adoperato da Virgilio per descrivere la funzione giudicante di Minosse ad Aen. 6. 432s. ille (scil. Minos) silentum / ...

uitasque et crimina discit; vedi anche il ruolo di Dite in Sil. Pun. 13. 602

cognoscit crimina regum. L'impiego di vocaboli tecnici del linguaggio giudiziario in una scena infernale è presente già in Virgilio (vedi Norden a Verg. Aen. 6. 430ss.; Austin ibid. 431ss.) e Seneca (vedi Fitch a Sen. HF 731-734; Tarrant a Sen. Ag. 730). I crimina non sono le “malefatte” (SB: “misdeed”) commesse dagli uomini in vita, come se fossero già note agli Inferi; piuttosto, il termine va inteso nel senso di “charges”, “capi d’imputazione” (come suggerisce proprio il modello virgiliano, vedi Austin a Verg. Aen. 6. 433) su cui si baserà l'implacabile giudizio del dio. Stazio attribuisce chiaramente a Dite un ruolo attivo nel giudizio, sovrapponendo definitivamente il dio a Minosse del modello virgiliano e della visione di Manto (Theb. 4. 530s.): vedi introduzione, x s.

23 nil hominum miserans iratusque omnibus umbris: “the grim