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Regione di scaling a 2 per fermioni staggered

2.4 Effetti sistematici su reticolo e limite continuo

2.4.2 Regione di scaling a 2 per fermioni staggered

Dopo aver determinato con errore del percento il passo reticolare, é possibile procedere nell’estra- zione del limite continuo ripetendo le misure nelle stesse condizioni al variare della dimensione del reticolo. Dal momento che nelle simulazione utilizzeremo l’azione fermionica scritta in for- mulazione Staggered, si puó far uso del fatto che, per questa azione, gli effetti di cut-off sono almeno O(a2), (cosa non vera nel caso di fermioni alla Wilson per i quali gli effetti di cut-off sono O(a)). Possiamo assumere allora il seguente sviluppo per le osservabili su reticolo:

hO(a)i = Ocont+ c0· a2+ O(a4) (2.144) che a T fissata puó essere espresso in potenze di Nt−1= T · a.

Ci aspettiamo che per a abbastanza piccolo, siano rilevanti soltanto i primi due termini nella formula precedente.Quando questo succede si dice che siamo nella regione di scaling a2. L’idea é dunque di ripetere il calcolo avendo a disposizione almeno 3 reticoli con dimensioni temporali diverse fittando poi i risultati ottenuti con una funzione parabolica 2.144 e omettendo i termini di ordine a4 o superiore (si devono scegliere almeno 3 reticoli diversi perché due punti fittano sempre una retta con χ2= 0). E’ chiaro che esisterá una "dimensione temporale critica" Nt, al di sotto della quale cesseremo di essere nella regione di scaling a2. Un fit di tipo parabolico por- terá, in questo caso, a risultati inconsistenti dal momento che per questi reticoli gli artefatti sono ancora troppo importanti. In [13] sono riportati i valori della suscettivitá del condensato chirale

χψψ¯ , della pressione P e della suscettivitá strana χS, calcolate su reticoli con Nt= 4, 6, 8, 10 per

T ≈ 170M ev. Dalla figura (2.6), é chiaro che Nt= 4 é fuori dalla regione di scaling e non puó essere utilizzato per la determinazioni della osservabili fisiche.Sempre come riportato in [rif], le estrapolazioni al continuo ottenute utilizzando Nt= 6, 8, 10 e Nt= 8, 10, 12 danno invece risul- tati consistenti. Questa viene utilizzata solitamente come "golden rule" nell’estrazione del limite continuo. Si sceglieranno quindi almeno 3 reticoli con Nt > 4 ed un check della validitá della procedura puó essere fatta ripetendo il fit con funzioni polinomiali in N1

t di ordine maggiore di

Figura 2.5: Nella figura é mostrata la suscettivitá del condensato chirale, la suscettivitá strana e la pressione calcolati al variare di Nt.

Figura 2.6: Temperatura critica calcolata tramite il valore di picco delle osservabili precedenti

per Nt= 4, 6, 8, 10, 12. Il reticolo con passo reticolare maggiore (corrispondente a Nt= 4) porta

Capitolo 3

Termodinamica delle interazioni forti

Lo studio delle proprietá termodinamiche della QCD risulta essere, per molti aspetti, un pro- blema ancora aperto. I problemi di maggiore interesse, come giá accennato, sono legati allo studio delle condizioni di ripristino della simmetria chirale e del meccanismo di deconfinamento dei quark. In particolare, quelle che non sono state ancora chiarite, sono le caratteristiche di questi fenomeni. Si tratta di transizioni di fase vere e proprie? Se si di che ordine? Oppure il sistema non manifesta esattamente un comportamento critico (crossover)? L’obiettivo é quindi quello di esplorare il diagramma di fase della QCD al variare della temperatura e del potenziale chimico. Per inquadrare correttamente il problema, é necessario dapprima stabilire, seguendo uno schema generale, cosa sono le transizioni di fase e in particolare come possono essere legate alle simmetrie di un sistema.

3.1

Transizioni di fase

Secondo la classificazione piú diffusa (Ehrenfest) una transizione di fase é un punto singolare dell’energia libera F di un sistema. Una transizione é detta di grado i-esimo se F e le sue derivate rispetto ai parametri termodinamici sono continue fino all’ordine i − 1, mentre esiste una discontinuitá in qualche derivata i-esima. Sebbene questo schema sia stato molto utiliz- zato, risulta impreciso per alcuni aspetti. Innanzitutto la maggior parte delle transizioni di fase sono caratterizzate da divergenze (e non discontinuitá) nelle derivate dell’energia libera, ed inoltre , esistono particolari casi di transizione in cui F non é analitica pur essendo ben definite e continue tutte le sue derivate (ad esempio la transizione di Kosterlitz−Thouless nel modello XY in due dimensioni). Nella classificazione moderna, si distinguono invece due tipi di transizione. Diremo che una transizione di fase é discontinua se coinvolge un calore latente, al contrario diremo che é continua. Tipicamente in una transizione di fase continua esiste una scala di lunghezze, detta lunghezza di correlazione e indicata con ξ, divergente. In questo caso il sistema manifesta una peculiare proprietá, nota come invarianza di scala, che esprime il fatto che non essendoci una lunghezza intriseca finita, il sistema deve apparire identico (almeno per

quanto riguarda le proprietá macroscopiche) indipendentemente dalla scala di distanze a cui lo si osserva. Nelle figure (3.1 e 3.2) sono riportate, come esempio, le immagini della distribuzione spaziale di spin e della distribuzione spaziale dello spin medio su blocco, nel modello di Ising, per due temperature. Per T = Tc (alla transizione di fase) il sistema appare sostanzialmente immutato prima e dopo aver mediato, cosa che non accade nella seconda figura, dove il sistema é lontano dalla regione di transizione di fase. Questo fatto, ci dice che le proprietá macrosco- piche del sistema sono, in buona misura, indipendenti dalla sua struttura microscopica e la sua dinamica é determinata da caratteristiche molto generali come le simmetrie e la dimensione spaziale. E’ il fenomeno dell’universalitá.

Figura 3.1: Distribuzione spaziale di spin(a) e distribuzione spaziale del valor medio di spin su

blocco(b) nel modello di Ising per T = Tc.

Nella maggior parte dei casi, in una transizione di fase, é possibile inoltre individuare una quantitá, detta parametro d’ordine, identicamente nulla in una fase e diversa da zero nell’altra. Tipicamente, nelle transizioni di fase con rottura di simmetria, il parametro d’ordine vale 0 nella fase in cui la simmetria é realizzata esattamente. Nel modello di Ising, ad esempio, un buon parametro d’ordine é la media su reticolo del valore dello spin. L’utilizzo del parametro d’ordine ha molti vantaggi: viene utilizzato nelle simulazioni numeriche per identificare i parametri ter- modinamici per cui si ha una transizione oppure utilizzato per scrivere Lagrangiane effettive che descrivono il sistema nella regione di transizione, nella quale rappresenta l’unico grado di liber- tá rilevante. Quest’ultimo é il punto di vista utilizzato nella teoria delle transizioni di fase del second’ordine di Landau-Ginsburg, dove la Lagrangiana effettiva (detta di Landau-Ginsburg)

Figura 3.2: Analogo della figura precedente per T > Tc

é scritta come sviluppo in potenze, troncato a qualche ordine, del parametro d’ordine e delle sue derivate, ammettendo la presenza dei soli termini compatibili con le simmetrie dell’azione fondamentale. Altra proprietá importante dei sistemi vicini ad una transizione, é l’andamento a potenza delle osservabili termodinamiche. Considerando, ad esempio, un sistema in d dimensio- ni, che oltre alla temperature passiede un parametro termodinamico H di rottura di simmetria (come il campo magnetico nel modello di Ising), si definiscono gli esponenti critici (in lettere greche) tramite le seguenti leggi di scaling:

• per T ≈ Tc, C(T, H = 0) = −NT ∂T22F (T, H) H=0∝ |t| −α • per T ≈ Tc e T ≥ Tc, M (T, H = 0) = −N1 ∂H F (T, H) H=0∝ |t| −β • per T ≈ Tc, χ(T, H = 0) = −N1 2 ∂H2F (T, H) H=0∝ |t| −γ • per H ≈ 0, M (Tc, H) ∝ |t| 1 δ • per T ≈ Tc e H=0, G(xi, xj) = hσ(xi)σ(xj)i − hσ(xi)ihσ(xj)i ∝ 1/|xi− xj|2−d+η • per T ≈ Tc, ξ(T, H = 0) ∝ |t|−ν

dove σ(x) é l’operatore che nella Lagrangiana del sistema é accoppiato ad H (nel caso del mo- dello di Ising é lo spin). Sistemi molti diversi da loro condividono gli stessi esponenti critici, pertanto si dicono appartenenti alla stessa classe di universalitá. Un fatto interessante é presente nelle transizioni che avvengono senza rottura spontanea di simmetria. In questi casi, l’ordine o anche l’esistenza di una reale transizione di fase puó dipendere dai parametri del sistema. Analizziamo ad esempio il diagramma di fase per la transizione di fase vapore-liquido (3.3). In questo caso la transizione é discontinua per valori della pressione inferiore ad un valore critico Pc nel quale degenera in una transizione di fase del second’ordine (critical end-point).

Per valori di P > Pc, variando la temperatura il sistema passa da una fase all’altra, senza mani- festare un vero e proprio andamento critico, ma soltanto una rapida fluttuazione nelle grandezze termodinamiche.

Figura 3.3: Diagramma di fase per la transizione solido-liquido-gas. In figura sono mostrate, le linee pseudocritiche ottenute analizzando i valori di picco del calore specifico cp e ∂T∂ρ.

Quando succede questo si dice che siamo in presenza di un crossover o di un comportamento

pseudocritico. Ogni qual volta individuiamo in un diagramma di fase come quello vapore-liquido,

un ramo di transizioni di fase in cui il sistema passa dall’avere una transizione di fase disconti- nua ad un crossover ci aspettiamo la presenza di un punto critico. Questo é dovuto al fatto che muovendosi lungo la linea di transizioni del prim’ordine il calore latente gradualmente dimuisce fino a scomparire nella regione di crossover. Il punto in cui diventa esattamente zero é allora un punto critico. Mentre in una vera transizione di fase l’identificazione della temperatura critica

Tc tramite il valore al picco delle osservabili termodinamiche (calore specifico C, suscettivitá M,etc.) é univoca a causa delle precedenti relazioni di scaling, in un crossover la temperatura (pseudo)critica dipende dall’osservabile considerata.

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