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3. IL PROFILO DELLE VOCI E LA LORO RELAZIONE CON IL TRAUMA

3.2 Relazione tra trauma e voci

La ragione per cui viene cercata questa relazione è quella di voler aiutare l’uditore a dare un senso alle voci, cioè comprendere il significato che sta dietro a esse. La ricerca di questa relazione non è una ricerca a caso. Anche lo stesso Romme (2011) fa notare che in una sua indagine iniziata nel 1987 “circa il 70% di coloro che avevano compilato il questionario aveva avuto qualche esperienza traumatica che loro collegavano con l’udire le voci (Romme & Escher 1989, 1993)” (p. 27).

Sempre Romme (2011), menziona un lavoro di Ensink (1992, 1994), il quale “stabilì chiaramente lo stesso collegamento durante una ricerca su un gruppo di 100 donne (tutte pazienti) che avevano subito degli abusi” (Romme & Escher, 2011, idem).

Read et al. (2005) ha pubblicato una review su 180 studi concludendo in questo modo:

“I sintomi considerati indicativi di psicosi e schizofrenia, in particolar modo le allucinazioni, sono fortemente correlate all’abuso e alla trascuratezza infantile, così come per altri problemi di salute

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mentale. Studi recenti sulla popolazione su larga scala indicano che esiste una relazione causale” (Romme et al., 2009, p. 40).

Questa ricerca è stata approfondita dallo stesso Romme (2011) in uno studio in cui indagava sulla capacità degli uditori, pazienti e non, nel mettere in relazione alcuni eventi di vita con il primo manifestarsi delle voci. Ed è risultato anche questa volta che “un evento traumatico era una chiara stimolazione nella grande maggioranza dei pazienti e nella metà dei non pazienti” (Romme & Escher, 2011, p. 27).

Luber (2016) fa notare che ci sono tanti altri studi che indicano questa correlazione tra trauma e voci, come, ad esempio, una metanalisi di Varese et al. (2012) che ha mostrato come l’essere traumatizzati nell’infanzia triplichi quasi la probabilità di sviluppare una psicosi in età adulta; oppure, la metanalisi di Matheson et al. (2013) che ha mostrato come gli schizofrenici abbiano, rispetto a quelle persone con altri disturbi o quelle senza, una probabilità 3,6 volte superiore di aver subito un trauma importante nell’infanzia. E che quasi tutti gli studi, afferma Luber (2016), abbiano riscontrato che “più grave è il trauma più grande sarebbe il rischio di sviluppare una psicosi e peggiorare la prognosi” (p. 127).

Oltre agli studi già citati di Romme & Escher (1989,1993, 2011), è stato visto che “le allucinazioni uditive sono direttamente correlate a esperienze della vita in una minoranza significativa di persone che sentono le voci (Hardy et al. 2005; McCarty-Jones et al. 2012)” (Luber, 2016, p. 128).

In questo senso, è possibile, come sostiene Romme (2011), comprendere “il fenomeno psicotico […] in termini di storia di vita individuale” (p. 30).

Per lo stesso motivo Contini (2013) suggerisce un’indagine sulla “storicità” della vita dell’uditore e di ogni sua singola voce, non solo per il fatto che in questo modo, comprendendone il significato, l’uditore acquisirà “una maggiore consapevolezza sulla visione personale del proprio passato e del proprio presente” (p. 94), ma anche perché un’indagine sulla storia vissuta dall’uditore e vissuta con le voci “significa dare veridicità ad entrambi” (p. 169).

E per far ciò è necessario concedere all’uditore uno spazio nel quale potersi esprimere, mantenendo un atteggiamento mentale libero da qualunque pregiudizio, mostrando completa disponibilità ad accogliere qualunque informazione e mantenendo il presupposto secondo il quale ogni informazione fornita dall’uditore corrisponde a verità. Questo è il messaggio che deve passare fin dal primo colloquio.

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Il percorso di “affrontamento” comincia da tre colloqui, ognuno strutturato con una serie di domande volte ad aiutare l’uditore a parlare di sé e di come vive il proprio disagio.

L’ultimo di questi tre consiste appunto nella ricerca di un eventuale trauma, e per tale ragione questa ricerca dura sempre più di un colloquio, “dalle quattro alle dieci volte nell’arco di una durata anche di sei mesi” (Contini, 2013, p. 159).

Si fanno domande che indagano sulla relazione tra le voci ed eventuali traumi, per esempio:

“ . Quando hai sentito una voce per la prima volta dov’eri? . Cosa stavi facendo?

. Eri solo o eri in compagnia?

. Eri in un luogo aperto o in un luogo chiuso?

. Ricordi i rumori o le musiche o il vocio di alcune persone in sottofondo?

. Secondo te, per ciò che ricordi, vi è analogia tra ciò che stavi facendo e tra la voce emersa?

. Ripensando a quella giornata, ricordandola o cercandola di ricordare, qual è la spiegazione che ti dai ora del perché senti le voci?

. … poi cosa hai fatto dopo quel giorno? . Hai pensato di dirlo a qualcuno subito? . A chi avevi pensato?

. Che reazioni temevi?

. Che conseguenze vi sono state?” (Contini, 2013, p. 161).

Per aiutare l’uditore nell’indagine sulla storicità, Contini suggerisce di creare “l’asse della vita”, cioè un grafico nel quale vengono inseriti, in ordine cronologico, gli eventi di vita più significativi. Questo serve per il fatto che molto spesso “l’evoluzione di certi eventi viaggia parallelamente all’evoluzione di alcune voci” (Contini, 2013, p. 168).

La tipologia di eventi traumatici che potrebbero mostrare una relazione con alcune voci sono di vario tipo:

“ . violenze sessuali . delusioni d’amore . lutti

33 . ricoveri ospedalieri

. coma . abusi fisici

. violenza tra genitori . malattie congenite . crisi mistiche o religiose . nascita di fratelli . amori non corrisposti

. amori vissuti con forti emozioni positive . esperienza mistica altamente spirituale . fallimento lavorativo

. licenziamento . gratifica professionale

. eccesso di complimenti genitoriali . divorzio

. malattie di persone che amavano . uso di droghe

. aver assistito a una violenza . gravidanze desiderate o indesiderata

. aborti spontanei o terapeutici” (Contini, 2013, p. 168).

Escher (2009), fa un elenco di cosa riferiscono gli uditori circa la relazione tra le voci e la loro vita: “. Cosa ha fatto scattare le voci: un sentimento di minaccia, alti livelli di stress, un’esperienza d’abuso traumatizzante, trascuratezza emotiva, essere bullizzato, ecc.

. Cosa dicono le voci: fanno riferimento ad esperienze traumatiche e a difficoltà emotive, sentimenti di inutilità o di colpa.

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. Le caratteristiche delle voci, indicano una o più persone coinvolte nel trauma.

. Le differenti età delle voci, indicano i momenti diversi in cui si sono verificati i traumi.

. L’utilizzo delle voci: le voci possono essere una strategia di sopravvivenza oppure, in termini psicoterapici, un meccanismo di difesa contro emozioni soverchianti” (p.54-55).

Si deduce, da alcuni casi che Contini tratta nel suo libro “Una vita, due vite” (2019), che le voci emergono quattro o cinque anni dopo l’evento traumatico. Ci sono ricerche che mostrano che chi subisce un trauma in età precoce, è maggiormente a rischio di sviluppare psicosi nel corso di vita (vedi, Romme, 2011, p. 43; Luber, 2016, p.127; Fernyhough, p. 192, 2016). Un esempio citato da Contini, oltre al caso di Bea o del ragazzo bullizzato (Cfr., Casi di affrontamento), è il seguente: “Lara, dodici anni e mezzo, violentata dal nonno materno quando aveva dai tre ai cinque anni. A nove anni ha iniziato a subire bullismo e sono emerse le voci” (Contini, 2019, p. 94)

Anche se, come anche Romme fa notare (2011), ci sono i cosiddetti fattori scatenanti, cioè quelle emozioni o situazioni che hanno scatenato o aggravato i sintomi (come l’episodio di bullisimo subito da Lara). Questi fattori sono importanti da individuare in quanto in relazione con la storia di vita.

Inoltre, dice Contini (2019),“che se un ragazzino inizia a sentire delle voci, di numero compreso tra sette e dieci, appartenenti a persone giovani, con cinque o sei voci prevalenti che pronunciano determinati aggettivi denigratori, è facile che sia stato vittima di bullismo tra pari o coetanei alcuni anni prima” (p. 99).

Sempre Contini (2019), dice che sia possibile individuare il tipo di trauma o disagio vissuto, in base alle caratteristiche delle voci e non solo sul contenuto, che molto spesso è difficile fare ripetere all’uditore, perché parlandone è come se rivivesse l’episodio traumatico. Ad esempio:

“Ci sono casi di abuso sessuale subìti da bambini o ragazzi da parte di una figura gerarchica maggiore (un allenatore, un infermiere, un prete, ecc.) dello stesso sesso. Può succedere che la vittima dopo qualche anno inizi a sentire una voce esterna o al massimo due che pronunciano frasi come <<Sei gay, sei uno sporco gay>>, in forma duramente denigratoria. Questo perché si può scatenare nella vittima una “falsa convinzione” relativamente alla propria identità sessuale, al di là di come si delinei effettivamente quest’ultima nello sviluppo adolescenziale” (2019, p. 100).

In merito a queste “false convinzioni” che si possono instaurare nella mente della vittima di un trauma, Luber (2016) fa notare che queste possano essere determinanti “nello sviluppo e nel

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perdurare dei sintomi (per esempio Garety, Kuipers, Fowler, Freeman e Bebbington 2001)” (p. 128).

Sempre Luber (2016), fa notare come le “risposte negative alle voci critiche siano associate ad autostima negativa, a depressione e a esperienza di maltrattamenti nei primi anni di vita (Birchwood e Chadwick 1997)” (idem).

E poichè, ancora Luber (2016):

“le persone traumatizzate che sentono le voci considerano se stesse inferiori e impotenti, sono anche inclini ad adottare questo stesso atteggiamento di sottomissione quando hanno a che fare con le proprie voci. Ciò, a sua volta accresce l’intensità e la frequenza delle voci e anche il già eccessivo stress causato dalle voci stesse (Birchwood e Chadwick 1997; Vaughhan e Fowler 2004)” (Ibidem). Tuttavia, tornando all’indagine sulla storicità, Romme (2011) sostiene che le voci facciano riferimento a problemi non risolti della vita di tutti i giorni o a un trauma precoce o ad ambizioni non realistiche per il futuro. In particolar modo, che è possibile formulare tre tipi di relazione tra storia di vita e voci: Una relazione storica, una psicodinamica e una metaforica.

Nel primo caso, viene fatto riferimento al fatto che le voci spesso iniziano con qualche trauma o problema sociale. Quindi, il contesto sociale nel quale ha avuto luogo il primo manifestarsi delle voci, che viene riconosciuto come reazione ad un problema irrisolto. Nel secondo caso, viene fatto riferimento a una relazione psicodinamica, nel senso del ruolo delle voci come meccanismo di difesa:

“Quando un evento traumatico induce anche vergogna o colpevolezza, ad esempio dopo uno stupro, le voci agiscono come una protezione contro questi sentimenti. Può essere più accettabile per la persona essere infastidita dalle voci che ammettere ciò che gli accaduto” (Romme & Escher, 2011, p.44).

Infine, è possibile notare come la relazione dell’uditore con le proprie voci, o ciò che le voci dicono, sia una metafora di come l’uditore si rapporta con i propri problemi o emozioni di tutti i giorni, o di come le altre persone si rapportano a lui.

Come è già stato detto, fare questa indagine è fondamentale per l’uditore, in quanto scoprendo la relazione tra le sue voci e la sua storia di vita comincia a comprenderne il vero significato, e non solo:

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“Comprendere la storicità del proprio vissuto e la correlazione dello stesso con l’evoluzione delle voci fa nascere nell’uditore il desiderio di ritornare a vivere come un tempo: un tempo in cui era normale, un tempo in cui stava bene” (Contini, 2013, p. 169).

Quindi, l’analisi dettagliata di ogni singola voce dell’uditore e la ricerca della storicità, della correlazione tra voce ed esperienza traumatica, aiuta l’uditore ad accettare le stesse. Si verifica un vero e proprio cambiamento nell’atteggiamento nei confronti delle proprie voci, come dice Contini (2013):

“La prospettiva nuova che si acquisisce nei confronti delle voci tende molto spesso a positivizzare una voce che normalmente si credeva soltanto negativa” (p.90).

In questo modo, se non altro, parlare di sé e delle proprie voci, aiuta l’uditore a normalizzare l’esperienza e a ridimensionare la paura ad essa correlata. Quindi, l’uditore imparerà ad avere un maggior controllo sulle proprie voci e questo grazie anche, come verrà argomentato più avanti, a delle nuove strategie di controllo apprese.

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