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Capitolo I: La regolamentazione del capitale bancario

1.6 Gli strumenti utilizzati per evitare i fallimenti bancari

1.6.6 I requisiti di capitale

Berger et al (1995) analizzano il ruolo del capitale nelle istituzioni finanziarie individuandone le ragioni e le differenze esistenti tra requisiti di capitale “market-generated” e requisiti regolamentari. Il lavoro nasce in seguito ad alcune considerazioni sull’applicazione del teorema di Modigliani-Miller. Infatti, la tesi che la struttura del capitale vari in maniera casuale tra imprese e settori, non trova riscontro nel settore bancario, che sistematicamente mostra un leverage più alto, rispetto a qualsiasi altra impresa. Il mercato richiede alle imprese in generale un certo capital ratio, anche in assenza di requisiti patrimoniali regolamentari. Il requisito patrimoniale market-based è, per definizione, il capital ratio che massimizza il valore della banca in assenza di meccanismi regolamentari che le impongono di detenere un certo livello di capitale, ma in presenza di una struttura regolamentare che tutela la sicurezza e la solidità del sistema

16 Equivale ad un gioco a somma zero in cui il costo della segnalazione, per l’agente, è uguale al profitto del

principale.

17 Questo vincolo determina il premio assicurativo in funzione del tipo di banca, identificato dalla sua probabilità di

32 bancario. In sintesi, è il capital ratio cui tutte le banche tendono, nel lungo periodo ed in assenza di requisiti regolamentari. Inoltre, qualora quest’ultimo fosse più alto o più basso rispetto a quello richiesto dal mercato il valore della banca si ridurrà.

Gli autori, individuano la struttura ottima del capitale o il requisito market-based introducendo alcune frizioni nel contesto base del teorema Modigliani-Miller. In presenza di tasse e costi di bancarotta18la struttura ottima del capitale è definita dal capital ratio che neutralizza i vantaggi, derivanti dalla deducibilità fiscale degli interessi, con gli svantaggi,derivanti da un incremento del leverage. La deducibilità degli interessi, infatti, permette alle banche di aumentare gli utili sostituendo capitale proprio con capitale di debito riducendo il requisito market-based. Per contro, aumentare il livello di leva finanziaria implica incrementare il rischio di sostenere dei costi per il verificarsi di un financial distress. Ne consegue che il requisito patrimoniale market-based aumenta.

Le altre frizioni che Berger et al. (1995) analizzano sono le asimmetrie informative e i costi di transazione. Un capitale più alto permette di evitare il problema dell’espropriazione tra azionista e creditore ma rende più aspro il conflitto di interessi tra azionisti e managers e, viceversa per livelli di capitale più bassi. La presenza di questo trade-off rende difficile la quantificazione dei suoi effetti sul requisito di capitale richiesto dal mercato che perciò è ambiguo. Infine, la presenza della safety net riduce il requisito market-based perché isola le banche dalla disciplina di mercato. Ciò è coerente con il fatto che, analizzando l’evoluzione storica dei capital ratios negli Stati Uniti, gli autori rilevano la presenza di un più basso capitale in banca rispetto agli altri settori in cui, a parità di altre condizioni, non è prevista una safety net. I requisiti market-based differiscono sostanzialmente da quelli regolamentari necessari per ovviare alle esternalità negative di un fallimento bancario, o meglio del rischio sistemico, di cui nei primi non si tiene conto.

Da quanto analizzato finora, insieme alle ultime considerazioni in merito al ruolo del capitale nelle banche, si capisce che la regolamentazione del capitale è giustificata principalmente dalla tendenza che le banche hanno ad assumere eccessivi rischi. Jensen e Meckling (1976) dimostrano che, se l’informazione non è equamente distribuita (oppure se i detentori del debito non possono interferire nelle azioni delle imprese e/o non possono firmare contratti perfetti con i managers), i detentori del capitale hanno un incentivo ad incrementare il rischio di portafoglio o ad emettere capitale di debito aggiuntivo. In un contesto bancario, ciò implica che, i risparmiatori non possono interferire nell’attività bancaria e/o non possono osservare le azioni della banca. Ne segue che, i tassi di interesse non riflettono pienamente il rischio di bancarotta della banca. Il moral hazard aumenta e le banche hanno interesse ad incrementare rischiosità e leverage.

La letteratura teorica sugli effetti della regolamentazione del capitale risk-based sul sistema bancario, sostanzialmente conclude che, nel breve periodo, nell’ambito della singola banca, si ha una riduzione dell’attività di prestito mentre, considerando l’intero mercato dei prestiti, si verifica un

18 Più precisamente gli autori parlano di costo del financial distress distinguendolo dall’economic distress. Il costo

del financial distress può essere misurato dalla perdita addizionale derivante da un economic distress sperimentato da una banca con un alto leverage rispetto ad una banca identica ma unleveraged.

33 incremento nei tassi di interesse. Nel lungo periodo invece, le banche sperimentano un aumento, sia relativo sia assoluto, nei capital ratios. Se considerate insieme queste conclusioni, inducono a credere che l’incremento relativo del capitale soddisfi l’obiettivo di proteggere i depositanti dalle perdite in caso di

bank run. Nonostante ciò, la letteratura offre conclusioni divergenti circa l’influenza dei requisiti di

capitale sulle scelte che la banca compie “on the margin”. Analizzare quest’ultimo aspetto diventa cruciale per capire se la regolamentazione del capitale basata su requisiti risk-sensitive veramente rende le singole banche e l’intero sistema bancario più sicuro. L’idea che un capitale elevato faccia aumentare il

capital buffer, riducendo così la probabilità di insolvenza, è comunque troppo semplice. Infatti, un buffer

di capitale elevato può essere dissipato attraverso politiche di prestito che mirino a rendere il portafoglio bancario più rischioso.

Per prevenire l’eccessiva assunzione del rischio da parte delle banche, le autorità di vigilanza, hanno cercato di legare il requisito di capitale al rischio del portafoglio prestiti. Infatti, dal 1988, anno in cui fu introdotto il primo accordo di Basilea, molti paesi hanno adottato una regolamentazione del capitale risk-sensitive. La letteratura accademica è concorde sulla validità di annoverare questo strumento nell’insieme dei meccanismi a disposizione del regolatore ma è fortemente divisa sugli effetti che questi requisiti possono avere sul comportamento bancario. Alcuni lavori ne rilevano il contributo univoco alla stabilità bancaria mentre altri concludono che rendono le banche più rischiose di quanto potrebbero essere in assenza di requisiti.

Le rassegne di VanHoose (2007), Santos (2001), Stolz (2002) e Jackson et al. (1999) analizzano, con approcci diversi, le implicazioni sulla stabilità economica e sulla politica monetaria dei requisiti di capitale. VanHoose (2007) si concentra principalmente sulle ragioni che hanno indotto molti accademici a formulare conclusioni divergenti in merito all’effetto, sulla stabilità e sulla rischiosità del sistema bancario, dell’imposizione dei requisiti di capitale. Stolz (2002) riassume come la letteratura empirica e teorica valuta l’efficienza della regolamentazione del capitale. L’obiettivo è capire se l’imposizione di un requisito di capitale possa ridurre la probabilità di default. Si chiede perché le banche preferiscano bassi livelli di capitale a fronte di rischi eccessivi e soprattutto che effetto ha la regolamentazione sul comportamento bancario. Santos (2000) si concentra sulla letteratura teorica, è meno tecnico ma in aggiunta analizza la letteratura sulle giustificazioni di una regolamentazione del capitale. Infine, Jackson et al. (1999) analizza la letteratura empirica dell’impatto dell’accordo di Basilea I su una serie di variabili micro e macro-economiche.

La letteratura teorica è vasta e giunge a risultati contradditori poiché gli autori utilizzano modelli assai diversi nelle assunzioni. Ad esempio, alcuni assumono interazione tra le banche, imperfezioni del mercato come le asimmetrie informative, diverse preferenze per il rischio, ecc. In seguito, sarà analizzata la letteratura sui capital requirements in base all’approccio seguito.