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Il requisito del valore artistico

LA LEGISLAZIONE ATTUALE A TUTELA DELLA FORMA

3. La tutela autorale dell’industrial Design

3.1. Il requisito del valore artistico

Passando ad analizzare l’ulteriore carattere del valore artistico è opportuno evidenziare che la dottrina, sul punto, si è dibattuta nel tentativo di individuarne l’interpretazione che presentasse requisiti di maggior coerenza con il sistema. Vediamo le varie posizioni contrapposte dalla stessa formulate.

A meno di non voler ammettere che la modifica della legge sul diritto d’autore ha rappresentato solo un giro di parole che , in sostanza, ha lasciato tutto quanto come prima, occorrerà evitare di ricostruire il valore artistico recuperando il concetto di scindibilità162: non sarà conforme alle modifiche

normative la tesi di coloro che, facendo perno sull’espressione “di per sé” contenuta nell’articolo 2, sostengono che un “valore

artistico in sé l’opera lo presenta se quest’ultimo si affranca dal valore utilitario”163.

Il valore artistico di un’opera è determinabile mediante un giudizio ex post, ma indeterminabile a priori, senza correre il rischio di previsioni vane ed errate164. Per tale ragione, non

possiamo abbracciare la tesi di coloro che individuerebbero il valore artistico, cioè lo spiccato “gradiente artistico” o “carattere creativo”, come un requisito necessariamente presente ab origine. Tali autori, vista la portata

162Per la legge sul diritto d’autore ante riforma si considerava “oggetto d’arte” tutelabile con il copyright solo quello il cui valore artistico era scindibile dall’utilità con la conseguenza che poteva esistere un “valore artistico” solo se esisteva la scindibilità fra estetica del prodotto e sua utilità. MARK BOSSHARD, La tutela dell’aspetto del prodotto industriale, Giappichelli, Torino, 2015, pag. 65 e ss.

163FITTANTE, La nuova tutela dell’industrial design ,Giuffrè, Milano, 2002. 164DE SANCTIS, La protezione delle forme nel codice della proprietà industriale, Giuffrè, Milano, 2009, pag. 100.

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anticoncorrenziale di una tutela così ampia, affermano che la privativa dovrebbe essere concessa in presenza di un’opera con carattere creativo e caratteristiche individuali, in misura così spiccata da poter essere apprezzata dal pubblico sul piano estetico, indipendentemente dalle altre caratteristiche e dagli altri pregi del prodotto165. Si consideri, a tal riguardo, che i

parametri estetici mutano nel tempo con la conseguenza che opere di design, ignorate e accantonate per anni, sono state poi riscoperte dalla critica e dal pubblico.

Spostandosi, così, da valutazioni di livello artistico al mercato, parte della dottrina associa tale requisito alla necessità che l’oggetto abbia un valore commerciale sul mercato delle opere d’arte166: poiché i pezzi quotati sul mercato delle opere

d’arte sono unici o numerati in piccola serie, si considerano non protetti i beni riprodotti in serie o su larga scala.

A tale conclusione è giunta, a più riprese, anche la giurisprudenza di merito. Ex multis il Tribunale di Monza ha specificato che la tutela del diritto d’autore non può estendersi a quelle situazioni in cui l’opera “per quanto creativa, non presenti

di per sé i connotati dell’espressione artistica, per essere costituita da una forma facilmente riproducibile in modo seriale e su larga scala”167.

Negli ultimi anni, tuttavia, nelle aule dei tribunali è emerso un cambiamento di rotta e si è giunti ad ammettere la tutela d’autore alle opere dell’industrial design, recependo

165AUTERI, Industrial design e Opere d’Arte Applicata all’Industria (dialogo tra Paolo Spada e Paolo Auteri commentato da Gustavo Ghidini), in Riv. dir.

civ., 2002.

166MONTANARI, L’industrial Design fra modelli, marchi di forma e diritto

d’autore, in Riv. dir. ind., 2010.

167Trib. Monza Ordinanza del 16 luglio 2002, in Dir. Ind., 2003.

Cosi anche in CRESTI, La protezione dell’industrial design tra tutela brevettuale e

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l’orientamento indicato da quella parte della dottrina che suggeriva di distinguere la protezione avendo riguardo ai mercati per i quali l’opera era destinata168.

Sulla base della dottrina appena esposta, gli oggetti si distinguono sulla base del mercato a cui essi sono destinati: da un lato, quelli volti al mercato dell’arte, dall’altro, quelli rimessi al comparto degli articoli industriali. Per ricordare un noto esempio, se il “ragno spremiagrumi” ideato da Starck per Alessi è copiato da un concorrente produttore di casalinghi, contro costui sarà invocabile la tutela come disegno e modello; se invece fosse copiato da un mercante d’arte per produrne multipli da vendere nelle sue gallerie, la tutela invocabile sarebbe quella d’autore, indipendentemente dalla precedente registrazione come disegno e modello e anche nel caso di scadenza di tale protezione169.

Infine, dobbiamo ricordare la tesi di quella parte della dottrina che, partendo dal concetto di storicizzazione170, ne

prende le distanze elaborando un ulteriore metodo di valutazione del valore artistico di un’opera di design.

L’art. 148 del D.lgs. 112/1998171 definisce come beni

culturali, accanto al patrimonio artistico, storico e monumentale, archeologico, archivistico ecc., tutti gli altri beni che costituiscono “testimonianza avente valore di civiltà”. Per il nostro legislatore, insomma, per parlare di arte bisogna che

168DE SANCTIS, La protezione delle forme nel codice della proprietà industriale, Giuffrè, Milano, 2009, pag. 109.

169AUTERI, Industrial design e Opere d’Arte Applicata all’Industria (dialogo tra Paolo Spada e Paolo Auteri commentato da Gustavo Ghidini), in Riv. dir.

civ., 2002. Oppure anche in GHIDINI, Profili evolutivi del diritto industriale- Proprietà e concorrenza, Giuffrè, Milano, 2001.

170Concetto di “storicizzazione” espresso da DI CATALDO.

171D.lgs. n. 112 DEL 31 Marzo 1998 “Decreto sul riordino delle funzioni di tutela del patrimonio culturale nazionale”

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l’opera sia “storicizzata”, sia cioè divenuta nel nostro Paese un paradigma largamente riconosciuto per l’evoluzione dell’arte e per la civiltà, divenendo fonte di ispirazione per gli artisti futuri.

Se cosi stanno le cose, per poter interpretare sistematicamente il requisito del valore artistico, dobbiamo intenderlo in termini di storicizzazione, o meglio, come trasformazione dell’aspetto del prodotto di design da forma molto gradevole a fenomeno di costume, paradigma di ispirazione per i futuri creatori di design.

Se però, per alcuni autori il problema della tutelabilità dell’oggetto di design come un’opera d’autore si porrà alla scadenza della registrazione come modello, dopo 25 anni dalla sua creazione, a quel punto sarà la storia a parlare.

In verità, il problema sta proprio in quest’ultimo assunto, in quanto, l’esistenza del valore artistico dell’opera deve essere verificata ab origine. In tale situazione, il metro di giudizio individuato è stato quello del designer del settore: si verificherà se il designer di quel settore merceologico potrà esprimere una

valutazione prognostica in termini di “probabile

rivoluzionarietà dell’opera” rispetto alle altre creazioni concorrenti in quel momento172.

Riassumendo, il valore artistico dovrà essere individuato in base a due criteri alternativi. In primo luogo, si valuterà la sua effettiva storicizzazione, considerando elementi quali l’inserimento in musei, i riconoscimenti vinti, l’opinione della

172MARK BOSSHARD, La tutela dell’aspetto del prodotto industriale, Giappichelli, Torino, 2015, pag. 76.

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critica del settore, la notorietà del prodotto ecc173. Quando

questo non sia possibile, poiché il prodotto è stato lanciato da poco, si dovrà ripiegare su una valutazione prognostica di “notevole distacco concettuale” dell’opera rispetto al passato, intesa come probabilità che l’opera diventi un paradigma a cui si ispirino i designers che vorranno realizzare lo stesso genere di prodotto174.

3.2. La posizione Italiana di fronte alla procedura di