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Le (resistibili) posizioni dottrinali a sostegno dell’Eaw Rule: Richard A.

CAPITOLO I Il sistema statunitense dei licenziamenti individuali

1.10 Le (resistibili) posizioni dottrinali a sostegno dell’Eaw Rule: Richard A.

Secondo Epstein, «i critici della teoria dell’employment [at-will ne] sottolineano le imperfezioni

nell’attuale quadro di riferimento, ma essi non prendono in considerazione il rilievo ultragiuridico

insito nel preservare i contratti di lavoroa a tempo indeterminato, e ignorano le più gravi

imperfezioni che hanno creato con regole giuridiche alternative. I contratti at-will sono coerenti con la

public policy e devono essere i benvenuti, non perché perfetti, ma perché in molti contesti lavorativi

rispondono a molteplici insidie [negoziali] meglio di ogni eventuale alternativa che le Corti od il

legislatore possa escogitare»

246

.

La critica alla dottrina maggioritaria si sviluppa proprio su 3 argomentazioni già

utilizzate dalla stessa:

(a) Intrinsic Fairness.

La libertà contrattuale dei privati deve essere (quasi) assoluta, poiché di

importanza comparabile alla libertà del cittadino di contrarre matrimonio

o di partecipare ad attività di culto («le persone che hanno facoltà di sposarsi,

votare, e pregare non sono inabili a proteggere sé stesse negli accordi di ogni giorno»).

Posto che la semplicità del principio alla base dell’Eaw Rule non permette

fraintendimenti

247

, le Corti non possono dunque interpretare in maniera

difforme una volontà contrattuale così chiara, salvo nel caso -

casisticamente raro - di frode contrattuale

248

;

245 M. BERGER, Unjust Dismissal and the Contingent Worker…, 57 (1997). 246 R.A. EPSTEIN, In Defense of Contract at Will…, 952 (1984).

247 Di diverso avviso, altra dottrina ha rilevato che una riforma legislativa in materia avrebbe - tra le altre - una funzione semplificatoria anche del regolamento contrattuale: più precisamente, «the employment relationship will

benefit from a better understanding of the obligations of the parties» [B.D. BERNS, Employers Beware: The Implied Contract Exception …, 337-338 (1987), sintentizzando la posizione di E.R. PIERCE, Employment Termination At Will: a Principled Approach, 28 VILL. L. REV. 1 (1982)].

248 Ad esempio, ci si riferisce all’ipotesi in cui l’employer abbia rappresentato al lavoratore una situazione economica dell’impresa che non corrisponde alla realtà («misrepresentation»), al fine di invogliarlo ad accettare una proposta lavorativa: tra le altre, in Lazar v. Superior Court l’employee era riuscito a dimostrare che «employer falsely and intentionally represented to him he would be employed as long as he performed his job, that he would receive

(b) Effects upon Utility or Wealth.

Come si evince dall’esempio della partnership

249

, i soggetti di un rapporto

di lavoro scelgono liberamente un contratto at-will, perché fornisce loro

un «mutual benefit» con diritti «fully bilateral», basato sulla possibilità di:

i.

controllare reciprocamente i comportamenti dell’altra parte (in

un rapporto “bastone-carota”, in cui il bastone è - senza troppa

fantasia - il licenziamento del lavoratore);

ii.

diversificare i rischi attraverso una cd. «wait-and-see attitude» che

permette di recedere in caso di insoddisfazione;

iii. limitare al minimo i costi di amministrazione, in assenza di

contenzioso sui licenziamenti

250

;

iv. aumentare le retribuzioni, perchè effettivamente oggetto di una

contrattazione tra l’employer e l’employee. Con la

«

disuguaglianza nel

peso delle rappresentanze

»

, l’employer riuscirebbe infatti ad ottenere

condizioni contrattuali molto più vantaggiose (

«

i salari potrebbe

essere condotti fino allo zero

»

). L’unico vero monopolio è in realtà

di tipo bilaterale e riguarda fisiologicamente

251

l’ampiezza del

surplus e la sua attribuzione: dunque, la legislazione non

avrebbe alcun interesse ad intervenirvi;

(c) Distributional consequences.

L’employee può cambiare occupazione senza incorrere in alcuna forma di

responsabilità, in qualsiasi momento del rapporto di lavoro: ciò

significant increases in salary, and that employer was strong financially» [Lazar v. Superior Court, 12 Cal. 4th 631, 909 P.2d 981 (1996)].

249 L’A. ha utilizzato l’esempio di una partnership di soli 2 soci per spiegare l’utilità del contratto at-Will, precisando che «labor markets differs from capital markets in both of these particulars. Labor cannot be diversified in the

normal service partnership because a person cannot be in more than one or twuo separates ventures at any given time and hope to mantain productive activities. A mutual fund job is quite unthinkable. In addition, entrance and exit in labor market is highly complex, as is often stressed in the literature critical of the contract at will. […] The consequences of low diversification and impaired practical alienability are clear. Labor venture are inherently more risky» [R.A. EPSTEIN, In Defense of Contract at Will…, 961 (1984)].

250 Ancora, l’A. sembra riferirsi ad un’ipotetica applicazione integrale dell’Eaw Rule, ma tale asserzione, abbandonata da tempo nelle numerose eccezioni delle common law Courts, rischia di peccare di anacronismo in un ordinamento in cui le conseguenze di un licenziamento illegitimo sono tutt’altro che economicamente irrilevanti per l’employer.

251 Come evidenziato in più passaggi, «The existence of some surplus should be pervasive in all labor markets, given that

costituisce un equo contraltare del potere del datore di lavoro di

licenziarlo senza motivazione.

Insomma, «la forza del contratto at-will non dovrebbe essere valutata alla luce di

situazioni occasionali in cui si è sostenuto esso comporti risultati sfavorevoli, ma invece

va analizzata seguendo la grande maggioranza di casi in cui fornisce risposte

ragionevoli ai vari problemi della contrattazione di lavoro

»252

.

La posizione di Epstein può allora riassumersi in una strenua difesa del

principio (teorico) della libertà contrattuale tra privati, in una accezione

ampia e purista, tralasciando - troppo facilmente - le evidenti quanto

fisiologiche distorsioni dello stesso principio nella sua fase applicativa.

Anche Verkerke si mostra favorevole al mantenimento - se non al

rafforzamento - dell’EaW Rule. Secondo l’Autore, infatti, «la comprovabile

preferenza del mercato per un rapporto di lavoro at will dimostra che […] tale regola

costituisce un’impostazione di default che si dovrebbe applicare con uniformità a tutti i

rapporti di lavoro a tempo indeterminato»

253

.

L’analisi dottrinale è quindi focalizzata su tre temi riguardanti l’Eaw rule:

1.

Incidenza del prodotto marginale del singolo lavoratore sulle

decisioni imprenditoriali di recesso.

Secondo la teoria della «giusta causa variabile in riferimento al ciclo di vita»

254

, i

lavoratori ad inizio ed a fine carriera sono più esposti ad un

licenziamento, per ragioni di mero opportunismo. Nel mercato interno,

infatti, le imprese corrispondono al lavoratore in carriera una «retribuzione

di efficienza» (W) mai corispondente ai livelli di mercato, poiché sempre

maggiore o minore del relativo prodotto marginale (PM). Più

precisamente, W>PM sia nei primi anni (considerando i tempi di

apprendimento delle mansioni), sia negli ultimi anni di carriera (per la

252 R.A. EPSTEIN, In Defense of Contract at Will…, 982 (1984).

253 Così J.H. VERKERKE, An Empirical Perspective on Indefinite Term Employment Contracts…, 913 (1995), nello scritto che costituisce il principale riferimento di questa ricostruzione, unitamente - ma solo in parte - al successivo J.H. VERKERKE, Un approccio di Law and Economics …, 293-314 (1998), in cui l’A. afferma chiaramente che il suo lavoro «difende la regola della libertà di recesso» (pag. 311).

254 S.J. SCHWAB, Life-Cycle Justice: Accommodating Just Cause and Employment At Will, 92 MICH. L. REV. 8 (1993).

fisiologica diminuzione della produttività); al contrario, W<PM nel

periodo di mezzo. Orbene, su tali presupposti, e secondo la «teoria del ciclo

di vita» il recesso libero sarebbe “giusto” solo nel mezzo della carriera

lavorativa, laddove negli altri periodi è preferibile che sia applicabile una

tutela giudiziaria per il licenziamento ingiustificato.

Verkerke ritiene invece che la «teoria del ciclo di vita» non sia praticabile,

posto che:

-

i giudici non potrebbero in alcun modo disporre di dati relativi

al PM dei singoli lavoratori licenziati e, dunque, non

potrebbero sapere quando e se intervenire;

-

la regola si presterebbe poi a (probabili) elusioni: si pensi

all’employee che rapporta - pro domo sua - il livello delle

prestazioni proprio a seconda del periodo di carriera in cui le

stesse sono collocate: ad esempio, lavorando meno nel periodo

più vicino al pensionamento;

-

la longevità di servizio, pur considerata nelle varie pronunce

giurisprudenziali in materia di licenziamento

255

, non ha mai

avuto un peso decisivo.

In sintesi, allora, «la teoria della “life-cycle just cause” è molto meno in linea con lo

schema logico delle decisioni in materia contrattuale rispetto ad una teorizzazione

sistematica delle eccezioni giurisprudenziali. Anche se la forza della presunzione varia

notevolmente, l'occupazione at-will rimane la regola di default per i contratti di lavoro

a tempo indeterminato»

256

.

2. Inefficienza di una qualsiasi altra regola di default.

Alla luce delle risultanze di una indagine condotta da Verkerke stesso

257

,

l’eventuale scelta di un’altra regola - in sostituzione dell’Eaw rule - non

255 Il riferimento è alle due sentenze citate da SCHWAB a mò di esempio, ovvero Rood v. Gen. Dynamics Corp., 444 Mich. 107, 507 N.W.2d 591 (1993) e Rowe v. Montgomery Ward & Co., Inc., 437 Mich. 627, 473 N.W.2d 268 (1991).

256 J.H. VERKERKE, An Empirical Perspective on Indefinite Term Employment Contracts…, 863 (1995).

257 Indagine posta in essere tra il 1994 ed 1995 tra 221 employers degli Stati di California, Texas, Michigan e New York (percentuale di risposta attorno al 25%), in imprese da 10 a 10.000 occupati, per una media di 261 unità [indicazioni più dettagliate sulle concrete modalità di svolgimento delle operazioni di rilevamento sono

permette di scongiurare il richio di una perdita economica nell’ipotesi in cui

la nuova regola si riveli inefficiente

258

;

3. La «information-forcing default rule» e l’asimmetria informativa.

L’analisi dei dati (raccolti sia direttamente, sia da altri studiosi

259

) porta

Verkerke a sostenere che i lavoratori sovrastimano l’importanza della tutela

contro il licenziamento e, più in generale, sono poco informati circa la

disciplina del loro rapporto di lavoro

260

. Secondo la «teoria della dissonanza

cognitiva», ad esempio, un lavoratore statunitense appena assunto ignora del

tutto la possibilità pratica di essere - un giorno o l’altro - licenziato

ingiustamente

261

.

Dunque, diventa auspicabile e necessario che “le parti [contrattuali] eliminino la

asimmetria informativa, attraverso uno scambio di informazioni più efficiente”

262

.

indicate in appendice da J.H. VERKERKE, An Empirical Perspective on Indefinite Term Employment Contracts…, 915-918 (1995)].

Tra i risultati, è quindi interessante rilevare che più di metà dei datori di lavoro (52%) propone - perlatro, in maniera chiara - solo un rapporto di lavoro at-Will, un terzo di essi (33%) non utilizza documentazione che specifichi in qualche modo le modalità di licenziamento, più di uno su sette (15%) offre invece una just cause

protection.

258 Parte della dottrina ha rilevato che «whenever parties’ losses exceed he costs to contract out of the desiderable default rule

rational parties will incur those costs and escape the cost of undesiderable default. Conversely, whenever contracting costs exceed the costs of bad default, parties will live with the bad rule and avoid contracting costs» [così B.A. ADLER, Finance’s Theoretical Divide and the Proper Role of Insolvency Rules, 67 S. CAL. L. REV. 1107, 1148 (1994)].

259 Su tutti, i dati raccolti da P.T. KIM, Bargaining With Imperfect Information: A Study of Worker Perceptions in and

At-Will Word, 83 CORNELL. L. REV., 105, 111 (1997).

260 Si tratta, come evidente, di una considerazione di partenza che sconfesserebbe alla fonte il ragionamento di A.B. KRUEGER, secondo cui i lavoratori sarebbero in grado di valutare il prezzo da pagare - attraverso una riduzione delle retribuzioni - per ottenere una forma di tutela contro il licenziamento illegittimo (per un approfondimento sul punto si rimanda al paragrafo n. 8 del presente scritto). Sul punto, VERKERKE si spinge a sostenere che «una indicazione politica di questo tipo richiede un senso estremamente forte di paternalistica certezza

riguardo alle “vere” certezze del lavoratore» [J.H. VERKERKE, Un approccio di Law and Economics …, 307 (1998)].

Autorevole dottrina statunitense ha rilevato in proposito che «The standard expectation in the real word is that the

employee will keep his job unless he does something wrong - in the sense of some specific misconduct or a general pattern of poor performance - and as a consequence forfeits the position. Indeed, a further feature of the social mores at work is that even if an employee does something wrong - for example, if he takes a day off without a legitimate reason - it will not cost him his job immediately; he will be dismissed only if the bad act is part of a broader pattern of unsuitable behavior which has not been corrected by the employer with less severe disciplinary measures» [così C. WEILER, Governing the Workplace: the Future of Labor and Employment Law, 52 (1990)].

In chiara risposta, altra dottrina ha ritenuto che «such an approach to job security is clearly inconsistent with the legal

reality of the employment at-will rule» [così M. BERGER, Unjust dismissal and the Contingent Worker …, 21 (1997)].

261 S. ISSACHAROFF, Contracting for Employment: The Limited Return of the Common Law, 74 TEXAS L. REV. 1783 (1996).

In estrema sintesi, può allora sostenersi che Verkerke sostenga l’Eaw rule

principalmente per mancanza di alternative (a suo giudizio) valide, che possano

scongiurare ex ante le stesse critiche che la dottrina e la giurisprudenza muovono

proprio all’Eaw rule.