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III. Modelli della conduzione elettrica

3. Resistività nel modello classico

La sintesi riportata nel paragrafo precedente evidenzia che le proprietà conduttive dei metalli possono essere spiegate ammettendo la presenza in essi di un gas di elettroni

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tra loro non interagenti in termini Coulombiani, detti di conduzione. Ad esempio, la configurazione elettronica dell’atomo di rame [Ar]3d104s1 è costituita da 29 elettroni con differenti energie di legame. Di questi, 28 occupano gusci elettronici completi, mentre uno, detto di valenza, occupa il livello 4s. Il potenziale di prima ionizzazione vale 7,726 eV, circa 3 volte inferiore al potenziale di seconda ionizzazione. Ciò indica che l’elettrone di valenza dell’atomo di rame isolato è meno legato al nucleo degli altri elettroni.

In un campione di rame solido le posizioni di equilibrio degli atomi sono i nodi di un reticolo cubico a facce centrate e gli elettroni di valenza (uno per atomo) non sono più legati al nucleo ma costituiscono un gas di particelle libere di muoversi all’interno del materiale interagendo con il reticolo ionico e con un campo elettrico eventualmente presente. Questo tipo di assetto che caratterizza il legame metallico venne giustificato da Wilson (par. 7).

Dal punto di vista strutturale, le grandezze che descrivono le proprietà microscopiche del conduttore sono:

a) Concentrazione degli elettroni di conduzione (nel seguito indicata con n) b) Passo reticolare (distanza media tra due ioni reticolari primi vicini)

Nel rame, per esempio, dato il numero di Avogadro NA = 6,0231023 atomi/mole, la densità d = 8,92 g/cm3 e la massa atomica M=63,5 g/mole, la concentrazione degli elettroni di conduzione risulta:

n = NA d / M = 8,51028 elettroni/m3

assumendo che ogni atomo di Cu contribuisca alla conduzione con un elettrone. In generale le concentrazioni degli elettroni di conduzione dei metalli sono espresse dalla relazione:

n = Z NA d / M

dove il fattore Z è pari al numero di elettroni liberi forniti da ogni atomo, che può identificarsi con il numero di elettroni di valenza del metallo. Non sempre è evidente quale sia il valore di Z, ad esempio in metalli come Fe o Pb. Nella tab. 2 sono dati i valori di n per diversi metalli. Misure basate sull’effetto Hall indicano che nei metalli n è sostanzialmente indipendente dalla temperatura, in accordo con l’elevato valore dell’energia di ionizzazione degli elettroni non di valenza.

I valori di n sono nell’intervallo 1028 - 1029 m−3. La grandezza rS rappresenta il raggio di una sfera il cui volume è uguale al volume occupato da uno ione reticolare

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Il passo reticolare ha l’ordine di grandezza di rS. La tab. 2 mostra che il passo reticolare è maggiore nei metalli alcalini rispetto a quasi ogni altro metallo, in accordo con altre misure ottenute utilizzando metodi di diffrazione alla Bragg dei raggi X sui cristalli.

Tabella 2 - Resistività elettrica di diversi metalli (Ashcroft & Mermin, 1976) Resistività elettrica (10-8 Ωm) Elemento Z n (1028/m3) rS (Å) T=77 K T=273 K Li 1 4,70 1,72 1,04 8,55 Na 1 2,65 2,08 0,8 4,2 K 1 1,40 2,57 1,38 6,1 Rb 1 1,15 2,75 2,2 11,0 Cs 1 0,91 2,98 4,5 18,8 Cu 1 8,47 1,41 0,2 1,56 Ag 1 5,86 1,60 0,3 1,51 Au 1 5,90 1,59 0,5 2,04 Be 2 24,7 0,99 - 2,8 Mg 2 8,61 1,41 0,62 3,9 Ca 2 4,61 1,73 - 3,43 Sr 2 3,55 1,80 7,0 23,0 Ba 2 3,15 1,96 17,0 60,0 Fe 2 17,0 1,12 0,66 8,9 Zn 2 13,2 1,22 1,1 5,5 Cd 2 9,27 1,37 1,6 6,8 Hg 2 8,65 1,40 5,8 Fuso Al 3 18,4 1,10 0,3 2,45 Ga 3 15,4 1,16 2,75 13,6 In 3 11,5 1,27 1,8 8,0 Tl 3 10,5 1,31 3,7 15,0 Sn 4 14,8 1,17 2,1 10,6 Pb 4 13,2 1,22 4,7 19,0 Bi 5 14,1 1,19 35,0 107,0 Sb 5 16,5 1,13 8,0 39,0

Passiamo adesso a considerare la dinamica degli elettroni di conduzione considerando per semplicità un conduttore metallico omogeneo di forma cilindrica complessivamente neutro dal punto di vista elettrico. In assenza di tensione applicata al conduttore, il campo elettrico al suo interno dipende dalla distribuzione spaziale delle particelle cariche nel conduttore e dalla sua evoluzione temporale. Il valore del campo elettrico

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mediato sullo spazio e nel tempo è zero (se così non fosse si avrebbero delle correnti in assenza di energia per sostenerle, cfr. Landau & Lifšits, 1986, pag. 12-13) e la densità media di carica all’interno del conduttore è zero e tale si mantiene nel tempo. Ciò significa che il moto degli elettroni di conduzione nel metallo è disordinato e le interazioni con gli ioni del reticolo non trasferiscono in media energia. Si può escludere che gli elettroni di conduzione siano fermi nel metallo in base all’esperimento di Johnson (1928). Egli misura in un resistore non alimentato con resistenza R=0,5 MΩ una corrente con valore medio nullo che però presenta una fluttuazione dell’ordine di 10 pA. Trova anche che la corrente misurata dipende dalla temperatura del resistore. La fluttuazione della corrente in un resistore non alimentato indica che gli elettroni responsabili della conduzione all’interno di un metallo sono in movimento caotico, come le particelle di un gas.

La velocità media degli elettroni di conduzione vm in assenza di tensione applicata si può stimare utilizzando il teorema di equipartizione dell’energia e risulta vm=(3kBT/m)1/2105 m/s a temperatura ambiente. Ciò implica che il moto può essere descritto in termini non relativistici.

Quando si applica e si mantiene una tensione costante non troppo elevata tra due punti di un conduttore, ad esempio collegando i due terminali di una batteria, la distribuzione spaziale delle particelle cariche all’interno del conduttore si modifica in modo peculiare. Compaiono delle cariche stazionarie sulla superfice del conduttore, la cui densità non è uniforme e dipende dalla tensione applicata, in modo da generare all’interno del conduttore un campo elettrico stazionario E parallelo all’asse del conduttore, non dipendente dalla posizione né dalla lunghezza e sezione del conduttore (Härtel, 1991; Jackson, 1996; Chabay & Sherwood, 1999). Una dimostrazione di questa affermazione basata sulla soluzione delle equazioni di Maxwell per un conduttore cilindrico è riportata in Marcus (1941).

Quindi, applicando una tensione tra due punti del metallo, gli elettroni di conduzione sono soggetti ad una forza costante che dipende solo dal campo applicato E. Tipicamente applicando una forza costante ad un corpo si osserva un moto ad accelerazione costante. Nel caso degli elettroni di conduzione, l’effetto degli urti con il reticolo ionico dà luogo, dopo una fase transitoria, ad un moto a velocità costante, la velocità di deriva. Ciò può essere descritto introducendo nell’equazione del moto di un elettrone con carica −e, massa m una forza viscosa proporzionale alla velocità:

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Qui  indica il tempo libero medio di un elettrone ovvero il tempo che in media trascorre tra un urto e il successivo (Feynman, Leyton, Sands, 2011, vol. 1 cap. 43). Risolvendo l’equazione differenziale si ottiene che dopo un transiente con durata dell’ordine di τ, il regime diventa stazionario. Si realizza un moto rettilineo uniforme con velocità costante detta di deriva:

vd=−eEτ/m

Figura 4 – deriva elettronica

Il modello può essere rappresentato come in fig. 4, che evidenzia il moto ordinato di deriva degli elettroni di conduzione in un conduttore cilindrico di sezione A al cui interno è presente un campo elettrico E.

Nell’intervallo di tempo ∆t gli elettroni che attraversano la superficie A sono solo quelli contenuti nel cilindro di base A ed altezza vd∆t. Ciò dà luogo al flusso della carica Q attraverso la superficie A, che risulta Q=neAvd∆t essendo n la concentrazione dei portatori di carica già introdotta. La grandezza atta a descrivere al livello microscopico il flusso di carica nel conduttore è la densità di corrente J=Q/A∆t. Otteniamo pertanto

J = −e n vd

Ad esempio, in un filo di rame di sezione 1 mm2 percorso da una corrente di 1 A, risulta J=106 A/m2 da cui vd=J/ne≈10−4 m/s. In condizioni ordinarie questa velocità è di molti ordini di grandezza inferiore alla velocità media vm del moto disordinato degli elettroni di conduzione: ciò implica che il moto di deriva è una piccola perturbazione del moto disordinato. Se la tensione applicata ∆V è così grande da invalidare la condizione vm>>vd allora una ipotesi alla base del modello perde validità in quanto occorre tener conto del contributo al campo elettrico prodotto dalle modifiche alla distribuzione delle velocità del moto disordinato degli elettroni (Purcell, 1985).

Per stabilire una espressione per la resistività, si sostituisca vd=eEτ/m nella relazione J=envd esprimendo l’intensità del campo E nel conduttore cilindrico di lunghezza L e sezione A (fig. 4) come E=∆V/L. Si ottengono le leggi di Ohm I=∆V/R, R=ρL/A essendo

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54 ρ = m/e2

La teoria elementare del trasporto della carica elettrica, nell’ambito della fisica non quantistica, giustifica le leggi di Ohm e consente di ricondurre le proprietà elettriche del conduttore alle grandezze microscopiche. Ricordando che la resistività del rame misurata a temperatura ambiente risulta 1,7∙10−8 Ωm, si ottiene facilmente il tempo libero medio per un elettrone di conduzione nel rame:

τ=2,5∙10−14 s

Ciò significa che la durata della fase transitoria è trascurabile rispetto ai tempi di osservazione del regime stazionario, confermando la validità della trattazione, e pone le basi della sua estensione ai campi rapidamente variabili nel tempo. In tal caso il moto degli elettroni di conduzione del metallo determina le sue proprietà ottiche che possono essere descritte (Jackson, 1999, §7.5C) da una interessante espressione della conducibilità come funzione complessa della frequenza della radiazione elettromagnetica incidente, che generalizza il modello di Drude.

Figura 5 - urti elastici su una sfera

La descrizione del moto degli elettroni di conduzione va completata introducendo l’interazione con gli ioni reticolari. Nella visione classica sia gli elettroni che gli ioni reticolari si comportano come sfere impenetrabili perfettamente elastiche (Jeans, 1959) elettricamente neutre, in conseguenza dell’ipotesi di campo medio nullo. In un gas perfetto classico, le interazioni tra le molecole possono essere accompagnati da diversi processi, al variare dell’energia delle molecole: diffusione (deviazione dalle traiettorie

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di incidenza), ionizzazione, eccitazione, scissione in atomi, ecc. In fisica un processo di interazione tra particelle è caratterizzato da una grandezza detta sezione d’urto.

Si chiama sezione d’urto di un processo che avviene per interazione di una data particella (bersaglio) con una/più particelle (incidenti), il rapporto tra il numero di eventi di interazione nell’unità di tempo e l’intensità del flusso di particelle incidenti. L’intensità del flusso descrive le particelle incidenti con ugual velocità sul bersaglio e si calcola come numero di particelle che attraversano nell’unità di tempo una superficie unitaria perpendicolare alla velocità misurata nel riferimento del bersaglio. Alle energie tipiche degli elettroni di conduzione l’eccitazione dei gradi di libertà interni degli ioni reticolari negli urti è trascurabile per cui si può assumere come modello di interazione tra elettrone e ione reticolare l’urto elastico tra sfere rigide in cui la sezione d’urto si riduce alla sezione geometrica S dello ione reticolare supposto fermo, in quanto ha massa molto maggiore dell’elettrone (fig. 5).

Classicamente lo stato di una particella come l’elettrone si può descrivere assegnando ad esso un impulso p che cambia durante l’interazione. Se l’interazione è invariante rispetto a cambiamenti tra sistemi di riferimento in moto relativo rettilineo uniforme, allora la sezione d’urto può dipendere solo dalla differenza tra l’impulso finale e iniziale pf−pi che viene chiamato impulso trasferito. Se l’interazione è invariante rispetto alle rotazioni spaziali del sistema di riferimento, allora la sezione d’urto può dipendere solo dal quadrato del modulo dell’impulso trasferito.

Nonostante che gli urti siano elastici, è comunque possibile descrivere in questo contesto un meccanismo di trasferimento di energia tra elettroni e ioni reticolari responsabile del riscaldamento Joule (par. 4): in sintesi, in presenza di un campo elettrico esterno, la velocità scalare media di uscita da una collisione è minore della velocità scalare media di entrata, in quanto tra un urto ed il successivo l’elettrone è accelerato dal campo.

Il cammino libero medio ℓ degli elettroni di conduzione è legato all’area geometrica S dello ione reticolare attraverso la relazione

ℓ=1/Sn

(Feynman, Leyton, Sands, 2011, vol. 1 cap. 43). Per dimostrarlo si consideri il riferimento della carica in movimento: nell’intervallo di tempo t uno ione del reticolo (con superficie S) copre una distanza vmt spazzando un volume Svmt. Se vmt è il cammino libero medio, allora nel volume Sℓ è contenuta in media una carica, ossia nSℓ=1 da cui la tesi. Il tempo τ tale che ℓ=vmτ è il tempo libero medio già definito.

Utilizzando questo risultato, si ottiene la dipendenza della resistività del metallo dalle grandezze fondamentali:

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56 ρ=(m/e2)Svm

La sezione d’urto S compare in questa relazione come concetto ponte tra il livello macroscopico (la resistività) e i processi microscopici di interazione tra particelle. Dal punto di vista non quantistico nel membro di destra la sola grandezza che può dipendere dalla temperatura è vm. Nel modello di Drude gli elettroni sono considerati come un gas ideale che obbedisce alla statistica di Maxwell-Boltzmann, quindi la loro velocità media è proporzionale a √T. Questa relazione è accordo qualitativo con le misure (tab. 3) che mostrano però, ad esempio per il rame su un ampio intervallo di temperature, una linearità tra la resistività e la temperatura.

Tabella 3 - resistività dei metalli (Mizutani, 2003)

Comunque, assumendo che S sia la sezione di una sfera di raggio pari al raggio di Bohr, si ottiene per la resistività di un metallo a temperatura ambiente il valore 3∙10−8 Ωm (per il rame le misure danno il valore 1,7∙10−8 Ωm).

Il successo di alcune previsioni del modello di Drude sembra un paradosso, poiché esso descrive stato e interazione delle particelle in termini di fisica classica. Tuttavia in molti casi le relazioni tra le grandezze fisiche dedotte con ragionamenti fondati sulla fisica classica sono identiche alle relazioni che si otterrebbero calcolando valori di aspettazione delle corrispondenti grandezze sulle funzioni d’onda quantistiche delle particelle. Questo aspetto sarà ripreso nel par. 5.

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