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Restituzione dell'incontro con l'altro

Sin quasi dagli albori della disciplina, l'antropologia affronta il problema di costruire una conoscenza sull'alterità che riguarda appieno l'identità del ricercatore, oscillando continuamente tra soggettività e oggettività, tra osservazione e riflessione, tra descrizione e costruzione di modelli.

Per lungo tempo le modalità discorsive dell'antropologia hanno dato la preferenza a racconti-resoconti asettici, spersonalizzati e spersonalizzanti in grado di restituire la pretesa universalità del discorso scientifico. A un certo punto della sua storia, però, l'antropologia si riconosce interamente come pratica narrativa e, dunque, come pratica riflessiva38.

Il ruolo del ricercatore, dunque non è mai neutro rispetto alla ricerca, né alla sua restituzione. Già a partire dai dati che sono raccolti e selezionati dal ricercatore stesso.

Condurre una ricerca etnografica su e con i media, scegliendo come campo privilegiato per l'osservazione un social network quale Facebook, comporta un senso di consapevolezza e presenza di tipo particolare, proprio per le impostazioni della privacy offerte dal SN che dovrebbero sottoporre il ricercatore a una serie di controlli sociali nettamente differenti rispetto a

38 Cfr. C. Geertz, trad. it. Opere e vite. L'antropologo come autore, Bologna, Il Mulino, 1990. Alla domanda “cosa fa l'etnografo” Geertz risponde senza ombra di dubbio che l'antropologo scrive. La pratica etnografica, prima, e quella antropologica, poi, sono il frutto di un processo di scrittura.

quelli offline. Se nell'osservazione dei profili personali tale controllo è elevatissimo, per quanto riguarda l'osservazione delle pagine e dei gruppi, specie di quelli molto numerosi, il controllo diventa labile, tendente all'inesistente39. In queste situazioni, dunque, per un etnografo risulta più complicato sostenere forme di visibilità reciproca tra osservatore e osservato, risultando più agevole rimanere “invisibile” agli altri membri del gruppo o della pagina. Scegliere una strategia di osservazione basata su una presenza non palese implica anche rinunciare a una partecipazione attiva nei dialoghi con gli altri membri del gruppo a favore di un'osservazione, contemporaneamente vicina e lontana, delle dinamiche del gruppo stesso. È fondamentale, quindi, capire che negli studi etnografici sui social network il campo non è mai singolare, ma sempre plurale, multisituato e mutevole. I confini del campo devono essere immaginati come liquidi e costruiti, ricordando che sono frutto di una selezione del ricercatore. D'altra parte, l'etnografia è un metodo esplorativo dei fenomeni:

39 Nell'esperienza personale nella ricerca condotta, raramente si sono riscontrati problemi a esser accettati in un gruppo ‘generico’ e nutrito, mentre molte richieste per gruppi specifici sono state lasciate in sospeso: per esempio non sono mai state accolte le richieste di iscrizione ai gruppi che riproducono comunità nazionali in Italia, come Giovani somali in Italia e altri gruppi simili né a gruppi affini alle pagine dell'odio. Il problema dell'accettazione non si pone nelle pagine per le quali è sufficiente mettere un like e diventarne così seguaci. Salvo dimostrare aperta ostilità nei confronti dei contenuti della pagina, qualora fosse possibile interagire con gli amministratori, non si rischia l'esclusione dalla stessa.

Nella rete delle identità

The focus of the ethnography, provisional though it may be, is often chosen because it appears on the face of it to offer the chance to explore a theoretically interesting point or significant issue for the ethnographer’s home discipline. Ethnography is not simply empirically descriptive, but develops instead a theoretically enriched form of description through which ethnographers hope to make an intervention in the ongoing debates within the academic field, or policy domain, to which they orient themselves40.

La pratica etnografica, dunque, comporta una continua riflessione tra il campo e le posizioni epistemologiche in cui si perimetra, in una specie di percorso a spirale in cui si aggiunge sempre qualcosa allo stato della conoscenza. Si tratta di un processo che richiede un lungo periodo per esser messo in atto. La scrittura etnografica, dunque, è qualcosa in più di una semplice descrizione, anche se la restituzione ne costituisce l'aspetto principale.

Poiché si è lavorato su un materiale ampio dal punto di vista sincronico e in continuo mutamento, è emersa la necessità di una riflessione sul ruolo del ricercatore, sul mio ruolo, in una ricerca condotta su un terreno non fisico (ma non per questo meno reale) in cui sono compresenti, nello stesso luogo e nello stesso tempo, le due tendenze della tipologia di relazioni che si vogliono indagare.

40 C. Hine, Ethnography for the Internet, op. cit. p. 59.

Se su un terreno tradizionale le due tendenze possono essere esplorate in tempi e in luoghi diversi, ciò non è possibile nel campo dei social media, specie se si è già presenti al loro interno con un profilo personale, a prescindere dalla ricerca. Si è deciso, dunque, di creare due alias per fare chiarezza e ordine tra il materiale da analizzare.

È vero che il ricercatore porta sempre con sé il proprio punto di vista sulle cose del mondo e della vita e che già la selezione dell'argomento da ricercare è influenzata dalla sua identità, però è anche vero che i tempi e gli spazi della ricerca “tradizionale” possono essere distinti da quelli privati.

A differenza del campo etnografico offline, in cui gli spazi di interazione pubblico/privati sono chiari, nella rete si ha difficoltà a stabilire questi confini. La creazione di altri profili è legata soprattutto alla necessità di distinguere e i tempi e gli spazi della ricerca da quelli della vita privata41. Questa scelta ha chiare implicazioni nella pratica di ricerca e sull'idea del campo. Scegliendo di operare come lurker, si suppone che il campo sia uno spazio pubblico, al pari di un bar o di una stazione della metropolitana o di uno spettacolo. Tuttavia non è scontato che i partecipanti a un gruppo, i fan di una pagina o chi – semplicemente – non cambia le impostazioni di privacy, perché magari non ne ha capacità, intenda il gruppo, la pagina o il proprio profilo come uno spazio pubblico e aperto. Il dilemma riguarda

41 Il primo alias, dunque è stato creato con l'obiettivo di osservare e poi catalogare quelli inizialmente sono stati chiamati gruppi-pagine “contro” e che sono state poi identificate come “dell'odio”; il secondo, per i gruppi-pagine e contatti “pro”, cioè tendenti a una relazione positiva.

Nella rete delle identità

dunque se dichiarare la propria presenza online in qualità di etnografi. Nel corso di questa ricerca si è deciso di farlo coi gruppi, informando gli amministratori delle proprie intenzioni e, quando permesso, dialogando a lungo con loro.

D'altra parte, dichiarare “pubblicamente” la propria presenza, magari tramite post, non è garanzia di informazione per tutti: i membri del gruppo, per la natura stessa del social network di riferimento, potrebbero non leggere mail il messaggio. Né si può annunciare continuamente di esser lì come osservatori.

Non comunicare la propria presenza a tutti è uno dei limiti, ma contemporaneamente una forza, perché, data la posizione d'accesso, si possono mettere insieme materiali prodotti da, tra, per i soggetti indagati e non 'masticati' per il ricercatore.

Un problema che si pone pressante, a questo punto, è relativo alle precauzioni da prendere per rendere anonymous contenuti nonymous quando si studiano questioni identitarie e rappresentazioni degli altri, specie se collegate a idee politiche.