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La rete: una risorsa nel lavoro educativo con il giovane

5. Risultati e analisi

5.6 La rete: una risorsa nel lavoro educativo con il giovane

Attraverso le riflessioni scaturite nelle interviste, si è rilevato un tema importante non menzionato nella revisione teorica, ma che assume un ruolo fondamentale nella pratica educativa: il lavoro di rete. Nel suddetto capitolo si analizzerà il lavoro di rete e le varie sfaccettature che lo stesso può assumere all’interno del lavoro educativo nel progetto di vita del ragazzo, andando ad arricchire le rappresentazioni degli intervistati con apporti scientifici. Nell’operato quotidiano, all’interno del foyer Calprino, assume un ruolo essenziale il lavoro di connessione, condivisione e complementarità con la rete. Tale intervento collega le varie persone significative che attorniano il giovane collocato.

“(...) settimanalmente inviamo una e-mail d’aggiornamento a tutta la rete del ragazzo, quindi dal ragazzo stesso, alla famiglia, all’assistente sociale, direttore, vicedirettore, eccetera.” (intervista Giuseppe, p. 5).

Una delle teorie che supporta il lavoro di rete s’identifica nel modello sistemico53. La Fondazione Amilcare, come esplicitato precedentemente, crede fermamente nella circolarità degli eventi: non è la persona, in questo caso l’adolescente, ad avere un problema e,

                                                                                                               

53 “Secondo questa teoria ogni organismo è un sistema: una totalità composta di parti interagenti tra di loro e tendenti

all’equilibrio. Tra le parti di un sistema esiste un rapporto circolare cosicché il cambiamento di una di queste provoca una modifica delle altre e, quindi, dell’intero sistema. Si tratta di una teoria che sottolinea come un fenomeno possa essere compreso solamente se affrontato nella sua globalità. La spiegazione scientifica ad un problema va dunque rintracciata nell’organizzazione: nell’interazione che si stabilisce tra le singole unità che lo costituiscono. Tutto ciò permette di passare dal vecchio metodo scientifico fondato su una causalità di tipo lineare, fatto di rapporti causa-effetto tra variabile indipendente e variabile dipendente, ad uno nuovo basato, invece, su una causalità di tipo circolare, fatto reciprocamente.” (Gambini, 2007, p.

dunque, dover essere curato, bensì vi è una disfunzionalità nelle dinamiche relazionali vigenti nel suo sistema di socializzazione e, nella maggior parte dei frangenti, all’interno del nucleo famigliare.

“Cette démarche est toujours très riche car elle augmente la quantité d’information pertinente sur la situation de même qu’elle permet au jeune, et selon le cas à la famille, de vivre ou revivre un investissement relationnel parfois éteint, lointain, sinon rompu depuis plusieurs années. Cette exploration va permettre de lever les risques liés à une définition trop réductrice de la problématique et déstigmatiser le jeune en replaçant ses comportements, ses passages à l’acte, mais aussi sa souffrance, dans un processus dynamique en lien avec son contexte et son histoire familiale.”54 (Marquebreucq, Menegalli & Nyssens, 2010, p. 107). In tal senso, implicare persone significative nel progetto del minore, come, per esempio, la famiglia, acquisisce due funzioni importanti. La prima è relativa al fatto che, ascoltando e facendo tesoro dei significati attribuiti alla situazione per merito di persone con ruoli differenti da quello educativo, ci viene concesso di avere una visione maggiormente ampia e olistica della storia del giovane e di quanto stia passando.

“Da soli, si arriva solo fino a un tot., ma quando invece ci sono altri attori coinvolti che magari hanno anche diverse esperienze o anche ruoli diversi, ti possono dare quell’apporto in più che solo un’Amilcare o solo un educatore o solo un capo équipe o un’équipe non possono riuscire a dare, ma perché più teste sono meglio di una.” (intervista Giuseppe, pp. 5-6). Il secondo valore sostanzioso è annesso alla possibilità di trasformare la famiglia da limite a risorsa. Coinvolgere, per esempio, una mamma, la quale ha avuto difficoltà ad adempiere al suo ruolo, nella vita del figlio significa attribuirle valore, toglierle lo stigma di figura materna inadeguata e spronarla a diventare protagonista attiva nella crescita del ragazzo. A tal proposito una conseguenza positiva che si potrebbe verificare è il riavvicinamento tra familiari e adolescente. “Établissement d’un travail familial qui vise à restaurer les relations. Cette optique pose le postulat d’une non-substitution des parents. C’est la qualité réparatrice de la relation parent-enfant, qui constitue l’objectif principal du travail.”55(Coenen, 2001, p. 138).

Per il ragazzo stesso, sapere che ci sono delle persone che dialogano e occupano parte del loro tempo per prendersi cura della sua situazione, è fonte di sicurezza. “Gli adolescenti devono sapere, «sentire» che c’è una rete educativa – pensata e realizzata per loro – e che al suo interno c’è connessione, c’è dialogo, con valori e obiettivi condivisi, pur nella diversità: solo così quella rete acquisisce, per loro, una reale capacità protettiva.” (Contini, 2012, p. 52). Sperimentare, inoltre, l’essere il protagonista, all’interno della rete, di ogni comunicazione trasparente che lo riguarda, è motivo di crescita e di responsabilizzazione: non sono gli altri a decidere per lui, ma lui è co-partecipe e responsabile nella formulazione e

                                                                                                               

54 Traduzione: “Questo approccio è sempre molto ricco perché aumenta la quantità di informazioni rilevanti per la situazione e

consente al giovane, come alla famiglia, di vivere o rivivere un investimento relazionale a volte estinto, distante, se non interrotto da diversi anni. Questa esplorazione permette di ridurre i rischi legati a una definizione troppo riduttiva della problematica e de-stigmatizzare sostituendo il suo comportamento, i suoi passaggi all’atto, ma anche la sua sofferenza, in un processo dinamico legato al suo contesto e alla sua storia familiare.”

55 Traduzione: “Stabilire un lavoro familiare che punta a rinstaurare le relazioni. Questa prospettiva pone il postulato di una non-

attuazione del progetto. Il lavoro che l’educatore svolge con il ragazzo deve permettergli di avere un copioso spazio di manovra, inteso “(...) come distanza che intercorre fra la strada che noi indichiamo e quella che loro a un certo punto imboccano e percorrono: perché sono in grado di scegliere, di essere protagonisti dei loro progetti, di cercare loro, la loro chance di felicità.” (Contini, 2012, p. 52).

L’operatore sociale, d’altro canto, ha la possibilità di confrontarsi con professionisti competenti in svariati campi, i quali forniscono complementarità alla visione educativa e impiegano strumenti diversi nella lettura della situazione in analisi. “La complessità delle storie con cui lavoriamo, per essere affrontata, implica insomma l’intervento di più servizi, più operatori. Diventa sempre più necessario mettere insieme le diverse competenze. Mettere insieme le diverse competenze non vuole dire giustapporle ma integrarle, per arrivare a condividere tra operatori una rappresentazione del problema (o dei problemi) su cui si sta lavorando.” (Camerlenghi & D’Angella, 2008, cit. in Maida, Molteni & Nuzzo, 2009, p.15). Sia Simone, sia Elisa dichiarano che l’integrazione di professionisti specifici nei progetti di vita dei ragazzi è parte integrante del lavoro svolto nel foyer.

“Se sappiamo che un ragazzo consuma, si lavora sì sull’astinenza, ma parallelamente anche su un consumo corretto attivando gli attori della rete pertinenti. (...) Noi non lavoriamo in sostituzione, dunque se ci sono dei professionisti più competenti su determinati argomenti s’interpellano.” (intervista Simone, p. 2).

“Per esempio abbiamo già chiamato persone della rete esterna (...) tipo danno.ch, per parlare con i ragazzi e dare delle informazioni che sono proprio puramente preventive.” (intervista Elisa, p. 3).

Un altro aspetto che vede il lavoro di rete quale una risorsa per l’educatore è la possibilità di poter condividere, in ottica di trasparenza, scelte e responsabilità con più professionisti. Tutti gli educatori esprimono nell’intervista un senso di tranquillità nel fornire in maniera trasparente tutte le informazioni alla rete esterna e nel sapere che all’interno dell’équipe e della Fondazione c’è condivisione e sostegno. Alla domanda: quando ti devi assumere una determinata responsabilità rispetto al rischio in cui incorre un ragazzo, cosa ti fa stare tranquillo? Hanno risposto quanto segue.

“Sicuramente la condivisione con i miei colleghi, con il responsabile e con il direttore. (...) Magari sul momento in cui accade una cosa io vedo solo un aspetto, ma poi condividendolo ci sono anche altre persone che vedono altre cose e lì si comincia a tessere la rete di sicurezza rispetto a questa responsabilità e non ti senti solo (...).” (intervista Elisa, p. 3). “Nel ruolo di educatore mi fa stare tranquillo la trasparenza con i superiori e con la rete.” (intervista Giuseppe, p. 5).

“Il fatto di informare sempre tutti permette di avere un’equa distribuzione delle responsabilità a seconda delle competenze specifiche da attivare.” (intervista Simone, p. 2).

Dal suddetto capitolo è stata rilevata l’importanza della rete, sia a livello teorico, sia nel lavoro quotidiano al front-line della relazione. Si è notato quanto lo stesso possa attivare risorse indispensabili per la crescita del ragazzo e, inoltre, tutti gli educatori hanno dichiarato una grande utilità nella trasparenza con gli attori coinvolti, ragazzo stesso compreso, a livello di assunzione di responsabilità.

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