Negli ultimi decenni l’attenzione è sempre più rivolta alla riduzione delle emissioni al fine di limitare i problemi ambientali scaturiti da un massiccio uso di combustibili fossili. L’obiettivo non è solo quello di limitarne l’utilizzo ma è anche quello di migliorare i sistemi attualmente utilizzati e aumentarne l’efficienza.
Molto spesso le sorgenti a media-bassa temperatura, seppure numerosissime nei processi industriali, restano inutilizzate e proprio per questo motivo nasce l’esigenza di utilizzare opportunamente questi cascami termici a disposizione in opportuni impianti.
Attualmente su larga scala la tecnologia più importante utilizzata è il ciclo Rankine a vapore, il quale non risulta idoneo per applicazioni medio-piccole atte a sfruttare sorgenti di calore a bassa entalpia.
3.3.1 Il ciclo Rankine Base
Il ciclo Rankine è un ciclo termodinamico che converte il calore in lavoro. L’impianto base è costituito da due trasformazioni adiabatiche e da due trasformazioni isobare, esso presenterà un rendimento termico interno minore del corrispondente ciclo di Carnot operante tra gli stessi valori di temperatura.
L’impianto è costituito essenzialmente da quattro componenti principali: • Il generatore di vapore
• La turbina a vapore • Il condensatore • La pompa
49
Figura 15: Schema ciclo Rankine base Figura 16:Ciclo termodinamico su piano T-S
L’acqua viene compressa dalla pompa fino alla pressione richiesta dal generatore (1-2), riscaldata e fatta evaporare all’interno del generatore (2-3), viene quindi prodotto vapore da far espandere in turbina (3-4) così da trasformare l’energia termica posseduta dal fluido in lavoro meccanico ed infine il vapore viene inviato in un condensatore dove si sottrae calore tale da favorire la sua condensazione (3-0).
Partendo dalla configurazione di base è possibile ottenere configurazioni più complesse mediante l’aggiunta di alcuni componenti. Il surriscaldatore è uno di questi e permette al vapore saturo di surriscaldarsi prima di entrare in turbina aumentando il rendimento termico perché va ad incrementare la temperatura media di introduzione del calore. Per aumentare il salto di entalpia sfruttabile si può effettuare un risurriscaldamento di vapore modificando l’impianto in modo che il vapore si espanda in una prima turbina e successivamente rinviato al generatore di calore dove si surriscalda nuovamente raggiungendo la temperatura massima del ciclo, per poi essere nuovamente espanso mediante turbine di media e bassa pressione.
50 3.3.2 Il ciclo Rankine a fluido organico
Il ciclo Rankine sopra descritto risulta particolarmente idoneo alle grandi taglie e alle alte temperature mentre per applicazioni a bassa temperatura presenta diverse problematiche rivelandosi penalizzante ed economicamente poco sostenibile.
Questo è dovuto al fatto che allo scendere della temperatura insorge il rischio di erosione delle pale delle turbine a causa delle gocce di liquido che si formano a fine espansione, rendendo necessario
inserire un risurriscaldamento intermedio per prevenire la formazione di condensa. Inoltre, al diminuire della taglia dell'impianto si rendono necessarie turbomacchine di taglia minore, caratterizzate da minore efficienza e costo e complessità progettuale più elevati. In particolare, la potenza ottenuta all'espansore è proporzionale alla portata di fluido e al salto entalpico disponibile.
𝑃 = 𝑚̇∆ℎ
Per sistemi con potenza ridotte, si vogliono evitare valori di portate di massa del fluido espanso troppo basse che porterebbero a dimensioni eccessivamente ridotte della turbina. Per mantenere un valore maggiore di portata al diminuire della potenza prodotta è necessario quindi andare a diminuire il salto entalpico.
Chen et al. [27], ricavano la formula del salto di entalpia all'espansore e vale che:
∆ℎ𝑖𝑠 = 𝐶𝑝𝑇𝑖( 1 − 𝑒
𝑟(𝑇11−𝑇21) 𝐶𝑝 )
Il calore specifico a sua volta è legato alla massa molare del fluido:
𝐶𝑝 = 𝑘 (𝑘 − 1)𝑅
51 I fluidi idonei quindi sono quelli con un valore di calore specifico più basso rispetto a quello dell’acqua, cioè un fluido con elevata massa molecolare e caratterizzato da molecole più complesse.
Riassumendo il ciclo Rankine alle basse temperature risulta svantaggioso in quanto: • Richiede tubi e scambiatori di elevato volume dovuta alle ridotte pressioni e
temperatura alle quali è necessario far condensare il fluido.
Questo comporta apparecchiature costose che risultano non convenienti per i valori di efficienza che si riescono ad ottenere.
• Necessita di surriscaldamento oppure necessita di proteggere le pale della turbina a causa dell’elevata umidità del vapore a fine espansione.
Entrambi gli accorgimenti implicano costi aggiuntivi d’impianto.
• Pressioni di condensazione minore della pressione ambiente che implica infiltrazioni d’aria e necessità di introdurre un degasatore.
• Bassa densità del vapore a fine espansione, il che richiede macchine con pale molto lunghe negli ultimi stadi di bassa pressione.
• Turbine multistadio,ad alta velocità periferica e grandi sollecitazioni dovuto al salto entalpico a cavallo della turbina.
Per poter sfruttare le sorgenti a bassa entalpia sono stati studiati i cicli termodinamici Rankine a fluido organico (ORC_” Organic Rankine Cycle”) che risultano tra i vari cicli termodinamici i più semplici, affidabili e di più facile manutenzione.
Gli ORC hanno la solita configurazione di un ciclo Rankine tradizionale, differiscono soltanto per la tipologia di fluido utilizzato, sono caratterizzati quindi da fluidi “bassobollenti” cioè con temperatura di ebollizione inferiore a quella dell’acqua.
52 Questi sistemi possono essere utilizzati per sfruttare svariate tipologie di sorgenti termiche: flussi termici di scarto di processi industriali (WHR_”Waste Heat Recovery”), dalla combustione di biomasse, dal calore fornito da pannelli solari a concentrazione e dall’energia geotermica a bassa entalpia.
3.3.2.1 Architettura di cicli ORC
I fluidi organici hanno proprietà diverse da quelle dell’acqua e ciò ha influenza sull’architettura del ciclo. Il layout è simile a quello del ciclo Rankine a vapore e perciò prevede anch’esso una pompa, un evaporatore, un espansore collegato ad un generatore elettrico ed un condensatore.
Date le basse temperature in gioco, le basse potenze e i bassi rendimenti i cicli devono essere più semplici possibile. Nella maggior parte dei casi si evitano rigenerazioni con spillamenti di vapore e assenza di surriscaldamento o comunque un surriscaldamento limitato e accuratamente valutato, inoltre si preferisce espandere fino a pressioni non troppo basse al fine di evitare la presenza del degasatore.
Molto comune è invece l’inserimento di un recuperatore di calore che opera fra l’uscita della pompa e l’uscita dell’espansore, in modo da sfruttare il calore del vapore all’uscita dell’espansore per preriscaldare il liquido in entrata nell’evaporatore, diminuendo cosi il calore necessario per vaporizzare il fluido ed aumentando l’efficienza di ciclo.
53
Figura 18: Diagramma termodinamico del ORC senza e con rigeneratore
3.3.2.2 Modello termodinamico del ciclo
Per ciascun componente si possono applicare le leggi della termodinamica per effettuare i bilanci di energia ai componenti e per calcolare di indici di performance.
• L’equazione del bilancio di energia ∑ 𝐸̇𝑖 𝑖 + 𝑄̇ = ∑ 𝐸̇0 0+ 𝑊̇
Le leggi della termodinamica che regolano le trasformazioni dell’ORC base sono: • 1-2 Compressione adiabatica:
Potenza pompa: 𝑊𝑝=
𝑚(ℎ1−ℎ̇ 2)
𝜂𝑝
̇
• 2-3 Evaporazione isobara del fluido organico:
Calore assorbito dal fluido: 𝑄̇𝐸 = 𝑚̇𝑓(ℎ3− ℎ2) • 3-4 Espansione adiabatica:
Potenza turbina: 𝑊̇𝑇 = 𝑚̇𝑓(ℎ3− ℎ4𝑖𝑠)𝜂𝑇 con 𝜂𝑇 =
(ℎ3−ℎ4)
(ℎ3−ℎ4𝑖𝑠)
• 4-1 Condensazione isobara:
54 Indicatori di performance del ciclo:
• Rendimento dell’ORC: 𝜂𝑂𝑅𝐶 = 𝑃𝑂𝑅𝐶 𝑄̇𝐼𝑁 𝑂𝑅𝐶 = 𝐿𝑂𝑅𝐶 𝑞𝐼𝑁 𝑂𝑅𝐶 • Rendimento di recupero 𝜂𝑅𝐸𝐶 = 𝑃𝑂𝑅𝐶 𝑄̇𝐼𝑁 𝑂𝑅𝐶 = 𝑃𝑂𝑅𝐶 𝑄̇𝐼𝑁 𝑂𝑅𝐶 × 𝑄̇𝐼𝑁 𝑂𝑅𝐶 𝑄̇𝐻𝑂𝑇 = 𝜂𝑂𝑅𝐶× 𝜀 Dove: 𝜀 = 𝑚̇ 𝑚̇𝑓(ℎ3− ℎ1) 𝐻𝑂𝑇𝐶𝑝(𝑇𝐻𝑂𝑇− 𝑇𝑚𝑖𝑛) 3.3.2.3 Il fluido operativo
La differenza principale fra ORC e Rankine a vapore consiste nel diverso fluido di lavoro. I fluidi organici utilizzati negli ORC differiscono dall’acqua soprattutto per quanto riguarda le proprietà, in particolare: peso molecolare e temperatura di ebollizione.
La scelta del fluido organico motore, gioca un ruolo fondamentale ai fini dell’ottimizzazione e del rendimento termodinamico oltre che all’impatto ambientale.
I fluidi organici sono numerosi e possono essere classificati secondo diversi parametri: • La pendenza della curva di saturazione
• La composizione molecolare: idrocarburi (HC), idrofluorocarburi (HFC), idroclorofluorocarburi (HCFC), clorofluorocarburi (CFC), silossani, eteri, alcoli, inorganici
• Il punto critico: pressione e temperatura
• Le proprietà termodinamiche: calore specifico, calore latente, conducibilità termica, massa molecolare, punto critico…
55 • I parametri di sicurezza: infiammabilità, tossicità, compatibilità con i materiali,
Ozone Depletion Potential (ODP), Global Warming Potential (GWP)
La prima classificazione si basa sulla pendenza della curva di saturazione del fluido. Questa catalogazione è molto importante perché sono necessari accorgimenti tecnici differenti a seconda della categoria di fluidi presa in considerazione. Da essa inoltre dipenderanno l’efficienza del ciclo e la potenza estratta [28].
Si distinguono in:
• Wet Fluid: pendenza della curva limite superiore negativa (ζ=ds/dT<0) (es, acqua, ammonia)
• Dry Fluid: pendenza della curva limite superiore positiva (ζ=ds/dT>0)(es, benzene, R134a, R113)
• Isoentropic Fluid: pendenza della curva limite superiore verticale (ζ=ds/dT=0)(es. R142b, fluorinol 85)
Figura 19: Diagramma T-s per fluidi umidi, secchi e isoentropici [29]
Liu et al. [30] hanno proposto una correlazione per il calcolo di ζ.
ζ =𝐶𝑝 𝑇𝐻− ( 𝑛 𝑇𝑟𝐻 1 − 𝑇𝑟𝐻) + 1) 𝑇𝐻2 ∆𝐻𝐻 Dove 𝑇𝑟𝐻 = 𝑇𝐻
𝑇𝐶 , per n viene suggerito un valore tra 0.375 o 0.38 [31], mentre ∆𝐻𝐻,
𝑇𝐻 rappresentano rispettivamente l’entalpia di vaporizzazione e la temperatura di evaporazione.
56 Se si hanno a disposizione i dati dell’entropia e della relativa temperatura, è tuttavia consigliabile ricorrere al calcolo della derivata per verificare le caratteristiche del fluido. I fluidi umidi, avendo una campana simile a quella dell’acqua sono caratterizzati da un basso titolo del vapore a fine espansione. Di conseguenza è necessario tenere presente la formazione di condensa degli ultimi stadi di espansione.
Per ovviare a questo problema si sottopone il fluido a surriscaldamento in modo che all’uscita dell’espansore abbia ancora un titolo del vapore sufficientemente elevato. Nella fase vapore la conducibilità termica è più bassa e per questo motivo il surriscaldatore è dotato di un’area di scambio estesa che comporta un aumento dei costi dell’impianto. I fluidi secchi ed isoentropici invece non soffrono di questa problematica ed il surriscaldatore può essere evitato. Nel caso dei fluidi secchi il fluido che entra nell’espansore nello stato di vapore saturo, dopo una espansione isoentropica si troverà nello stato di vapore surriscaldato, di conseguenza il carico che grava sul condensatore sarà elevato. In questo caso si utilizza uno scambiatore interno rigenerativo che permette di recuperare il calore sensibile del vapore. Nella maggior parte dei casi questo comporta un aumento dell’efficienza a prezzo di una maggior complessità dell’impianto e di un aumento del costo complessivo. Un surriscaldamento a monte dell’espansore potrebbe portare alla presenza di fluido eccessivamente surriscaldato all’uscita dell’espansore stesso, fattore che potrebbe portare ad un abbassamento dell’efficienza del ciclo.
Secondo Hung et al [32] la persistente saturazione durante l’espansione e il fatto che non ci sia bisogno dell’installazione di un rigeneratore rende gli isoentropic fluids ideali per lavorare negli ORC.
Gli unici svantaggi che possono presentare riguardano il loro costo, la stabilità chimica e la sicurezza. Gli stessi autori, nelle loro più recenti ricerche per studiare l’influenza della curva di saturazione del vapore sull’efficienza e le irreversibilità del sistema, hanno evidenziato che alcuni wet fluids con una pendenza della curva molto elevata (quasi verticale e perciò
57 simile agli isoentropici) sono più performanti in termini di efficienza di conversione energetica rispetto ai dry fluids.
Si precisa però che essi non sono sempre adatti per i sistemi ORC quando si considerano le altre proprietà termo fisiche come per esempio la conduttività termica, calore latente. Sempre Hung et al. [32] hanno trovato che compiendo il surriscaldamento l’efficienza cresce nel caso di wet fluids mentre decresce per i dry fluids se non muniti di rigeneratore. Questo perché il surriscaldamento incrementa la temperatura di uscita dalla turbina e incrementa il calore sensibile scambiabile nel rigeneratore.
Si riduce in questo modo la fase di economizzazione e quindi la molteplicità delle sorgenti. I medesimi autori evidenziano inoltre le proprietà che hanno i dry e gli isoentropic fluids di ridurre l’area di lavoro netto nel diagramma T-s. Alcune pubblicazioni [33] mostrano che il rendimento di secondo principio diminuisce con la temperatura in entrata della turbina a causa di un incrementi dell’irreversibilità e che l’efficienza termica del ciclo è una debole funzione della temperatura in ingresso della turbina e perciò il surriscaldamento non è necessario per i fluidi organici.
58 Dalla figura si può notare quanto la differenza di entropia fra la curva di liquido saturo e di vapore saturo sia molto più grande nel caso dell’acqua (calore latente), così come lo è la differenza di entalpia.
Questo implica nel caso dei fluidi organici, una portata molto più elevata per assorbire la stessa potenza termica.
3.3.2.4 Proprietà dei fluidi
Le prestazioni di un ORC dipendono fortemente dalle proprietà fisiche e termodinamiche del fluido operativo scelto. Di seguito vengono elencate le proprietà che devono essere tenute in considerazione nella fase preliminare di scelta del fluido.
1. Peso molecolare
Un vantaggio che i fluidi organici presentano rispetto all’acqua è il peso molecolare, difatti fluidi con elevato peso molecolare riducono la differenza di entalpia all’espansore permettendo di limitare il numero di stadi. Accettando l’ipotesi di gas ideale, la differenza di entalpia tra due generici punti 1 e 2 in espansione isoentropica può essere scritta:
∆ℎ =𝑘𝑅𝑇1 𝑘 − 1[1 − ( 𝑝2 𝑝1) 𝑘−1 𝑘 ] = 𝑘𝑅𝑇1 𝑀. 𝑊. (𝑘 − 1)[1 − ( 𝑝2 𝑝1) 𝑘−1 𝑘 ]
Da questa formula emerge come la differenza di entalpia in espansione isoentropica decresce all’aumentare del peso molecolare.
Per una data temperatura di evaporazione, le perdite entalpiche dei fluidi a più alto peso molecolare
sono generalmente minori. Inoltre le temperature critiche dei fluidi con alto peso molecolare sono solitamente più elevate. Questa caratteristica permette di lavorare con sorgenti ad alta temperatura e perciò di raggiungere più alte efficienze. Il peso molecolare suggerisce la densità del fluido e perciò l’uso di fluidi con alto peso semplifica la progettazione della turbina: un alto peso molecolare infatti è sinonimo di un’alta densità
59 ovvero di un basso volume specifico. Questo risulta assai vantaggioso specialmente negli impianti che usano basse pressioni di condensazione perché permette di ridurre la dimensione e la complessità dell’espansore ma anche degli altri componenti.
2. Calore latente di evaporazione
Dipende dal tipo di fluido e dalla temperatura di evaporazione. E’ un parametro termodinamico importantissimo perché influenza fortemente il calore in ingresso del sistema e perciò la sua dimensione e il costo dei collettori.
Un fluido con elevato calore latente di evaporazione, infatti, è in grado di assorbire più calore nell’evaporatore e ciò implica una portata in massa minore di fluido nel sistema che consente di poter ridurre la dimensione dell’impianto stesso e la potenza consumata dalla pompa [34]
Chenatal.in [27] dimostra che fluidi con elevato calore latente forniscono un lavoro specifico maggiore. Infatti, assumendo l’ipotesi di gas ideale, l’equazione di stato è:
𝑃𝑣 = 𝑅𝑇 Dall’equazione di Clausius-Clapeyron: 𝑑𝑃 𝑑𝑇= ∆𝐻 𝑇∆𝑣 Dove: 𝑑𝑃
𝑑𝑇 è la pendenza della curva di coesistenza ∆𝐻 è il calore di evaporazione
𝑇 è la temperatura assoluta
∆𝑣 è la variazione del volume durante la transizione di fase
Combinando queste due equazioni risulta che il rapporto tra le pressioni di due punti appartenenti alla solita linea di coesistenza è:
60 𝑃2
𝑃1= 𝑒
[∆𝐻𝑅 (𝑇11−𝑇21)]
Il rapporto tra le pressioni è quindi funzione del calore latente di evaporazione. Il salto entalpico isoentropico a cavallo della turbina è:
∆ℎ𝑖𝑠= 𝑘𝑅𝑇1 𝑘 − 1[1 − ( 𝑝2 𝑝1) 𝑘−1 𝑘 ] Combinando le equazioni: ∆ℎ𝑖𝑠 =𝑘𝑅𝑇1 𝑘 − 1[1 − 𝑒 (∆ℎ𝑅(𝑇11 − 𝑇21)𝑘−1𝑘 ) ]
Ciò dimostra che il salto di entalpia e quindi il lavoro specifico, è grande per i fluidi aventi un elevato calore latente di vaporizzazione. Quando la sorgente è costituita da calore di scarto industriale, WHR, è meglio utilizzare un fluido organico con un più basso calore latente di evaporazione, in modo che il processo di trasferimento del calore avvenga a temperatura maggiormente variabile e il profilo di temperatura del fluido segua di più il profilo del fluido caldo. In questo modo, la differenza di temperatura nello scambiatore si riduce e le irreversibilità diminuiscono [35].
61 3. Punto Critico
Tipicamente le temperature critiche e le pressioni critiche dei fluidi organici sono inferiori rispetto a quelle dell’acqua.
Solitamente si preferiscono i fluidi con una temperatura critica e pressione critica elevate, questo permette di lavorare a più alte pressione di evaporazione e di conseguenza produrre un più lavoro in uscita.
Infatti, più è elevato il rapporto fra le due pressioni di ciclo, più alto è il lavoro prodotto. Inoltre, secondo Liu e al. [36], per date temperatura di condensazione ed evaporazione, una buona efficienza del ciclo è raggiungibile soltanto usando fluidi con una alta temperatura). In conclusione, del loro lavoro essi suggeriscono chiaramente che l’efficienza dell’impianto potrebbe essere ulteriormente migliorata selezionando dei fluidi con punto critico più alto; secondo Chen e al. [27], i fluidi con una temperatura critica inferiore ai 27°C non sono da prendere in considerazione.
Come noto, per aumentare il rapporto fra le pressioni si hanno due alternative: si può abbassare la pressione di condensazione oppure aumentare quella di evaporazione. La pressione di condensazione è difficilmente riducibile poiché è dettata dalla temperatura di condensazione la quale è limitata dalla temperatura del pozzo termico (che può essere la T dell’aria ambiente, dell’acqua del mare ecc.). Il punto critico è dunque importate non solo perché incide sulla performance del ciclo ma anche perché influisce sulla scelta del fluido. Per una temperatura media ambientale di 15°C ad esempio, affinché possa esserci lo scambio termico in condensazione, è necessario, che la temperatura di condensazione sia maggiore della temperatura ambiente e dunque sarà ovviamente indispensabile che la temperatura critica sia più alta, altrimenti il ciclo non è realizzabile.
4. Conduttività
La conduttività deve essere più alta possibile in modo tale da ottenere un elevato coefficiente di trasmissione del calore e migliorare lo scambio termico nello scambiatore.
62 5. Viscosità
La viscosità influenza sia lo scambio termico che le perdite di carico nei condotti. Minore è la viscosità e maggiore è il coefficiente di scambio termico inoltre maggiore è viscosità e maggiori sono le perdite di carico.
6. Pressione e temperatura di evaporazione
La scelta della pressione di evaporazione incide particolarmente sull’efficienza del ciclo. Essa deve essere contenuta entro certi valori accettabili al fine di limitare gli spessori delle tubazioni, ridurre l’entità delle fughe e non dover utilizzare particolari accorgimenti per le guarnizioni.
Più alta è la pressione di evaporazione e maggiora sarà l’efficienza complessiva a causa della maggiore differenza tra la temperatura massima e minima del ciclo. Tuttavia non sempre alla massima pressione del ciclo corrisponde la massima efficienza, difatti nei sistemi WHR l’efficienza globale è definita come:
𝜂𝑔 = 𝜂𝑐∙ 𝜀
Dove 𝜀 è definita come il rapporto tra il calore scambiato e quello disponibile:
𝜀 = 𝑄̇𝑒𝑥𝑐ℎ 𝑄̇𝑎𝑣
Un valore troppo elevato della pressione di evaporazione può ridurre il calore scambiato e quindi può peggiorare la performance globale dell’impianto.
63
Figura 22: Efficienza di un sistema WHR in funzione della pressione di evaporazione [37]
Inoltre, non è consigliabile operare troppo vicini al punto critico, per evitare che piccole variazioni di temperatura portino a grandi variazioni di pressione, rendendo il sistema instabile durante il funzionamento.
In letteratura non sono presenti valori precisi che indichino il valore minimo da mantenere rispetto al punto critico, alcuni autori [38] hanno suggerito di mantenersi circa 10-15 gradi al di sotto della temperatura critica. Altri invece [35] consigliano di mantenersi circa 10 bar al di sotto della pressione critica.
Rayegan et al [39], riferendosi ai fluidi secchi, consigliano di adottare la pressione massima del ciclo tale da non intersecare la zona bifase durante il processo di espansione.
7. Complessità molecolare
In accordo con [40], la complessità molecolare è definita come:
𝜎 =𝑇𝑐𝑟 𝑅 (
𝜕𝑠
𝜕𝑇)𝑆𝑉,𝑇𝑟 =0.7
Dove 𝑇𝑐𝑟 è la temperatura critica, R è la costante dei gas e 𝜕𝑠
𝜕𝑇 viene valutata sulla curva di saturazione del vapore per una riduzione di temperatura di 0.7.
64 Questo parametro è direttamente proporzionale alla pendenza della curva di saturazione e quindi dipenderà dal tipo di fluido utilizzato: “dry”, “wet” o “isoentropic”. Gli effetti qualitativi della struttura molecolare sul valore di 𝜎 sono facilmente risaltati nel caso in cui il vapore saturo sia comparabile a un gas ideale. In questo caso:
𝜎 = 𝑇𝑐𝑟 𝑅 [( 𝜕𝑠 𝜕𝑇)𝑇( 𝜕𝑠 𝜕𝑇)𝑆𝑉 + ( 𝜕𝑠 𝜕𝑇)𝑃]𝑆𝑉,𝑇 𝑟=0.7 = 𝑇𝑐𝑟 𝑅 [− 𝑅 𝑝( 𝜕𝑝 𝜕𝑇)𝑆𝑉 + 𝐶°𝑝 𝑇 ]𝑆𝑉,𝑇 𝑟=0.7 = [−𝑅 𝑝𝑟( 𝜕𝑝 𝑟 𝜕𝑇𝑟)𝑆𝑉 + 𝑘 𝑘 − 1 1 𝑇𝑟] 𝑆𝑉,𝑇𝑟=0.7
Per molecole semplici il termine (𝜕𝑝 𝜕𝑇𝑟
𝑟)𝑆𝑉 prevale su termine positivo
𝑘 𝑘−1
1
𝑇𝑟 e la pendenza
della curva di saturazione è negativa (“wet fluid”). Se la complessità molecolare aumenta, k aumenta tendendo ad 1, quindi la pendenza della curva di saturazione diventa positiva. I fluidi secchi hanno una struttura molecolare più complessa rispetto ai bagnati. La pendenza della curva di saturazione, in prima approssimazione, è una funzione solo del numero di atomi della molecola non del peso molecolare.
La temperatura critica e il fattore acentrico di un fluido, aumentano con la complessità molecolare, mentre la pressione critica decresce con la complessità molecolare.
La complessità molecolare incide inoltre sull’efficienza della turbina. Più bassa è la complessità molecolare e minore sarà l’efficienza della turbina, mentre fluidi con elevata complessità molecolare hanno effetti benefici sulla rigenerazione del ciclo, ad eccezione del benzene e del cicloesano.