• Non ci sono risultati.

Analisi termo-economica di un microsistema di liquefazione di gas naturale con recupero mediante impianto ORC

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Analisi termo-economica di un microsistema di liquefazione di gas naturale con recupero mediante impianto ORC"

Copied!
248
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

Scuola di Ingegneria

CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA ENERGETICA

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

Analisi termo-economica di un microsistema di liquefazione di gas naturale

con recupero mediante impianto ORC

RELATORI:

Prof. Marco Antonelli Prof. Umberto Desideri CORRELATORI:

CANDIDATI: Eleonora Motolese Elisa Palmerini

Dott. Andrea Baccioli Ing. Gianluca Pasini

(2)

Abstract

L’interesse nel Gas Naturale Liquefatto (GNL) come combustibile alternativo è in rapida crescita.

L’utilizzo del metano difatti si sta sempre più diffondendo nel settore dei trasporti, industriale e nella propulsione marina grazie ai numerosi vantaggi che esso presenta; in particolare le ridotte emissioni di inquinanti rispetto ai combustibili derivati dal petrolio e facilità di stoccaggio rispetto al GNC che garantiscono sicuramente maggiore affidabilità e sicurezza.

L’obiettivo principale di questa tesi è quello di definire il costo livellato (o medio) di generazione del GNL, verificando la possibilità di accoppiare un ciclo a fluido organico (ORC) per ridurre la potenza richiesta e perciò il costo stesso.

Generalmente i processi di liquefazione sono energeticamente dispendiosi a causa delle elevate pressioni necessarie per raggiungere le condizioni criogeniche al fine di liquefare il gas naturale.

In questa tesi verrà analizzato il processo a doppia espansione con l’uso di azoto come refrigerante data la particolare idoneità alla piccola scala.

La modellazione è stata realizzata mediante il software Aspen HYSYS. In particolare, sono stati studiati due metodi di inter-refrigerazione per le compressioni multistadio e due tipi di espansori.

Successivamente i modelli sono stati ottimizzati mediante un algoritmo, minimizzando il consumo specifico preso come funzione obiettivo.

Una volta noti gli ottimi termodinamici è stata effettuata l’analisi economica, andando a definire un primo costo di generazione del GNL.

Secondariamente è stata studiata la possibilità di effettuare un recupero termico per poter ridurre i notevoli consumi energetici dell’impianto sfruttando il calore da asportare nelle fasi di inter-refrigerazione mediante un ciclo Rankine a fluido organico (ORC).

Sono stati studiati cinque tipi di fluido organico e vari layout di impianto al fine di valutare la soluzione più conveniente.

Anche di questa configurazione è stata effettuata un’ottimizzazione sia termodinamica che economica.

(3)

2 Questo studio è stato condotto considerando le tariffazioni di energia elettrica e gas naturale di rete in vigore in Italia. Al fine di generalizzare i risultati sono state create delle mappe su cui è possibile individuare per quali fasce di prezzo del gas e dell’energia elettrica è conveniente accoppiare un ORC, tale che la riduzione della spesa dell’energia elettrica giustifichi l’aumento del costo capitale.

Questo studio può essere paragonato in termini relativi ma non assoluti ad un impianto alimentato a Biogas.

(4)

3

Indice

1 INTRODUZIONE... 9

1.1 LO SCENARIO ENERGETICO ATTUALE E LE PREVISIONI FUTURE ... 9

2 IL GAS NATURALE ... 11

2.1 IL GAS NATURALE LIQUEFATTO ... 11

2.2 I SISTEMI DI LIQUEFAZIONE ... 23

3 RECUPERO TERMICO ... 38

3.1 WASTE HEAT RECOVERY ... 38

3.2 WASTE HEAT RECOVERY DA PROCESSI INDUSTRIALI ... 43

3.3 ORGANIC RANKINE CYCLE ... 48

4 IL MODELLO DEL CICLO JOULE BRAYTON INVERSO ... 67

4.1 DESCRIZIONE DEL CICLO PER LA LIQUEFAZIONE DEL GAS NATURALE ... 68

4.2 DESCRIZIONE DEI COMPONENTI CHE COMPONGONO L’IMPIANTO DI LIQUEFAZIONE ... 74

4.3 CREAZIONE DEL MODELLO CON ASPENHYSYS ... 85

4.4 ANALISI TERMODINAMICA ... 93

4.5 ANALISI ECONOMICA ... 96

4.6 MIGLIORAMENTO DEL CICLO A DOPPIA ESPANSIONE ... 109

5 RISULTATI DEL CICLO JOULE BRAYTON INVERSO ... 112

5.1 RISULTATI ANALISI TERMODINAMICA ... 112

5.2 DISCUSSIONE DEI RISULTATI ANALISI TERMODINAMICA ... 126

5.3 RISULTATI ANALISI ECONOMICA ... 127

5.4 DISCUSSIONE RISULTATI ANALISI ECONOMICA ... 142

6 MODELLO DELL’IMPIANTO CON INTEGRAZIONE ORC ... 143

6.1 MODELLAZIONE DELLA RETE DI SCAMBIATORI ... 148

6.2 SCELTA DEL FLUIDO ORGANICO ... 150

6.3 DESCRIZIONE DEI COMPONENTI DELL’ORC ... 152

6.4 CREAZIONE DEL MODELLO DELL’ORC CON ASPEN HYSYS ... 153

6.5 ANALISI TERMODINAMICA ... 156

(5)

4

6.7 COSTI DI MANUTENZIONE ... 166

7 RISULTATI DELL’IMPIANTO CON INTEGRAZIONE ORC ... 167

7.1 RISULTATI ANALISI TERMODINAMICA ... 167

7.2 RISULTATI ANALISI TERMODINAMICA PER LE QUATTRO ARCHITETTURE E PENTANO ... 169

7.3 CALCOLO DEI RENDIMENTI DEI CICLI ORC ... 195

7.4 DISCUSSIONE RISULTATI DELL’ANALISI TERMODINAMICA ... 197

7.5 RISULTATI ANALISI ECONOMICA ... 201

7.6 COSTO DELL’ORC A KW PRODOTTO ... 212

7.7 ANALISI COSTO DI PRODUZIONE IN FUNZIONE DEI PREZZI DI ENERGIA ELETTRICA E GAS NATURALE DI RETE ... 213

7.8 RISULTATI LGC PER TUTTI I FLUIDI ORGANICI INDAGATI ... 214

7.9 DISCUSSIONE RISULTATI DELL’ANALISI ECONOMICA ... 215

7.10 RISULTATI MIGLIORAMENTO CICLO A DOPPIA ESPANSIONE ... 222

7.11 ANALISI DI FATTIBILITÀ ... 224

8 CONCLUSIONI ... 233

APPENDICE 1 ... 237

APPENDICE 2 ... 240

(6)

5

Indice delle Figure

FIGURA 1 EVOLUZIONE DELLE IMPORTAZIONI MONDIALI DI GNL(ELABORAZIONE RIE SU DATI GIIGNL) ... 13

FIGURA 2:PRINCIPALI IMPORTATORI DI GNL2016[4] ... 14

FIGURA 3:PRINCIPALI ESPORTATORI DI GNL2016[4] ... 15

FIGURA 4CONFRONTO PREZZI SPOT (EUROPA-USA-ASIA)[5] ... 16

FIGURA 5:CONSUMI FINALI DI ENERGIA E QUOTA COPERTA DAL SETTORE TRASPORTI (MTEP)–ANNI 2005-2015[7] ... 18

FIGURA 6:CONSUMI FINALI DI ENERGIA NEL SETTORE TRASPORTI IN ITALIA (KTEP); ANNO 2016[8] ... 18

FIGURA 7:CONFRONTO EMISSIONI TRA MOTORE DIESEL EURO3 E MOTORE A LNG[9] ... 20

FIGURA 8:PROCESSO PRICO[11] ... 24

FIGURA 9:CICLO A DOPPIA ESPANSIONE DI AZOTO [12] ... 26

FIGURA 10:CICLO POC[11] ... 35

FIGURA 11:PROCESS C3-MR[11] ... 36

FIGURA 12:CICLO DMR[11] ... 37

FIGURA 13:DIAGRAMMA TEMPERATURA-CALORE CON IRREVERSIBILITÀ DOVUTE ALLA COSTANZA DELLA T DI EVAPORAZIONE .... 44

FIGURA 14:RAPPRESENTAZIONE GENERALE DI PROCESSO INDUSTRIALE CON FLUSSI ENTRANTI ED USCENTI DI MATERIA E ENERGIA 45 FIGURA 15:SCHEMA CICLO RANKINE BASE……….49

FIGURA 16:CICLO TERMODINAMICO SU PIANO T-S ... 49

FIGURA 17:SCHEMA ORC SENZA E CON RIGENERATORE ... 52

FIGURA 18:DIAGRAMMA TERMODINAMICO DEL ORC SENZA E CON RIGENERATORE ... 53

FIGURA 19:DIAGRAMMA T-S PER FLUIDI UMIDI, SECCHI E ISOENTROPICI [29] ... 55

FIGURA 20:CURVE DI SATURAZIONE FLUIDI ORGANICI E ACQUA ... 57

FIGURA 21:CURVE DI SCAMBIO DI FLUIDI AVENTI CALORI DI EVAPORAZIONE DIFFERENTI ... 60

FIGURA 22:EFFICIENZA DI UN SISTEMA WHR IN FUNZIONE DELLA PRESSIONE DI EVAPORAZIONE [37] ... 63

FIGURA 23:ASHRAE CLASSIFICAZIONE FLUIDI ... 66

FIGURA 24IMPIANTO A DOPPIA ESPANSIONE D'AZOTO CON INTER-REFRIGERAZIONE AD ACQUA ... 70

FIGURA 25IMPIANTO A DOPPIA ESPANSIONE D'AZOTO CON INTER-REFRIGERAZIONE AD ARIA ... 71

FIGURA 26CICLI TERMODINAMICI DIAGRAMMA T-S DEL GAS NATURALE ... 72

FIGURA 27CICLI TERMODINAMICI DIAGRAMMA T-S DELL'AZOTO CON TURBINE RADIALI ... 72

FIGURA 28CICLI TERMODINAMICI DIAGRAMMA T-S DELL'AZOTO CON ESPANSORI A VITE ... 73

FIGURA 29: CICLO DI RIFERIMENTO COMPRESSORE ... 75

FIGURA 30:ESPANSORE A VITE ... 77

(7)

6

FIGURA 32:SCAMBIATORE PLATE-FIN ... 79

FIGURA 33:SEZIONE SCAMBIATORE AIR-COOLER ... 81

FIGURA 34:TORRE EVAPORATIVA A CIRCOLAZIONE FORZATA ... 84

FIGURA 35SCHERMATA ASPEN HYSYSPROPERTIES ... 85

FIGURA 36ELEMENTO ASPEN HYSYS-COMPRESSOR ... 86

FIGURA 37ELEMENTO ASPEN HYSYS-SHELL AND TUBE ... 87

FIGURA 38ELEMENTO ASPEN HYSYS-AIR COOLER ... 87

FIGURA 39ELEMENTO ASPEN HYSYS-TEE AND SET ... 87

FIGURA 40ELEMENTO ASPEN HYSYS-EXPANDER ... 88

FIGURA 41ELEMENTO ASPEN HYSYS-CONTROL VALVE ... 89

FIGURA 42ELEMENTO ASPEN HYSYS-SEPARATOR ... 89

FIGURA 43ELEMENTO ASPEN HYSYS-RECYCLE ... 90

FIGURA 44ELEMENTO ASPEN HYSYS-COOLER ... 90

FIGURA 45ELEMENTO ASPEN HYSYS-SCHEMA TORRE EVAPORATIVA ... 91

FIGURA 46ELEMENTO ASPEN HYSYS-PUMP ... 91

FIGURA 47ELEMENTO ASPEN HYSYS-MIXER E SET ... 92

FIGURA 48ELEMENTO ASPEN HYSYS-MIXER ... 92

FIGURA 49CARTINA PUNTI DI IMPORTAZIONE GAS NATURALE ... 95

FIGURA 50CURVA COSTO-SUPERFICIE NUDA HEAT EXCHANGER ... 99

FIGURA 51CURVE COMPOSITE ... 114

FIGURA 52CURVE COMPOSITE... 117

FIGURA 53CURVE COMPOSITE... 120

FIGURA 54CURVE COMPOSITE ... 123

FIGURA 55 CICLO TERMODINAMICO DEL FLUIDO ORGANICO CASO TURBINE RADIALI ... 143

FIGURA 56 CICLO TERMODINAMICO DEL FLUIDO ORGANICO CASO ESPANSORI A VITE ... 144

FIGURA 57CALORE RECUPERABILE AZOTO TURBINE RADIALI ... 145

FIGURA 58CALORE RECUPERABILE GAS NATURALE TURBINE RADIALI ... 145

FIGURA 59CALORE RECUPERABILE AZOTO ESPANSORI A VITE ... 146

FIGURA 60CALORE RECUPERABILE GAS NATURALE ESPANSORI A VITE ... 147

FIGURA 61SCHEMA RETE OTTO SCAMBIATORI ... 149

FIGURA 62SCHEMA IMPIANTO CON ORC E RETE SEMPLIFICATA INTER-REFRIGERAZIONE AD ACQUA ... 149

FIGURA 63SCHEMA IMPIANTO CON ORC E RETE SEMPLIFICATA INTER-REFRIGERAZIONE AD ARIA ... 150

FIGURA 64CURVA DI SATURAZIONE PENTANO ………....151

FIGURA 65CURVA DI SATURAZIONE R365MFC ... 151

(8)

7

FIGURA 68:SCAMBIATORE DI CALORE A PIASTRE ... 152

FIGURA 69SCHERMATA ASPEN HYSYSPROPERTIES ... 153

FIGURA 70ELEMENTO ASPEN HYSYSSHELL AND TUBE ... 154

FIGURA 71ELEMENTO ASPEN HYSYSAIR COOLER ... 155

FIGURA 72ELEMENTO ASPEN HYSYSMIXER ... 155

FIGURA 73ELEMENTO ASPEN HYSYSLNGHEAT EXCHANGER ... 155

FIGURA 74ELEMENTO ASPEN HYSYSEXPANDER ... 156

FIGURA 75ELEMENTO ASPEN HYSYSPUMP ... 156

FIGURA 76CURVA COSTO-SUPERFICIE NUDA HEAT EXCHANGER ... 160

FIGURA 77COEFFICIENTI DI SCAMBIO PER DIVERSI FLUIDI ... 162

FIGURA 78CURVA COSTO-SUPERFICIE NUDA DI SCAMBIO SCAMBIATORE A PIASTRE ... 163

FIGURA 79CURVE COMPOSITE... 171

FIGURA 80CURVE DI SCAMBIO AZOTO-OLIO ... 172

FIGURA 81CURVE DI SCAMBIO AZOTO-OLIO ... 173

FIGURA 82CURVE DI SCAMBIO AZOTO-OLIO ... 173

FIGURA 83CURVE DI SCAMBIO PENTANO-OLIO ... 174

FIGURA 84CURVE COMPOSITE ... 178

FIGURA 85CURVE DI SCAMBIO AZOTO-OLIO ... 179

FIGURA 86CURVE DI SCAMBIO AZOTO-OLIO ... 180

FIGURA 87 CURVE DI SCAMBIO AZOTO-OLIO ... 180

FIGURA 88CURVE DI SCAMBIO PENTANO-OLIO ... 181

FIGURA 89CURVE COMPOSITE... 184

FIGURA 90CURVE DI SCAMBIO AZOTO-OLIO ... 185

FIGURA 91CURVE DI SCAMBIO AZOTO-OLIO ... 186

FIGURA 92CURVE DI SCAMBIO AZOTO-OLIO ... 186

FIGURA 93CURVE DI SCAMBIO PENTANO-OLIO ... 187

FIGURA 94CURVE DI SCAMBIO PENTANO-OLIO ... 188

FIGURA 95CURVE COMPOSITE... 191

FIGURA 96CURVE DI SCAMBIO AZOTO-OLIO ... 192

FIGURA 97CURVE DI SCAMBIO AZOTO-OLIO ... 193

FIGURA 98CURVE DI SCAMBIO AZOTO-OLIO ... 193

FIGURA 99CURVE DI SCAMBIO PENTANO-OLIO ... 194

FIGURA 100SCHEMA CON RECUPERO DI CALORE DALL’AZOTO IN USCITA DA DUE COMPRESSORI ... 198

FIGURA 101SCHEMA CON RECUPERO DI CALORE DALL’AZOTO IN USCITA DA UN COMPRESSORE ... 199

(9)

8

FIGURA 103MAPPE ISORISPARMIO TURBINE RADIALI 6540 ORE OPERATIVE ... 217

FIGURA 104MAPPE ISORISPARMIO TURBINE RADIALI 8040 ORE OPERATIVE ... 218

FIGURA 105MAPPE ISORISPARMIO ESPANSORI A VITE 5040 ORE OPERATIVE ... 218

FIGURA 106MAPPE ISORISPARMIO ESPANSORI A VITE 6540 ORE OPERATIVE ... 219

(10)

9

1 I

NTRODUZIONE

1.1 L

O SCENARIO ENERGETICO ATTUALE E LE PREVISIONI FUTURE

Il panorama energetico internazionale sta attraversando una fase di forte evoluzione e trasformazione che potrebbe avere un impatto significativo sull’assetto complessivo del settore.

Di fronte alla continua crescita del costo del petrolio e all’inevitabile esaurimento delle riserve di energia non rinnovabile previsto in un futuro non troppo lontano, negli ultimi anni la ricerca si è fortemente incentrata sul miglioramento dell’efficienza dei processi di produzione e conversione dell’energia nonché allo sviluppo di nuovi fonti di energia rinnovabile.

La trasformazione del settore energetico, responsabile di almeno i due terzi delle emissioni di gas a effetto serra, è indispensabile per raggiungere gli obiettivi previsti dall’Accordo di Parigi sul clima entrato in vigore a novembre 2016.

La Conferenza ha ribadito l’urgenza di scelte che vadano verso la decarbonizzazione dei consumi energetici, al fine di ridurre le emissioni responsabili dell’effetto serra, giudicato l’emergenza primaria del sistema energetico mondiale. Si ritiene infatti che un incremento di oltre due gradi della temperatura media della terra possa avere effetti catastrofici sulla vita nel nostro pianeta.

Nel 2015, le emissioni di CO2 correlate all’energia sono rimaste stabili. Questo risultato è principalmente imputabile alla riduzione dell’1,8% dell’intensità energetica dell’economia globale, una dinamica rafforzata dall’incremento dell’efficienza energetica e dal più diffuso utilizzo su scala mondiale delle fonti di energia più pulite, principalmente rinnovabili. Al di là del cambiamento climatico indotto dalle emissioni, su cui converge la maggioranza, anche se non la totalità del mondo scientifico, la riduzione graduale dello sfruttamento

(11)

10 delle fonti fossili rappresenta un passo decisivo, sia per la riduzione dell’inquinamento, che per ovviare alla non rinnovabilità delle risorse e cioè all’esaurimento delle stesse.

Le fonti fossili sopperiscono ancora oggi a oltre l’80% della domanda di energia primaria, mentre le rinnovabili sfiorano il 10% con una crescita sostenuta oltre le aspettative. Il nucleare supera il 4% ma, a seguito degli incidenti avvenuti, dell’elevato incremento del costo e del relativo invecchiamento degli impianti, mostra un trend di decrescita che nell’ultimo decennio è stato dell’1,4%.

Occorre sottolineare che l’incremento delle rinnovabili non compensa l’aumento del fabbisogno energetico per cui nell’ultimo decennio le emissioni di gas serra hanno visto un aumento di oltre il 20%.

Secondo i dati dell’EIA [1] il consumo mondiale di energia aumenterà da 549 quadrilioni di unità termiche britanniche (BTU) del 2012 a 815 quadrilioni di Btu nel 2040. Più della metà di questo aumento avverrà in Asia, dove Cina, India ed altre economie emergenti godranno nei prossimi decenni di una forte crescita dell’economia. Le fonti rinnovabili aumenteranno del 2,6% l’anno al 2040, ma i combustibili fossili forniranno ancora più di tre quarti dell’energia mondiale. Anche se il petrolio e altri combustibili liquidi rimarranno la principale fonte di energia, la quota di combustibili liquidi è destinata a scendere dal 33% del 2012 al 30% del 2040. Secondo le stime dell’EIA, il gas naturale sarà il combustibile fossile a più rapida crescita. Il consumo globale di gas naturale aumenterà dell’1,9% l’anno grazie alle abbondanti risorse e a nuovi metodi di estrazione; ad oggi 198281 miliardi di m3 su riserve certe che garantiranno la risorsa per almeno 60 anni [2] Il carbone sarà la fonte di energia a più lenta crescita al mondo, con un aumento dello 0,6% l’anno al 2040. Entro il 2030 il gas naturale supererà il carbone e diventerà la seconda fonte energetica dopo i combustibili fossili.

(12)

11

2 I

L

G

AS

N

ATURALE

L’importanza del Gas Naturale è aumentata nel corso degli anni grazie al suo ridotto impatto ambientale e alla presenza di riserve più cospicue rispetto agli altri combustibili fossili.

Dal punto di vista ambientale è considerato il combustibile “fossile di punta” dato che durante la combustione rilascia soltanto anidride carbonica ma non residui solforosi e micro particelle tossiche, quindi può essere considerato relativamente “pulito”. I vantaggi del gas naturale rispetto alle altre forme di energia di interesse industriale non si esauriscono agli aspetti ecologici.

Dal punto di vista logistico, il trasporto del gas naturale presenta un’ampia gamma di possibilità che il petrolio non ha: può essere inviato direttamente dai paesi produttori a quelli consumatori per mezzo di gasdotti oppure liquefatto, trasportato via nave e successivamente ri-gassificato. L’Italia dipende largamente dal gas naturale per l’energia dato che ha sostituito il petrolio in vari ambiti industriali.

Come sopra citato, un vantaggio non indifferente del gas naturale è quello di poter essere trasportato liquefatto via mare; ciò sta ricevendo sempre maggior attenzione come dimostra la crescita degli scambi internazionali che nell’ultimo decennio hanno registrato tassi di incremento annui superiori al commercio mediante gasdotto.

2.1 I

L

G

AS

N

ATURALE LIQUEFATTO

Il gas naturale liquefatto si ottiene sottoponendo il prodotto, dopo opportuni trattamenti di depurazione e disidratazione, a successive fasi di raffreddamento e condensazione fino alla temperatura di -164°C. Ne deriva un liquido inodore e trasparente, non tossico e non corrosivo, costituito da una miscela composta prevalentemente da metano e quantità minori di etano, propano, butano e azoto, avente temperatura di ebollizione di circa -160°C a pressione atmosferica.

(13)

12 Il prodotto può così essere stoccato in serbatoi criogenici che consentono di mantenere la temperatura al loro interno ben al di sotto della temperatura di ebollizione del gas naturale. La tecnologia di liquefazione permette anche, per un paese importatore, la possibilità di organizzare un mercato secondario trasformando in forma liquida il gas in arrivo dai gasdotti (che anche se non necessario deve essere pagato). La crescente riserva di gas utilizzabile sul mercato e la flessibilità del mercato stesso rende la fornitura di gas estremamente più sicura. Il GNL è la forma di gas naturale più pulita, contiene almeno il 90% di metano ed a volte è usato come suo sinonimo. Il suo peso specifico è inferiore alla metà di quello dell’acqua, è infiammabile e la densità dipende dalla temperatura, pressione e composizione ed è approssimativamente 0,41-0,5 kg/l. Il potere calorifico superiore varia a seconda della fonte da cui è stato attinto il gas ed in base al processo di liquefazione usato e i valori più alti raggiunti si aggirano intorno ai 24MJ/l, corrispondenti ad un PCI di circa 21MJ/l. La liquefazione comporta una riduzione di volume di più di 600 volte agevolandone ulteriormente il trasporto e la commercializzazione.

Gli usi finali del GNL rappresentano un’occasione di sviluppo importante per il nostro mercato energetico. Grazie ai plurimi vantaggi correlati a impatto ambientale e trasporto il GNL risulta essere un vero tema del momento, adottandolo come combustibile alternativo sia nel campo industriale che in quello dei trasporti.

In base alle valutazioni sul potenziale di penetrazione nei settori target, in uno

scenario prudenziale, il consumo annuo di GNL per usi finali potrebbe passare dalle 16 mila tonnellate attuali a 2,6 milioni di tonnellate nel 2030 (circa 3 Mtep di consumi finali). Oltre a fornire lo spunto per rilanciare la stagnante filiera italiana e Europea del gas naturale e del GNL, dotata di infrastrutture oggi sotto utilizzare, lo sviluppo di questo mercato sembra anche l’occasione per avviare un percorso di miglioramento della qualità ambientale nei trasporti, sia in termini di emissioni di gas climalteranti che di polveri.

(14)

13 2.1.1 Il mercato internazionale del GNL

Il mercato del gas naturale è profondamente influenzato dagli scambi internazionali di GNL dovuto alle dimensioni raggiunte e quelle attese nel prossimo futuro.

Nel settembre 2014 “Society for Gas as Marine Fuel” nella pubblicazione “Gas as marine fuel an introductory guide” ha riportato che a livello mondiale, nel 2013, sono state movimentate circa 237 milioni di tonnellate di GNL, cresciute poi dell’1% nel 2014 attestandosi a 239,2 milioni di tonnellate restando comunque inferiori a quelle registrate nel 2011 e cioè 240,8 Milioni di tonnellate.

Nel 2016, dopo alcuni anni di stasi, il commercio internazionale del gas naturale liquefatto è tornato ad aumentare sensibilmente (+7,5%), dato molto simile alla percentuale di crescita avvenuta tra il 2000 e il 2011 che vide raddoppiare i volumi scambiati; come è possibile notare dalla Figura 1 [3].

Figura 1 evoluzione delle importazioni mondiali di GNL (elaborazione RIE su dati GIIGNL)

Con i 325 miliardi di metri cubi commercializzati nel 2016 il GNL rappresenta il 10% del gas naturale consumato a livello mondiale.

(15)

14 I paesi importatori sono arrivati a 39, ma quello di maggior influenza è l’Asia che nell’ultimo decennio ha raddoppiato le importazioni arrivando a prelevare il 72% di GNL; in particolare 32% dal Giappone, 13% dal Sud Corea e il 10% dalla Cina. [4]

L’Europa ha importato il 15% per circa 49 miliardi di metri cubi, in leggero aumento rispetto agli anni precedenti: 14,3% nel 2013, 13,6% nel 2014 e 14 % nel 2015.

Regno Unito e Spagna nel 2014 hanno ricoperto il 50% delle importazioni europee affermandosi i maggior importatori di GNL.

Per quanto riguarda l’America il principale importatore è il Messico mentre per l’America Latina il Brasile ha aumentato le proprie importazioni affermandosi principale utilizzatore.

Figura 2: Principali importatori di GNL 2016 [4]

I paesi produttori e quindi esportatori, attualmente sono 19; il Qatar è il maggior esportatore mondiale con il 30% del mercato mondiale.

Altro esportatore di particolare importanza è l’Australia con il 17% mentre in minoranza si susseguono Malesia 10%, Indonesia 8%, Nigeria 7%.

(16)

15 La produzione australiana aumenterà ad anche quella statunitense peserà di più nel mercato internazionale, inoltre, nuovi produttori sono attesi sul mercato. L’Est Africa potrebbe diventare un’ingente area di estrazione dove il gas sarà destinato all’esportazione e alla copertura domanda interna in crescita. Il Qatar, già attuale maggior esportatore, aumenterà entro il 2024 la propria produzione del 30%.

Figura 3: Principali esportatori di GNL 2016 [4]

Nello scenario attuale, il prezzo del gas risente del rapporto domanda/offerta e dalla quotazione del petrolio, tanto che mediamente le quotazioni 2017 risultano inferiori di circa il 60% in Asia e del 35% in Europa rispetto ai picchi del 2013.

Si attende un incremento della capacità di liquefazione che condizioneranno al ribasso le previsioni di prezzo dell’intero mercato; già entro il 2019 il 32%, equivalente a 110 milioni di tonnellate annue, andranno ad aggiungersi a quelle già esistenti.

Nel 2014 la capacità nominale di liquefazione risultava pari 298 milioni di tonn/anno; il 63% concentrata in Medio Oriente e Africa.

Era già atteso per il 2016 un eccesso di offerta sul mercato, ma il surplus è stato evitato; la riduzione dell’output di alcuni produttori e un temporaneo aumento della domanda in

(17)

16 Nord-Est Asia e Europa hanno annullato l’effetto dell’entrata sul mercato di nuove capacità australiane e statunitensi.

Nel 2014 il gap di prezzo tra i paesi consumatori si è notevolmente ridotto, grazie alla caduta del prezzo del petrolio i prezzi del GNL in Asia si sono abbassati notevolmente. Ad oggi il TTF olandese, hub di riferimento dell’Europa continentale, registra per le consegne nel secondo semestre 2017 e nei successivi due anni, valori non superiori ai 16 €/MWh; valore molto basso se paragonato ai 27 €/MWh del 2013 e ai 21 del 2014.

Figura 4 Confronto prezzi spot (Europa-USA-Asia) [5]

Alla luce dei dati rilevati, che evidenziano l’evoluzione del mercato in questo ultimo periodo, è possibile affermare che il mercato del GNL è abbastanza incerto, combinazione di molti fattori che potrebbero far variare le previsioni attese per questo settore.

2.1.2 Destinazioni d’uso

Il GNL può essere destinato a diverse tipologie di utilizzo, la principale delle quali è ancora oggi la rigassificazione per immissione nella rete, dalla quale deriva principalmente l'uso per produzione di energia termica ed elettrica sia industriale che domestica. La filiera degli

(18)

17 small scale comprende il coinvolgimento di svariati soggetti ognuno dei quali necessita di apposite strutture: terminali di ri gassificazione attrezzati per il caricamento su mezzi terzi, navi bunker per il rifornimento diretto delle stesse, mini-impianti di liquefazione di gas di rete atti a rifornire privati, autobotti per stoccaggi locali o depositi per usi civili e industriali.

2.1.2.1 Impiego del gas naturale liquefatto (GNL) nel settore dei trasporti

Il tema dei trasporti occupa, ormai da anni, una posizione centrale nei dibattiti europei sull’energia e sullo sviluppo sostenibile. La normativa europea ha da tempo riconosciuto il potenziale del GNL come combustibile alternativo [6] imponendo ai Paesi di definire obiettivi e misure per lo sviluppo delle infrastrutture che possano consentire l’uso del GNL come combustibile nel trasporto marittimo e stradale pesante in sostituzione dei prodotti petroliferi maggiormente utilizzati. I settori target sono il trasporto marittimo e il trasporto stradale pesante a cui è attribuita buona parte dei consumi energetici del paese.

Il grafico di Figura 5:Consumi finali di energia e quota coperta dal settore Trasporti (Mtep) – Anni 2005-2015 mostra come l’incidenza dei trasporti sui consumi energetici nazionali complessivi (34,0%) risulti, nel 2015, inferiore al solo dato dell’anno precedente (35,4%) ma significativamente superiore al valore medio 2005-2015 (33,4%). In altre parole, la riduzione tendenziale dei consumi energetici del settore, pur rilevante (-12% rispetto al 2005), rimane inferiore a quella registrata dai consumi finali dell’intera economia (-15%), che evidentemente ha risentito in misura maggiore degli effetti della crisi economica.

(19)

18

Figura 5:Consumi finali di energia e quota coperta dal settore Trasporti (Mtep) – Anni 2005-2015 [7]

Dalla fonte [8], dove sono riportati i consumi finali di energia nel settore trasporti dal 2005 al 2015, emerge come durante il corso degli anni sia stato previlegiato l’utilizzo di combustibili alternativi andando a ridurre l’utilizzo di prodotti petroliferi del 16%. Nel 2015 l’energia consumata per il settore trasporti è stata di 39.541 ktep ed è stata fornita per il 91,94% da prodotti petroliferi, 2,95% da biocarburanti, 2,74% da gas naturale e 2,35% da elettricità.

Questi consumi potrebbero essere coperti in larga parte dal gas naturale tramite lo sviluppo della filiera del GNL.

Figura 6: Consumi finali di energia nel settore Trasporti in Italia (ktep); anno 2016 [8]

9… 3%

3%

2%

Consumi finali di energia nel settore

Trasporti in Italia (ktep); anno 2016

Petrolio Biocombustibili Gas Naturale Elettricità

(20)

19 2.1.2.1.1 GNL nell’autotrazione

Tra le destinazioni di uso del gas naturale liquefatto ha particolare rilevanza il settore dei trasporti, dove il GNL rappresenta un validissimo sostituto del gasolio o del gas naturale compresso (GNC), ad oggi sempre più diffuso come carburante per auto. Il GNL rispetto al GNC comporta un peso del serbatoio ridotto del 90% con evidenti vantaggi per quanto riguarda i consumi e ha una percorrenza oltre il doppio.

Anche l’impiego del GNL rispetto al Diesel presenta vantaggi: primo tra tutti una riduzione del prezzo di oltre il 40%, ridotte emissioni acustiche e una diminuzione sensibile delle emissioni in atmosfera che consentirebbero di portare un motore di classe EURO3 in classe EURO5 [9].

Per quanto riguarda il potere calorifico la combustione di 1Nmc di GNC è equivalente alla combustione di 1,5Nmc di GNL e 1,12l di petrolio.

Il settore dei trasporti è responsabile di circa il 40% delle emissioni inquinanti. Per quanto riguarda l’impiego in particolare nel settore dei trasporti pesanti è necessaria l’installazione sul veicolo di un kit costituito da un serbatoio criogenico appositamente realizzato, da un sistema di riempimento e da uno di sicurezza. Il serbatoio deve mantenersi ad una temperatura di circa 164°C e ad una pressione che non superi gli 8bar. Per il trasporto del GNL sia su strada che su vagoni treni che via mare su apposite navi è fondamentale lo stoccaggio. Inoltre, il motore deve subire alcune modifiche per essere adattato a questo particolare carburante. Risulta comunque evidente come l’impegno volto all’installazione di stazioni di stoccaggio e rifornimento di GNL sul territorio e la diffusione da parte delle case automobilistiche di auto a GNL dual fuel comporti benefici non solo ambientali ma anche economici. Recenti studi [9] hanno dimostrato come il GNL possa apportare benefici, rispetto al GNC, per la refrigerazione del motore delle auto. Se immesso nel circuito di raffreddamento può tenere sotto controllo la temperatura del motore dal momento che, rispetto all’azoto liquido attualmente largamente usato, ha una temperatura di evaporazione superiore e riesce quindi a smaltire più calore con una maggiore efficienza.

(21)

20 Inoltre, il GNL è il carburante più pulito: ha le minori emissioni di biossido di carbonio (164g/km percorso contro i 212 del gasolio), il più piccolo impatto sulla riduzione dell’ozono (30mg/km percorso contro i 950 del gasolio), l’assenza di componenti tossici o cancerogeni, basse emissioni di ossido di carbonio (4,5g/km percorso contro i 7 del diesel) e di NOx (4g/km percorso contro i 22 del diesel). [9]

Figura 7: Confronto emissioni tra motore Diesel EURO3 e motore a LNG [9]

Tra i problemi generali che sta incontrando la diffusione del GNL si evidenziano:

• La diffidenza nei confronti di una tecnologia non ancora perfettamente consolidata come quella criogenica.

• La gestione del sistema

• l’eventuale perdita di combustibile

• l’innescare la combustione in sicurezza e mantenerla sotto controllo • il mantenimento sotto pressione dei serbatoi

• lo stoccaggio

(22)

21 Al variare della percentuale dei componenti (la quantità di metano può leggermente variare) il GNL cambia il punto di ebollizione, la densità e la pressione critica e di tutto questo è necessario tener conto nel dimensionamento del sistema di alimentazione. Anche il settore dei trasporti navali è sempre più soggetto a stringenti normative in fatto di emissioni che richiedono complicati e dispendiosi sistemi di trattamento fumi a bordo delle imbarcazioni.

L’uso del gas naturale in qualità di combustibile contribuirebbe ad una semplificazione del quadro progettuale dal momento che per sua natura limita del 25% le emissioni di biossido di carbonio ed abbatte in maniera sensibile NOx e SOx. In questo senso la Norvegia è il paese che più sta contribuendo con una ricerca dedicata già dai primi anni 2000 e al momento conta una flotta di navi alimentate a GNL. L’esperienza dei paesi scandinavi in generale che già ricorrono a questa tecnologia mostra che la strada è del tutto percorribile a patto di instaurare una collaborazione internazionale volta ad incrementare il trasporto marino e ad implementare la relativa cantieristica. L’attenzione ad oggi deve essere focalizzata sul problema di come costruire una buona rete di distribuzione del GNL. Al momento il trasporto pesante marittimo alimentato a gas naturale è dominato dal GNC, e lo spostamento verso la direzione del GNL richiede significativa affluenza di investimenti. Analisi dei costi di esercizio e manutenzione [9] hanno evidenziato che un motore a GNL richiede meno manutenzione, riduce le emissioni inquinanti e fornisce comunque buone prestazioni.

2.1.2.1.2 GNL nel settore navale

Ulteriori sviluppi sono andati nella direzione del trasporto marittimo di GNL con annessa alimentazione della nave stessa tramite parte del GNL trasportato ottimizzando così la catena e abbattendo i costi.

Nell'ambito degli usi civili il GNL rappresenta una valida alternativa soprattutto per le utenze che non hanno allacci alla rete di distribuzione del gas naturale e che ad oggi

(23)

22 soddisfano le loro necessità ricorrendo ad altri combustibili fossili sicuramente più inquinanti.

Il principale ostacolo ad una diffusione di questo tipo è rappresentato dallo stoccaggio: la distribuzione di GNL può avvenire esclusivamente all’interno di bombole criogeniche in grado di mantenere le necessarie condizioni termodinamiche.

2.1.2.1.3 GNL nel settore industriale

Entrando nel dettaglio del comparto industriale, la gestione del carico termico ed elettrico si ripartisce tra gas di rete al 41%, combustibili alternativi al 26% ed elettricità per il restante 33% [10]. Per quanto riguarda i combustibili off-grid è possibile una integrazione con GNL una volta che si sia fatto fronte ai problemi legati all’approvvigionamento tramite strutture dedicate. È realistico pensare di raggiungere un 20% di GNL entro il 2030, in virtù delle politiche di decarbonizzazione caldeggiate dall'Unione Europea, e dei vantaggi ambientali derivati dall'uso dei combustibili gassosi. Attualmente il quadro normativo non contempla la distribuzione di GNL tra le attività strategiche e questo rappresenta il principale ostacolo allo sviluppo.

(24)

23

2.2 I

SISTEMI DI LIQUEFAZIONE

Grazie alla sua abbondanza e alla sua combustione ad elevata efficienza e a ridotte emissioni, il metano assume un ruolo fondamentale per quanto riguarda il settore industriale e il mercato energetico mondiale.

2.2.1 Sistemi di liquefazione small scale

Le tecnologie di liquefazione, in particolare liquefazione small scale, sono determinanti per lo sviluppo e la diffusione del gas naturale.

Per impianti di piccola scala si intendono quelli con capacità produttive inferiori al milione di tonnellate all’anno. Tra le loro caratteristiche devono annoverarsi:

• bassi costi di investimento,

• semplicità costruttiva e di esercizio, • ridotti ingombri,

• sicurezza

Questo rende la scelta del sistema estremamente limitata, la tecnologia criogenica è in continua evoluzione ma non è ancora completamente matura. Dal punto di vista economico la semplicità impiantistica è prioritaria anche a discapito di rendimento e consumi specifici. Di seguito verrà illustrata una panoramica sullo stato dell’arte delle tecnologie di liquefazione small scale che si suddividono essenzialmente in due gruppi: quelle che utilizzano un ciclo termodinamico inverso durante il quale viene asportato calore dal gas e quelle che sfruttano il calore latente di un fluido in passaggio di stato e il cui schema si riduce a un semplice scambio termico.

2.2.1.1 Processo PRICO

Il PRICO è un processo a singolo refrigerante misto: viene infatti utilizzata una miscela di azoto e idrocarburi quali metano, etano, pentano e propano. Concepito dalla Black & Veatch Pritchard, ha conosciuto la prima applicazione negli anni '70. La miscela utilizzata

(25)

24 è un misto di azoto ed idrocarburi quali metano, etano, pentano e propano, e la

liquefazione è ottenuta grazie a scambi termici a più livelli di pressione. Il refrigerante segue un ciclo inverso durante il quale assorbe calore dal gas naturale nella fase di evaporazione causandone la liquefazione. La fase di condensazione avviene grazie ad un raffreddamento ad acqua.

Si tratta di uno dei processi più utilizzati la cui tecnologia è ormai ben consolidata. I principali vantaggi sono compattezza, semplicità e bassi costi impiantistici. L’aggiunta di idrocarburi nella miscela, sostanze altamente infiammabili, può però causare alcuni inconvenienti legati alla sicurezza e necessita di qualche accortezza legata alla determinazione della corretta composizione di quest’ultima. Gli impianti ad oggi in commercio registrano consumi specifici che si attestano intorno agli 0,4 kWh per kg di GNL prodotto.

Figura 8: Processo PRICO [11]

2.2.1.2 Processi ad espansione di azoto

La liquefazione mediante processi ad espansione di azoto si basa sul ciclo Brayton-Joule inverso e viene utilizzato azoto puro come fluido di lavoro.

Il ciclo ad espansione d’azoto nella sua forma più semplice prevede la compressione e l’espansione del fluido. Il gas ad alta pressione è raffreddato in uno scambiatore con il gas

(26)

25 freddo di ritorno dal circuito. Il gas nel circuito viene espanso riducendo così la sua temperatura per effetto Joule-Thomson e l’espansione del gas viene utilizzata per produrre potenza per alimentare il compressore. Il gas freddo ed a bassa pressione ritorna al compressore passando per lo scambiatore dove cede calore al gas naturale. Il gas refrigerante può essere oltre che azoto, metano o una corrente del gas naturale stesso. Il processo ad espansione ha alcuni vantaggi operativi come la rapidità di messa in marcia e fermata. Inoltre, il refrigerante è sempre gassoso e lo scambiatore opera in un range di temperature abbastanza ampio che permette flessibilità nel caso vari la composizione in ingresso del gas naturale da condensare. Lo svantaggio principale è legato ai consumi che rendono il processo poco adatto per gli impianti di liquefazione di grandi dimensioni. Un problema del ciclo ad espansione d’azoto è che un’unica sostanza, l’azoto, si trova ad operare in un range di temperature estremamente ampio: al termine della compressione si possono raggiungere i 200°C mentre a seguito dell’espansione si ottiene una temperatura di circa -170°C. Questo naturalmente comporta l’impossibilità di ottenere rendimenti particolarmente elevati. Il processo tuttavia presenta numerosi vantaggi che hanno recentemente catalizzato l’attenzione verso questo tipo di liquefazione. Primo tra tutti la sicurezza intrinseca garantita da un refrigerante inerte come l’azoto che, a differenza degli idrocarburi adottati dal PRICO, non necessita di misure di sicurezza straordinarie. Il refrigerante si mantiene allo stato gassoso durante tutto il processo permettendo una forte uniformità dello scambio termico e di conseguenza scambiatori di calore più compatti e di facile costruzione, inoltre l’abbassamento di pressione, non essendo mai presente la forma liquida, può essere svolto da espansori anziché da valvole di laminazione, con conseguente recupero energetico.

I tempi di avviamento e di arresto sono contenuti e un ciclo chiuso assicura risparmi notevoli in termini di ingombro dal momento che non si rende necessario un sito di stoccaggio.

Si distinguono due diverse configurazioni, quella a singola espansione e quella a doppia espansione. La differenza risiede nella parzializzazione della portata, nella seconda

(27)

26 configurazione, al fine di ripartire il flusso tra due diversi espansori, uno di alta e uno di bassa pressione, con la conseguenza di effettuare scambi termici su più livelli di pressione ottimizzandone il totale.

Figura 9: Ciclo a doppia espansione di azoto [12]

Sono stati effettuati studi [13] sull’ottimizzazione di una configurazione a singola espansione comprendente una sezione di raffreddamento alimentata a biossido di carbonio che, pur garantendo prestazioni termodinamiche simili a quelle degli idrocarburi, non presenta il problema della tossicità, oltre ad essere facilmente reperibile ed economica. Il risultato è stato poi comparato con un preraffreddamento a metano. La prima soluzione risulta più efficiente e con consumi specifici minori richiedendo però un equipaggiamento maggiore. È stata rilevata una forte dipendenza del consumo dalla pressione del gas: all’aumentare di quest’ultima l’energia richiesta per la condensazione è minore così come le portate dei refrigeranti. Il consumo però non oscilla molto, variando dallo 0.6125kWh/kg per una purezza in metano al 95% allo 0.5750kWh/kg per il 75%. Il treno di compressione cui viene sottoposto il gas prima di procedere alla condensazione permette di raggiungere pressioni idonee all’ottimizzazione dello scambio termico

(28)

27 minimizzando la portata di refrigerante. Un secondo studio [13] ha indagato entrambe le tipologie di espansione di azoto con lo scopo di fornire una sorta di guida su tutti i possibili accorgimenti per migliorare le prestazioni di questo tipo di impianto. La parzializzazione fa sì che la doppia espansione si imponga in virtù delle minori reversibilità che permette di raggiungere avvicinando le curve composite degli scambiatori. Mentre nell'espansione singola l'ottimizzazione può essere ottenuta giocando solo su tre parametri, vale a dire pressioni e portata, l'introduzione del rapporto di parzializzazione nel ciclo ad espansione doppia aggiunge più gradi di libertà tra i quali muoversi per migliorare la prestazione energetica.

Z. Yuan [13]et al. hanno studiato e ottimizzato una configurazione a singola espansione coadiuvata da una sezione di preraffreddamento alimentata ad anidride carbonica. Se infatti in letteratura (W. Cao) [14] sono stati indagati anche l'uso di propano, propilene o etano negli stadi preliminari del ciclo (come visto per i grandi impianti industriali come il C3MR), l'anidride carbonica garantisce prestazioni termodinamiche simili con in più il notevole vantaggio della non tossicità (in concentrazioni quali ne produrrebbe una fuga in un'atmosfera normale), oltre ad essere facilmente reperibile, economica, e chimicamente sicura in quanto inerte. Lo studio mette a punto questo impianto per giacimenti di ridotta entità, con obiettivo di un tasso di liquefazione del 77% al consumo di 0.6187 kWh/kg, indagando l'influenza della composizione del gas su tali parametri, e individuando le perdite exergetiche in ogni componente del ciclo. Fissando come vincoli un approach minimo di 2°C tra lato caldo e freddo degli scambiatori e rapporti di compressione dei compressori compresi tra 2 e 3, l'ottimizzazione ha avuto come obiettivo il minimo lavoro in ingresso. Il risultato è stato poi comparato con quelli di altri lavori inerenti ad un C3-MR e ad una singola espansione con preraffreddamento a metano. Mentre il primo risulta più efficiente ma con molta più complessità impiantistica, il secondo è il più semplice, ma con consumi specifici maggiori. Per quanto riguarda l'influenza dei vari parametri, il consumo si riduce al crescere della pressione del gas, come ovvia conseguenza della minor energia richiesta per la transizione di fase, che fa ridurre le portate dei refrigeranti e quindi le potenze di compressione. La temperatura del gas è importantissima in quanto anche pochi gradi in più

(29)

28 aumentano non indifferentemente il consumo, data la maggiore portata di refrigerante richiesta. Non condiziona invece il tasso di liquefazione, che viene comunque raggiunto, anche se a maggior prezzo. La composizione del gas influenza la richiesta termica in quanto variano le quantità dei componenti, ciascuno dei quali ha caratteristiche termofisiche diverse. Il consumo però non oscilla molto, variando dallo 0.6125 kWh/kg per metano al 95% allo 0.5750 kWh/kg per gas con il 75% di metano, con la punta di 0.6187 kWh/kg all'88%. L'analisi exergetica mette in evidenza come la maggiore perdita sia da attribuire allo scambio termico (quindi negli scambiatori in generale rispetto a compressori, espansori e valvole, a seconda della differenza di temperatura media).

Anche M. Khan et al. [15] hanno lavorato su una configurazione a singola espansione, studiando un algoritmo di ottimizzazione con lo scopo di rendere economicamente conveniente lo sfruttamento di questo ciclo per applicazioni off-shore. Ripercorrendo la storia dei turbo espansori applicati alla liquefazione, ne evidenziano il vantaggio del recupero di lavoro, stimato da loro in un massimo 15% di riduzione del carico al compressore. Le variabili prese in considerazione per l'ottimizzazione sono il grado di surriscaldamento della CO2, le pressioni operative e la portata dell'azoto. Infatti, più la CO2 è surriscaldata, meno portata ne occorre per il raffreddamento in virtù del maggiore salto di temperatura disponibile; e chiaramente al variare delle pressioni operative dell'azoto, il lavoro richiesto cresce al crescere della loro differenza, facendo però variare anche la portata, dovendo quindi trovare l'ottimo sulla base dei due vincoli. Il primo passo quindi è servito per identificare le pressioni, la portata, per poi determinare l'ottimo grado di surriscaldamento della CO2. Il risultato è stato di 100 bar e 6.2 bar per le pressioni, con 5.2 kg/h di refrigerante, e un massimo di −49 °C per la CO2. Ciò ha determinato un risparmio del 15% rispetto al caso base, portando il consumo fino a 0.4945 kWh/kg.

W.S. Cao et al. [16] hanno messo invece a confronto la tecnologia ad espansione di azoto con quella a refrigerante misto, per compararne prestazioni e parametri. Hanno preso in esame una singola espansione e un MRC con preraffreddamento a propano, per i quali, una volta fissati composizione della miscela, temperature e pressioni, si è lavorato per

(30)

29 ottimizzare la funzione obiettivo del consumo specifico. I risultati hanno mostrato come l'espansione di azoto sia migliore del refrigerante misto solo in assenza del preraffreddamento, e quanto sia fondamentale l'attenzione che si deve avere per lo scambiatore, in modo da limitare le perdite exergetiche, di cui è il principale responsabile. Si evince inoltre che essendo il compressore il principale responsabile del consumo, è raccomandata l'inter-refrigerazione per avere la massima efficienza possibile.

Un altro studio condotto dai già citati M. Khan et al. [17] ha messo sotto la lente il consumo specifico di entrambe le tipologie di espansione di azoto, andando ad approfondire anche la doppia espansione di azoto e indagando tutti i parametri con la minimizzazione della potenza di compressione come obbiettivo. Lo scopo è quello di fornire una sorta di guida su tutti i possibili accorgimenti per migliorare le prestazioni di questo tipo di impianto. Il primo accorgimento è, come già detto per altri casi, l'espansore, le cui efficienze possono arrivare adesso ad avvicinarsi al 90% (quasi 80% per i compressori). Si mette in evidenza come la doppia espansione sia superiore alla singola, in virtù delle minori reversibilità che permette di raggiungere, avvicinando le curve composite degli scambiatori. Mentre nell'espansione singola l'ottimizzazione può essere ottenuta giocando solo su tre parametri, vale a dire pressioni e portata, l'introduzione del rapporto di parzializzazione nel ciclo ad espansione doppia aggiunge più gradi di libertà tra i quali muoversi per migliorare la prestazione energetica. Nella pratica, sulla singola espansione si è proceduto manipolando portata e pressione allo scambiatore, mantenendo fissa quella di compressione; mentre nella doppia si è partiti fissando le pressioni estreme, modulando quella intermedia di spillamento fino a trovare quella del minimo consumo. Si sono raggiunti 0.7449 kWh/kg per la singola e 0.5007 kWh/kg per la doppia, vedendo anche come l'aggiunta di un ulteriore sezione di preraffreddamento a CO2 avrebbe potuto incrementare ancora l'efficienza, ma non tanto da giustificare la complicazione impiantistica.

T. He e Y. Ju hanno invece concepito un impianto di piccola taglia a doppia espansione, ma un po' più articolato di quelli già visti. Nella loro modello infatti, è inclusa nella linea del gas

(31)

30 la separazione degli idrocarburi pesanti (Gas di petrolio Liquefatti, con un loro valore commerciale) e il recupero dell'energia dei gas, cioè quella porzione di metano gassoso in equilibrio con la propria fase liquida alla fine del processo. L'impianto si propone di essere del tipo "Skid Mounted", vale a dire assemblato da più componenti, facilmente trasportabili singolarmente.

Sempre He e Ju [18]hanno indagato le possibilità di incrementare le prestazioni dei processi ad espansione di azoto per liquefazione di piccola taglia, partendo dal riconoscere che la semplicità e la facile manutenzione rendono concorrenziale la tecnologia. Si indaga la possibilità di introdurre uno stadio di preraffreddamento, variando il tipo di refrigerante per vedere quale funziona meglio. In particolare, sono stati provati propano e R410a, scoprendo che il secondo garantisce migliori prestazioni. Il ciclo viene ottimizzato con il minimo del consumo specifico espresso in kWh/Nm3 come funzione obiettivo. I parametri di vincolo sono: minimo approach allo scambiatore di 2 °C e fase completamente gassosa in ingresso all'espansore. La pressione del gas influisce sul ciclo dal momento che crescendo riduce il salto termico alla transizione di fase, mentre la temperatura di vaporizzazione al ciclo di preraffreddamento influisce sul rateo di calore rimosso dallo stesso. La pressione di compressione dell'azoto influisce enormemente sul lavoro consumato dal ciclo, e quindi sul consumo specifico, mentre la temperatura in ingresso all'espansore influisce molto sul lavoro recuperato dall'espansore e sul calore asportato dal ciclo, poiché determina anche quella di fine espansione che entra allo scambiatore. Naturalmente il tasso di liquefazione influenza proporzionalmente il consumo specifico così come il contenuto di metano del LNG.

M. Gong et al [19] hanno invece concepito un sistema compatto. Il principale vantaggio di questo impianto pilota risiede nella facile reperibilità sul mercato industriale dei componenti necessari ad assemblarlo. Il sistema si compone di un ciclo a refrigerante misto a singolo stadio coadiuvato da una sezione di preraffreddamento progettata su un ciclo inverso a compressione di vapore, alimentato con R22. Si tratta di un prototipo sperimentale, in cui infatti è inserito un circuito a gas, che vaporizza di nuovo il metano

(32)

31 trattato, in modo da testarne le prestazioni sotto diverse condizioni, siano esse di portata, composizione, temperatura o pressione del gas. In particolare, è stata valutata l'influenza della portata e della pressione del gas, per poter effettuare una approssimativa valutazione economica sul recupero degli iniziali costi di investimento, a seconda delle diverse intensità di esercizio. Il consumo di gas rappresenta la percentuale usata per alimentare i compressori, supponendo un'efficienza tale da produrre 3 kWhel/Nm3. Come prevedibile, al crescere della pressione cresce il tasso di liquefazione (abbassa la percentuale consumata per i compressori), così come abbassa il consumo specifico.

2.2.1.3 Processi con azoto liquido

L’azoto è un gas molto comune in natura, la stessa aria ne contiene oltre il 79% ed è pertanto possibile, una volta scaldato, reimmetterlo in atmosfera. È spesso classificabile come sottoprodotto del processo di liquefazione dell’aria ed è possibile ricircolarlo per recuperarne il freddo oppure, più diffusamente negli ultimi anni, viene immesso in commercio. Il suo punto di ebollizione è molto basso: -195,82°C, solo l’elio come fluido criogenico presenta un punto di ebollizione inferiore (-268,93°C). Il liquido si trova a pressione ambiente o al limite leggermente superiore per evitarne la veloce evaporazione se conservato nel dewar. I dewar sono i tipici serbatoi per azoto liquido, dove questo viene mantenuto alla temperatura di -196°C circa. Si tratta di una sorta di termos, un contenitore all’interno di un secondo contenitore tra i quali c’è il vuoto. Questo perché il vuoto impedisce lo scambio termico per conduzione, ma lo permette per irraggiamento e così si rendono necessari materiali riflettenti. L’azoto liquido si può facilmente trasportare e usare come refrigerante anche nei grandi impianti industriali per ottenere temperature bassissime.

La liquefazione avviene attraverso un semplice scambio termico con il gas, il cui calore latente di condensazione viene assorbito dall’azoto anch’esso in passaggio di stato. Lo schema dell’impianto si presenta molto più statico rispetto al PRICO e ai processi ad espansione di azoto dal momento che comprende solo organi di movimentazione con l’assenza delle fasi di espansione e compressione proprie dei cicli termodinamici. L’azoto

(33)

32 gassoso prodotto, essendo totalmente inerte e non tossico, viene liberato in atmosfera. L’inconveniente di questa tecnologia è rappresentato dai costi relativamente elevati dell’azoto liquido, di cui si rendono necessarie grandi quantità (il rapporto è di circa 2 a 1 rispetto al gas da liquefare). L’estrema semplicità impiantistica e di processo comporta benefici dal punto di vista della realizzazione e della manutenzione ma al contempo ne limita fortemente le variabili in gioco riducendo l’ottimizzazione dell’intero sistema all’individuazione della pressione ottimale cui deve essere compresso il gas prima di essere liquefatto, con lo scopo di minimizzare il calore che è necessario asportare dal fluido e quindi la portata di azoto liquido. Inoltre, la portata di refrigerante che attraversa tutti gli scambiatori in serie è la stessa e aumenta progressivamente di temperatura. Le curve, anche se non ottimizzate, si mantengono comunque relativamente vicine non generando irreversibilità consistenti a patto che il gas da liquefare non si trovi in regimi supercritici. La pressione dell’azoto liquido viene infatti mantenuta più bassa possibile al fine di evitare una riduzione del calore latente di vaporizzazione che rappresenta l’effetto utile. Non trattandosi di un ciclo chiuso si rendono necessari punti di stoccaggio del refrigerante.

2.2.2 Sistemi di liquefazione di grande taglia

La tecnologia sviluppata da tutte le più grandi aziende mondiali impegnate con gli idrocarburi, è classificabile secondo due parametri: fluido di lavoro e principio di espansione. Nel primo caso si distinguono due categorie fondamentali: refrigerante puro (PR) e refrigerante misto (MR). I fluidi generalmente utilizzati in tali applicazione sono idrocarburi come propano, etano, etilene o metano, o sostanze inerti come l'azoto. Nella seconda eventualità si possono distinguere due principali categorie di cicli, quello Joule-Thompson (JT), nel quale l'espansione avviene secondo il classico processo isoentalpico, o quello Brayton in cui l'espansione è sostanzialmente adiabatica e si ricorre a turbo-espansori. È possibile anche la soluzione ibrida in cui si hanno sia la valvola che l'espansore, nella soluzione del ciclo Claude. Gli impianti industriali si rifanno a queste macro-categorie,

(34)

33 combinandole fra di loro in soluzioni impiantistiche diverse, con l'obbiettivo di perseguire la massima efficienza e il minor costo di esercizio possibile.

Oltre alla classificazione più generale appena vista, se ne può dare una seconda che includa anch’essa solo gli impianti di media o grande taglia (impianti con produzione superiore alle 1000 tonnellate al giorno), in questi si distinguono tre categorie di cicli:

• cicli in cascata: sommano più cicli inversi di compressione/espansione, collegati tra loro tramite scambiatori di calore, e operanti ciascuno con un refrigerante diverso, operante a temperature sempre più basse, in funzione delle sue caratteristiche termodinamiche (in particolare la curva di ebollizione). In genere si susseguono nell'ordine propano, etilene o etano, e infine metano, in considerazione del fatto che hanno temperature critiche sempre più basse. I parametri operativi saranno definiti proprio a partire da queste scelte riguardanti il numero di stadi e di refrigeranti del ciclo.

• cicli a refrigerante misto: operano invece con un circuito unico, magari con più attraversamenti di uno scambiatore di calore a diversi livelli di pressione. In questo caso infatti, trattandosi di una miscela di gas diversi cambiano le proprietà fisiche del fluido, che avrà differenti punti di ebollizione rispetto ai suoi singoli componenti. Questo permette al ciclo di operare in un più ampio intervallo di temperatura rispetto a quello disponibile con un refrigerante puro. Il vantaggio principale risiede nella necessità di un minor numero di componenti (meno compressori e scambiatori), e in un più semplice controllo, mantenendo più bassi i costi impiantistici e di costruzione.

• cicli ad espansione: si differenziano dagli altri solo per la presenza di turbine criogeniche al posto delle valvole di espansione, permettendo un parziale recupero di lavoro, con conseguente miglior rendimento.

(35)

34 2.2.2.1 Processo POC

Si tratta della più moderna versione di un ciclo in cascata, costruito nel 1999 in Trinidad. L'acronimo POC significa "Phillips Optimized Cascade". Ad oggi copre circa il 10% nel numero degli impianti nel mondo. Il ciclo utilizza come fluidi di lavoro tre refrigeranti puri (propano, etilene e metano), ognuno dei quali opera in tre diversi sotto cicli, operanti ciascuno più scambi termici su molteplici livelli di pressione. Nella forma convenzionale il gas attraversa prima il ciclo a propano, poi quello ad etilene ed infine la sezione a metano, utilizzando JT in tutti e tre i sotto cicli, mentre le forme più evolute usate ad oggi ricorrono ad espansori. Il ciclo a propano è chiuso, con anche tre livelli di espansione, quello ad etilene pure, anche se spesso si opta per due soli stadi di espansione. Il ciclo del metano è aperto con tre stadi di espansione, ed è preceduto dalla fase di frazionamento in cui sono rimossi per separazione di fase i componenti più pesanti della miscela (il gas non è puro, naturalmente). Il gas procede nel raffreddamento fino al raggiungimento della temperatura di −161C, mentre i componenti separati possono essere ricircolati con l'obiettivo di un recupero di calore. Il POC rappresenta l'evoluzione dei primi impianti a cascata in cui il ciclo a metano era chiuso, mentre adesso può essere aperto, e costituire anche un flusso per l'alimentazione dell'impianto stesso. In questa maniera si risparmia infatti un compressore esterno e si possono anche recuperare i gas di scarto per la re liquefazione del metano. In genere sono usati scambiatori a piastre e turbine aero-derivative ad alta efficienza. Come si vede, vengono richiesti alti costi di investimento, data l'entità dell'equipaggiamento, anche se il consumo di potenza è piuttosto basso. Questo rende il ciclo ideale proprio per le grandi tagli in cui è applicato. La complicatezza della configurazione, che porta con sé un miglior rendimento ma maggiori investimenti, rende il tutto conveniente solo su grande scala, dove l'esercizio è così intenso da permettere un recupero dei costi iniziali. Generalmente si producono ordini di 106-107 tonnellate/anno, con consumi specifici di energia nell'ordine di 0.3 kWh/kg LNG.

(36)

35

Figura 10: Ciclo POC [11]

2.2.2.2 Processo C3-MR

Si tratta del ciclo dominante nel campo della liquefazione del gas, ricoprente quasi l'80% del totale degli impianti mondiali, è il "Propane Precooled Mixed Refrigerant". L'impianto si compone di due parti principali: gli stadi di preraffreddamento a propano, e quelli di liquefazione a refrigerante misto. Il modello base prevede, come il nome suggerisce, tre stadi di espansione del propano nella prima sezione, in cui il gas raggiunge temperature dell'ordine di −40C. Qui avviene solitamente anche la separazione dei componenti pesanti, prima del passaggio alla vera e propria liquefazione. Nella seconda sezione, il refrigerante è composto da una miscela di azoto, metano etano, propano e a volte anche butano. L composizione è studiata in modo da ottenere le migliori performance. Anche qui sono previsti più stadi di espansione, che vengono ottenuti con valvole JT. Il refrigerante, sia il propano che quello misto, vengono compressi a pressioni nell'ordine di qualche decina di Bar, in modo da permettere il raggiungimento da parte del gas dei −160C richiesti. Versioni migliorate della forma base prevedono l'uso di espansori criogenici al posto delle valvole, e la scelta dei migliori scambiatori adatti alla circostanza. Anche qui come nel caso del POC si producono quantità nell'ordine di 5·106 tonnellate/day, con un consumo che mediamente si assesta su 0.3 kWh/kg con i casi più virtuosi che raggiungono anche 0.27 kWh/kg. Il ciclo C3-MR ha conosciuto anche un ulteriore passaggio denominato ciclo AP-X.

(37)

36 Esso è richiesto quando la portata da elaborare raggiunge i limiti dimensionali dello scambiatore. Si aggiunge una sezione di sotto refrigerazione, funzionante con azoto liquido, in modo da poter aumentare la portata elaborata senza modificare lo scambiatore principale.

Figura 11: Process C3-MR [11]

2.2.2.3 Processo DMR

Il DMR (Dual Mixed Refrigerant) è stato sviluppato in parallelo da Shell e APCI, con lo scopo di superare il problema della taglia del compressore nel C3-MR, che con il propano puro diventava troppo ingombrante. Con questo obiettivo è stata mantenuta la configurazione di massima, con sezioni di preraffreddamento e liquefazione, ma usando in entrambe un refrigerante misto, chiaramente composto in maniera differente dati i diversi campi di temperatura nei quali sono chiamati ad operare. Nella prima parte si ricorre in genere a miscela di propano ed etano, mentre nella seconda si aggiungono in quantità rilevante ai primi due metano e azoto. Il processo consente in virtù del refrigerante misto una maggiore

(38)

37 flessibilità sulle temperature, ma richiede un po' più di energia. La letteratura infatti lo classifica per taglie sempre piuttosto grandi, ma leggermente inferiori al C3-MR (106 tonnellate/day), ma con un consumo specifico che arriva al massimo su 0.33 kWh/kg.

(39)

38

3 R

ECUPERO TERMICO

La tecnologia dei cicli Rankine a fluido organico diventa particolarmente efficiente per la conversione di calore a bassa e media temperatura in potenza elettrica. Al di sotto dei 350°C infatti il ciclo Rankine a vapor d'acqua tradizionale diventa poco performante, viceversa con un fluido organico opportuno le prestazioni rimangono buone. Le possibili applicazioni sono innumerevoli, ma possono essere raggruppate a seconda del tipo di fonte sfruttata, poiché, sebbene ogni caso vada poi vagliato opportunamente, presentano caratteristiche, problemi e soluzioni simili.

Successivamente verranno elencate le principali applicazioni degli ORC e verranno descritti dettagliatamente gli utilizzi WHR.

Le sorgenti di calore possono essere: • Combustione di biomassa • Solare termico

• Fonti geotermiche

• Calore di scarto da processi industriali

• Calore di scarto da motore a combustione interna

3.1 W

ASTE

H

EAT

R

ECOVERY

Il potenziale offerto da questa categoria è molto vasto e coinvolge i settori industriali, domestico e dei trasporti. Il calore può essere recuperato da aria, fumi di combustione e gas caldi, olio o acqua in pressione, vapore di processo e perfino solidi. I livelli termici si distinguono in basso (<150°C), medio (150-400°C) e alto (>400°C): molti autori riportano intervalli diversi di temperatura, ma sostanzialmente coerenti con quelli qui proposti.

(40)

39 3.1.1 Ciclo di riferimento

Il rendimento del sistema ORC dipende principalmente dai livelli di temperatura disponibili all'evaporatore e al condensatore.

Nelle applicazioni per il recupero di calore di scarto, generalmente questi livelli sono limitati, e dunque il rendimento termico del ciclo risulta basso (in genere tra 5-9%) con valori leggermente superiori nelle applicazioni a media temperatura (10-15%).

Il ciclo di Carnot non costituisce un riferimento ideale molto coerente: la differenza principale riguarda l'evoluzione della temperatura della sorgente calda durante lo scambio termico che non rimane costante come avviene nel ciclo ideale, ma diminuisce.

Si cerca quindi un riferimento più appropriato andando a considerare un ciclo ideale composto dalle seguenti trasformazioni reversibili:

• 0 - 1: scambio di calore con differenza infinitesima di temperatura tra la sorgente (tratto nero) e il fluido del ciclo (tratto rosso). Ipotizziamo che i fumi si raffreddino isobaricamente fino alla temperatura ambiente (T0).

• 1 - 2 espansione isoentropica;

• 2 - 0 scambio di calore al condensatore alla T0;

(41)

40 Il rendimento exergetico di questo ciclo e unitario.

Il rendimento termico 𝜂𝑟𝑒𝑣sara dato dal rapporto della potenza generata dal ciclo e quella disponibile.

𝜂𝑟𝑒𝑣 = 𝑃𝑟𝑒𝑣 𝑃𝑎𝑣

Un ciclo ideale che recupera calore da una sorgente termica a temperatura variabile avrà comunque un rendimento inferiore al rendimento di Carnot.

Il rendimento globale può essere scritto come prodotto di due fattori:

𝜂𝐺𝑙𝑜𝑏𝑎𝑙𝑒 =𝑃𝑛𝑒𝑡 𝑃𝑎𝑣 = 𝑃𝑛𝑒𝑡 𝑃𝑎𝑣 𝑃𝑖 𝑃𝑖 = 𝜂𝑡ℎ𝜒

dove 𝑃𝑖 è la potenza effettivamente utilizzata dal ciclo reale della totale disponibile nei fumi, che è diversa dalla 𝑃𝑎𝑣 per il fatto che i gas non vengono raffreddati totalmente. Si tiene conto di questo tramite l'indice χ detto efficienza di recupero:

𝜒 = 𝑃𝑖 𝑃𝑎𝑣

Nelle applicazioni per il recupero di calore, la funzione obiettivo che si vuole massimizzare non e tanto il rendimento termico di ciclo, ma il rendimento globale del sistema dato che lo scopo primario è sfruttare il più possibile la sorgente disponibile.

E per questo infatti che la maggior parte degli studi sul recupero a bassa temperatura considerati esaminano cicli semplici senza rigeneratore interno.

3.1.2 Waste Heat Recovery da motore a combustione interna

I motori a combustione interna hanno un’efficienza termica che varia da valori inferiori al 30% (per motori piccoli e veloci) fino al 50% (per motori grandi e lenti).

(42)

41 Questo è indice di dispersioni energetiche nei gas combusti e nel sistema di raffreddamento.

L’acqua di raffreddamento del motore esce circa a 90° mentre la temperatura dei gas di scarico varia tra 200° e 900° nei motori a benzina mentre tra 200° e 600° nei motori Diesel [20].

Questo significa che anche se il calore contenuto nei due flussi è il medesimo, i gas di scarico hanno maggior contenuto exergetico e di conseguenza il recupero termico permette un maggior miglioramento della performance termodinamica.

Le problematiche relative ai cicli ORC per il recupero termico su veicoli, sono imputabili essenzialmente a 4 ragioni:

• I veicoli non lavorano ad un punto di esercizio costante e di conseguenza il sistema di recupero dovrebbe adattarsi alle continue variazioni di carico.

• Dovrebbe essere sviluppato un idoneo espansore tale da non penalizzare l’efficienza in condizioni lontane dal punto di progetto.

• Deve essere sviluppato un tipo di evaporatore diretto che possa far scambiare direttamente fluido organico e gas senza la necessità di un loop ad olio diatermico. • La scelta del fluido di lavoro deve rispettare le norme di sicurezza e l’intervallo di

temperatura impiegato in modo tale da utilizzare sistemi compatti.

Il recupero termico da motori Diesel marini e da motori stazionari è differente, in quanto operando in condizioni quasi costanti presentano meno problemi inerenti al layout di impianto.

Per questi motori la temperatura di scarico è di circa 310°, essi però non possono essere raffreddati sotto i 180° al fine di evitare la formazione di acido solforico. Per questa ragione, in questo tipo di applicazione, il recupero termico da acqua di raffreddamento della camicia, intercooler ed eventuale olio lubrificante può essere termodinamicamente favorevole [20]

(43)

42 Valentin Apostol et.al in [21] hanno condotto uno studio analizzando a livello termodinamico il recupero termico di un motore Diesel a turbocompressione mediante ORC. Lo scopo del loro lavoro è stato quello di trovare la configurazione più idonea ed il fluido di lavoro ottimale tale da ottenere la massima potenza meccanica per determinate condizioni operative, recuperando calore dai gas di scarico e dall’acqua di raffreddamento del motore.

Hanno condotto lo studio per dieci giorni utilizzando fluidi facenti parte di varie categorie (HFC,HFO,HC e silossani e un nuovo fluido R1336mzz), applicati a sei configurazioni ORC : tre convenzionali, un ORC dual-loop rigenerativo (DORC), una miscela di due ORC tradizionali (uno usato per il WHR dall’acqua di raffreddamento e l'altra utilizzata per il gas di scarico WHR) e un doppio ORC ma con il condensatore in comune.

Dai risultati emerge che il più alto valore del lavoro in uscita è quello ottenuto per la configurazione 2ORC nel caso in cui si usi R1336mzz nel ciclo a bassa temperatura ed etanolo in quello a bassa temperatura.

Il ciclo con preriscaldatore mostra buone prestazioni con la maggior parte dei fluidi utilizzati e ha un costo di investimento inferiore rispetto ai cicli più complessi 2ORC, DORC e PHRDORC.

I risultati positivi raggiunti con il nuovo fluido HFO fa ben sperare sul suo futuro utilizzo nelle applicazioni ORC.

Riferimenti

Documenti correlati

The effect of an edible film obtained from a commercial Aloe vera extract, on the quality maintenance of minimally processed grapes belonging to three different cultivars (Sugar

Facendo riferimento alla configurazione definita come standard nella quale si utilizza il “Fluido Zuccato” con una percentuale di perdita dello stesso pari al 5% ed

Per quanto concerne l’R141b, la potenza assorbita dalla pompa per far circolare il fluido organico diminuisce maggiormente per effetto della riduzione della

Ad esempio si prenda il caso 3, in cui l’energia di attivazione della reazione 1 è più bassa di quella della reazione 2 (il che favorisce la prima reazione rispetto alla seconda)

 il prezzo unitario CV 1T offerto per Sm 3 , al netto di Iva e/o di altre imposte e contributi di legge, nonché degli oneri per la sicurezza dovuti a rischi da interferenze,

Documento di proprietà Snam Rete Gas. La Società tutelerà i propri diritti in sede civile e penale a termini di legge. File dati: SCHEDA B.doc 38. B.12 Aree di stoccaggio

42 appare quindi evidente che l’aumento di liquido nello spazio pleurico può verificar- si a causa di un aumento nella formazione di liquido o di una riduzione

The primary objective of the MERITO (Morphine Rapid Effect in Initial Treatment in Oncology) study was to estimate the percentage (proportion) of time with pain control (reduction