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LA RIABILITAZIONE E LA VALUTAZIONE DELLE CAPACITÀ RESIDUE AI FINI DEL REINSERIMENTO LAVORATIVO DEL

Nel documento III Convegno Nazionale (pagine 45-91)

DISABILE: LE NUOVE NORMATIVE SULL’INSERIMENTO MIRATO.

Carlo Scorretti

Istituto di Medicina Legale e delle Assicurazioni -Università degli Studi di Parma

L’inserimento lavorativo si basa su di un insieme di attività specifiche dell’essere umano, definite in vari termini, ma comunque sempre riconducibili a

”lavoro”, inteso come azione dai molteplici contenuti culturali, variabili a seconda dell’ambiente fisico e sociale in cui si svolge1

Infatti è il “lavoro” che da un significato alla vita sociale e relazionale di ognuno di noi

.

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Mentre per i lavoratori esisteva già una consolidata dottrina e giurisprudenza, espressione di sistema di tutela di tipo assicurativo che nel tempo si era ben sviluppato attraverso la creazione dei vari istituti previdenziali, la tutela degli inabili e dei minorati ha avuto uno sviluppo più recente e ha coinciso altresì con un periodo radicali cambiamenti proprio nella composizione e nella forma delle componenti sociali del Paese, accompagnati peraltro dalla crisi profonda, comune a tutte le società avanzate,

. La tutela e la promozione del “lavoro” diviene così un elemento fondamentale delle normative statuali moderne, in accordo con gli altri basilari principi di tutela, di promozione e di rispetto della persona umana.

Per le persone che hanno delle difficoltà all’inserimento lavorativo a causa delle loro condizioni di salute già l’art. 38 della Costituzione fornisce un quadro unitario dei diritti delle persone minorate, inabili al lavoro, infortunate, malate od invalide. Le diverse forme della tutela hanno tutte uno scopo preciso, quello di assicurare condizioni dignitose di vita, educazione e - se possibile - inserimento lavorativo.

Questa intelaiatura di diritti ha avuto un’evoluzione estremamente complessa, risentendo ovviamente delle imprescindibili implicazioni sociali e politiche ad essa connesse.

1 Scorretti C., Ricci P.: L’inserimento lavorativo dei disabili. Attualità e tendenze. Rivista Italiana di Medicina Legale, 2, 343,1997.

2Scorretti C. La nuova legge sul diritto al lavoro dei disabili. Aspetti sociali e medico – legali. Rivista Italiana di Medicina Legale 2, 437, 1999.

del tradizionale concetto di divisione della società in classi, fulcro dialettico della stessa tutela previdenziale.

Un riflesso di questa profonda crisi dei tradizionali punti di riferimento nell’ordine sociale la si può cogliere anche da aspetti apparentemente secondari, come ad esempio, il fatto che gli “inabili e minorati” della Costituzione del 1948 sono stati funestati spesso in questi decenni da una preliminare “damnatio nomini”, per cui spesso il legislatore ha manifestato un evidente imbarazzo e difficoltà proprio nel nominarli, ed in ultima istanza, nel definirli.

Esemplare in tal senso è la nozione di “invalido civile”3, che ha evocato sentite rimostranze, di cui è ricca la letteratura medico legale. Un’analisi accurata permette infatti di evidenziare non pochi vizi, formali e sostanziali, a partire dall’infelice termine

“civile”4

3 L'art.2 della legge 10 marzo 1971, n.118, definisce mutilati e invalidi civili i cittadini affetti da minorazioni congenite o acquisite, anche a carattere progressivo, compresi gli irregolari psichici per oligofrenie di carattere organico o dismetabolico, insufficienze mentali derivanti da difetti sensoriali e funzionali, che abbiano subito una riduzione permanente della capacità lavorativa non inferiore a un terzo o, se minori di anni 18, che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età. Da questa definizione sono esclusi “gli invalidi per cause di guerra, di lavoro, di servizio, nonché i ciechi e i sordomuti per i quali provvedono altre leggi”. In tempi più recenti l’art.6 del D.Lgs 23.11.1988, n.509, dispone che l’art.2 della legge 30 marzo 1971, n.

118, dopo il secondo comma, sia integrato come segue: Ai soli fini dell’assistenza sociosanitaria e della concessione dell’indennità di accompagnamento, si considerano mutilati ed invalidi i soggetti ultrasessantacinquenni che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età”.

4 Scorretti C., Martini M.,L’Invalidità civile , ESSEBIEMME ed, Noceto (Parma) 1999

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Indubbiamente una maggior chiarezza circa le finalità e gli obbiettivi di un intervento per una tutela più appropriata nei confronti delle persone disabili contribuirono a far emergere la definizione di “persona handicappata”, contenuta nella legge quadro 5 febbraio 1992 n. 104, riferita a colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa, e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.

Per la legge n. 118 del 1971 la menomazione psicofisica aveva una dimensione relazionale proiettata unicamente sulla capacità di produrre reddito, mentre invece nella legge quadro la menomazione, in armonia con le indicazioni della Organizzazione mondiale della sanità che vede nella malattia “il fattore di esteriorizzazione di una situazione di anormalità tale da alterare il comportamento e il modo di vivere del soggetto”, assume valenza relazionale pregnante proiettandosi anche nell’ambito extralavorativo.

La disabilità in tale prospettiva diviene soprattutto una disuguaglianza di opportunità, di percezione di sé, di immaginazione di futuri possibili e quindi, in ultima analisi, di scelta di chi e cosa poter essere.5

Vengono così rafforzate le caratteristiche di promozione, piuttosto che quelle di mero indennizzo, di indirizzo ex ante delle scelte degli individui disabili, piuttosto che di compensazione ex post

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Tale sostanziale diversità di approccio si è recentemente accentuata con l’entrata in vigore della legge 12 marzo 1999, n. 68 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili) e del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 gennaio 2000 (Atto di indirizzo e coordinamento in materia di collocamento obbligatorio dei disabili) che, sviluppando la linea direttrice sopra segnalata, si concentrano non tanto sulle limitazioni derivanti dalla disabilità, quanto piuttosto sulle capacità che la persona può

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La legge di riforma pensionistica n.335 dell’8 agosto 1995, nell’attribuire al Governo la delega per il riordino dell’intera materia delle prestazioni previdenziali e assistenziali d’invalidità (art.3, co.3), faceva leva su un concetto unificante di handicap, in quanto significativo delle diverse forme di menomazione determinatrici dello stato di emarginazione da rimuovere in attuazione dell’art. 3 co. 2 della Costituzione.

Sulla stessa linea possono collocarsi – quantunque la delega sia rimasta inattuata – la costituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, di una Commissione tecnico-amministrativa per il coordinamento, la verifica e il controllo dell’intera materia (D.Lgs.30 aprile 1997 n.157), e di un Fondo per le politiche sociali con la funzione di promuovere interventi per la realizzazione di standards essenziali ed uniformi di prestazioni sociali, generalizzati per tutti i soggetti bisognosi (art. 59 co.44 e segg. Legge 27 dicembre 1997 n.449).

Allo stato attuale persiste tuttavia nel nostro ordinamento una dicotomia evidente tra i e i criteri più flessibili utilizzati nelle misure di sostegno all’inserimento sociale ed in particolar modo all'occupazione.

5 Amartya Sen, “Lo sviluppo è libertà”, Mondadori ed., Milano 2000.

6 Fallani M., Scorretti C. (a cura di) : incontro del 17 maggio 1993 su: Aspetti medico legali della "legge quadro" per l'assistenza, l'integrazione sociale ed i diritti delle persone handicappate (artt. 3 e 4 della legge 5 febbraio 1992 n. 104), Istituto Italiano di Medicina Sociale in: Difesa Sociale, supplemento n. 5, Anno LXXII Sett. Ott. 1993.

7 Scorretti C.: Handicap ed invalidità civile: nuove tabelle per la valutazione dell'invalidità civile, legge quadro sull'handicap, evoluzione della normativa assistenziale negli ultimi quattro anni, Collana di Medicina Legale 12, Liviana Medicina, Napoli, 1993

8 Scorretti C. (a cura di) - Helios 2 Int. Meeting on Handicap Assessment Roma 8 -11 october 1994 - Cleup ed. Padova, 1995.

9 Scorretti C. Intervento tavola rotonda sulla legge 104/92 nell’ambito del Convegno Nazionale su la tutela dell’invalidità. Aspetti giuridici e medico - legali. - Roccaraso - Atti, p. 173 -178, Colosseum ed, Roma 1995.

ancora mettere in gioco e su quelle che, seppur compromesse, possono essere adeguatamente recuperate e valorizzate, spostando così l’attenzione anche sulla qualità e quantità di assistenza che può essere necessaria per i singoli individui con disabilità.

Tutto ciò ben si colloca all’interno di una prospettiva culturale e politica, ormai chiaramente delineata negli ultimi decenni, attraverso la quale la persona umana si definisce in quanto un essere libero e dignitoso, che riesce ad essere artefice della propria vita in cooperazione e reciprocità10

Oggi appare essere ormai percezione diffusa

con gli altri, invece di essere guidato o comunque essere eterodiretto. A ben vedere si tratta di considerare ogni essere umano un fine in sé, di ridare dignità e valore alla libertà del singolo contro le rigide e pervasive coercizioni totalizzanti del presente, istituzionali ed anche extraistituzionali, ma comunque legate al vivere quotidiano.

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La Medicina Legale, pur rigidamente vincolata ad una realtà operativa e giuridica che vede nella definizione del danno alla persona in senso essenzialmente anatomo – funzionale, ben delimitato all’interno di una angusta finalità di monetizzazione risarcitoria, il nucleo centrale di ogni attività valutativa, non poteva tuttavia rimanere

che per arrivare ad una soglia minima di rispetto della dignità umana, per poter considerare l’altro “veramente umano” e degno di essere tale, è necessario rivolgere l’attenzione a ciò che egli può fare, al fine di raggiungere il più completo dispiegamento delle funzioni e delle possibilità proprie di ogni persona.

Sia pure in nuce, tali principi erano già abbozzati nel tanto negletto secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione Repubblicana, in particolar modo laddove si accennava ad “ostacoli” da rimuovere da parte della Repubblica, visti sotto due prospettive negative: in quanto ostacoli che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, ed in quanto fattori che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Un passaggio quindi dalla minorità alla maturità, dalla incapacità sociale del disabile, dalla sua dipendenza formale e sostanziale da altri che in passato è stata anche declinata in un assistenzialismo deteriore, alla promozione della sua autonomia e del suo effettivo ruolo sociale attraverso la individuazione, lo sviluppo e la promozione delle sue effettive capacità.

10 Si veda anche, in accordo con tale prospettiva, il concetto di “partecipazione”

introdotto recentemente nell’ ICIDH2, il nuovo sistema classificatorio, derivato dall’ICIDH del 1980, proposto dal’OMS per l’analisi delle conseguenze negative delle alterazioni dello stato di salute.

11 Nussbaum M.C., Woman and Human Development. The Capabilities Approach.

Cambridge University Press, Cambridge 2000.

indifferente agli importanti cambiamenti di prospettiva introdotti da questo nuovo approccio culturale e dalle innovazioni legislative ad esso connesse.

Già i primi commenti sulla legge 104/92 avevano messo in luce l’esigenza di cambiamenti radicali. Appariva chiaro a tutti che la normativa, diversamente dalle precedenti, finalizzate prevalentemente sugli interventi di tipo economico (pensioni), imponeva all’attenzione degli operatori sanitari implicati nella valutazione l’importanza del contesto, l’analisi del tipo di relazione del disabile con l’ambiente.

“Ne deriva la necessità di rivedere gli attuali metodi di valutazione medico-legale, che fondano sulla dimostrazione effettiva di un deficit funzionale e sulla quantificazione dello strumento per determinare l’entità del danno, biologico o patrimoniale, in vista dell’atteso ristoro economico del pregiudizio patito” (Avato)12

Una interpretazione testuale della legge 104/92 ci portava così già nel 1966 inevitabilmente

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Con il D.P.R. 24 febbraio 1994 (Atto di indirizzo e coordinamento relativo ai compiti delle unità sanitarie locali in materia di alunni portatori di handicap) si definirono i criteri e le modalità valutative per favorite l’inserimento scolastico dei minori, in attuazione degli articoli 8, comma c, ed in particolar modo del comma 7

ad individuare una prassi che, partendo dall’accertamento dello stato sanitario della persona che si ritiene portatrice di handicap, riconoscesse l’esistenza di menomazioni della integrità psico-fisica, individuasse le disabilità che ne conseguono e gli svantaggi sociali (le “difficoltà”) che ne derivano (handicap), allo scopo di rimuoverli o attenuarli. Il profilo personale del portatore di handicap avrebbe potuto così essere utilizzato per le diverse finalità previdenziali ed assistenziali, nelle forme previste dalla vigente normativa o da quella successiva.

L’elaborazione dottrinale e le proposte innovative dovevano tuttavia confrontarsi anche con la drammatica necessità che prima si determinasse un cambiamento sostanziale di costume nella società civile italiana, in cui un modus operandi ed un costume diffuso sostanzialmente assistenzialistico, avevano da tempo individuato nel ricorso “alla pensione” (motivato da una condizione di invalidità) una facile scorciatoia per affrontare i bisogni imposti dal vivere quotidiano.

I tempi di questo cambiamento oggi sono evidentemente giunti, per cui sono le stesse categorie dei disabili, assieme alle altre componenti della società civile, ad esprimere attualmente delle esigenze diverse da quelle del passato, tali da tradursi in formulazioni di legge più coerenti con il dettato costituzionale e con le previsioni contenute nella legge quadro del 1992.

12 Avato F.M. La legge 104/92: revisione della casistica e raccolta nelle aziende UU.SS.LL.

di Forlì, Cesena, Rimini e Riccione. Principi applicativi. Jura Medica, 2, 199, 1995.

13 Scorretti C., Colafigli A., Dal Pozzo C., Fallani M., Consigliere F., Fratello F., L'analisi delle capacità. Implicazioni e prospettive medico-legali. Riv. It. Med. Leg. 2, 1996, p.

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dell’articolo 12 della legge quadro. Le funzioni valutative vengono svolte da medici (non medici-legali) e dagli insegnanti, attraverso una “diagnosi funzionale” 14, un profilo dinamico funzionale 15 ed un piano educativo individualizzato 16

Il primo è tipicamente rappresentato, ad esempio, dalla norma che sino a ieri disciplinava l’inserimento lavorativo per i disabili. Al secondo tipo invece appartengono l’insieme di iniziative, pubbliche e private, che in questi anni si sono particolarmente sviluppate a livello regionale e locale, allo scopo di creare dei “servizi” per l’inserimento

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L’integrazione nel mondo del lavoro è invece esplicitamente indicata nel comma f dell’art. 8 (inserimento ed integrazione sociale) della legge quadro ed in modo più dettagliato negli articoli 17, 18 ed in particolare nel 19, laddove indicando quali soggetti aventi diritto alla tutela del collocamento obbligatorio anche le persone affette da minorazioni di natura psichica, si prevede chiaramente una nuova normativa sul collocamento obbligatorio in sostituzione della legge 2 aprile 1968, n. 482.

Tuttavia in molti altri punti della legge quadro la finalità dell’inserimento lavorativo viene chiaramente indicata o sottesa in quanto una delle finalità essenziali della normativa.

Basti considerare che già negli art. 3 (soggetti aventi diritto) e 4 (accertamento dell’handicap) si parla esplicitamente di accertamenti relativi alla capacità complessiva individuale residua, che evidentemente va apprezzata al fine di poterla poi riutilizzare nel miglior modo possibile, soprattutto attraverso l’attività lavorativa.

La legge 12 marzo 1999, n. 68 rappresenta, oltre che l’attuazione delle indicazioni della legge quadro, anche una proposta innovativa volta al raggiungimento di una difficile sintesi tra due tipi di approcci, storicamente presenti nell’ambito dell’inserimento lavorativo dei disabili, quello “vincolistico” e quello “non vincolistico”.

14Art.3, comma 2, dell’atto di indirizzo e coordinamento: Per diagnosi funzionale si intende la descrizione analitica della compromissione funzionale dello stato psicofisico dell'alunno in situazione di handicap, al momento in cui accede alla struttura sanitaria per conseguire gli interventi previsti dagli articoli 12 e 13 della legge n. 104 del 1992. Alla diagnosi funzionale provvede l'unità multidisciplinare composta: dal medico specialista nella patologia segnalata, dallo specialista in neuropsichiatria infantile, dal terapista della riabilitazione, dagli operatori sociali in servizio presso la unità sanitaria locale o in regime di convenzione con la medesima. La diagnosi funzionale deriva dall'acquisizione di elementi clinici e psicosociali. Gli elementi clinici si acquisiscono tramite la visita medica diretta dell'alunno e l'acquisizione dell'eventuale documentazione medica preesistente. Gli elementi psicosociali si acquisiscono attraverso specifica relazione in cui siano ricompresi:

a) i dati anagrafici del soggetto; b) i dati relativi alle caratteristiche del nucleo familiare (composizione, stato di salute dei membri, tipo di lavoro svolto, contesto ambientale, ecc.).

15 Art.4 dell’Atto di indirizzo e coordinamento.

16 Art.5 dell’Atto di indirizzo e coordinamento. Piano educativo individualizzato.

lavorativo dei disabili, valorizzandone le capacità lavorative, aumentandone la produttività e riducendo i costi per il datore di lavoro, in proporzione all’eventuale minor profitto che ne ricava.

Mentre gli strumenti per il collocamento definiti come vincolistici, hanno una valenza nei confronti di tutti i cittadini nell’ambito nazionale e non possono quindi che basarsi su di un ordine di assunzione definito burocraticamente come “avviamento numerico”, imposto per legge al datore di lavoro, i servizi per l’inserimento lavorativo, concretamente ancorati alla realtà territoriale17, privilegiano la contrattazione e l’accordo tra le parti e non possono che fondarsi, in ultima analisi sulle assunzioni nominative e sul collocamento mirato18

L’atto di indirizzo e coordinamento (Decreto Presidente Consiglio dei Ministri del 13 gennaio 2000, in GU n. 43 del 22 febbraio 2000) si apre con il richiamo alla legge 12 marzo 1999, n. 68, che ne prevede l’emanazione, ed in particolare all’art. 1 della stessa legge dove si precisa che il compito della commissione è quello di accertare le condizioni di disabilità e di effettuare le viste di controllo della permanenza

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L’innovazione più significativa introdotta dalla nuova legge consiste nell’accesso al sistema per l’inserimento lavorativo dei disabili, che viene ad essere subordinato, stando al quarto comma dell’art.1, ”all’accertamento delle condizioni di disabilità” da parte della Commissione prevista dall’art.4 della legge quadro sull’Handicap L.n.104/92, secondo i criteri indicati nell'Atto di indirizzo e coordinamento emanato dal Presidente del Consiglio dei ministri entro centoventi giorni dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

La indicazione in questo punto della legge 68 è esplicita: non vanno più considerate le capacità perdute, quanto piuttosto le “residue capacità lavorative”, allo scopo di impiegarle al meglio, anche mediante appositi “strumenti” e “prestazioni” atti all’inserimento. L’indicazione all’impiego di modalità di “matching”, di correlazione tra capacità del disabile ed esigenze dell’azienda, quali modalità strumentali per il conseguimento di un inserimento effettivamente mirato e non apoditticamente imposto al datore di lavoro, appare evidente, così come appare evidente il ricorso a competenze tecniche di esperti del sociale e di esperti in medicina legale.

17 Si veda in tal senso l’evoluzione normativa già in atto in questi ultimi anni (anticipazioni significative, in tal senso, appaiono essere la legge di riforma sanitaria del 1978, istituente il Servizio Sanitario Nazionale e la legge quadro per l’handicap del 1992) attraverso l’insieme di norme definite come “leggi Bassanini”, che, per quanto attiene l’assistenza e gli interventi nei confronti dei cittadini più deboli, hanno chiaramente sancito la loro appartenenza all’ambito di competenza degli enti locali.

18Morri S.: Inserimento mirato dei disabili. Guida alla buona prassi per le aziende e per gli operatori sociali. A cura di Stefano Morri e Filippo Perrini, F. Angeli ed., 1998, Milano, p.

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dello stato invalidante. Altra norma di rilievo richiamata è, ovviamente, la legge 5 febbraio 1992, n. 104, legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.

Vi sono poi espliciti riferimenti a tutte quelle disposizioni che in questi ultimi anni hanno caratterizzato il passaggio di competenze dallo stato alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro ed assistenza sociosanitaria.

I compiti della commissione vengono precisati nell’articolo 2:

si tratta di tre momenti accertativi specifici chiaramente orientati ad un inserimento lavorativo mirato per la persona presa in esame.

Essi consistono in

a) un profilo socio-lavorativo della persona disabile; si tratta della raccolta di informazioni meglio precisate nel successivo articolo 4, relative alle notizie ed informazioni utili per individuare la posizione della persona disabile nel suo ambiente, alla sua situazione familiare, di scolarità e di lavoro, seguendo le indicazioni di una apposita scheda del profilo socio-lavorativo, di cui all'allegato n. 1, che fa parte integrante del decreto che promulgherà l’atto di indirizzo e coordinamento. Nell’articolo 4 questo compito viene demandato alla componente non medica della commissione, che, secondo l’articolo 3 è composta dall'operatore sociale e dall'esperto nel settore dell'inserimento lavorativo. Importante per i contenuti, ma anche per il metodo, è il riferimento all’acquisizione di eventuale documentazione redatta per la persona disabile nel periodo scolare, ai sensi degli articoli 3 e 4 del decreto del Presidente della Repubblica 24 febbraio 1994, atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e province autonome sui compiti delle unità sanitarie locali in materia di alunni portatori di handicap.

b) una diagnosi funzionale della persona disabile, volta ad individuarne la capacità globale; è l’aspetto più innovativo, perché fa riferimento ad una descrizione analitica della compromissione funzionale dello stato psico-fisico e sensoriale della persona disabile, al momento in cui accede alla struttura sanitaria per usufruire degli interventi previsti dall'articolo 1, comma 1, della legge 12 marzo 1999, n. 68. Si tratta di un accertamento di cui è esplicitamente incaricata la componente medica della Commissione (il presidente, medico legale, lo specialista nella patologia segnalata, ed un altro sanitario che l’atto di indirizzo non precisa, lasciando aperta la scelta anche a seconda di più specifiche esigenze valutative).

b) una diagnosi funzionale della persona disabile, volta ad individuarne la capacità globale; è l’aspetto più innovativo, perché fa riferimento ad una descrizione analitica della compromissione funzionale dello stato psico-fisico e sensoriale della persona disabile, al momento in cui accede alla struttura sanitaria per usufruire degli interventi previsti dall'articolo 1, comma 1, della legge 12 marzo 1999, n. 68. Si tratta di un accertamento di cui è esplicitamente incaricata la componente medica della Commissione (il presidente, medico legale, lo specialista nella patologia segnalata, ed un altro sanitario che l’atto di indirizzo non precisa, lasciando aperta la scelta anche a seconda di più specifiche esigenze valutative).

Nel documento III Convegno Nazionale (pagine 45-91)