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Capitolo 3 SONNO E APPRENDIMENTO

3.4 Riattivazione della memoria durante il sonno

Le riattivazioni trasformano le memorie labili e in procinto di decadere in memorie stabili e durature. Avvengono ripetutamente e durante il sonno e permettono la graduale integrazione dei concetti senza sovrascrivere le memorie più vecchie. Sia da studi sugli animali che su umani è risultato che hanno origine nell’ippocampo. Possono avvenire anche durante la veglia, per esempio in momenti di riposo o comunque interruzione di comportamenti attivi. (Eric R. Kandel, Principi di Neuroscienze, 2003)

Nell’uomo i segni delle riattivazioni di tracce di memoria vengono reperiti prevalentemente attraverso tecniche di imaging dell’attivazione cerebrale, mediante PET o fMRI, che però soffrono di una scarsa risoluzione temporale. Generalmente, durante il sonno non-REM, l’attivazione cerebrale e la connettività si riducono rispetto alla veglia, ma si riscontrano aumenti distinti di attività nel sonno 2, soprattutto in relazione a spindles e slow wave. Durante il sonno REM, alcune aree come le regioni della corteccia temporale- occipitale, l’ippocampo e l’amigdala, esibiscono un’attivazione confrontabile a quella della veglia, mentre in altre regioni si riduce. Grazie alla PET è stato possibile identificare la

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relazione tra questa attività cerebrale e l’apprendimento (Maquet P., 2000). Nel lavoro di Maquet et al., durante il sonno REM che seguiva 4 ore di traning mediante paradigma SRTT, l’attivazione cerebrale aumentava in molte aree, rispetto al gruppo di controllo che invece prima di dormire aveva eseguito una sequenza casuale; questo indica come gli effetti di attivazione siano proprio legati alla formazione della memoria procedurale. Inoltre, gli individui che avevano eseguito il training SRTT mostravano anche variazioni nei pattern di connettività funzionale. L’apprendimento di una capacità percettiva, come la discriminazione di un tessuto, ha mostrato di riattivare il segnale BOLD durante il seguente sonno non-REM.

Sono stati ottenuti anche chiari segni di riattivazione nelle aree dell’ippocampo ed del para-ippocampo durante il sonno SWS in seguito all’apprendimento di un compito di navigazione virtuale. La stessa riattivazione si evidenziava anche nella fase SWS del ciclo successivo, in misura proporzionalmente predittiva delle performance di navigazione mostrate nei test successivi; nessun segno di riattivazione si aveva invece durante il sonno REM.

E’ notevole inoltre che le riattivazioni non solo avvengono in sincronia con gli spindles, ma anche la loro dimensione sembra essere modulata dalla loro ampiezza, e questa idea è consistente con l’ipotesi che gli spindles siano responsabili della mediazione delle interazioni ippocampo-neocorticali durante il processing della memoria dichiarativa, e questa è l’idea è su cui si andrà ad investigare nel presente lavoro di tesi.

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3.5 Bibliografia

Bjorn Rasch, J. B. (2013). About Sleep's Role in Memory. Physiology Reviews, 681 - 766.

Eric R. Kandel, J. H. (2003). Principi di Neuroscienze. Casa editrice Ambrosiana.

 Maquet P., L. S. (2000). Experience-dependent changes in cerebral activation during human REM sleep. Natural Neuroscience, 831-836.

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Capitolo 4 - OSCILLAZIONI EEG

CORRELATE CON

L’APPRENDIMENTO

4.1 La Sleep Slow Oscillation

Generazione e caratteristiche generali

Durante il sonno SWS, l’EEG mostra un’attività a onde lente predominante, che è definita nella banda frequenziale 0.5-4 Hz e include le oscillazioni lente a 1 Hz con un picco di frequenza a 0.8.

La Sleep Slow Oscillation (SSO) è una fenomeno caratterizzato dall’alternanza tra una fase di depolarizzazione della membrana neuronale accompagnata da un’intensa attività di scarica (“up-state”), e una fase di silenzio neuronale (“down-state”), in cui invece i neuroni corticali sono silenti. Entrambe le fasi hanno durata di alcune centinaia di millisecondi.

A livello elettroencefalografico, il picco negativo della SSO coincide con l’inizio della transizione dal down- all’up-state, che corrisponde a una deflezione positiva del segnale.

Si pensa che la funzione predominante della SSO sia la diffusa sincronizzazione delle reti corticali e talamo-corticali durante il sonno non-REM, fornendo un intervallo di tempo in cui la rete è temporizzata e “resettata” dalla fase di iperpolarizzazione e il processing neuronale è limitato alla successiva fase di depolarizzazione. (Destexhe A., 2007). Infatti, la stimolazione elettrica e magnetica ha rivelato che nella fase di depolarizzazione l’eccitabilità della rete neuronale risulta migliorata.

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I meccanismi cellulari di generazione della SSO non sono tuttora ben noti. Le registrazioni intracellulari effettuate su animali hanno rivelato che la SSO viene iniziata, mantenuta e terminata dall’azione congiunta delle correnti intrinseche e delle interazioni nell’intera rete. Può essere generata e sostenuta anche dalla sola corteccia cerebrale e interrotta dai percorsi intracorticali. (Marcello Massimini, 2004)

Sono stati condotti molti studi tesi a indagare e conoscere le caratteristiche della SSO, in termini di sviluppo spaziale e temporale. Si è scoperto prima di tutto che il rate di occorrenza della SSO aumenta progressivamente con l’approfondirsi del sonno, e che soprattutto origina più frequentemente nelle regioni anteriori propagandosi poi in direzione anteroposteriore: ciò significa che la SSO si configura come un’onda viaggiante, caratterizzata da un pattern ben definito e riconoscibile. (Marcello Massimini, 2004)

Ruolo della SSO nel sonno e il downscaling sinaptico

Tradizionalmente, l’attività ad onde lente è considerata un marker della regolazione omeostatica della pressione di sonno, perchè aumenta dopo un prolungato stato di deprivazione e diminuisce con il trascorrere della notte. (Bjorn Rasch, 2013)

Tutte le evidenze convergono sull’idea che la SWA rappresenti un meccanismo centrale con effetti benefici sul consolidamento della memoria, in particolare sul sistema della memoria dichiarativa. E’ già da tempo noto come negli animali, la codifica e l’apprendimento di informazioni durante la veglia produca un consistente aumento di attività ad onde lente nelle rispettiva reti corticali durante il sonno SWS. (Kattler, 1994)

Negli umani un apprendimento intenso di tipo dichiarativo, come per esempio l’esecuzione di un esercizio di accoppiamento delle parole, aumenta l’ampiezza degli up- state della SSO e anche per quanto riguarda le capacità procedurali, l’effettuazione di esercizi di adattamento visuomotorio aumentano l’ampiezza delle onde lente durante il successivo SWS. (Molle M., 2009)

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Il ruolo causale della SSO sul consolidamento della memoria è stata evidenziato da alcune prove sperimentali effettuate per mezzo di stimolazioni di corrente transcranica (tDCS) che inducono la SSO, associate a esercizi di accoppiamento di parole. In seguito all’induzione della SSO, si può osservare infatti un significativo miglioramento della memorizzazione delle coppie di parole. (Lisa Marshall, 2004)

Un concetto inoltre molto importante è quello che vede le onde lente del SWS servire primariamente a ridimensionare la forza delle sinapsi potenziate durante la codifica delle informazioni avvenuta nella veglia antecedente al sonno, secondo l’ipotesi del downscaling

sinaptico; questo processo ridimensiona durante la notte la forza di quelle connessioni

sinaptiche che durante la veglia, nel corso della codifica, erano state potenziate solo debolmente, al di sotto di una certa soglia. Annullando queste sinapsi, viene rinormalizzato il peso di ciascuna sinapsi della rete, migliorando il rapporto segnale-rumore e rafforzando quindi le rappresentazioni di memoria. . (Giulio Tononi, 2006)

Il ridimensionamento sinaptico può essere considerato come un processo non specifico che contribuisce in modo complementare e indiretto al sistema del rafforzamento delle rappresentazioni di memoria ottenute durante la veglia, perché facilita la codifica di nuove informazioni durante la veglia successiva. Lo schema chiarifica il meccanismo dell’omeostasi sinaptica: durante la veglia si interagisce con l’ambiente e si acquisiscono informazioni; l’EEG è attivato e i neuromodulatori come per esempio la noradrenalina favoriscono l’immagazzinamento delle informazioni, attraverso il potenziamento della connessioni sinaptiche, indicate in rosso in figura. Durante il sonno invece, il cambio di quantità del neuromodulatore innesca oscillazioni lente del potenziale di membrana, ovvero alternanze di fasi di depolarizzazione e iperpolarizzazione, in ogni neurone della corteccia; dal momento che la forza sinaptica media alla fine del periodo di veglia è alto, i neuroni sono altamente sincronizzati, e come risultato abbiamo che l’EEG del primo sonno mostra onde lente di grande ampiezza. Le onde lente però non sono solo il risultato di un’aumentata forza sinaptica, bensì le sequenze ripetute di depolarizzazione- iperpolarizzazione causano il loro downscaling nel tempo; questa riduzione diminuisce

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l’ampiezza delle oscillazioni lente nel potenziale di membrana, e questo si riflette bene nel tracciato.

A causa dello smorzamento delle onde lente, il downscaling è progressivamente ridotto, ovvero il processo è auto-limitante quando le forze sinaptiche raggiungono un appropriato livello di baseline, e questo rafforza l’omeostasi sinaptica e beneficia il sistema in termini di energia, spazio, apprendimento e memoria, in modo che al risveglio i circuiti neurali preservano le tracce di memoria ma sono riportate alla massima efficienza.

Figura 4-1: Diagramma schematico del meccanismo di omeostasi sinaptica [da Sleep function and synaptic homeostasis – Giulio Tononi, Chiara Cirelli]

A conferma di come questo meccanismo favorisca la memoria, si possono considerare le molte evidenze che suggeriscono come la capacità di codificare informazioni episodiche risulti deteriorata in caso di deprivazione continuata di sonno, e sia invece ripristinata dopo un periodo di sonno.

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