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La ricerca

Nel documento PARTE Prima INTRODUZIONE INDICE (pagine 154-157)

8. Professionisti a confronto

8.1. La ricerca

Le persone dimenticheranno ciò che hai detto, ciò che hai fatto, ma non dimenticheranno mai come le hai fatte sentire166 Un interrogativo che mi ha accompagnato lungo tutto il mio lavoro di stesura di questo elaborato è stato: “Ma…sarà davvero così?”.

Sarà vero che il consulente mette al centro della consulenza il cliente, cercando di capire le sue preoccupazioni e i suoi reali bisogni? Sarà vero che il consulente si pone come compagno di viaggio del cliente e non come faro che gli mostra la terra dove approdare? Sarà vero che il consulente entra talmente in empatia con il cliente, tanto da capirlo fino in fondo? E via su questa scia di domande.

Ero un po’ scettica, lo confesso. Pensavo che quanto io avessi scritto nei capitoli precedenti, ispirandomi a Schein, Drucker, Goleman, e ai più grandi studiosi di Relazioni Pubbliche, fosse semplicemente “la teoria”, quella che si studia sui libri ma che poi viene alterata, dove più dove meno, quando si trasforma in “pratica”. E invece ho appurato che il consulente non solo si mette da parte per accentrare il cliente e la sua storia ma che addirittura, se si rende conto che non può aiutarlo con le proprie conoscenze, lo indirizza da altri consulenti, magari più specializzati in quel determinato settore. Ho appurato che il consulente si pone non solo come compagno di viaggio nei confronti del cliente, ma addirittura come compagno di viaggio “a scadenza”, nel senso che dopo un cammino fatto insieme e quando il consulente lo

155 ritiene opportuno, si separa dal cliente stesso (senza mai, però, interrompere la relazione) in vista di una maggiore crescita per entrambi. Ho appurato che il consulente non solo entra in empatia con il cliente ma addirittura attua tutti gli interventi di cui quest’ultimo necessita, fosse anche il non cambiamento, se questo rappresenterebbe un intralcio per l’azienda.

Mi hanno aiutato in questo mio percorso di approfondimento sulla relazione di fiducia nell’attività di consulenza, dieci professionisti nel settore della comunicazione. Dopo un lungo confronto con il mio relatore, abbiamo deciso di focalizzarci su dieci consulenti di comunicazione tra i maggiori esperti in Italia, quasi tutti soci FERPI, che avessero delle credenziali di tutto rispetto in ambito accademico o di pubblicazioni, e incarichi di spessore che avessero permesso loro di ottenere credibilità da parte di colleghi e altri soggetti del settore, senza però fissare una soglia minima di esperienza, proprio per analizzare indistintamente il loro comportamento ed eventualmente notare differenze tra consulenti senior e junior.

La scelta è ricaduta su professionisti che occupano posizioni di rilievo in importanti società di consulenza; sono infatti tutti Presidenti, Soci, Partner o Director nelle aziende in cui lavorano. Seguendo l’ordine cronologico delle interviste che ho effettuato, i professionisti sono: Mariapaola La Caria, Fabio Ventoruzzo, Paolo Volpe, Sergio Vazzoler, Giovanni Landolfi, Mario Rodriguez, Romina Noris, Lara Pontarelli, Daniele Salvaggio, Filippo Nani.167

Abbiamo optato per un incontro vis-à-vis ma, laddove non è stato possibile (alcuni di questi professionisti vivono a Roma e a Milano), abbiamo preferito metterci in contatto tramite call o via Skype. Questo tipo di intervista “a voce” ha permesso che si creasse un dialogo tra me e l’altro, che non fosse semplicemente di botta/risposta ma un confronto vero e proprio sulle domande che io proponevo (e l’argomento della relazione di fiducia in generale) e le considerazioni che essi ne traevano. Più volte, infatti, ho intervallato le domande “fisse”, e che avevo inviato loro qualche giorno

167 In questo capitolo ci limiteremo ad analizzare, esaminare e confrontare in modo critico le risposte di questi dieci professionisti alle domande dell’intervista. Le interviste integrali precedute da una breve introduzione biografica, per gentile concessione degli intervistati, sono poste in Appendice.

156 prima tramite e-mail come bozza di intervista, con personali interrogativi scaturiti al momento in base a ciò di cui si parlava o con semplici curiosità che hanno poi alimentato le mie considerazioni.

Sicuramente si è trattato di confronti ricchi di spunti e che hanno superato di gran lunga le mie aspettative, non perché dubitassi della validità o delle competenze dei suddetti professionisti ma per l’immediata prontezza con cui si sono resi disponibili ad aiutarmi e per la delicata dedicazione che mi hanno riservato, alcuni addirittura trattandomi come loro pari (pur essendo esaustivi e previdenti nel colmare le mie lacune di inesperienza) e non come la laureanda del prof. Vecchiato a cui si dovevano concedere 30-40 minuti del proprio prezioso tempo perché così è “forma”.

Per quanto riguarda la mia persona, ero particolarmente curiosa di entrare in questo mondo, per me in parte nuovo e in parte velato, attraverso le parole e i valori di chi quel mondo lo vive quotidianamente. E devo ammettere che ho prestato minuziosa attenzione ai valori che il mondo della consulenza offre e che allo stesso tempo dovrebbero caratterizzare il fare del consulente. Credo, infatti, che il lavoro del consulente debba essere interamente impregnato di etica, non solo per una moralità personale che diventa poi simbolo di onestà professionale, ma soprattutto perché il consulente di comunicazione viene percepito sempre più come intermediario fra l’azienda e i suoi pubblici, divenendo in questo modo responsabile del come e del cosa viene comunicato. Infatti, la figura del consulente viene vista sempre più come il “custode dell’etica organizzativa”168, la cui attività professionale è rivolta a tradurre in pratica i valori etici nei comportamenti delle imprese. In particolare, come Invernizzi afferma, «l’etica nella professione di relazioni pubbliche non è per nulla un desiderio velleitario di qualche anima bella, ma una concreta tendenza dell’evoluzione della professione»169.

E secondo me è proprio dall’etica che nasce la fiducia, senza etica non può esserci una relazione di fiducia. Non è un passaggio scontato, né tantomeno è facile o

168 E. INVERNIZZI (a cura di), Relazioni Pubbliche, 2. le competenze e i servizi specializzati, McGraw-Hill, Milano, 2002, pag. 22.

157 immediato da attuare. Per questo, tra le tante domande che mi erano venute in mente di porgere a dei professionisti, ho preferito concentrarmi su quegli aspetti che riflettono maggiormente proprio questo passaggio: come costruire una relazione di fiducia. Non mantenere o consolidare la relazione, ma costruire!

A questo scopo ci siamo soffermati soprattutto sui primi incontri che avvengono tra consulente e cliente e che danno poi il via all’attività di consulenza. Perché è essenzialmente in questi primi incontri che si gioca tutto, che si decide se e come andare. E così, partendo dai primi incroci di sguardi e parole (la comunicazione), passando per il silenzio e l’ascolto e procedendo verso il cambiamento, ho ripercorso il viaggio del consulente analizzato nei capitoli precedenti, gustandolo in modo nuovo attraverso esempi concreti e a portata di mano, donatimi da dieci professionisti.

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