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Sul finire degli anni Ottanta Crispi riceve numerose richieste da giornalisti italiani e stranieri, che sono a caccia di interviste e colloqui con il presidente, interessati a narrare le avventure della sua vita giovanile1 e i dettagli e le curiosità dalla sua vita privata: il suo carisma è ampiamente riconosciuto tanto da farlo apparire agli occhi dei più come «un’individualità notevole, caratteristica, superiore»2. William James Stillman, il corrispondente del «Times» a Roma dal 1886 al 1898, affascinato da Crispi, che definisce «il più interessante document

humain» in cui si sia imbattuto, scrive di lui «con appassionato interesse»3 considerandolo «one of the greatest political and parliamentary personalitic of the age, and the Italians, true descendets of Nicholas Machiavelli, and legittimate sons of the revolution»4. Il giornalista francese de «Le Figaro» Jean Saint-Cère, che ottiene un’intervista nel 1890, si sofferma lungamente sull’aspetto fisico per restituire ai lettori d’oltralpe un ritratto completo dell’uomo italiano di cui più si discute in Francia:

La bouche est grande et encore bien garnie, la figure est longue, les joues sont pleines et rasées de près, le nez est fort, dominant toute la figure au- dessus d’une moustache blanche très hérissée, très courte ; le front est dégarni, la tête aussi, pas un cheveu ne l’empêche de briller et de montrer qu’elle rougit aussitôt qu’il s’irrite ; les yeux sont perçants, intelligents, changeants, divers, les yeux d’un homme très fort, très retors, très roublard. Mais il leurs manque quelque chose ! M. Crispi n’a pas des sourcils. Et aussitôt qu’on a vu ce qu’il manque à cette physionomie, on trove à qui M. Crispi rassemble : il rassemble à M. Bismarck sans sourcils […]. Très fin, très intelligent, très italien, très avocat, il n’a pas besoin des sourcils qui donnaient à l’autre l’air très fort, très brutal, très allemand et très soldat ! M. Crispi m’a tout l’air de vouloir charmer ses interlocuteurs, M. Bismarck voulait les terroriser5.

Protagonista degli editoriali politici nel corso delle sessioni parlamentari, quando si allontana da Roma i giornalisti lo seguono nei luoghi privati, per rivelare i dettagli della quotidianità: «è molto frugale nei pasti, e trova che nessuno sa farlo mangiare meglio di un suo cuoco

1 Cfr. ACS, CC, DSPP, b. 121, fasc. 757 e ss.

2 Francesco Crispi giudicato all’estero, «La Riforma», 8 febbraio 1890, traduzione di un articolo del «Fremden-Blatt» di Vienna, ACS, PCM,1887, Crispi, b. 65.

3 Cit. in C. Duggan, Creare la Nazione, cit., p. 570.

4 Premier Crispi’s triumph the approval of his policy by the italian chamber of deputies, «New York Times», 15 giugno 1890, ACS, PCM, Crispi, 1887, b. 65.

siciliano, che gli ammannisce certi cibi molto primitivi all’uso dell’isola»6, scrive «La Provincia» di Cremona nel 1887. Pochi giorni dopo l’attentato di Caporali, il «Giornale di Sicilia» pubblica un lungo articolo sulla giornata del presidente con lo scopo dichiarato di appagare le curiosità del pubblico circa il trascorrere della convalescenza del primo ministro lontano dalla capitale:

La ferrea tempra di quest’uomo che dà le battaglie, ha superate le conseguenze del triste incidente di Via Caracciolo. Nella sala della villa Lina, l’on. Presidente del Consiglio ha riprese le abituali occupazioni della sua operosa giornata. È in piedi prima assai delle sei antimeridiane. Come il vecchio Cicerone, egli ha del proprio individuo cura diligente e decorosa. Fa la sua toletta e nel contempo il suo segretario gli comunica i dispacci e le notizie che pervengono durante la notte. Verso le otto si mette al lavoro. Fino alle dieci si occupa di politica estera. Egli suol ripetere che è appunto la politica estera quella che meno lo preoccupa, quanto al disimpegno giornaliero. […]. Alle dieci fa colazione in famiglia. Francesco Crispi, più che altro, vi fa semplice atto di presenza. Non beve quasi mai vino. Egli è astemio. Pitagora lo avrebbe inscritto fra’ suoi discepoli più ortodossi. C’è dell’altro. Crispi non fuma. Nemmeno fiuta. […]. Dalle undici e mezzo alle sette di sera l’onorevole presidente lavora instancabilmente alla politica interna. È calmo, ma rapido e pronto. I suoi segretari penano talora a tenergli dietro. Le interruzioni del resto sono numerosissime. Sono i ricevimenti di coloro che hanno chiesto e ottenuta l’udienza. Crispi li accoglie con correttezza perfetta. D’un gesto vibrato indica loro la segiola, siede ed ascolta. Parla poco, è riservato. Pure usando ogni gentilezza, abbrevia quanto può la visita. Il tempo che fugge è per lui una specie di dolore. Egli è come l’eroe di quella novella persiana di Marmontel, che pregava Allah di stabilire i giorni, non di ventiquattro, ma di quarantotto ore. Una volta libero delle persone accorrenti, si rimette al tavolino. Il momento del pranzo, alle sette di sera, arriva sempre un po’ presto. Ha sempre qualche ultima pratica da sbrigare. Adesso nella sua convalescenza, è un po’ donna Lina che riesce con dolce violenza a strapparlo dal lavoro. […] – Durante il pranzo discorre volentieri. Ma i suoi argomenti favoriti concernono quasi sempre uomini e cose del passato. Del presente parcamente discorre, e se può, sfugge alla contemporaneità degli argomenti. Dopo il pranzo, un po’ di conversazione. Alle dieci di sera, daccapo a lavoro, e così fino a tarda notte. Crispi è di quelli uomini che dormono poco. È del parere di Santo Agostino che diceva: essere il sonno il ladro di metà della vita7.

Il rapporto con la figlia Giuseppina e la moglie Lina, quest’ultima oggetto di un forte e spesso malevolo interesse8, rappresentano un elemento centrale per la definizione di un’immagine più intima e privata. Nei suoi appunti del 1887 Vincenzo Riccio scrive:

6 F. Crispi, «La Provincia», 15 agosto 1887, ACS, PCM, 1887, Crispi, b. 65. 7 La giornata di Crispi, «Giornale di Sicilia», 24 settembre 1889, ivi.

In casa è gentile, allegro, bonario. L’uomo si trasforma nelle pareti domestiche. Non si riconosce più in lui l’oratore robusto e qualche volta violento della Sinistra storica. Ha un idolo: sua figlia. Molto l’ama, molto per essa ha sofferto, molto ad essa ha sacrificato, molto per essa ha lavorato e lavora. […] Ha sessantotto anni, ma è dritto, forte, vigoroso. Ha ancora impeti e passioni giovanili. Veste con eleganza. Ha nelle conversazioni la frase allegra, la forma gentile, il riso facile e buono, Ma, tratto tratto, quando la passione politica lo commuove, allora scatta e rugge come leone. Allora resta l’uomo di parte, sopravvissuto anche alla decadenza, alla ruina delle parti politiche9.

Questa attenzione a tutto tondo della stampa verso Crispi è un segno, seppur indiretto, della risonanza che la sua immagine ha nell’opinione pubblica, tale da renderlo una vera celebrità nazionale e internazionale10. Egli partecipa di un fenomeno più ampio che ha a che fare con i cambiamenti della società nel suo complesso: a questo proposito Maurizio Ridolfi ha scritto che «l’epoca moderna ha generato una brama senza precedenti nei confronti delle persone famose»11. L’emersione di figure celebri può considerarsi una delle conseguenze della definizione di un nuovo spazio pubblico successivo alla Rivoluzione francese12 e un «ressort paradoxal de la culture de masse»13 per cui la capacità dell’uomo al potere «à capter et à entretenir cette curiosité du public»14 entra a pieno titolo nel processo di creazione e mantenimento dell’autorità sociale. La commercializzazione della cultura, l’esplosione della stampa, l’estensione del suffragio, la diffusione delle immagini tramite la fotografia15, sono tra gli aspetti che maggiormente influiscono nella definizione di questo nuovo tipo di fama che investe le personalità pubbliche e che, elemento del tutto nuovo, attira l’attenzione fin dentro la vita privata, i dettagli della quotidianità, rivelando il desiderio di identificazione del pubblico con gli uomini celebri del loro tempo, considerati alla stregua dei protagonisti dei romanzi ottocenteschi16.

Volendo investigare più a fondo l’effettiva popolarità di Crispi occorre spostare il fuoco dai centri di produzione e diffusione del mito e confrontarsi con fonti non istituzionali, spesso

9 V. Riccio, Introduzione, in Id., Francesco Crispi, Profilo ed appunti 1887, cit., 1887.

10 Per un interessante repertorio si rimanda al catalogo della mostra mantovana (febbraio-marzo 2018) Icone politiche. Celebrità e nuovi media al tempo del Risorgimento, curata da C. Bertolotti, G.L. Fruci e A. Petrizzo, Mantova, Istituto Mantovano di Storia Contemporanea, Istituto Superiore Carlo d’Arco e Isabella d’Este, 2018. 11 M. Ridolfi (a cura di), Propaganda e comunicazione politica, cit., p. 17. Cfr. A. Lilti, Figures publiques. L’invention de la célébrité 1750-1850, Paris, Fayard, 2014; C.L. Ponce de Leon, Self-Exposure: Human-Interest Journalism and the Emergence of Celebrity in America, 1890-1940, Chapel Hill, University of North Carolina Press, 2002.

12 Cfr. J. Habermas, Storia e critica dell’opinione pubblica, Roma-Bari, Laterza, 1963. 13 A. Lilti, Figures publiques, cit., p. 19.

14 Ivi, p. 14.

15 Cfr. L. Riall, L’invenzione di un eroe, cit.; P. Burke, Eyewitnessing. The Use of Images as Historical Evidence, Londra, Ithaca, 2001.

16 V. Fiorino, G.L. Fruci, A. Petrizzo (a cura di), Il lungo Ottocento e le sue immagini. Politica, media, spettacolo, Pisa, ETS, 2013.

trascurate dalla storiografia. Si tratta di indagare il versante ricettivo, «point aveugle»17 della ricerca storia, che pure nel nostro caso rimane per lo più in ombra18 nonostante l’abbondanza di prove ed elementi interessanti. Ci riferiamo, in particolare, alle lettere di raccomandazione e omaggio ricevute dal presidente negli anni dei suoi mandati e conservate in gran numero tra le sue carte19. Sebbene la natura di “lettere ai potenti”20 tradisca sempre un certo grado di interesse, più o meno celato, dietro la dichiarazione reverenziale, questo corpus di fonti ci permette di trarre importanti considerazioni relative all’immagine pubblica di Crispi.

L’aspetto ricettivo non risulta centrale solo in vista di una più esaustiva ricostruzione della storia del mito politico individuale ma si intreccia nel profondo con questioni più ampie: seguendo l’assunto per cui Crispi si proclamò il «concetto incarnato della nazione», indagare i livelli e le modalità di ricezione della sua immagine pubblica ed esplorare le decodificazioni e le interpretazioni operate dai destinatari secondo criteri soggettivi e sociali, significa interrogarsi sulle differenti idee di “patria” che attraverso Crispi si muovono, a più livelli, nel paese. In questo senso, esplorare le potenzialità ricettive del mito Crispi può essere considerata un’angolazione privilegiata sia per osservare i tentativi di nazionalizzazione posti in essere dalla classe dirigente liberale sul finire del secolo, sia per verificarne la capacità in termini di creazione del consenso e adesione alla patria.

In relazione al corpus di fonti rinvenute, il dato quantitativo costituisce il primo elemento d’interesse. La mole della corrispondenza inviata a Crispi è imponente: si tratta di migliaia di missive la cui consistenza è tale da poter parlare di un grado di ricezione significativo. Non solo. Christopher Duggan ha ipotizzato che «il suo nome fosse noto alla maggioranza degli italiani»21: l’analisi di tali carte permette di constatare una conoscenza più profonda da parte dell’opinione pubblica la quale si rivolge a Crispi con precisi riferimenti al suo passato, alla sua opera di statista e alla sua parabola politica di deputato. Un secondo dato emerge dall’analisi della provenienza geografica delle missive: quello della loro indistinta appartenenza alle varie regioni d’Italia. I telegrammi sono spediti da Nord a Sud con intenti e parole che si somigliano e ripetono. Il 10 novembre del 1887 l’associazione generale di mutuo soccorso e istruzione degli operai di Torino gli rende noto la sua nomina a socio

17P. Ory, L’histoire culturelle, cit., p. 87.

18 Considerazioni sul grado di ricezione dell’immagine pubblica di Crispi, pur non essendo al centro di una trattazione più estesa, sono presenti, tra gli altri, in C. Duggan, Creare la Nazione, cit., p. 650 e sgg.; D. Adorni, Introduzione, in Francesco Crispi, cit.; U. Levra, Fare gli italiani, cit., p. 350 e sgg.

19 In questo capitolo ci rifaremo in particolare a ACS, PCM, Crispi b. 65, b. 74, b. 75, b. 114.

20 Cfr. C. Zadra, G. Fait (a cura di), Deferenza rivendicazione supplica. Le lettere ai potenti, Treviso, Pagus, 1991. 21 C. Duggan, Creare la Nazione, cit., p. 651.

onorario22, appena un mese dopo, dall’altro capo della penisola, giunge al presidente il telegramma dell’associazione operaia di Licata che scrive per identica comunicazione:

Stasera costituendosi novella Associazione operaia soci intervenuti più di 300 acclamarono plaudenti V.E. loro Presidente onorario votando fra entusiastici evviva che in omaggio patriottismo ed eminenti servizi resi al Re ed alla patria, circolo assuma il nome riverito e glorioso di Francesco Crispi23.

Nel 1887 Attilio Cadel, un famoso costruttore veneziano, scrive a Crispi per congratularsi della creazione dell’Ufficio di Ingegneria Sanitaria e si firma «un italiano». In quei giorni da Milano è spedito a Via Gregoriana, presso l’abitazione privata del presidente, un volume a stampa titolato La rivendicazione del lavoro di pugno di Carlo Zambelli, consigliere comunale24; nell’aprile dell’anno successivo, da Reggio Emilia, un ispettore delle imposte dirette di Modena invia una lettera di sentita ammirazione25. Poco dopo, Crispi riceve un quadro raffigurante la breccia di Porta Pia da un pittore di Firenze26 e un omaggio dall’Arciospedale di S. Maria Nuova della stessa città al «propugnatore delle buone discipline sanitarie»27; una lettera dall’architetto cavaliere Pietro Narducci, membro della commissione per il risanamento della città di Roma, che gli invia un suo lavoro sulla fognatura antica e moderna della capitale28; un opuscolo sulla magistratura da un avvocato napoletano29 e un soprammobile intarsiato dalla famosa fabbrica del Salento Gargiulo Frères30. Come si vede, le missive percorrono idealmente l’intera penisola.

Un discorso a parte deve essere fatto per Torino, spesso considerato come il centro del «Piemonte saldamente anticrispino»31. Lo spoglio delle fonti evidenzia un numero di missive inviate dalla prima capitale del Regno paragonabile a quelle di provenienza dalle altre regioni. Nel momento della sua salita al potere nel 1887 Crispi riceve l’invito del sindaco di Torino all’inaugurazione della statua a Garibaldi e una lettera da parte di Francesco Lanza, nipote di Giovanni, che in occasione del discorso a Torino gli invia un volume stampato in onore dello zio e scrive: 22 ACS, PCM, 1887, Crispi, b. 65. 23 ACS, PCM, 1888, Crispi, b. 74. 24 ACS, PCM, 1887, Crispi, b. 65. 25 ACS, PCM, 1888, Crispi, b. 74. 26 Ivi. 27 ACS, PCM, 1888, Crispi, b. 75. 28 ACS, PCM, 1890, Crispi, b. 114. 29 ACS, PCM, 1888, Crispi, b. 74. 30 ACS, PCM, 1890, Crispi, b. 114. 31 Cfr. U. Levra, Fare gli italiani, cit., p. 350.

Voi rendete un servizio non solo all’Italia ma all’Europa, al mondo. – l’arte di Machiavelli e quella stessa di Cavour impallidirebbero di fronte alla nuova politica, che sarebbe vera gloria italiana. […]. Io avrei voluto stampare il vostro discorso in modo da poterne dormare un quadro, imprimendo con caratteri d’oro le frasi più belle; ma disistei dal proposito perché non è possibile il sceglierne le migliori: tutto è vero, grande, bello32.

A queste si affiancano lettere provenienti da altre sfere: sempre nel novembre del 1887 Crispi riceve il volume Salamina inviatogli da Palma di Cesnola, archeologo e ufficiale dell’esercito piemontese nonché console negli Stati Uniti nel 1865, e, negli stessi giorni, è nominato socio onorario da parte dell’associazione generale di mutuo soccorso degli operai torinesi33. Espressioni di vicinanza dal Piemonte continuano ad arrivare pure nel periodo successivo da parte di privati o autorità pubbliche34. Quello che spesso è stato definito un consenso tutto meridionale, con sacche di forte resistenza nel Nord Italia, pare lasciar spazio a un’immagine più ampia del consenso, che travalica le distinzioni tra i due estremi della penisola.

Altro dato da rilevare è la diversa estrazione sociale dei mittenti. A Crispi vengono inviati telegrammi di monti di pensioni, accademie di ragionieri, circoli di natura politica anticlericali o liberali, corporazioni di mestieri tra ingegneri, sensali, fruttivendoli, igienisti e società di mutuo soccorso del sacerdozio e del laicato italiano. La missiva ha quasi sempre lo stesso scopo, quello di rendere nota la propria vicinanza al primo ministro o di comunicargli la proclamazione a socio onorario. A volte si invia lo statuto dell’associazione, altre volte i resoconti dell’attività annuale sperando forse in una risposta benevola o in un eventuale aiuto che però non è mai esplicitamente richiesto. Oltre il perimetro dell’Italia delle associazioni, le voci si moltiplicano e i messaggi si fanno più personali. Avvocati, architetti, medici, artisti, farmacisti, economi, archivisti, impiegati nei pubblici uffici scrivono per dimostrare la loro approvazione. I cittadini si dichiarano «servi» o «ammiratori» in nome delle imprese compiute da Crispi che producono reverenza «dal cervello e dal cuore»35. Il presidente è definito «l’Uomo proprio della situazione»: si riconosce il suo «ampio concetto di governo» e la

32 ACS, PCM, 1887, Crispi, b. 65. 33 Ivi.

34 A titolo di esempio: 1 novembre 1887 la Società filotecnica di Torino lo acclama socio onorario, ACS, PCM, 1887, Crispi, b. 65; 21 giugno 1888 una tipografia torinese gli invia l’almanacco «Il Palmaverde», ACS, PCM, 1888, Crispi, b. 74; 11 novembre 1888 l’assemblea di elettori del quinto collegio di Torino gli manda «riverente saluti e plauso per opera saggia, energica in difesa diritti e grandezza della nazione» a firma del sindaco di Ivrea, ACS, PCM, 1888, Crispi, b. 75; nel maggio del 1890 un professore della R. Università di Torino gli invia un suo lavoro dal titolo «Delitto politico e rivoluzione», ACS, PCM, 1890, Crispi, b. 114.

capacità di aprire «i cuori alla speranza di vedere realizzarsi un migliore avvenire»36. Tutti i mittenti fanno riferimento al patriottismo del garibaldino, qualità che più generalmente suscita ammirazione e devozione. Maestri di musica e compositori gli mandano i loro lavori37 intitolati a nomi o a eventi del Risorgimento, alla capitale del Regno38 o alla gloria della nazione39. In molti fanno riferimento all’autorità di Crispi, considerata come la qualità distintiva del politico in parlamento, per la quale si riconosce in lui un’individualità super partes. Così scrive un emiliano nel 1888:

Penso d’interpretar bene il sentimento di quanti sono, come me, gli ammiratori dell’ordine, della dignità e del decoro delle nostre istituzioni, permettendomi d’esprimere sincere le mie congratulazioni alla E.V. per il contegno sempre nobile, ma fermo e risoluto, verso taluni onorevoli che, facendo troppo a fidanza sui propri diritti in parlamento, cercano ogni motivo per creare al Governo difficoltà d’ogni genere. Pur rispettando tutte le opinioni in fatto di politica, credo non voglia sinceramente bene al proprio paese chi fa guerra personale, continua e non giustificata all’Uomo sommamente patriotta e leale, al cui patriottismo lealtà e sapere, furono appunto affidati da un principe impareggiabile i supremi interessi della nazione, e alla cui tutela […] veglia. È ormai tempo che non eravamo più assuefatti a dichiarazioni così franche, risolute, autorevoli, com’escono adesso dalla bocca del primo ministro del regno: e ciò fa bene al sangue, non solo, rianima tutta la gente seria e benpensante, la quale impara sempre più apprezzare la nobiltà e schiettezza di sentimenti della Eccellenza Vostra, e a distinguere, in altre, l’ambizione del vero amore di patria40.

Nella totalità delle missive si fa riferimento all’opera attuata in politica interna e alla saggezza della legislazione promossa che, si scrive, pare aver risolto «l’insolubile problema di stato formulato da Tacito […]. Democratizzare la monarchia»41, nonché alla posizione assunta dall’Italia in Europa sotto la sua egida. Egli è considerato come l’«illustre statista che seppe in breve tempo attuare all’interno importanti liberali riforme e all’estero dare all’Italia alta posizione che le compete»42. I privati pregano affinché Crispi rimanga al suo posto, come scrive un cittadino napoletano nell’ottobre del 1890: «permetta V.E. che ai voti dei veri

36 Così il già citato Carlo Zambelli, consigliere comunale di Milano, ACS, PCM, 1887, Crispi, b. 65.

37 Il 9 ottobre 1888 un maestro di musica di San Leo gli manda un componimento musicale alla memoria di Porta Pia, ACS, PCM, 1888, Crispi, b. 74; nel 1890 un altro musicista manda da Palermo «L’Apoteosi di Garibaldi», ACS, PCM, 1890, Crispi, b. 114.

38 Il 3 ottobre 1888 Vincenzo Miceli, capobanda del corpo di musica municipale di Cefalù, dedica a Crispi la marcia per banda «Roma intangibile» con queste parole: «A F. Crispi grande atleta del risorgimento italiano statista e patriota insigne in segno di ammirazione», ACS, PCM, 1888, Crispi, b. 75.

39 Il 15 maggio 1890 Luigi Pecci, maestro di musica della provincia di Salerno, invia la sinfonia «Gloria d’Italia» di cui Crispi rifiuta la dedica, ACS, PCM, 1890, Crispi, b. 114.