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Riferimenti normativi a favore dell’imprenditorialità in Italia

Capitolo IV: Imprenditorialità femminile in Italia

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3. Riferimenti normativi a favore dell’imprenditorialità in Italia

Gli strumenti di intervento a carattere normativo, atti a favorire lo sviluppo dell’imprenditoria femminile in Italia, tendono in particolare a due obiettivi:

1. da una parte, a sostenere e promuovere direttamente la nascita e crescita di attività di business,

2. dall’altra, a favorire la conciliazione del binomio vita lavorativa e vita familiare che condiziona la capacità delle donne di avviare un’impresa.

In materia di incentivazione dell’impresa femminile, il quadro normativo è ampio e complesso. Accanto agli interventi e strumenti indirizzati in maniera specifica alle imprese femminili, vi sono anche da tenere in considerazione i numerosi strumenti e le numerose misure volti a promuovere e sostenere l’imprenditorialità nel suo complesso.

Va tenuto presente, che, per le donne, tale ambito di interventi assume una certa rilevanza in Italia, sia perché rappresenta delle opportunità concrete, sia perché sia tali misure prevedono delle priorità per le donne nell’allocazione delle risorse.

È possibile classificare tali interventi in sei macro-aree:

1. interventi agevolativi a favore degli investimenti produttivi;

2. strumenti agevolativi di sostegno alle attività di ricerca, sviluppo e innovazione;

3. interventi agevolativi volti al sostegno degli investimenti per lo sviluppo

sostenibile, ossia diretti a sostenere gli investimenti destinati a migliorare l’eco-efficienza, a favorire lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili e pulite, all’abbattimento dell’inquinamento, alla riduzione del consumo di risorse naturali;

4. interventi agevolativi volti al sostegno della formazione finalizzati ad incentivare la formazione dei lavoratori, continua e permanente, in modo di aumentare la capacità competitiva delle imprese tramite l’accrescimento delle competenze professionali dei lavoratori;

5. strumenti agevolativi di sostegno all’occupazione. Tali misure operano o incentivando direttamente l’occupazione e le nuove assunzioni ovvero in modo indiretto favorendo l’autoimprenditorialità e l’autoimpiego;

6. interventi agevolativi a sostegno dell’internazionalizzazione delle

imprese italiane.

Per quanto concerne le normative che sostengono la conciliazione tra vita familiare e lavoro, la norma di riferimento principale è la legge n° 125 del 1991, recante titolo “Azioni positive per la realizzazione della parità uomo- donna nel lavoro”.

Questa legge tratta la tematica riguardante il rapporto tra il tempo dedicato al lavoro e quello riservato alla famiglia, problema questo, che diventa questione di interesse pubblico coinvolgente famiglie, istituzioni, aziende e non solo quindi, la sfera femminile.

Il riferimento normativo ad hoc circa la realtà dell’imprenditorialità femminile, è la legge n°215 del 25 febbraio 1995, la quale ha conosciuto un periodo di lunga gestazione.

Tale legge, difatti, recante titolo “Azioni positive per l’imprenditorialità

femminile” divenne operativa solo a partire dal 1996, grazie all’adozione del

regolamento recante norme per la concessione di agevolazioni a favore dell’imprenditoria femminile, da parte del Ministero del Commercio, dell’Industria e dell’Artigianato.

La legge nacque nel 1991, ma il suo ritardo applicativo fu influenzato dalle forti crisi politiche occorse tra il 1992 ed il 1996.

Proprio nel maggio 1991, la Commissione Europea emanò una risoluzione invitando gli Stati Membri a creare normative volte a favorire l’inserimento della donna nel mercato del lavoro, dando così la possibilità di sfruttare i vantaggi finanziari contenuti nei programmi comunitari ILE (promozione

della creazione di imprese) NOW (promozione delle pari opportunità) ed IRIS (formazione professionale)53.

Per la prima volta, con la legge n°215 del ’92, si estende e indirizza verso il lavoratore autonomo donna, le azioni positive interpretate nell’ambito del lavoro dipendente legge n°125 del 1991.

La legge 215 promuoveva la creazione e lo sviluppo di imprese femminili, l’accesso al credito e alla formazione imprenditoriale per le donne.

Per il raggiungimento di questi fini, venne istituito il “Fondo Nazionale per lo Sviluppo dell’imprenditoria Femminile” erogato da Ministero dell’Industria che concedeva, secondo alcuni paramenti, incentivi ad imprese femminili operanti nei settori dell’industria, agricoltura, commercio, servizi, turismo ed artigianato. Questi incentivi potevano essere concessi sia per la creazione di una nuova impresa, sia per favorire il consolidamento e crescita di una esistente.

Furono istituiti inoltre dei programmi regionali che favorivano la formazione imprenditoriale e che prevedevano iniziative di assistenza, consulenza ed informazione.

La legge 215 portò inoltre alla costituzione del “Comitato per l’imprenditoria femminile” che aveva il compito di indirizzare e programmare la ricerca, lo studio e la raccolta dati sul tema dell’imprenditorialità femminile.

Come acclarato in precedenza, fu solo nell’aprile ’96 che apparse il primo bando per richiedere le agevolazioni, al quale ne seguirono altri cinque con norme più specifiche.

Le imprese agevolate negli anni furono circa 16.000, per un valore medio di agevolazione concessa di circa 47.000 euro. Nell’anno 2006-2007 tale legge, purtroppo, non venne più rifinanziata.

Nel 2006 la legge 215 fu fatta infine confluire nel D.Lgs. n°198 11/04/2006 recante titolo “Codice delle pari opportunità” ma senza finanziamento e, di fatto, non è più operativa.

53 Per approfondimenti si veda il rapporto “Parità di opportunità tra uomo e donna: terzo programma di azione comunitaria a medio termine1991-1995”.

Nel 1993, il Ministero per lo Sviluppo Economico, il Dipartimento per le Pari Opportunità e l’UNIONCAMERE hanno dato impulso ad un Protocollo d’intesa, finalizzato ad elaborare e mettere in atto strategie di promozione e sostegno dell’imprenditorialità femminile. Tale Protocollo, rinnovato nel 2003 e nel 2013, prevede la costituzione e l’attività di Comitati per l’imprenditorialità femminile i quali hanno la funzione di:

1. operare per la qualificazione e lo sviluppo della presenza femminile nel mondo imprenditoriale;

2. partecipare alle attività Camerali coniugando lo sviluppo dell’imprenditoriale locale in un’ottica di genere;

3. Promuovere indagini sulla realtà imprenditoriale ed identificare opportunità per la promozione della donna nel mondo imprenditoriale e nel mondo del lavoro in generale;

4. Coinvolgere stakeholders locali per la promozione delle pari opportunità e politiche di genere;

5. Promuovere iniziative volte ad incentivare l’imprenditorialità femminile (formazione, informazione, servizi di assistenza manageriale mirata etc.);

6. Promuovere iniziative volte a facilitare l’accesso al credito per le donne.

Anche in Italia, come nel caso Spagnolo, esistono associazioni, fondazioni ed enti che si occupano di sostenere l’imprenditorialità femminile, ne son un esempio AIDDA “Associazione Imprenditrici Donne Dirigenti d’Azienda”, Api

Donna, Gamma Donna.

Questi enti, offrono numerose iniziative tese a favorire lo sviluppo della donna all’interno del mondo del lavoro e soprattutto all’interno dell’impresa.

4. Conclusioni

Dall’analisi statistica proposta è possibile tracciare un primo profilo della donna imprenditrice italiana che risulta: