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La frazione umida è la parte organica del rifiuto. Gli scarti organici umidi sono i residui alimentari (scarti di cucina) e scarti vegetali o frazione verde (scarti di potatura del verde pubblico e privato), classificabili come materiali organici biodegradabili o putrescibili. La frazione umida, opportunamente separata (domiciliarizzazione della raccolta; raccolta stradale con contenitori di varie dimensioni) viene inviata a due diversi tipi di impianti: quelli a fermentazione aerobica (impianti di compostaggio, curiosità) e quelli a degradazione anaerobica (digestori, curiosità). All’interno degli impianti di compostaggio il cosiddetto “umido” subisce una nuova separazione, viene ripulito dal secco ad elevata granulometria ancora presente, dai metalli, dai residui non organici e ne viene triturata la parte marcescibile. Alla fine dei cicli di compostaggio si ottiene il compost (usato come fertilizzante organico in agricoltura) e una parte di residuo secco non biodegradabile che viene inviata in discarica. Il trattamento del rifiuto umido produce però aria caratterizzata da polveri e da inquinanti gassosi. Per le polveri sono sufficienti dei sistemi fisici di rimozione, mentre per gli inquinanti gassosi si utilizzano sistemi più complessi, quali biofiltri o sistemi di combustione dell’aria. Il materiale organico può essere anche sottoposto a biodegradazione anaerobica: stoccato in silos (detti anche digestori anaerobici) viene aggredito da batteri bioriduttori che ne degradano la struttura, producendo biogas poi utilizzabile come energia pulita o fertilizzanti, il tutto a impatto ambientale zero.

Il secco riciclabile

Il secco riciclabile deriva dalla raccolta differenziata, eseguita con diversi metodi: porta a porta con tariffa puntuale (metodo in cui la tassa sui rifiuti si paga in base al rifiuto secco non riciclabile prodotto, incentivando così la differenziazione), campane multimateriale, isole ecologiche.

Per secco riciclabile s’intendono carta, legno, vetro, metalli e plastica.

Legno, carta, vetro e metalli vengono riutilizzati come materie prime. Il ciclo di recupero ha una parte residua non riciclabile molto ridotta, che viene inviata in discarica o agli impianti di termovalorizzazione.

La plastica necessita di un ulteriore snodo in quanto costituisce in realtà un insieme di plastiche incompatibili tra loro ai fini del trattamento di recupero. Il 70% circa dei rifiuti plastici è riciclabile, il residuo 30% non riciclabile viene smaltito nei forni. Le differenti plastiche vengono separate in impianti che sfruttano sia al selezione manuale, sia sistemi di automazione.

Il secco non riciclabile

I rifiuti che appartengono alla categoria del secco non riciclabile non sono attualmente recuperabili. Il loro luogo di deposito è il cassonetto dei rifiuti solidi urbani.

Al secco non riciclabile appartengono: contenitori per latte e succhi di frutta in tetrapak, oggetti e giocattoli in gomma e plastica, spugne, stracci, pannolini, assorbenti, polistirolo, plastica varia (esclusi contenitori per liquidi), cassette audio e video, sacchetti di plastica, borsette, vestiti inutilizzabili, scarpe vecchie, secchielli, bacinelle, penne, oggetti in plastica e bakelite, polveri dell’aspirapolvere, lampadine tradizionali (non al neon), cuscini, carta chimica, calze di nylon, carta carbone, oleata e plastificata. Il secco non riciclabile, o secco residuo, è la frazione del residuo su cui ruotano tutti i problemi. Come disfarsene? Le alternative sono due: lo stoccaggio in discarica o la combustione negli inceneritori.

Il secco non riciclabile ha origini diverse: da una raccolta differenziata ottimale si ottiene un rifiuto molto secco che viene stabilizzato e vagliato tramite procedimenti meccanici, ripulito dai residui di CDR (Combustibile da rifiuto), materiale dall’alto potere calorifico e basso contenuto in ceneri destinato ai termovalorizzatori.

Il rifiuto “Tal Quale”

Oltre alle tre macro frazioni (frazione umida, secco riciclabile e secco non riciclabile, o secco residuo), c’è il rifiuto “tal quale”. Il rifiuto “tal quale” è il vecchio sacchetto nero che contiene immondizia indistinta, destinata agli inceneritori o alle discariche. Secondo le normative europee questo tipo di rifiuto non dovrebbe più esistere, così come gli impianti per smaltirlo.

Negli inceneritori il “tal quale” viene bruciato a temperature maggiori di 850 °C (necessarie per non produrre diossina). Le ceneri di combustione vengono usate nei cementifici o per manti stradali.

I fumi attraversano dei filtri: le polveri che ne derivano sono tossico-nocive e quindi vengono inertizzate e inviate in discariche controllate. Nelle discariche il “tal quale” produce biogas epercolati(curiosità) inviati ai depuratori.

Spazzatura d’oro

La spazzatura è una risorsa. Gestione dei rifiuti e tecniche di smaltimento (approfondimento scientifico) trasformano in oro i rifiuti. Ne abbiamo esempi virtuosi anche in Italia. Nell’avamposto virtuoso del Triveneto, a San Giorgio Nogaro (UD), nel cuore dell’azienda Ideal Service, i rifiuti vengono trattati come risorsa e separati a valle. L’azienda ha adottato una tecnologia norvegese della differenziata a valle, che costa meno della differenziata a monte. Dentro lo stabilimento dell’Ideal Sevice un maxi mastro corre a 180 metri al minuto e trasporta i nostri scarti. Un laser controlla il mega tapis roulant dei rifiuti. L’intelligenza elettronica coglie la presenza di carta, plastica o latine nel fiume di rifiuti che pocede alla velocità di 3 metri al secondo. E a ogni rilevazione scattano i lanci : a ripetizione, uno dietro l’altro. I beccucci colorati sparano aria compressa nel punto preciso memorizzato dalla lettura ottica : così parte la bottiglietta verso il nastro della plastica, il giornaletto schizza via nel tunnel della carta ; un altro sibilo e il tetrapack vola su un altro piano, tra i suoi simili. I rifiuti sembrano danzare e frutta milioni di euro. Conviene a chi la raccoglie, a chi sa estirparne le materie prime, a chi la rivende. Magari piazzando all’asta le bottigliette di acqua minerale al prezzo record di 350 euro a tonnellata. Non a caso questa azienda leader sta sbarcando in Cina, con contatti importanti a Pechino, Shanghai e Hong Kong e in 10 anni è passata da un fatturato di 800 milioni di vecchie lire a un fatturato di 50 milioni di euro di oggi.

Comunque non tutto il Belpaese considera i rifiuti una risorsa, anzi spesso li vede solo come zavorra e ammasso di merce avariata da destinare in discariche. Siamo ancora lontani dall’obiettivo posto per legge nel 2007 : il 40% di riciclaggio. Eppure riciclare destinare in discariche. Siamo ancora lontani dall’obiettivo posto per legge nel 2007 : il 40% di riciclaggio. Eppure riciclare conviene. Lo sanno le regioni del Nord che la relazione dall’APAT premia come campioni della differenziata: Trentino (50% di raccolta per materiali), Vento (48,7%), Lombardia (43,6), Piemonte (40,8%). Anche la Sardegna ha compiuto un recupero forte nella battaglia della separazione degli scarti. Ma i rifiuti, non debitamente smaltiti, possono provocare anche tragedie, come nel caso di Napoli (curiosità), letteralmente ricoperta di rifiuti per giorni e giorni nel 2009, perché mancavano discariche e quelle esistenti non erano state bonificate.