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Un collegamento tra l'apprendimento delle lingue e la parte psicodidattica ed emozionale analizzata sopra, è la riflessione

metalinguistica degli studenti. É su questa capacità che deve

basarsi una didattica delle lingue efficace che coinvolga gli studenti e che parta dal loro bagaglio culturale e linguistico. La riflessione metalinguistica è la capacità che abbiamo tutti fin da piccoli di riflettere sulla lingua, è una capacità innata. É una capacità che si affina con il tempo, nel bambino piccolo è più istintiva per diventare sempre più un' attività cosciente.

Il bambino piccolo ha già dentro di sè le categorie grammaticali , con l'esperienza e l'interazione con il mondo esterno costruisce le regole del linguaggio e "riempie" queste categorie (Balboni, 2008).

La cosidetta epilinguistica (Culioli, 1994) è il termine che esprime questa capacità umana di essere naturalmente predisposti alla lingua fin da piccoli (Andorno & Sordella, 2018). Questa attività che Culioli definisce «activité

métalinguistique non cosciente» (Culioli, 1968: 108) è presente già in fase pre-linguistica in tutti gli esseri umani senza distinzione di lingua e cultura (Andorno & Sordella, 2018). Il concetto di metalinguistica è stato trattato da molti glottodidatti che ne hanno tracciato confini o esteso maggiormente il raggio di azione.

Gombert (1997) distingue nettamente tra epilinguistic control e

metalinguistic awareness: il primo termine si riferisce a quando

il bambino piccolo prende il controllo della propria capacità linguistica ma senza consapevolezza, il secondo quando dopo aver preso il controllo va verso una consapevolezza maggiore, definita metalinguistica. Secondo Gombert la seconda capacità (metalinguistica) non sempre è sviluppata, capita di non raggiungere la facoltà di verbalizzare consapevolmente (Andorno & Sordella, 2018).

Ferreri (2009) definisce invece attività epilinguistica e attività

metalinguistica come due estremi di uno stesso percorso: da una

parte le prime richieste, anche non verbali, del bambino piccolo, dall'altra la consapevolezza della propria capacità metalinguistica e quindi il suo uso cosciente (ANDORNO & Sordella, 2018).

Una didattica che utilizzi come risorsa la capacità

metalinguistica degli studenti è stata proposta anche in passato:

Tullio De Mauro definisce come naturale l'attività di riflessione sul linguaggio e propone che una parte di didattica sia basata sull' esplorazione linguistica degli studenti, perchè possano «sperimentare l'esplorazione della grammaticalità» (De Mauro, 2011: 21). Già nel 1975 le Dieci tesi, testo del gruppo GISCEL (Gruppo di Intervento e Studio nel Campo dell'Educazione Linguistica) «sostiene con forza il ruolo della riflessione

metalinguistica» criticando l'insegnamento grammaticale

esplicito (Andorno & Sordella, 2018).

In ambito scolastico sono state sviluppate alcune proposte in merito ad approcci che sviluppano l'attività di riflessione sulla

lingua.

In Italia un lavoro importante, che abbiamo già precedentemente nominato, è stato quello di Lo Duca con i suoi Esperimenti

grammaticali (1997). In questa sperimentazione Lo Duca

propone un approccio puramente induttivo: i ragazzi della scuola primaria sono stimolati ad osservare il linguaggio in modo selettivo per arrivare, attraverso la riflessione e la discussione, a costruire le categorie in modalità implicita, non esplicita. Anche Paola Desideri nel Il testo argomentativo:

processi e strumenti di analisi (1995) è esplicita nel conferire

potere alla riflessione e all'analisi da parte degli studenti: «Del resto, è appurato che il dialogo compare prima del monologo e che il dialogo è l'attività linguistica che consente all'essere umano di farsi un'idea del mondo: il bambino conosce e apprende ponendo domande, cercando risposte, obiettando, interrogando in continuazione gli adulti» (Desideri, 1991). Queste proposte didattiche coinvolgono esclusivamente la L1, mentre la proposta di Altichieri e Deon nel Una grammatica per

tante lingue ? (1995) amplia la proposta didattica riflessiva a

tutte le lingue studiate a scuola, non soltanto alla L1 (Sordella & Andorno, 2017).

La riflessione metalinguistica è sicuramente supportata dal metodo induttivo: tramite l'esperienza gli studenti scoprono in autonomia come funziona la lingua, partendo da ciò che già sanno. Il metodo induttivo è il metodo che utilizziamo naturalmente per apprendere la lingua madre: il bambino grazie agli stimoli esterni fa ipotesi e struttura le sue regole circa il funzionamento della lingua (Balboni, 2008).

Ragionando e riflettendo si attivano le connessioni neuronali (creando sinapsi) e i concetti appresi sono immagazzinati nella memoria a lungo termine, quindi ricordati per sempre (Balboni, 2015). Le regole che invece vengono proposte dall'alto in modalità deduttiva non vanno in memoria profonda ma superficiale, quindi poi dimenticate (P. E. Balboni, 2008).

La grammatica in ottica induttiva è il punto di arrivo e non di partenza, è come una tabella vuota da riempire con l'esperienza. Anche se lo studente è il protagonista in questa metodologia di apprendimento, il docente è comunque parte attiva del processo in quanto deve guidare lo studente e offrire gli input da osservare (Beacco et al., 2016).

Il docente deve promuovere la riflessività anche nel caso che non vi sia una particolare conoscenza da acquisire ma come esercizio cognitivo a sè. La riflessività non è infatti una attività specifica di una disciplina ma abbraccia tutta la didattica (Beacco et al., 2016).

«A seconda dei suoi particolari stili cognitivi, ciascun apprendente è dotato, in misura maggiore o minore, della capacità di valutare i suoi apprendimenti, i suoi punti di forza e debolezza e di essere consapevole di come risolvere i problemi individuati o di gestire le attività o i compiti che deve svolgere» (Beacco et al., 2016)

Il metodo induttivo è da sempre molto dibattutto, vi sono opinioni contrastanti in merito alla sua efficacia didattica e al possibile utilizzo. Siamo ancora molto abituati a trovare nelle scuole il metodo di studio meccanico, dogmatico e mnemonico della grammatica, la "grammatica normativa"(Colombo, 1997). Molti studiosi denunciano la scarsità di supporto e di promozione in ambiente scolastico della attività riflessiva degli studenti. Desideri (1995) afferma che la scuola inibisce e distrugge la capacità di riflessione metalinguistica che diventa, ad ogni passaggio scolastico, sempre più rigida e sclerotizzata. Anche Alichieri e Deon (1995) affermano che durante il percorso scolastico gli studenti perdono la capacità di riflettere autonomamente mentre sviluppano la visione di una lingua e di una grammatica basata esclusivamente sulla correttezza formale (ANDORNO & Sordella, 2018).

Viene privilegiata la funzione normativa e la funzione strutturante della grammatica. Ma la grammatica si declina in ogni spazio sociale e personale: le sfumature, i modi di dire e tutto quello che si differenzia dalla norma fa parte dell'alterità a cui gli studenti devono essere abituati (Beacco et al., 2016). L'approccio induttivo necessita forse di più tempo e più risorse sia per il docente che per gli studenti, ma ha l'enorme vantaggio di motivare la classe, costruire insieme la didattica e fissare le nozioni nella memoria a lungo termine. La consapevolezza degli studenti dipende «in larga misura da come gli inseganti vedono queste risorse e dal loro riconoscerle come opportunità di apprendimento» (Beacco et al., 2016).

Ogni contesto scolastico, ogni gruppo classe necessita (come abbiamo già specificato precedentemente) di una didattica personalizzata in base alle esigenze, alle caratteristiche e agli obbiettivi proposti. Anche il metodo induttivo, come tutti gli altri, deve essere sapientemente gestito e strutturato sulle caratteristiche del gruppo classe tramite la capacità e le risorse del docente.

Stimolare la riflessione linguistica negli studenti è una risorsa da utilizzare per una glottodidattica di successo.

4 Gli Approcci Plurali alle lingue: una

risposta alle nuove esigenze didattiche

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