Con l’avvento della Costituzione repubblicana si è verificato il passaggio dalla concezione istituzionale della famiglia a quella costituzionale basata sul principio dell’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi sancito dall’art. 29 Cost. Tale evoluzione, tuttavia, non si è realizzata nel breve lasso di tempo intercorso tra la entrata in vigore del codice del 1942 e della Costituzione del 1948, e non sono mancate opinioni fermamente contrarie all’introduzione dei nuovi principi in tema di famiglia nel testo costituzionale. Basti pensare al pensiero del giurista Piero Calamandrei, che nell’Adunanza Plenaria dell’Assemblea Costituente tenutasi il 17 aprile 1947, affermava “sotto l'aspetto
giuridico, il nostro diritto vigente - che nessuno, per ora, che io
59 Sul punto v. Saitta P., Sollima N., Politiche familiari in Italia: problemi e prospettive. Confronto tra le leggi regionali di Friuli-Venezia Giulia, Toscana e Marche, 2008; Cavana P., La famiglia nella Costituzione italiana, op. cit.
37 sappia, vuole cambiare - non è basato sull’uguaglianza giuridica dei coniugi: perché il capo della famiglia è il marito, è lui che dà il cognome alla moglie ed ai figli, è lui che stabilisce il domicilio della famiglia, e la moglie è obbligata a seguire il marito, e non viceversa. E questa diseguaglianza giuridica dei coniugi nella famiglia è una esigenza di quella unità della famiglia, di questa società, che, per poter vivere, ha bisogno di essere rappresentata e diretta da una sola persona. Si potrebbe cambiare questo sistema: e stabilire che capo della famiglia sia la moglie, che essa dia il cognome ai figli e stabilisca il domicilio, e che il marito sia obbligato a seguire la moglie; e che ad essa spetti la patria potestà sui figli. Sarebbe un altro sistema. Ma tra questi due sistemi bisogna scegliere: uno intermedio, che dia a tutt'e due i coniugi la assoluta parità giuridica, non esiste.”60. Basti pensare che la riforma del diritto di famiglia del 1975 ancora regolava i rapporti tra i coniugi e degli stessi con i figli nel capo relativo al matrimonio ex artt. 143 ss. c.c. e, nonostante fosse aperta alla tutela dei figli nati fuori del matrimonio, continuava ad organizzare i doveri genitoriali intorno alla classe dei diritti e doveri derivanti dal matrimonio61. È solo con la legge n. 219/2012, infatti, che viene delineata una disciplina unitaria della
60 Per approfondimenti cfr. l’intervento del Calamandrei avanti alla Commissione per la Costituzione- Adunanza Plenaria, seduta del 17 aprile 1947, in Atti dell’Assemblea Costituente.
61 Per approfondimenti v. Alagna S., Famiglia e rapporti tra coniugi nel nuovo diritto, Milano, 1983; Auletta T., Diritto di famiglia, Torino, 2011.
38 filiazione, con unicità dello stato di figlio, a prescindere dall’essere nato dentro o fuori del matrimonio.
Partendo dal principio, la Costituzione, con l’affermazione della parità dei coniugi, contiene un’indicazione essenziale e, per certi versi, anticipa e valorizza l’evoluzione sociale e culturale segnando un momento di rottura rispetto alla disciplina codicistica dell’epoca, caratterizzata da una visione strettamente patrimonialistica del matrimonio che, «facendo del marito-padre
l’unico titolare dei rapporti con i terzi, lo rendeva anche il “capo” di tutte le relazioni familiari, in termini palesemente inconciliabili con la reciprocità dell’affectio»62. Secondo alcuni l’art. 29 Cost. doveva considerarsi come una mera specificazione dell’art. 3 Cost. con la conseguenza che dovevano potersi dettare per i coniugi discipline diverse tenendo conto delle loro differenti attitudini biologiche, fisiche e sociali63.
Profondamente innovativa fu la sentenza n. 133/1970 della Corte Costituzionale ove si stabilì che «le norme che siano fonte di
svantaggio per un coniuge non possano essere giustificate, nell’ambito di una valutazione di legittimità costituzionale, dal fatto che altre norme conferiscano allo stesso coniuge, a proposito di altre situazioni subbiettive nascenti dal matrimonio,
62 Così Manetti M., Famiglia e Costituzione: le nuove sfide del pluralismo delle morali, op. cit., p. 13 ss.
63 Sul punto cfr. Carnelutti F., La parità dei coniugi e l’ordinamento giuridico italiano, in Riv. dir. civ. 1961, 144 ss., che così giustificava l’istituto
39 una posizione di vantaggio (o viceversa). Ed invero, dal momento che si riconosce che la salvaguardia dell’unità familiare costituisce il solo legittimo limite dell’eguaglianza dei coniugi, bisogna convenire che l’unico accertamento rilevante è se le diversità di trattamento di volta in volta considerate trovino in quella esigenza - e solo in essa - la loro giustificazione costituzionale». Tale decisione, tenendo conto del rapporto tra i coniugi in un mutato contesto storico-sociale, incise profondamente sul diritto di famiglia, specie in riferimento al cambiamento del ruolo della donna nella società64 e pose le basi per la riforma del 1975 che regolava i rapporti tra i coniugi sulla base del modello costituzionale fissato dall’art. 29 Cost. e, dunque, secondo un criterio di parità degli stessi sancendo il principio generale per cui, con il matrimonio, il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri65. Allo stesso modo non vanno dimenticate le pronunce con cui il giudice di legittimità, rilevata l’inadeguatezza della disciplina legislativa
64 Cfr. le decisioni della Corte Cost. nn. 6/1980 e 214/1984, ma anche le sentenze nn. 116/1990, 105/1980, 83/1983, 613/1987, in cui il giudice costituzionale ha espressamente affermato che le disposizioni impugnate sono state annullate in quanto legate ad una concezione dell’organizzazione domestica basata sulla presunzione di estraneità della donna al mantenimento della famiglia, concezione da ritenersi in contrasto con il principio di parità dei coniugi.
65 Si tratta di un regime inderogabile: i coniugi non possono derogare ai doveri e ai diritti provenienti dal matrimonio ex art. 160 c.c., né possono regolare i propri rapporti patrimoniali con riferimento generico a leggi o agli usi ex art. 161 c.c.
40 alla luce del principio di parità, non potendo incidere direttamente, ha sollecitato l’intervento riformatore del legislatore66 e, nel 1975 il Parlamento, prendendo atto dell’evoluzione politico-sociale che stava caratterizzando lo sviluppo della società italiana, approvava la già più volte citata legge di riforma del diritto di famiglia –L. n. 151/1975. Con essa l’ordinamento giuridico italiano si uniformava, finalmente, ad alcuni importanti precetti costituzionali: posizione della donna nella famiglia, rapporti personali fra i coniugi, rapporti patrimoniali tra i coniugi, diritti e obblighi verso i figli, posizione giuridica dei figli nati fuori del matrimonio. La riforma, tra l’altro, ha sostituito la patria potestà con la potestà genitoriale –ex art. 147 c.c. ponendo sullo stesso piano la madre e il padre nel rapporto coi figli67.