• Non ci sono risultati.

EVOLUZIONE DEI PRINCIPI COSTITUZIONALI IN MATERIA DI FAMIGLIA E QUADRO NORMATIVO EUROPEO.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "EVOLUZIONE DEI PRINCIPI COSTITUZIONALI IN MATERIA DI FAMIGLIA E QUADRO NORMATIVO EUROPEO."

Copied!
130
0
0

Testo completo

(1)

RINGRAZIAMENTI

Desidero ricordare tutti coloro che mi hanno aiutato nella stesura della mia tesi con suggerimenti, critiche ed osservazioni: a loro va la mia gratitudine, anche se a me spetta la responsabilità per ogni errore contenuto in questa tesi. Ringrazio anzitutto il Prof. Roberto Romboli, Relatore: senza il suo supporto e la sua guida sapiente questa tesi non esisterebbe. Un ringraziamento particolare va a mia madre e mio padre: è grazie al loro sostegno e incoraggiamento se oggi sono riuscita a raggiungere questo traguardo.

Un ringraziamento speciale va a mio marito, Diego, dal quale mi è stata istillata la convinzione che nella vita posso raggiungere qualsiasi meta, con un sacco di impegno ed un pizzico di fortuna e a mia figlia, Vittoria, piccola grande donna, alla quale questo lavoro è dedicato.

(2)

1

Indice

Introduzione ... 4

Capitolo1 IL MODELLO COSTITUZIONALE DI FAMIGLIA ... 8

1.1. L’evoluzione del concetto di famiglia ... 8

1.2. L’inserimento della famiglia nella Costituzione ... 13

1.3. La nozione di famiglia... 16

1.3.1. Il nesso tra famiglia e matrimonio ... 20

1.4. La filiazione... 28

1.5. Le politiche familiari e il ruolo delle Regioni ... 33

1.6. La riforma del diritto di famiglia e l’uguaglianza dei coniugi... 36

Capitolo2 L’EVOLUZIONE DELLA FAMIGLIA NELLA SOCIETÀ MODERNA: TUTELA GIURIDICA E NUOVI MODELLI ... 40

2.1. Contrasti tra l’assetto normativo e la società attuale ... 41

2.2. L’apertura delle disposizioni costituzionali sulla famiglia verso nuove formazioni sociali di tipo familiare ... 44

2.3. Il quadro normativo e giurisprudenziale anteriore alla L. 76/2016 ... 47

(3)

2 2.4. La legge n. 76/2016... 55

2.5. La convivenza more-uxorio e la rilevanza della famiglia di fatto ... 59

2.6. La convivenza omosessuale e il matrimonio tra persone dello stesso sesso... 67

Capitolo3

ASPETTI CIVILISTICI E COMUNITARI... 74

3.1. La famiglia nel codice civile ... 75

3.2. Il regime di autonomia privata ... 79

3.3. Il concetto di famiglia a livello internazionale e comunitario ... 83

3.4. Il quadro normativo della CEDU in tema di famiglia... 87

3.4.1. Art. 8 CEDU: Il diritto al rispetto della vita privata e familiare ... 90

3.4.2. Art. 12 CEDU: Il diritto al matrimonio ... 94

3.4.3. Altre norme CEDU che tutelano la famiglia ... 97

3.4.4. Altre fonti di rilievo nell’interpretazione ed applicazione della CEDU ... 99

3.4.5. Orientamenti giurisprudenziali della CEDU in tema di relazioni familiari nei confronti dello stato italiano ... 106

(4)

3 3.5. Possibili sviluppi del modello costituzionale di famiglia alla luce della giurisprudenza europea ... 108

Conclusioni ... 110

(5)

4

I

NTRODUZIONE

Per millenni la famiglia è stata disciplinata con una concezione prettamente gerarchica, caratterizzata dal predominio assoluto dell’uomo. Lo stesso Statuto Albertino non trattava il tema, lasciandone la regolamentazione alle norme contenute nel Codice civile. Con la Costituzione repubblicana, al contrario, oltre a consacrare la tutela della famiglia e del matrimonio nel testo, sono stati introdotti principi molto innovativi, specie per la mentalità del tempo. Per i costituenti, infatti, definire e regolare l’istituto familiare rappresentò un vero e proprio cambio di rotta culturale rispetto alla visione etica e antropologica su cui si basava l’idea di famiglia nel periodo storico pre-repubblicano. In particolare, la Costituzione garantisce le formazioni sociali nel cui ambito trova piena applicazione la personalità individuale, costituendo un fondamentale raccordo tra lo Stato e il singolo cittadino e rappresentando un elemento imprescindibile per un ordinamento democratico. E la principale formazione sociale è chiaramente la famiglia, definita nel testo costituzionale come quella “società naturale” che rappresenta il luogo dove l’essere umano si forma e sviluppa i suoi diritti inviolabili. Tuttavia l’attenzione crescente che dottrina e giurisprudenza hanno mostrato verso i cambiamenti nelle relazioni familiari, accompagnata dall’emergere di nuovi

(6)

5 modelli di famiglia nella società, hanno fatto sì che il legislatore modificasse progressivamente la disciplina.

Il presente lavoro ha proprio lo scopo di analizzare e approfondire il dibattito generatosi intorno all’evoluzione del concetto di famiglia nell’ordinamento italiano, soffermandosi su come quest’ultima sia un’istituzione sociale universalmente diffusa e, allo stesso tempo, diversificata in una molteplicità di modelli di riferimento.

La struttura della trattazione si articolerà in una prima parte dedicata al modello costituzionale di famiglia che, partendo dall’evoluzione storica del concetto, arriva ad approfondire la scelta di inserire il tema nella Costituzione, scelta che ha poi qualificato la successiva evoluzione legislativa in materia. In questa parte, infatti, sono analizzate le norme di riferimento dedicate all’istituto del matrimonio e all’importante ruolo che ad esso è stato attribuito dai costituenti, alla filiazione, nonché alle politiche di sostegno alla famiglia e alla riforma del 1975 che ha introdotto importanti novità tra cui la sostituzione della patria potestà con la potestà genitoriale, ponendo sullo stesso piano la madre e il padre nel rapporto coi figli

Il secondo capitolo si concentrerà sull’evoluzione dell’istituto e i nuovi modelli che si stanno prefigurando, specie sulla base dell’assunto che il concetto di famiglia non è univoco e costante

(7)

6 dell’organizzazione sociale, economica e culturale del contesto di riferimento. In questa parte ci si chiede quali caratteri assume la famiglia nel diritto contemporaneo, ove il giurista è chiamato a confrontarsi con i repentini e profondi cambiamenti che via via intervengono sul piano delle relazioni sociali. Attraverso un confronto con il quadro normativo antecedente, particolare rilevanza è data all’analisi della recentissima legge n. 76/2016 che ha introdotto la regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e la disciplina delle convivenze.

Infine, l’ultima parte si soffermerà sull’approfondimento della materia in ambito codicistico e comunitario. Dal punto di vista della legislazione civilistica, infatti, numerose sono le norme che disciplinano aspetti importanti della vita familiare, e numerose sono state le trasformazioni che hanno interessato la famiglia dall’approvazione del Codice Rocco ad oggi. In ambito comunitario, invece, spicca la circostanza per cui oggetto di tutela non è la famiglia in sé ma il diritto dell’individuo a formarla e gli interessi meritevoli di tutela, sottesi ad essa, che possono realizzarsi tra i partner, a prescindere che siano coniugati o conviventi more uxorio, abbracciando una nozione più ampia di famiglia, non limitata a quella coniugale né a quella nucleare. Proprio a tal fine è effettuata una rassegna delle norme CEDU sul tema che evidenziano un modello pluralista, ove accanto al matrimonio sono poste una varietà di tipologie familiari, tutte

(8)

7 meritevoli di tutela, al punto che anche la Corte costituzionale e la Corte di cassazione, a loro volta, cominciano a prendere considerazione, come famiglie meritevoli di tutela ex art. 2 Cost., realtà diverse dal modello costituzionale tipizzato.

(9)

8

C

APITOLO

1.

IL

MODELLO

COSTITUZIONALE

DI

FAMIGLIA

Sommario: 1.1. L’evoluzione del concetto di famiglia; 1.2. L’inserimento della

famiglia nella Costituzione; 1.3. La nozione di famiglia; 1.3.1. Il nesso tra famiglia e matrimonio; 1.4. La filiazione; 1.5. Le politiche familiari e il ruolo delle Regioni; 1.6. La riforma del diritto di famiglia e l’uguaglianza dei coniugi.

1.1. L’evoluzione del concetto di famiglia

Sin dall’antichità, la definizione che è stata data all’istituzione “famiglia” è: seminarium rei publicae1, quale punto di partenza della società con natura di gruppo tipicamente intermedio tra le aspirazioni autodeterministiche del singolo e la realtà esterna, con un assetto naturalmente plurisoggettivo2.

1 Secondo una concezione radicata nel tempo, la famiglia è il fondamento della vita sociale e civile, che già Cicerone esprimeva con la locuzione principium urbis et quasi seminarium rei publicae. Cicerone, De

officiis, I, 17, 54. Sul punto cfr. Franceschelli V., Diritto privato, Persone, Famiglia, Successioni, Diritti reali, Obbligazioni, Contratti, Responsabilità civile, Imprese, Consumatori, Milano, 2016, p. 204 ss.

2 Così Cassano G., Manuale del nuovo diritto di famiglia, La Tribuna, 2002.

(10)

9 Quando si tratta, dunque, l’evoluzione del concetto di famiglia non si può procedere a una semplice esposizione del succedersi dei regimi normativi, ma occorre partire dalla c.d. precomprensione3, cioè dagli aspetti storici del fenomeno. Le stesse disposizioni normative sono spesso formulate in maniera generica, lasciando ampio spazio all’interprete, il quale è portato a confrontarsi con esperienze, come quelle che coinvolgono i rapporti interpersonali, che ha vissuto in prima persona e di cui conosce la portata emozionale prima ancora che giuridica4.

Partendo da tali premesse si può osservare come la famiglia sia un’istituzione sociale universalmente diffusa e, allo stesso tempo, diversificata in una molteplicità di modelli di riferimento e che, per tale ragione, esula da una definizione di carattere generale e onnicomprensivo.

La famiglia, quale istituzione di base di ogni società, è nata con l’avvento delle civiltà che decisero di costituirsi in gruppi organizzati ed omogenei. In particolare, nell’antica Grecia e

3 L’applicazione della norma, infatti, risente sempre dell’influenza del bagaglio culturale, e talvolta anche emotivo, di chi la applica.

“L’interpretazione dei testi normativi è sempre influenzata da valutazioni preventive di opportunità, di realizzabilità e di giustezza di un progetto decisionale, le quali condizionano inevitabilmente i suoi risultati. Il termine ‘precomprensione’ viene cioè comunemente utilizzato per svelare il reale funzionamento della prassi giudiziale, la quale si configura innanzitutto come una forma di mediazione tra interessi, prima ancora che come uno strumento per implementare le direttive del legislatore”. Canale D., La precomprensione dell’interprete è arbitraria?, in Etica & Politica, 2006, 1.

(11)

10 nell’antica Roma, l’oikos5 e la familia6 rappresentano un primo

chiaro esempio di nuclei parentali stabili.

In seguito, con l’avvento del cristianesimo si andò consolidando il legame tra marito e moglie con avversione per il divorzio, la procreazione intrafamiliare con conseguente ostilità verso i figli naturali e l’indebolimento della connotazione patriarcale della famiglia. Tale connotazione di famiglia si è conservata, peraltro, fino all’era moderna, anche se a partire dal secolo scorso, con il processo di emancipazione dalla patria potestas, il modello di famiglia che si è andato affermando è quello prodotto dalla società borghese7. In particolare, già a partire dalla seconda metà

5 Nell’oikos, la vocazione naturale era difensiva ed essa rappresentava una mera articolazione di strutture più ampie, quali il genos e la fratria. Sua caratteristica peculiare era il tacito vincolo di subordinazione dei suoi membri nei confronti del capofamiglia e l’assetto monogamico, nel cui ambito la donna svolgeva prevalentemente attività di educazione dei figli e di gestione dell’ordinaria amministrazione familiare.

6 La familia si identificava in un gruppo di persone, legate da vincoli di sangue o di altra natura, soggette all’autorità del pater familias. Caratteristica tipica di questo istituto era l’egemonia assoluta che quest’ultimo esercitava sulle varie persone che facevano parte del consorzio familiare e sul patrimonio ereditario. In termini giuridici ciò si traduceva nel riconoscimento al solo capofamiglia della capacità giuridica.

7 Punto di svolta per il concetto moderno di famiglia sono stati certamente gli interventi legislativi intervenuti in Francia con la Rivoluzione francese. Basti pensare che con la legge 20-25 settembre 1792, «il legislatore

rivoluzionario secolarizza gli atti dello stato civile, nascita, matrimonio, morte, sino ad allora tenuti dal clero cattolico». Ancor più incisiva è la dichiarazione

dell'Assemblea Costituente nella Cosituzione del 1791, articolo 7 del titolo primo, ove si legge la tesi della natura di contratto civile del matrimonio. A questa statuizione, si affianca la legge 20 settembre 1792: «La consitution

appelle le mariage un contrat civil» e «ses bases tiennent uniquement au droit civil et naturel et il faut bien se garder de confondre le contrat et le sacrement. Le mariage n'est donc qu'un contrat civil, et, si c'est contrat, c'est à la

(12)

11 dell'ottocento con l’insorgere dell’esigenza di emancipazione della donna, con l’ingresso della stessa nel mondo del lavoro, con l’affermazione del diritto all'autodeterminazione dei figli e con l’adozione di regole democratiche nella gestione delle dinamiche familiari, tanto il rapporto coniugale quanto i rapporti con i figli hanno subito profondi cambiamenti. Basti pensare che la prima legge italiana del '900 in tema di famiglia, la legge n. 1776/1919, ha abolito l’istituto dell'autorizzazione maritale8.

La codificazione italiana del 1942 si ispira, invece, al modello della tradizione romana, risultando improntata su una concezione rigida, autoritaria e gerarchica dei rapporti familiari, dove tutto dipende dalla volontà del capo famiglia, con figli e moglie in una posizione di subordinazione e inferiorità e dove nessun rilievo è riservato ai figli nati fuori del matrimonio; qui l’oggetto del diritto di famiglia è rappresentato dalla disciplina dei rapporti della c.d. famiglia nucleare, espressa dall’unione stabile di due soggetti uniti

puissance seculière d'en régler les formes». La stessa legge introduce infine il

divorzio, anche per mutuo consenso; istituto poi abrogato dai Borboni nel 1816 che ricomparirà solo nel 1884 con la legge Naquet sotto forma di divorzio-sanzione. Fondamentale, poi, è la legge 2 novembre 1793 che sancisce l’uguaglianza del figlio naturale con il figlio legittimo, ammettendo i primi (se non adulterini) alla successione dei genitori. Cfr. Cassano G., Manuale del

nuovo diritto di famiglia, op. cit.

8 Di opinione contraria nel 1930 Capograssi scriveva: «in definitiva matrimonio e famiglia non sono nell'ordinamento giuridico che una vera organizzazione di sacrificio, una esigenza perenne per il soggetto di sacrificare la propria tendenza di licenza e di vagabondaggio, la propria ripugnanza a rimanere prigioniero di una rete di doveri e di responsabilità». Capograssi G., Analisi dell’esperienza comune, in Opere, 1930.

(13)

12 in matrimonio, dall’affermazione del ruolo dominante del marito nei rapporti con la moglie, dalla connotazione di indissolubilità del matrimonio, dal riconoscimento della possibilità di separazione solo per colpa. Anche in riferimento al rapporto con i figli permaneva il modello gerarchico dove il ruolo di vertice era ricoperto solo dal padre, mentre la filiazione naturale, pur ricevendo maggiore riconoscimento rispetto al passato, veniva comunque disciplinata in maniera sfavorevole rispetto alla filiazione c.d. legittima, in coerenza con la scelta di identificare la famiglia giuridicamente rilevante esclusivamente con quella fondata sul matrimonio9.

Attualmente, invece, si assiste a un momento di crisi della concezione tradizionale di famiglia, che si manifesta essenzialmente con la rottura dell’indissolubilità familiare con il riconoscimento degli istituti della separazione e del divorzio, e con la proliferazione di modelli di famiglia completamente opposti al modello classico (es. famiglia monista; famiglia omosessuale; famiglia di fatto; famiglia ricomposta)10; del resto è

9 La scelta di questo modello perfettamente coerente con le concezioni ideologiche di tipo autoritario dell’epoca. L’intenzione del legislatore fascista, infatti, era quella di avvicinarsi al volere del popolo contrastando l’ideologia individuale e liberista. In questa prospettiva, dunque, si scelse di accentuare la nozione di unità familiare e il principio di autorità, in nome della visione paternalistica della famiglia. Sul punto cfr. Bessone M., Roppo E., Il diritto di

famiglia: evoluzione storica, principi costituzionali, lineamenti della riforma,

Torino, 1977.

(14)

13 stato osservato come “la famiglia disegnata dal codice del 1942 è

una famiglia che nasce già vecchia perché viene ad essere modificata, nella struttura, nei principi, nei valori e nelle scelte ideologiche allorquando, con la caduta del fascismo, si affermano e vengono normativizzati i valori che inaugurano la nuova repubblica costituzionale”11.

1.2. L’inserimento della famiglia nella Costituzione

La Costituzione italiana dedica alla famiglia una serie di disposizioni -artt. 29-31 e 37- che aprono il titolo dedicato ai rapporti etico-sociali e da cui è possibile trarre una serie di importanti indicazioni circa la sua natura e rilevanza giuridica e i limiti di intervento del legislatore in materia, anche in relazione alla questione dell’eventuale rilevanza giuridica di altre forme di convivenza attualmente al centro dei dibattiti di dottrina, giurisprudenza e Parlamento12.

11 Così Ruscello F., Istituzioni di diritto privato. Vol. 4: Proprietà e diritti di godimento. Famiglia. Successioni, Milano, 2007.

12 La scelta di inserire disposizioni in materia di famiglia all’interno del testo costituzionale andava contro la tradizione legislativa italiana. Lo Statuto Albertino (1848), che per oltre un secolo aveva rappresentato la Costituzione del Regno d’Italia, infatti, aveva sempre ignorato la famiglia. Perfino lo Stato liberale, pur tutelando la famiglia, l’aveva relegata nel codice civile (1865), tra gli istituti e i rapporti di diritto privato, disciplinando di essa solo gli aspetti di natura patrimoniale derivanti dal matrimonio. Il regime fascista, invece, aveva adottato una concezione pubblicistica della famiglia asservendola ai fini propri dello Stato al punto di prevedere il dovere dei genitori di educare e istruire la

(15)

14 A differenza della concezione liberale che aveva ispirato il Codice civile del ’42, ove la famiglia era disciplinata come quell’istituzione posta a fondamento dei rapporti economici della società, nella Costituzione è trattata secondo la sua realtà originaria, cioè come comunità naturale costituita dall’unione tra un uomo e una donna, con assunzione di reciproci diritti e doveri mediante il matrimonio, ove si sviluppa la persona umana in un contesto di reciproca solidarietà tra più generazioni. I padri costituenti, dunque, ebbero l’obiettivo di riconoscere la famiglia come realtà originaria e primigenia rispetto allo Stato e, inserendola nell’ambito dei “Rapporti etico-sociali” (Titolo II, Prima parte) insieme alla scuola (artt. 33-34), ne riconobbero le fondamentali e peculiari funzioni per la promozione e lo sviluppo della persona umana13. Si ritenne, peraltro, di dare attuazione al principio di uguaglianza, disposizione cardine del nuovo ordinamento costituzionale, garantendo nell’ambito dell’istituzione familiare la posizione dei soggetti più deboli, e dunque della moglie nei confronti del marito nonché dei figli naturali rispetto a quelli legittimi. Le disposizioni che

prole, oltre che in base ai “principi della morale”, in conformità al “sentimento nazionale fascista” (art. 147 cod. civile del 1942 nel testo originario). Sul punto cfr. Cavana P., La famiglia nella Costituzione italiana, in Dir. fam. e pers., 2007, p. 902 ss.; Bessone M., Art. 29, op. cit; Grassetti C., I principi

costituzionali relativi al diritto di famiglia, in Commentario Calamandrei-Levi,

I, Firenze 1965, p. 286 ss. 13 Ibidem.

(16)

15 garantiscono il principio di uguaglianza tra i coniugi e tra i figli legittimi e quelli naturali si configurarono come una grande novità per l’epoca; alla base di tale decisione vi era la volontà di superare la concezione giuridica del matrimonio di tipo patriarcale14. Negli ultimi anni i cambiamenti istituzionali e il maggior peso assunto dall’ordinamento sovranazionale in tema di diritti15 hanno determinato l’accentuarsi di alcune sfasature a causa delle divergenze tra il modello costituzionale di famiglia e quello ricavabile dagli ordinamenti sovranazionali16. Conseguentemente,

14 All’interno dell’Assemblea costituente si trovò un equilibrio tra la posizione dei conservatori e quella degli innovatori, invero la parità tra i coniugi può essere limitata dalla legge “a garanzia dell’unità familiare” e la tutela giuridica e sociale dei figli naturali deve essere conciliata, sempre dal legislatore, “con i diritti dei membri della famiglia legittima”. Sul punto v. Biondi F., Famiglia e matrimonio, quale modello costituzionale, in Nicotra I., Giuffrè F. (a cura di), La famiglia davanti ai suoi giudici, Atti del convegno annuale dell’Associazione “Gruppo di Pisa”, Catania 7-8 giugno 2013, Napoli, 2014.

15 Ad esempio la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,

“integrata” nel sistema UE dopo il Trattato di Lisbona; la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, cui oggi fanno rinvio sia l’art. 6, n. 1 del Trattato sull’Unione, sia l’art. 52 n. 3 della Carta di Nizza. Per approfondimenti v. Balduzzi R., Sull’opportunità di

ripensare la Carta (natura e cultura nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in Verso una Costituzione europea, a cura di Leuzzi L. e

Mirabelli C., Lungro di Cosenza, 2003, vol. I, pp. 365 e ss.; Balduzzi R., La

Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea: un esempio di constitutional drafting?, in Quad. reg., 2003, pp. 381 e ss.

16 Cfr. Carbone S., Tuo C., Gli strumenti di diritto dell’Unione europea in materia di famiglia e il Trattato di Lisbona, in Studi sull’integrazione

europea, 2010, p. 309, che rinvengono esattamente nel regolamento 2201/2003 dell’Unione europea (relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale) “un chiaro favor per lo scioglimento del vincolo

(17)

16 come si vedrà, è quanto mai necessaria una lettura rinnovata delle disposizioni costituzionali in tema di famiglia17.

1.3. La nozione di famiglia

Norma fondamentale della disciplina costituzionale in materia di famiglia è l’art. 29 della Costituzione, per cui “La Repubblica

riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”18.

In seno all’Assemblea Costituente tale definizione fu al centro di un ampio dibattito, nel quale si confrontarono le principali correnti culturali rappresentate, e il cui esito fu la rinuncia, da parte cattolica, alla costituzionalizzazione del principio dell’indissolubilità del matrimonio e il superamento di alcune posizioni laiche contrarie all’inserimento della famiglia nel testo costituzionale19. Il dibattito sull’art. 29 Cost., dunque, fu molto

coniugale”, con un’impostazione “asservita più ad una logica di mercato che di stabilità del vincolo coniugale”.

17 Sul punto v. Ruggeri A., Famiglie, genitori e figli attraverso il “dialogo” tra Corti europee e Corte costituzionale: quali insegnamenti per la teoria della Costituzione e delle relazioni interordinamentali, in Itinerari di una

ricerca sul sistema delle fonti. XVIII. Studi dell’anno 2014, Torino 2015, pp. 176 e ss.

18 La nostra risulta una delle Costituzioni che più si occupano della famiglia. 8 Per un quadro comparato, cfr. Ceccanti S., Costituzioni, famiglie,

convivenze in Europa, 6 aprile 2006, in www.federalismi.it.

19 Secondo Mancini T., Uguaglianza tra coniugi e società naturale nell'art. 29 della Costituzione, in Riv. dir. civ., 1963, p. 225, “il legislatore costituzionale […] ha posto una norma in bianco”, rinviando alla concezione

(18)

17 ampio e portò ad una sorta di accordo20 preciso sulla formulazione finale della norma optando per la formula “società naturale”. La proposta fu avanzata dall’onorevole Togliatti, d’accordo con gli onorevoli Iotti e Corsanego, allo scopo di evidenziare la preesistenza della famiglia rispetto allo Stato e non una limitazione dello Stato in favore di un ordine giuridico di diritto naturale. Tale definizione, si disse, assegna alla famiglia un’autonomia originaria, che circoscrive i poteri di regolamentazione del legislatore. Inoltre si precisò come non si trattava di una definizione, bensì di una determinazione di limiti21. In riferimento alla formula “società naturale” alcuni – interpretazione giusnaturalistica- hanno sostenuto che tale espressione blocca il concetto di famiglia legato al matrimonio,

di famiglia del momento storico in cui la norma dell’art. 29 è destinata ad operare; in senso conforme Bessone M., Rapporti etico-sociali: art. 29, in Commentario della Costituzione a cura di G. Branca, Bologna-Roma, 1977, p. 17 ss. Cfr. anche la sintesi di Caggia F., Zoppini A., Art. 29, in Commentario alla Costituzione, a cura di Bifulco R., Celotto A., Olivetti M., vol. I, Torino, 2006, p. 604 ss. Sul collegamento tra "naturale" e "culturale" v. Balduzzi R.,

Sull’opportunità di ripensare la Carta (natura e cultura nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in Verso una Costituzione europea, op. cit., p. 366 ss.; Botturi F., Natura e cultura: crisi di un paradigma, in Natura e

cultura nella questione del genere, a cura di Facchini F., Bologna 2015, p. 27 ss.; Cardia C., Genitorialità e diritti dei minori, in Natura e cultura nella questione del genere, a cura di Facchini F., Bologna 2015, p. 87 ss.

20 Pugiotto A., Alla radice costituzionale dei “casi”: la famiglia come “società naturale fondata sul matrimonio”, in Forum di Quaderni

costituzionali, www.forumcostituzionale.it, 2010.

21 Così Moro A., Ass. Costituente, XCV, seduta pomeridiana, 18 aprile 1947. Per approfondimenti v. D’Amico M., Famiglia e “famiglie” fra principi

(19)

18 evidenziando come la stessa rinviasse al diritto naturale tale per cui la famiglia in quanto sovrana attinge a valori e principi che si trovano al di fuori dell’ordinamento statale22. L’art. 29 Cost. in realtà, voleva essere, per la maggioranza dei padri costituenti, espressione di una concezione della famiglia aperta ai cambiamenti23, “Lungi da evocare un astorico diritto di natura, il

riferimento al carattere ‘naturale’ della societas coniugale significa semplicemente che il primo comma dell’art. 29 attribuisce al matrimonio la funzione di una struttura familiare storicamente aperta ai processi di revisione del suo regime (e delle sue forme) di tempo in tempo occorrenti per conformare l’istituto alle esigenze di una formazione sociale assolutamente peculiare”24. In definitiva si può ritenere che la famiglia, come società naturale, non implica l’immutabilità della sua regolamentazione legislativa; sul punto, infatti, la Costituzione pone una norma ‘in bianco’, che rimanda al costume e alla

22 Nel corso dei lavori dell’Assemblea costituente fu giustamente rilevata una sorta di contraddizione tra la formula “società naturale” e “fondata sul matrimonio”. Si sottolineò come “dal punto di vista logico [...fosse] un gravissimo errore, che rimarrà nel testo della nostra Costituzione come una ingenuità, quello di congiungere l’idea di società naturale — che richiama al diritto naturale — colla frase successiva “fondata sul matrimonio”, che è un istituto di diritto positivo. Parlare di una società naturale che sorge dal matrimonio, cioè, in sostanza, da un negozio giuridico è […] una contraddizione in termini”. Così Calamandrei P., Ass. Costituente, CII, seduta di mercoledì 23 aprile 1947.

23 Così A. Moro, Ass. Costituente, I Sottocommissione, 30 ottobre 1946. 24 Bessone M., Rapporti etico-sociali, sub art. 29, in Commentario della Costituzione, a cura di Branca, Bologna-Roma, 1976, p. 31.

(20)

19 coscienza sociale, cui il legislatore è tenuto a conformarsi25. In questo modo la politica e la giurisprudenza costituzionale consentono all’art. 29 Cost. di trasformarsi da fattispecie aperta e innovativa in una norma rigida e chiusa a qualsiasi trasformazione della società26.

Quanto, poi, all’affermazione secondo cui “il matrimonio è

ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi”, essa si presentava, all’epoca, come una novità assoluta poiché era ancora dominante l’assetto gerarchico della famiglia che assegnava il primato al marito sia nei rapporti coniugali che nella potestà sui figli27.

In sostanza, quindi, la famiglia così come disegnata dall’art. 29 si caratterizza per l’ascrizione al gruppo familiare di diritti; per la qualificazione in termini di società naturale e per l’unificazione concettuale tra la nozione di famiglia cui sono riconosciuti quei diritti e la sua base matrimoniale28. Nel complesso l’art. 29 Cost. individua nella famiglia una comunità “naturale”, radicata in una

25 Sul punto v. Corte costituzionale, sentenza n. 127 del 1968, in Giurisprudenza costituzionale, 1968, p. 2208 e ss.

26 Così D’Amico M., Famiglia e “famiglie” fra principi costituzionali italiani ed europei, op. cit.

27 Solo con la riforma del diritto di famiglia del 1975 il principio fu concretamente introdotto nella disciplina civilistica e fu concretamente attuato anche sul piano dei rapporti patrimoniali, con l’introduzione del regime di comunione legale. Per approfondimenti v. Cavana P., La famiglia nella

Costituzione italiana, op. cit.

28 Così Balduzzi R., Il modello costituzionale italiano di famiglia e l’evoluzione dei rapporti sociali, in Jus-online n. 2/2015.

(21)

20 concezione antropologica della persona e in una secolare tradizione storico-giuridica, e, in quanto tale, sottratta al potere del legislatore, tenuto a rispettarne la natura. Parallelamente, però, grazie al richiamo all’istituto del matrimonio e al principio di eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, all’epoca del tutto estraneo alla disciplina civilistica, si lasciava aperto uno spazio per l’intervento del legislatore con lo scopo di introdurre all’interno dell’archetipo normativo gli adattamenti necessari alla luce dell’evoluzione sociale e culturale del paese29.

1.3.1. Il nesso tra famiglia e matrimonio

La Costituzione definisce “famiglia” la relazione sociale che, con il matrimonio, assume una forma giuridica stabile. Tuttavia, secondo alcuni l’art. 29 della Costituzione contiene un ossimoro, perché da una definizione di famiglia attraverso la relazione di due concetti di per sé non comparabili: la società naturale che

29 Espressione dell’attenzione dell’ordinamento alle esigenze di autonomia della famiglia sono gli articoli del codice civile introdotti dalla legge di riforma del 1975, che limitano fortemente l’intervento del giudice all’interno della famiglia sia in caso di disaccordo tra i coniugi sulla fissazione della residenza o su “altri affari essenziali ex art. 145 c.c., sia in caso di contrasto tra i genitori su “questioni di particolare importanza” concernenti l’esercizio della potestà genitoriale, potendo solo il giudice, sempre su ricorso di uno dei genitori, dopo aver suggerito “le determinazioni che ritiene più utili

nell’interesse del figlio e dell’unità familiare” e qualora il contrasto permanga,

attribuire il potere di decisione a quello dei genitori che ritiene il più idoneo a curare l’interesse del figlio ex art. 316 c.c. Per approfondimenti cfr. Cavana P.,

(22)

21 sorge dal matrimonio e il negozio giuridico rappresentato dal matrimonio stesso30. Allo stesso tempo è proprio l’istituto del matrimonio a distinguere la famiglia riconosciuta a livello costituzionale rispetto ad altre formazioni sociali composte da persone unite da un legame affettivo che decidono di convivere, le cd. famiglie di fatto31. Il matrimonio, infatti, è quell’atto giuridico che attribuisce alla convivenza caratteri di certezza, stabilità e funzionalità morale e materiale, andando a formalizzare l’unione affettiva di due persone, che, con esso, assumono doveri di solidarietà reciproca.

Esistono, ovviamente, letture diverse da quella secondo cui per famiglia si intende esclusivamente la famiglia c.d. legittima. Quest’ultima, infatti, non rappresenta l’unico modello di famiglia tutelato dalla Costituzione, nonostante quest’ultima tratti unitariamente famiglia e matrimonio dando maggiore rilievo alla famiglia legittima32.

30 Cfr. Grassetti C., I principi costituzionali relativi al diritto di famiglia, op. cit., pp. 294-295; Esposito C., Famiglia e figli nella Costituzione italiana,

in La Costituzione italiana. Saggi, Padova 1954, p. 135; Bin R., La famiglia:

alla radice di un ossimoro, in Studium Iuris 2000, 10, p. 1.

31 Per approfondimenti sulla famiglia di fatto v., diffusamente, infra. 32

“Oggi la realtà fenomenica è tutta spostata sul versante del rapporto e quindi la disciplina va ricercata in funzione della posizione dei soggetti all’interno del medesimo; si rende così necessario il superamento del “riferimento all’atto costitutivo” come criterio rilevante per la determinazione di una disciplina del vincolo familiare”. Così Lipari N., Riflessioni sul matrimonio a trent’anni dalla riforma del diritto di famiglia, in Riv. trim. dir.

(23)

22 Importante è, poi, la tesi che si fonda sulla connessione tra gli artt. 29 e 30 Cost., secondo cui la Costituzione non tutela solo la famiglia fondata sul matrimonio ma anche il rapporto tra genitori e figli nati fuori da esso33. Se da un lato, però, questo orientamento fornisce copertura costituzionale alla relazione genitoriale e alle disposizioni che prevedono misure a favore delle coppie con figli anche se non coniugate, dall’altro la Corte Costituzionale generalmente, con riferimento all’art. 29 Cost., prende in considerazione le sole famiglie coniugate34. In un certo senso, dunque, vi sono due tutele, una che deriva dal matrimonio e che riguarda essenzialmente la relazione “orizzontale” tra i coniugi, e l’altra che scaturisce dalla filiazione e che da copertura al rapporto “verticale” tra genitori e figli, a prescindere dal legame giuridico tra i genitori35.

33 Cfr. Manetti M., Famiglia e Costituzione: le nuove sfide del pluralismo delle morali, in Rivista Aic del 2/7/2010; Pedrazza Gorlero M.,

Franco L., La deriva concettuale della famiglia e del matrimonio. Note

costituzionali, in Diritto pubblico 1-2/2010, 273.

34 Cfr. Corte cost., sentenza n. 71/1976, dove si legge: “Poiché i genitori naturali non costituiscono una famiglia e tanto meno una famiglia legittima, l’art. 29 della Costituzione, che riguarda solo la “società naturale fondata sul matrimonio”, è male invocato”. Decisione risalente che, tuttavia, non pare

essere mai stata superata.

35 Così Pezzini B., Dentro il mestiere di vivere: uguali in natura o uguali in diritto?, in La «società naturale» e i suoi “nemici”. Sul paradigma

eterosessuale del matrimonio, a cura di Bin R., Brunelli G., Guazzarotti A., Veronesi P., Pugiotto A., Torino, 2010, p. 11 ss., secondo cui «da un lato,

l’uguaglianza dei sessi procede nella parificazione di padre e madre nel ruolo genitoriale, dall’altro, l’art. 30 relativizza l’art. 29 e la sua definizione di famiglia (legittima), precludendo qualsiasi interpretazione che costruisca un

(24)

23 È da sottolineare, poi, come la famiglia legittima tutelata dall’art. 29 Cost. sia finalizzata, potenzialmente, alla procreazione. Specie in passato, invero, famiglia matrimoniale e filiazione erano strettamente legate. Nel 1948 i figli nascevano, generalmente, da coppie sposate, al punto che i Costituenti ritennero di dover affrontare il problema dell’equilibrio tra la posizione dei figli naturali e quella dei figli legittimi. Oggi, però, la filiazione è spesso slegata dal contesto matrimoniale e di questo tiene conto la l. n. 40 del 2004 che, riconoscendo la rilevanza della genitorialità al di fuori del matrimonio, consente l’accesso alle tecniche di fecondazione assistita anche alle coppie conviventi. È evidente che l’evoluzione dei costumi ha inciso sulla giurisprudenza della Corte costituzionale, contribuendo alla totale equiparazione tra la posizione dei figli naturali e quella dei figli legittimi; celebre a riguardo è la sentenza n. 166/1998, che “il matrimonio non costituisce più il punto di discrimine nel rapporto tra genitori e figli – legittimi naturali riconosciuti – identico essendo il contenuto dei doveri oltre che dei diritti, degli uni nei confronti degli altri”. Tutti fattori, questi che hanno favorito il distacco del

nesso rigido tra filiazione, famiglia e matrimonio»; e, ancora, la differenza tra

famiglia legittima e famiglia di fatto «riguarda essenzialmente relazioni

orizzontali tra i coniugi; mentre famiglia legittima e famiglia di fatto restano equiparabili in maniera molto netta nell’ambito delle relazioni verticali, cioè delle relazioni dei genitori con i figli». Sul punto v. anche Lamarque E., Gli articoli costituzionali sulla famiglia: travolti da un insolito (e inesorabile) destino, in La «società naturale» e i suoi “nemici”, Giappichelli, 2010, p. 193.

(25)

24 tema del matrimonio da quello della filiazione, al punto che attualmente l’art. 29 Cost. fa riferimento essenzialmente al rapporto tra i coniugi, il quale non muta a seconda che vi siano, o no, dei figli con la conseguenza che la famiglia tutelata da tale disposizione è quella che nasce con il matrimonio tra due persone e rimane tale a prescindere dall’esistenza dei figli; a ciò va, ovviamente, aggiunto l’art. 30 Cost. che tutela il rapporto di genitorialità36.

Come si è visto, un ulteriore indirizzo interpretativo, pur riconoscendo il valore centrale della famiglia legittima ritiene che nell’ambito del concetto di società naturale possano rientrare anche modelli familiari diversi37. Tale orientamento trova il suo fondamento nell’art. 2 Cost. che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo anche nelle “formazioni sociali ove l’individuo svolge la sua personalità”. A differenza dell’art. 29 Cost. che da rilevanza alla famiglia fondata sul matrimonio, l’art. 2 Cost. si limita ad assicurare la salvaguardia dei diritti inviolabili dell’uomo nell’ambito delle citate formazioni sociali ove la famiglia di fatto è intesa non solo come il convivere in modo

36 Per approfondimenti v. Biondi F., Famiglia e matrimonio, quale modello costituzionale, op. cit.

37 Per approfondimenti v. Rescigno P., La comunità familiare come formazione sociale, in Rapporti personali nella famiglia, Incontro di studio e

documentazione per i magistrati, Camerino 6-12 maggio 1979, Quaderni del CSM, 1980; Dogliotti S., Famiglia di fatto, in Dig. Disc. priv., sez. civ., VIII, Torino, 1992, p. 705 ss.

(26)

25 pressoché identico ai coniugi ma come una famiglia vera e propria con radicati valori di solidarietà38.

Anche la normativa comunitaria con l’art. II-9 del Trattato di Lisbona separa nettamente il diritto di sposarsi dal diritto di costituire una famiglia, mostrando come il legislatore europeo voglia “porre su piani del tutto paralleli la tutela dell’atto da

quella del rapporto ed evidenziando come la garanzia del secondo non discenda dall’esistenza del primo”39.

1.3.2. La nozione di famiglia nell’evoluzione della giurisprudenza della Corte costituzionale

L’interpretazione dell’art. 29 Cost. inizialmente è stata piuttosto restrittiva, poggiando sulla contrapposizione tra la coppia coniugata ed eterosessuale e la coppia convivente considerata, a partire dal 2010, titolare del diritto fondamentale di vivere liberamente la propria condizione di coppia, radicato nell’art. 2 Cost.

In realtà la giurisprudenza costituzionale già prima del 2010 andava nella direzione di un avvicinamento tra coppia coniugata e coppia convivente, anche se su materie e in relazione a diritti

38 Sul punto v. Santise M., Coordinate ermeneutiche di diritto civile, Torino, 2016, p. 91 ss.

39 Così Lipari N., Riflessioni su famiglia e sistema comunitario, in Familia, I, 2006, p. 9.

(27)

26 singolarmente considerati. In un primo momento, infatti, il principio di parità fra i coniugi ex art. 29 Cost. è stato valorizzato dalla Suprema Corte in relazione ai principi di organizzazione e unità della famiglia, partendo dalla considerazione per cui il principio di uguaglianza stabilito dall’art. 29 Cost. non gode di garanzia assoluta come accade invece per l’art. 3 Cost.40.

La Corte ha poi dichiarato incostituzionale l’art. 151 c.c. nella parte in cui stabilisce che l’infedeltà del marito possa essere causa imputabile di separazione solo se si riscontrano circostanze particolarmente ingiuriose per la moglie41. Allo stesso modo con sentenza n. 126 del 196842, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 559 c.p. a causa del diverso trattamento riservato alla moglie in caso di adulterio. È stato poi dichiarato incostituzionale il comma quinto dell’art. 156 c.c. liberando la moglie separata dal dovere di portare il cognome del marito43.

40 Sul punto v. Corte cost. sent. n. 64 del 1961 (in Giurisprudenza costituzionale, 1961, p. 1224 e ss. con osservazioni di Esposito C., Sulla

punizione del solo adulterio femminile, ivi, p. 1230 e ss.), con cui la Corte

costituzionale ha dichiarato la questione di legittimità dell’art. 559 c.p. che puniva in modo diverso l’adulterio commesso dalla moglie rispetto al marito infondata.

41 Corte costituzionale, sentenza n. 127 del 1968, in Giurisprudenza costituzionale, 1968, p. 2208 e ss.

42 Corte costituzionale, sentenza n. 126 del 1968, in Giurisprudenza costituzionale, 1968, p. 2175 e ss., con nota di F. Modugno, L’adulterio come

delitto e causa di seprazione, ivi, p. 2190 e ss.

43 Corte costituzionale, sentenza n. 128 del 1970, in Giurisprudenza costituzionale, 1970, p. 1576 e ss.

(28)

27 Quanto al bilanciamento rispetto al principio di unità della famiglia, invece, la Corte costituzionale non ha considerato illegittima la disposizione che prevede l’automatica attribuzione del cognome del marito ai figli44.

Quanto alla giurisprudenza costituzionale che si è sviluppata attorno all’art. 29 Cost. un primo profilo riguarda l’interpretazione della locuzione “società naturale”, che la Suprema Corte ha escluso possa riferirsi a formazioni sociali diverse dalla cd. “famiglia tradizionale” fondata sul matrimonio. Un secondo aspetto riguarda, poi, l’atteggiamento verso i rapporti tra la famiglia cd. “tradizionale” e le cd. “nuove famiglie”, ossia le convivenze more uxorio. Un principio pacifico della giurisprudenza costituzionale, mai smentito, è, infatti, costituito dall’eterogeneità tra le due figure che esclude una possibile violazione del principio di eguaglianza ex art. 3 Cost., in presenza di discipline che prevedano un trattamento più favorevole per la coppia coniugata rispetto alla coppia ‘di fatto’ oppure per il coniuge rispetto al convivente more uxorio.

In definitiva, già da tempo la giurisprudenza costituzionale pur esprimendo un favor nei confronti della famiglia legittima, non considera le formazioni sociali diverse da quest’ultima irrilevanti

44 Cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 61 del 2006, in Giurisprudenza costituzionale, 2006, p. 543 e ss., con nota di E. Palici di Suni, Il nome di

famiglia: la Corte costituzionale si tira ancora una volta indietro, ma non convince, ivi, p. 552 e ss.

(29)

28 sul piano costituzionale, individuando nell’articolo 2 Cost. il fondamento costituzionale di una possibile regolamentazione giuridica delle medesime, riconoscendo e garantendo i diritti delle coppie di fatto alla luce di un art. 29 della Costituzione, che limita la sua applicazione a un concetto astratto di famiglia fondata sul matrimonio, giustamente ritenuto oggi non più rispondente alla realtà45.

1.4. La filiazione

Stante lo sviluppo di modelli familiari diversi da quello tradizionale, sia il legislatore che la giurisprudenza, già dalla redazione del testo costituzionale, hanno cercato di assicurare un’adeguata e ampia tutela non solo ai figli concepiti in costanza di matrimonio.

Al tema della filiazione è dedicato l’art. 30 Cost., che fissa una serie di principi in materia, evidentemente in contrasto con la disciplina codicistica vigente all’epoca dell’entrata in vigore della Costituzione. Al primo comma, infatti, si legge che “é dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se

45 Per approfondimenti v. Saraceno C., Coppie e famiglie. Non è questione di natura, Milano, Feltrinelli, 2012; D’Amico M., Famiglia e “famiglie” fra principi costituzionali italiani ed europei, op. cit.

(30)

29 nati fuori dal matrimonio”46, con l’affermazione della cd. responsabilità da procreazione che prescinde dalla sussistenza tra i genitori del vincolo matrimoniale. Occorre infatti sottolineare che all’epoca dell’emanazione del codice del ’42 il legislatore abbracciava unicamente la famiglia tradizionale fondata sul matrimonio47 che costituiva, peraltro, l’unico modello di famiglia socialmente accettato; da ciò non poteva che derivare una netta distinzione tra la filiazione legittima e la filiazione illegittima48 e solo ai primi era assicurata piena tutela giuridica49.

46 Coerentemente con l’affermazione dell’anteriorità della famiglia rispetto allo Stato, di cui all’art. 29 Cost., la norma in questione riconosce il diritto, e non più solo il dovere (come nel testo originario del codice civile del 1942), dei genitori di svolgere la loro funzione educativa nei confronti dei figli. Da questo punto di vista la disposizione integra e fornisce un senso allo statuto di autonomia assicurato alla famiglia rispetto allo Stato, individuando nella cura della prole la ragione fondamentale, anche se non esclusiva, di quel favor

familiae cui è ispirato il testo costituzionale. Così Cavana P., La famiglia nella Costituzione italiana, op. cit.

47 Al tempo il matrimonio era caratterizzato dal carattere dell’indissolubilità. La legge sulle ipotesi di scioglimento del matrimoni, infatti, è stata introdotta solo nel 1970- L. n. 898/1970.

48 Nell’ambito della filiazione illegittima, intesa latu sensu, si ricomprendono con un trattamento giuridico diversificato a seconda della categoria di appartenenza, i figli naturali- cioè nati da genitori non coniugati; i figli adulterini- cioè nati da genitore coniugato con altra persona; i figli incestuosi –cioè i figli nati da persone tra le quali sussiste un vincolo di parentela.

49 Secondo gli artt. 147-148 c.c. la prole trovava riconoscimento e protezione solo nell’ambito della famiglia fondata sul matrimonio, in quanto si riteneva che solo quest’ultima fosse una formazione sociale in grado di assicurare il mantenimento, l’istruzione e la formazione dei figli. In particolare l’art. 147 c.c. allora vigente stabiliva che: “Il matrimonio impone ad ambedue i

coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli”; e l’art. 148

(31)

30 Il superamento di questa distinzione si è avuto con l’entrata in vigore della Costituzione e con la riforma del diritto di famiglia di cui alla L. n. 151/1975. Come si è visto l’art. 30 Cost. oltre a stabilire che è un diritto e un dovere dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, precisa anche che la legge deve assicurare ai “figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica

e sociale, compatibili con i diritti dei membri della famiglia legittima”. Precetto costituzionale, quest’ultimo, a cui si è data attuazione con la citata riforma che ha sancito la parificazione tra la posizione giuridica del figlio naturale e quella del figlio legittimo, basti pensare che all’art. 261 c.c. si è stabilito che il riconoscimento50 comporta l’assunzione, da parte del genitore, di tutti i diritti e doveri che ha nei confronti dei figli legittimi51.

precedente in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti legittimi o naturali, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli. In caso di inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di chiunque vi ha interesse, sentito l'inadempiente ed assunte informazioni, può ordinare con decreto che una quota dei redditi dell'obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all'altro coniuge o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione della prole. Il decreto, notificato agli interessati ed al terzo debitore, costituisce titolo esecutivo, ma le parti ed il terzo debitore possono proporre opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica. L'opposizione è regolata dalle norme relative all'opposizione al decreto di ingiunzione, in quanto applicabili. Le parti ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con le forme del processo ordinario, la modificazione e la revoca del provvedimento”.

50 Il riconoscimento è disciplinato dall’art. 250 c.c.: “Il figlio nato fuori del matrimonio può essere riconosciuto, nei modi previsti dall'articolo 254, dal

(32)

31 Allo stesso tempo, anche in seguito all’intervento legislativo del ’75, non sono mancate importanti differenze in merito al trattamento giuridico del figlio naturale e ciò, oltre che in riferimento alle modalità di accertamento della filiazione anche rispetto alla disciplina del rapporto. Basti pensare che in riferimento ai rapporti personali si è continuata a prevedere l’inidoneità della filiazione naturale alle relazioni di parentela con l’instaurazione di tale rapporto giuridico solo con il genitore che aveva effettuato il riconoscimento, con la conseguenza che non si

padre e dalla madre, anche se già uniti in matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento. Il riconoscimento può avvenire tanto congiuntamente quanto separatamente.

Il riconoscimento del figlio che ha compiuto i quattordici anni non produce effetto senza il suo assenso.

Il riconoscimento del figlio che non ha compiuto i quattordici anni non può avvenire senza il consenso dell'altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento.

Il consenso non può essere rifiutato se risponde all'interesse del figlio. Il genitore che vuole riconoscere il figlio, qualora il consenso dell'altro genitore sia rifiutato, ricorre al giudice competente, che fissa un termine per la notifica del ricorso all'altro genitore. Se non viene proposta opposizione entro trenta giorni dalla notifica, il giudice decide con sentenza che tiene luogo del consenso mancante; se viene proposta opposizione, il giudice, assunta ogni opportuna informazione, dispone l'audizione del figlio minore che abbia compiuto i dodici anni, o anche di età inferiore, ove capace di discernimento, e assume eventuali provvedimenti provvisori e urgenti al fine di instaurare la relazione, salvo che l'opposizione non sia palesemente fondata. Con la sentenza che tiene luogo del consenso mancante, il giudice assume i provvedimenti opportuni in relazione all'affidamento e al mantenimento del minore ai sensi dell'articolo 315 bis e al suo cognome ai sensi dell'articolo 262.

Il riconoscimento non può essere fatto dai genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di età, salvo che il giudice li autorizzi, valutate le circostanze e avuto riguardo all'interesse del figlio”.

(33)

32 instaurava alcun vincolo di parentela tra la famiglia di origine del genitore e il figlio, non esistendo un concetto di “parentela naturale”52. Da tale distinzione ne discendevano, ovviamente, conseguenza anche di natura patrimoniale come quelle legate agli aspetti successori53.

Poiché la condizione dei figli naturali continuava ad essere sostanzialmente svantaggiata, il legislatore ha continuato nel tempo il processo di attuazione dell’art. 30 Cost. iniziato con la prima legge di riforma del diritto di famiglia del 1975 e ha dato piena esecuzione all’art 3 Cost. in tema di uguaglianza formale e sostanziale, ove si impone che non vi siano disparità di trattamento e discriminazione tra i figli solo perché nati in costanza di matrimonio o al di fuori di esso54. Parallelamente si è proceduto a una modifica sostanziale dell’art. 74 Cost. in riferimento ai rapporti di parentela nell’ambito del quale la parentela resta, in linea di principio, il vincolo tra persone che

52 Sul punto v. Corte cost., sentenza n. 532/2000 ove si precisa che “può dirsi che un ampio concetto di ‘parentela naturale’ non è stato recepito dal legislatore costituente, il quale si è limitato a prevedere la filiazione naturale e a stabilirne l’equiparazione a quella legittima, peraltro con la clausola di compatibilità”.

53 Per i figli naturali le aspettative di successione erano limitate al solo genitore che avesse effettuato il riconoscimento e, all’art. 537 comma 3 c.c. si prevedeva il c.d. diritto di commutazione, cioè la facoltà per i figli legittimi di corrispondere in denaro o in beni immobili ereditari la porzione di eredità spettante ai figli naturali escludendoli, in tal modo, dalla comunione ereditaria. Per approfondimenti cfr. Corte cost, n. 55/1979; Corte cost., n. 184/1990; Corte cost. n. 532/2000; Corte cost., n. 335/2009.

54 Il nuovo intervento di riforma è stato attuato con la legge 10 dicembre 2012, n. 219.

(34)

33 discendono da un medesimo stipite “sia nel caso in cui la filiazione è avvenuta all’interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo”.

Con la novella effettuata dalla legge n. 219/2012, dunque, il legislatore italiano ha conformato la nostra normativa ai principi espressi in materia in ambito comunitario. A riguardo, infatti, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, in relazione agli artt. 8 e 14 della CEDU –dedicati l’uno al diritto al rispetto della vita privata

e familiare e l’altro al divieto di discriminazione- ha più volte ribadito l’importanza di garantire il rispetto alla vita familiare senza porre alcuna distinzione tra famiglia legittima e illegittima; e in relazione all’art. 21 della Carta di Nizza è stata assolutamente intransigente nel vietare ogni forma di discriminazione fondata sulla nascita55.

1.5. Le politiche familiari e il ruolo delle Regioni

L’art. 31 Cost. prevede che “la Repubblica agevola con misure

economiche ed altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”.

(35)

34 Dalla formulazione in esame si evince chiaramente come le misure di sostegno alla famiglia siano rivolte essenzialmente in funzione dei compiti da essa svolti, favorendo la prole e i componenti più anziani. Per quanto riguarda, invece, il rapporto di coniugio, e dunque i diritti e i doveri dei coniugi sia sul piano personale che patrimoniale, la Costituzione si limita a richiamare il principio di uguaglianza morale e giuridica alla base del matrimonio ed effettuando un rinvio alla disciplina legislativa di quest’ultimo. Del resto tale disposizione, relativa alle c.d. politiche familiari, è rimasta pressoché inattuata sia a causa di un sostanziale rifacimento alla legislazione fascista di sostegno alla famiglia e alla natalità che a causa della scarsa considerazione e tutela di cui godono nell’ordinamento italiano altre forme di convivenza, con una tendenza nettamente contraria ad altri ordinamenti europei ove, nell’ambito di una già robusta legislazione a sostegno della famiglia, vi è stata una graduale estensione di essa a specifiche fattispecie ritenute meritevoli di tutela56.

56 Basti pensare alla nostra legislazione fiscale e alle normative tariffarie di molti enti locali in Italia, che tendono a disincentivare la formazione e lo sviluppo di una famiglia per i maggiori costi non deducibili derivanti dall’eventuale presenza di figli a carico dei suoi soli componenti percettori di reddito. Se in questi settori fossero introdotte agevolazioni e reali incentivi fiscali e tariffari per la presenza di figli non sarebbe irragionevole ammetterne a beneficiare in parte anche i genitori conviventi in presenza di figli a carico. Così Cavana P., La famiglia nella Costituzione italiana, op. cit.

(36)

35 In materia, tuttavia, pare si stiano aprendo nuove prospettive grazie ad alcune legislazioni regionali. Va precisato che alle Regioni è preclusa ogni potestà normativa in materia matrimoniale e in ordine al riconoscimento di nuove forme di convivenza, stante il vincolo costituzionale di cui all’art. 29 Cost. con la potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di «cittadinanza, stato civile e anagrafi» e «ordinamento civile»57, ma sono tenute comunque a favorire le politiche familiari nell’ambito delle loro competenze in materia di assistenza e servizi sociali, il cui unico limite è quello del rispetto dei “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali”, la cui determinazione è riservata al legislatore statale ex art. 117, comma 2 Cost58. Le legislazioni regionali sono però profondamente diversificate tra loro, sia in termini di orientamento ideologico che a causa del divario di risorse tra le varie aree della nazione. Nell’ottica di un’effettiva attuazione dell’art. 31 va anche sottolineato come essa, nel quadro di un’interpretazione che tenga conto dell’art. 29 Cost., legittima esclusivamente quelle forme di intervento pubblico che risultino

57 Cfr. art. 117, co. 2, lett. i, l, Cost.; Corte cost., sent. n 29 novembre 2004, n. 372.

58 Significativo è stato l’intervento della legge n. 23/1999 della Regione Lombardia sulle “politiche regionali per la famiglia”. Per approfondimenti v. Mittini E., Dentro le politiche familiari: Storia di una ricerca relazionale sulla

LR 23/99 della regione Lombardia, “Politiche regionali per la famiglia”. LED

(37)

36 rispettose dell’autonomia che la Costituzione assicura alla famiglia, con la conseguenza che il legislatore, nazionale o regionale che sia, non potrà limitarsi a reperire fondi per destinarli genericamente ai servizi sociali, ma sarà tenuto a individuare specifiche modalità di intervento rispettose di tale autonomia e dei “diritti della famiglia”59.

1.6. La riforma del diritto di famiglia e l’uguaglianza dei coniugi

Con l’avvento della Costituzione repubblicana si è verificato il passaggio dalla concezione istituzionale della famiglia a quella costituzionale basata sul principio dell’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi sancito dall’art. 29 Cost. Tale evoluzione, tuttavia, non si è realizzata nel breve lasso di tempo intercorso tra la entrata in vigore del codice del 1942 e della Costituzione del 1948, e non sono mancate opinioni fermamente contrarie all’introduzione dei nuovi principi in tema di famiglia nel testo costituzionale. Basti pensare al pensiero del giurista Piero Calamandrei, che nell’Adunanza Plenaria dell’Assemblea Costituente tenutasi il 17 aprile 1947, affermava “sotto l'aspetto

giuridico, il nostro diritto vigente - che nessuno, per ora, che io

59 Sul punto v. Saitta P., Sollima N., Politiche familiari in Italia: problemi e prospettive. Confronto tra le leggi regionali di Friuli-Venezia Giulia, Toscana e Marche, 2008; Cavana P., La famiglia nella Costituzione italiana, op. cit.

(38)

37 sappia, vuole cambiare - non è basato sull’uguaglianza giuridica dei coniugi: perché il capo della famiglia è il marito, è lui che dà il cognome alla moglie ed ai figli, è lui che stabilisce il domicilio della famiglia, e la moglie è obbligata a seguire il marito, e non viceversa. E questa diseguaglianza giuridica dei coniugi nella famiglia è una esigenza di quella unità della famiglia, di questa società, che, per poter vivere, ha bisogno di essere rappresentata e diretta da una sola persona. Si potrebbe cambiare questo sistema: e stabilire che capo della famiglia sia la moglie, che essa dia il cognome ai figli e stabilisca il domicilio, e che il marito sia obbligato a seguire la moglie; e che ad essa spetti la patria potestà sui figli. Sarebbe un altro sistema. Ma tra questi due sistemi bisogna scegliere: uno intermedio, che dia a tutt'e due i coniugi la assoluta parità giuridica, non esiste.”60. Basti pensare che la riforma del diritto di famiglia del 1975 ancora regolava i rapporti tra i coniugi e degli stessi con i figli nel capo relativo al matrimonio ex artt. 143 ss. c.c. e, nonostante fosse aperta alla tutela dei figli nati fuori del matrimonio, continuava ad organizzare i doveri genitoriali intorno alla classe dei diritti e doveri derivanti dal matrimonio61. È solo con la legge n. 219/2012, infatti, che viene delineata una disciplina unitaria della

60 Per approfondimenti cfr. l’intervento del Calamandrei avanti alla Commissione per la Costituzione- Adunanza Plenaria, seduta del 17 aprile 1947, in Atti dell’Assemblea Costituente.

61 Per approfondimenti v. Alagna S., Famiglia e rapporti tra coniugi nel nuovo diritto, Milano, 1983; Auletta T., Diritto di famiglia, Torino, 2011.

(39)

38 filiazione, con unicità dello stato di figlio, a prescindere dall’essere nato dentro o fuori del matrimonio.

Partendo dal principio, la Costituzione, con l’affermazione della parità dei coniugi, contiene un’indicazione essenziale e, per certi versi, anticipa e valorizza l’evoluzione sociale e culturale segnando un momento di rottura rispetto alla disciplina codicistica dell’epoca, caratterizzata da una visione strettamente patrimonialistica del matrimonio che, «facendo del marito-padre

l’unico titolare dei rapporti con i terzi, lo rendeva anche il “capo” di tutte le relazioni familiari, in termini palesemente inconciliabili con la reciprocità dell’affectio»62. Secondo alcuni l’art. 29 Cost. doveva considerarsi come una mera specificazione dell’art. 3 Cost. con la conseguenza che dovevano potersi dettare per i coniugi discipline diverse tenendo conto delle loro differenti attitudini biologiche, fisiche e sociali63.

Profondamente innovativa fu la sentenza n. 133/1970 della Corte Costituzionale ove si stabilì che «le norme che siano fonte di

svantaggio per un coniuge non possano essere giustificate, nell’ambito di una valutazione di legittimità costituzionale, dal fatto che altre norme conferiscano allo stesso coniuge, a proposito di altre situazioni subbiettive nascenti dal matrimonio,

62 Così Manetti M., Famiglia e Costituzione: le nuove sfide del pluralismo delle morali, op. cit., p. 13 ss.

63 Sul punto cfr. Carnelutti F., La parità dei coniugi e l’ordinamento giuridico italiano, in Riv. dir. civ. 1961, 144 ss., che così giustificava l’istituto

Riferimenti

Documenti correlati

La scelta della Corte di Cassazione, come sede per la tenuta del corso, si spiega con il peculiare rilievo che nella materia ha via via assunto la copiosa

Il riparto della competenza giurisdizionale tra i giudici degli Stati dell’Unione e le norme sull’esecuzione transfrontaliera delle sentenze e quelle sul diritto

La scelta della Corte di Cassazione, come sede per la tenuta del corso, si spiega con il peculiare rilievo che nella materia ha via via assunto la copiosa giurisprudenza

reclamo al Tribunale di sorveglianza competente per territorio che decide ai sensi dell'art. In conclusione quindi la liberazione anticipata viene concessa al condannato a pena

673 c.p.p., nella parte in cui non include, tra le ipotesi di revoca della sentenza di condanna (nonché del decreto penale e della sentenza di applicazione della pena su

“L’atteggiamento attuale degli Stati contraenti nei confronti delle pena di morte” non è stato dalla Corte considerato come fattore per giungere alla quali

f) se si tratta dell’arresto o della detenzione regolari di una persona per impedirle di entrare illegalmente nel territorio, oppure di una persona contro la quale è

48 Questa disposizione consente di adottare misure in deroga ai diritti garantiti dalla Convenzione, alla triplice condizione della sussistenza di uno stato di