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Rimedi esperibili dal privato in materia di accord

CAPITOLO III Attività amministrativa consuale

5. Rimedi esperibili dal privato in materia di accord

Attribuendo diversa natura giuridica al potere amministrativo in sede di accordo procedimentale, derivano opposte osservazioni riguardo l’eventuale inadempimento – da parte della P.A. – degli impegni assunti negli accordi conclusi. Infatti, aderendo all’una o all’altra tesi, ne derivano implicazioni diverse in ordine alle situazioni soggettive vantate dai privati nei confronti della P.A. e alla conseguente tutela giurisdizionale invocabile.

La questione teorica principale che segna e demarca la reale distanza tra i due filoni interpretativi riguarda proprio la natura giuridica del potere esercitato dall’amministrazione in sede di stipulazione, il che, peraltro, è circostanza decisiva poiché pone una ipoteca teorica insuperabile in ordine ai problemi della tutela giurisdizionale e, in generale, di regime giuridico della fattispecie nel suo complesso. Accogliendo l’opinione della natura “privatistica” del potere, rectius, dell’attività posta in essere dall’Amministrazione, ad un eventuale inadempimento della P.A. si riterranno plausibilmente applicabili i normali rimedi previsti dal codice attivabili in tali ipotesi: invero, qualora si qualifichi l’accordo procedimentale negli ordinari termini negoziali privatistici, l’inadempimento della P.A. comporterà le generali conseguenze connesse all’inosservanza degli obblighi contrattuali.

In questa ipotesi “privatistica”, a fronte dell’adozione di un provvedimento diverso da quello pattuito nell’accordo integrativo maturato all’interno del procedimento, si deve ritenere che la P.A. si renda responsabile di un inadempimento contrattuale: il privato (titolare del diritto soggettivo all’adempimento dell’accordo) potrà disporre di strumenti di attuazione in forma specifica dell’obbligo dell’amministrazione di adottare il provvedimento158

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all’accordo preso (ex art. 2932 c.c.) ovvero agire, a norma dell’art. 1453 c.c., esercitando l’azione di adempimento oppure l’azione di risoluzione, accompagnate, entrambe, da un eventuale richiesta di risarcimento del danno da responsabilità contrattuale.

Nel primo caso (azione di adempimento) si tratterà di un risarcimento del danno provocato dal ritardo nell’adozione della corretta determinazione provvedimentale (conforme all’accordo), nel secondo caso il ristoro patrimoniale sarà connesso all’inadempimento definitivo.

Tuttavia, per completezza espositiva è bene precisare che la disamina della giurisprudenza formatasi nel corso di questo ventennio ci porta ad osservare che nell’atteggiamento dei giudici è ricorrente l’affermazione della natura pubblicistica degli accordi ex art. 11 e, segnatamente, se ne afferma la natura di contratti di diritto pubblico159: occorre tuttavia considerare che queste affermazioni sono per lo più rintracciabili nel quadro di sentenze che statuiscono sulla giurisdizione. In questi casi sulla scorta della riconduzione della fattispecie concreta di accordo alla figura degli accordi procedimentali di cui all’art. 11, in contrapposizione alle fattispecie contrattuali di diritto comune per le quali, come noto, il riparto di giurisdizione segue una regola differente, se ne afferma la natura pubblicistica e la conseguente devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice

159 TAR, Sicilia, Catania, sez. III, 28/9/2010 n. 3860 in Archivio Giuridico Iuris

Data, 2011,dove, con un espresso richiamo alla sent. Corte Cost. 204/2004, si afferma “proprio il richiamo alla valenza pubblicistica degli accordi ex art. 11 della l. 241/1990, della cd. amministrazione consensuale, consente di affermare che, nelle ipotesi di accordo previste dalla legislazione speciale ( come le convenzioni in materia urbanistica, cui va assimilata la convenzione in esame in materia di edilizia residenziale) permane intatto l’attributo pubblicistico dell’esercizio del potere amministrativo e della natura pubblica degli interessi portati dall’Amministrazione (…)”; TAR, Sardegna, Cagliari, sez. I, 14/6/2010, n. 1485, in Archivio Giuridico Iuris Data,: “(…) la giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. di recente Cass., SS.UU., 30 marzo 2009, n. 7573) riferisce alla materia delle concessioni di beni pubblici le convenzioni stipulate per la cessioni di aree su cui edificare alloggi di edilizia residenziale pubblica, qualificando tali accordi come contratti di diritto pubblico riconducibili alla più ampia fattispecie di accordi sostitutivi del provvedimento tra privati e p.a. di cui all’art. 11”;

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amministrativo ai sensi del comma 5 dell’art. 11. A ben vedere, però, nella maggior parte dei casi riscontrati non si tratta di affermazioni che preludono ad un’operazione di inquadramento dogmatico incidente in misura significativa sulla ricostruzione della relativa disciplina.

Piuttosto, sul piano della disciplina concreta applicata per la risoluzione delle controversie in materia di accordi si assiste, ai sensi del comma 2 , ad un piena applicazione delle regole civilistiche a “preferenza” ovvero ad “esclusione” di potestà pubblicistiche astrattamente esercitabili in relazione all’oggetto dell’accordo.

In questa direzione, particolare importanza rivestono quelle sentenze che, pur riconoscendo il collegamento tra accordi procedimentali ed esercizio del potere discrezionale affermano la piena applicabilità, nelle ipotesi di mancata corretta “esecuzione” degli “obblighi” scaturenti dall’accordo, delle regole civilistiche sull’inadempimento del contratto con conseguente inammissibilità dell’esercizio da parte della parte pubblica di potestà riconducibili alla sua “originaria” posizione di supremazia (della quale si è spogliata addivenendo all’accordo).

Nella specie, è affermazione ormai costante della giurisprudenza amministrativa che debbano trovare applicazione tutte le regole che disciplinano l’inadempimento dei contratti, trovando così ingresso nella valutazione del giudice anche le regole di diritto comune in materia, rispettivamente, di imputabilità dell’inadempimento, di prova del danno cagionato e di congruità e proporzionalità della relativa sanzione160.

160 Cfr., al riguardo, la recentissima sentenza Cons. Stato, sez. IV, 4797/2011 in

www.ildirittoamministrativo.it con cui il Supermo Collegio in relazione a una controversia sorta nell’esecuzione di un rapporto convenzionale per l’affidamento di un servizio pubblico, inquadrata la fattispecie nel’ambito dell’art. 11 legge

241/1990, afferma che ,nonostante la stretta inerenza a questi accordi di interessi pubblicistici, essi sono assoggettati alle comuni regole

civilistiche in materia di adempimento nonché di obbligo di buona fede delle parti del contratto, ponendosi così “in ombra l’affermazione che nella detta

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Cionondimeno occorre considerare, in generale, che l’inerenza agli accordi procedimentali di interessi pubblicistici per tutta la durata del rapporto costituisce un’affermazione costante e, se si vuole, l’elemento distintivo tra queste fattispecie convenzionali e le fattispecie contrattuali di diritto comune di cui si avvale ogni pubblica amministrazione per il perseguimento delle sue finalità.

Si tratta di comprendere se la natura pubblicistica di questi interessi lasci sopravvivere in generale in capo alla p.a. poteri discrezionali esercitabili dopo la conclusione dell’accordo in pregiudizio della controparte o, se piuttosto, tale discrezionalità sia circoscritta entro il limitato ambito d’operatività della speciale facoltà di recesso.

Nel caso in cui la P.A. receda unilateralmente per sopravvenienza di motivi di pubblico interesse, nulla quaestio: il privato vanterà una posizione di diritto soggettivo al conseguimento del ristoro patrimoniale indennitario previsto dall’art. 11 comma 4 legge 241/1990.

Se, di contro, la P.A. receda illegittimamente dall’accordo bisognerà indagare sui mezzi di manifestazione della volontà di recedere.

La P.A. può infatti rimanere inerte, ovvero emettere un atto di recesso esplicito, ovvero ancora adottare un provvedimento che si discosta dal contenuto dell’accordo stipulato, recedendo implicitamente dalla pattuita convenzione.

Nel caso di inerzia può ritenersi che il privato sia legittimato a proporre innanzi al g.a. un ricorso avverso il silenzio amministrativo ex art. 21 bis legge 1034/1971, con possibilità di ottenere direttamente, secondo la legislazione vigente, il provvedimento conforme all’accordo stipulato nella sede procedimentale.

materia persista sempre in capo all’amministrazione un margine di

apprezzamento esterno al sindacato giurisdizionale”. Su questa base, il giudice ha censurato il comportamento della parte pubblica del rapporto convenzionale che aveva adottato dei provvedimenti applicativi delle penali previste dalla convenzione, accertando la non imputabilità dell’inadempimento in capo alla sola concessionaria e la mancata prova di un danno effettivo a carico della p.a.

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Il novellato art. 2161 della legge 241/1990 (per effetto del recente intervento normativo della legge 80/2005) prevede infatti che il giudice amministrativo possa pronunciarsi direttamente sulla pretesa sostanziale del privato, che si concreta, nel caso di specie, nella richiesta di adozione di un provvedimento conforme al contenuto discrezionale “concordato”.

Nel caso in cui, invece, la P.A. emetta un provvedimento di recesso (illegittimo perché non sorretto da ragioni di pubblico interesse) sembra plausibile che il privato possa agire per ottenere, previo annullamento dell’atto di recesso illegittimo, il risarcimento del

danno da responsabilità contrattuale.

In questa ipotesi si prospetta in capo al privato la titolarità dell’interesse legittimo all’annullamento del recesso illegittimo e del

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Art. 2 Legge 241/90:1. Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad una istanza, ovvero debba essere iniziato d'ufficio, la pubblica amministrazione ha il dovere di concluderlo mediante l'adozione di un provvedimento espresso.2. Con uno o più regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, sono stabiliti i termini entro i quali i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali devono concludersi, ove non siano direttamente previsti per legge. Gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza. I termini sono modulati tenendo conto della loro sostenibilità, sotto il profilo dell'organizzazione amministrativa, e della natura degli interessi pubblici tutelati e decorrono dall'inizio di ufficio del procedimento o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte.3. Qualora non si provveda ai sensi del comma 2, il termine è di novanta giorni.4. Nei casi in cui leggi o regolamenti prevedono per l'adozione di un provvedimento l'acquisizione di valutazioni tecniche di organi o enti appositi, i termini di cui ai commi 2 e 3 sono sospesi fino

all'acquisizione delle valutazioni tecniche per un periodo massimo comunque non superiore a novanta giorni. I termini di cui ai commi 2 e 3 possono essere altresì sospesi, per una sola volta, per l'acquisizione di informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell'amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. Si applicano le disposizioni dell'articolo 14, comma 2.5. Salvi i casi di silenzio assenso, decorsi i termini di cui ai commi 2 o 3, il ricorso avverso il silenzio

dell'amministrazione, ai sensi dell'articolo 21-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, può essere proposto anche senza necessità di diffida all'amministrazione inadempiente, fintanto che perdura l'inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini di cui ai predetti commi 2 o 3. Il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell'istanza. È fatta salva la riproponibilità dell'istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti.

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diritto soggettivo al risarcimento del danno da responsabilità contrattuale conseguente.

Nella stessa maniera, in caso di provvedimento amministrativo (immotivato o falsamente motivato) che si discosti dal contenuto dell’accordo realizzato, il privato vanta un interesse legittimo all’annullamento del provvedimento per eccesso di potere (sub

specie di carente o incongrua motivazione) e, di conseguenza, un

diritto soggettivo al risarcimento del danno (da inadempimento contrattuale).

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6. Profili di tutela aquiliana della posizione giuridica