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Il rimedio pubblicistico in caso di omessa o errata valutazione del

delle pratiche commerciali scorrette

Nel caso in cui la valutazione del merito creditizio sia stata condotta scorrettamente è possibile individuare conseguenze sia sul piano pubblicistico che sul piano privatistico, analogamente a quanto già affermato con riguardo alla violazione degli obblighi informativi di cui all’art. 120 novies t.u.b.

Quanto al primo profilo, il richiamo è ancora una volta al novellato art. 144 t.u.b., il quale prevede l’applicazione della sanzione pecuniaria anche in caso di omessa o errata valutazione del merito creditizio.

Si rimanda, dunque, alle considerazioni svolte al paragrafo 4, in

158 M. Gorgoni, Spigolature su luci (poche) e ombre (molte) della nuova disciplina dei contratti di credito ai consumatori, in Resp. civ. prev., 4, 2011, 768.

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particolare con riguardo all’idoneità della sanzione pecuniaria a dissuadere il professionista dalla violazione della disposizione in esame.

Quanto al secondo profilo occorre innanzitutto precisare che nell’ambito del concetto di valutazione “condotta scorrettamente” rientrano tanto il comportamento del finanziatore che faccia luogo alla concessione di credito in mancanza di una valutazione del merito creditizio, quanto quello in cui lo stesso concluda il contratto in presenza di una valutazione deficitaria, carente di informazioni necessarie o effettuate senza una verifica di quelle acquisite dal consumatore.

L’art. 120 undecies t.u.b. si limita a prevedere che il contratto di finanziamento non possa risolversi per il solo fatto che la valutazione sia stata condotta scorrettamente o che le informazioni fornite fossero incomplete, tacendo sulla sorte del finanziamento e sui profili di responsabilità del finanziatore.

La vaghezza della disposizione ha condotto, dunque, alla prospettazione di più tesi sulla sorte del contratto, ferma restando, anche in tale ipotesi, la tesi dottrinale che ammette l’applicazione della disciplina delle pratiche commerciali scorrette, ove il comportamento del finanziatore risulti idoneo a influire in maniera determinante sulle scelte della parte debole del rapporto159.

159 Sul punto si rimanda alle osservazioni svolte al paragrafo 5.1 con riguardo

all’applicazione della disciplina delle patiche scorrette in caso di violazione degli obblighi informativi.

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9.1 Segue: l’invalidità del contratto e la responsabilità precontrattuale del professionista

Con riferimento alla sorte del contratto, secondo una prima prospettazione il rimedio ad un negozio stipulato a seguito di lacunosa o errata valutazione del merito creditizio sarebbe la nullità dello stesso per violazione di norma imperativa, con discorso analogo a quello già effettuato per la violazione degli obblighi informativi160.

Si è poi sostenuta la tesi dell’annullabilità per errore, ritenendosi ragionevole che l’omessa o errata verifica della solvibilità del consumatore determini un vizio del consenso prestato dal contraente debole, essendo esso stato indotto ad assumere obbligazioni che non avrebbe assunto se avesse conosciuto la propria condizione di

‘‘immeritevolezza finanziaria”161. In senso contrario potrebbe

osservarsi anche in questo caso come l’errore in questione non possa ritenersi essenziale ai sensi dell’art. 1429 c.c. Si tratterebbe, in particolare, di errore sugli esiti prevedibili del contratto derivante dall’inesatta conoscenza della propria situazione patrimoniale, che non sembra poter rientrare in nessuno degli elementi di cui al su citato articolo162.

160 In senso contrario R. Calvo, op. cit., 827, secondo cui il rimedio della nullità potrebbe

risultare eccessivo in caso di credito concesso trascurando il merito creditizio o sopravvalutando le capacità reddituali del consumatore, in quanto tale soluzione “potrebbe essere foriera di disordini e complicazioni, in grado di indebolire e stemperare la tutela effettiva della parte astrattamente protetta”.

161 G. Azadi, op. cit., 292 e 293.

162 In senso contrario G. Azadi, op. cit., 292, ha sostenuto come “Nonostante la tipicità delle

fattispecie di errore, violenza e dolo, la disciplina dei vizi del consenso è, di per se, preordinata ad attribuire rilievo giuridico a condotte precontrattuali che, secondo una valutazione preventiva del legislatore, risultano potenzialmente idonee ad incidere sull’autonomia negoziale dei contraenti, inficiando la libertà del consenso prestato all’operazione negoziale e, con essa, la validità del contratto. Ora, nella disciplina del credito al consumo, il legislatore comunitario stabilisce che, al fine di garantire la libertà

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Tuttavia, non può non sottolinearsi che, in ragione del rapporto che può intercorrere tra uno scorretto processo informativo ed il comportamento del consumatore, non dovrebbero esservi dubbi in merito alla configurabilità, quantomeno in astratto, di un vizio del consenso a seguito della violazione dell’obbligo di verifica del merito creditizio, potendosi in particolare immaginare che, per garantire la libertà del consenso prestato dal contrente debole, il legislatore abbia ritenuto indispensabile la conoscenza da parte dello stesso degli esiti della verifica della sua solvibilità imponendo obblighi informativi la cui inosservanza vizierebbe il consenso inducendo verso obbligazioni restitutorie che altrimenti non sarebbero state assunte163.

Analogamente a quanto osservato in caso di violazione degli obblighi informativi, la tesi prevalente in giurisprudenza individua la principale conseguenza civilistica della scorretta valutazione del merito creditizio sul piano della responsabilità precontrattuale del professionista164. Tale rimedio sembra, invero, il più adatto a soddisfare

le esigenze di protezione del consumatore a fronte di un irresponsabile finanziamento, soprattutto in quanto il rimedio dell’invalidità non risolverebbe il problema della sopravvivenza dell’obbligo di

del consenso prestato dal contraente debole, occorre anzitutto sanare il deficit cognitivo del medesimo, addossando specifici doveri informativi e di condotta al finanziatore, che ricomprendono anche l’obbligo di preventiva verifica della solvibilità del consumatore. Trattasi, infatti, di verifica che il consumatore non è in grado di compiere autonomamente e che, al contempo, veicola informazioni ritenute essenziali per garantire la consapevolezza del consenso prestato all’operazione di credito.”

163 F. Salerno, La violazione dell’obbligo di verifica del merito creditizio: effetti (anche) civilistici, in Nuova giur. civ. comm., 10, 2018, 1429.

164 Si rinvia nuovamente alle pronunce n. 26724 e 26725 della Suprema Corte a Sezioni

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restituzione del capitale già erogato165.