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Segue: il rapporto con il divieto del patto commissorio

4. L’autotutela esecutiva del finanziatore

4.1 Segue: il rapporto con il divieto del patto commissorio

È evidente che la prospettiva stessa di considerare il patto marciano una deroga al divieto di patto commissorio presuppone una chiara identificazione di quest'ultimo patto, o meglio delle ragioni del suo divieto185. Ciò anche in quanto la fondamentale giustificazione del patto marciano si è costantemente risolta nel richiamo alle mancate condizioni di iniquità che caratterizzano il patto commissorio186.

Ebbene, per l’orientamento tradizionale, il patto marciano è nullo in quanto rientrante nel divieto di cui all’art. 2744 c.c.

Diverse sono le rationes individuate dalla dottrina a sostegno della tesi in parola. Per una prima prospettazione, la ratio del divieto andrebbe individuata nell’esigenza di tutelare la libertà negoziale del debitore, il quale potrebbe essere indotto a dare in garanzia il bene con l’illusione di poterne riottenere la proprietà adempiendo all’obbligazione187. Parimenti il creditore, sfruttando lo stato di

bisogno, potrebbe facilmente imporre condizioni tali da consentirgli di ottenere, in caso di inadempimento, un bene del debitore di valore di molto superiore a quello del credito insoddisfatto188. Per una diversa tesi, il divieto di patto commissorio risponderebbe all’esigenza di tutelare la par condicio creditorum e, dunque, la necessità che il patrimonio del debitore non sia sottratto alla comune garanzia di tutti i creditori189. Nondimeno, in senso contrario si è sottolineata la mancata

185 G. D’Amico, op. ult. cit., 5. 186 C. M. Bianca, op. cit., 204.

187 V. Lojacono, Il patto commissorio nei contratti di garanzia, Milano, 1952, 32 ss; in

giurisprudenza Cass. civ., n. 14911 del 23 novembre 2001 in www.iusexplorer.it.

188 C. M. Bianca, op. cit., 205. 189 Ex multis, U. Breccia, op. cit., 61.

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proporzione tra la tutela dei creditori e la sanzione della nullità del patto commissorio: rimane inspiegato perché la sanzione del patto commissorio non sia conforme a quella adottata nel nostro diritto positivo per gli atti pregiudizievoli ai creditori, e cioè la sanzione dell’inefficacia relativa. Poiché è proprio la funzione di tutela delle ragioni del creditore che giustifica i limiti di questa sanzione, è dubbio che la medesima funzione possa essere assunta a fondamento di una sanzione in cui tali limiti sono superati addirittura in una nullità radicale del negozio190. Ed infine, vi è chi rinviene la ragione del divieto nel monopolio statuale della funzione esecutiva, ostativo di forme di autotutela del creditore.

Com’è agevole notare, la ratio complessa che ne deriva non fa riferimento a profili patrimonialistici, prescindendo dal rapporto di valore tra la cosa data in garanzia e il credito garantito. Ciò anche facendo leva sul dato testuale, posto che l’art. 2744 c.c., come anche l’art. 1963 c.c. con riferimento all’anticresi, sono formulati in chiave non patrimonialistica, vietando il patto commissorio tout court, a prescindere dalla sussistenza di una sproporzione tra quanto dovuto dal debitore e quanto realizzato dal trasferimento del bene dato in garanzia. Diversamente argomentando, l’interpretazione dottrinale e giurisprudenziale prevalente giunge ormai a considerare il divieto di cui all’art. 2744 c.c. come un divieto di risultato, volto in particolare ad evitare un ingiusto arricchimento del creditore191.

190 E’ l’opinione sostenuta da C. M. Bianca, op. cit., 215 e ss. In questo senso anche U.

Carnevali, op. cit., 449 e ss.

191 Ex multis, S. Mazzamuto, op. cit., 570, secondo cui la ratio del divieto di cui all’art.

2744 c.c. è ormai individuata “non tanto nella <<tutela della libertà morale del debitore>> quanto nel rischio di una sproporzione tra il valore del bene e l’importo del credito. Ne

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In quest’ottica risulta maggiormente comprensibile la scelta del legislatore: il venir meno delle condizioni di iniquità cui è normalmente assoggettato il debitore nella stipulazione del patto commissorio consente di ammettere una deroga al divieto, potendosi considerare il meccanismo marciano uno strumento utile a ripristinare l'equilibrio sinallagmatico tra le prestazioni e ad evitare che il debitore, in caso di inadempimento, subisca un pregiudizio dal trasferimento al creditore del bene in garanzia.

In altri termini, si consente di ritenere che il divieto non colpisca la destinazione del bene al soddisfacimento del credito o l’esecuzione privata, bensì l'abusivo approfittamento del creditore che lucra l'eccedenza del suo valore rispetto all'ammontare del credito192.

Se ne può trarre la conclusione che il fondamento della nullità di cui all’art. 2744 riposa nel fatto che il debitore, allo scopo di garantire l’obbligazione, destini un proprio bene all’autosoddisfacimento del creditore, riservandosi la possibilità di svincolare il bene stesso mediante il pagamento del debito e senza assicurarsi il diritto di recuperare, in caso di mancato adempimento, l’eventuale eccedenza di valore del bene. Si è, invero, osservato che poiché detti elementi concorrono assieme a integrare la ratio del divieto di legge, quando

risulta la piena legittimità del patto con il quale si assicuri non soltanto l’assenza dello squilibrio tra l’ammontare del debito e il valore del credito, sanzionato dal divieto del patto commissorio (art. 2744 c.c.), ma che addirittura offra eventualmente una tutela del debitore garantito maggiore rispetto al ricorso alla procedura esecutiva. In tal modo il debitore è in grado di conseguire celermente il surplus, derivante dalla vendita del bene dedotta la somma dovuta, che le lungaggini della procedura esecutiva potrebbero pregiudicare, se non addirittura azzerare.”

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nella concreta fattispecie ne manchi anche uno soltanto, vien meno la ragione dell’illiceità193.

5. Il patto marciano previsto dall’art. 120 quinquiesdecies