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CAPITOLO I: LA REGOLAMENTAZIONE BANCARIA

1.5 I RISCHI CONNESSI ALL’ATTIVITÀ BANCARIA

Un aspetto sicuramente strettamente collegato ai fondi propri e quindi all’adeguatezza patrimoniale che ogni banca deve rispettare è il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni. I rischi incidono fortemente sull’operatività delle banche e vanno necessariamente considerati, studiati, anticipati e presidiati per non incorrere in situazioni di crisi. Il Rischio è insito in ogni attività: il fatto che vi siano diverse possibilità di esito, diversi potenziali risultati, crea un’attività rischiosa. L’accezione negativa di rischio fa riferimento alla possibilità di incorrere in una perdita e alla possibilità di incorrere in un risultato peggiore di quello atteso. Quando si parla di rischio, si riesce a costruire una sorta di analisi sulla probabilità di accadimento di certi avvenimenti, si conoscono quindi gli eventi elementari al di sotto del fenomeno. In situazioni di incertezza61 invece, non si conoscono gli eventi elementari quindi non si può stimare

61 Rischio e Incertezza non sono sinonimi. Si parla di Rischio quando si può associare una probabilità

dell’evento futuro, quindi si conosce precisamente la distribuzione. Quando invece l’evento non è prevedibile, non si conoscono le possibili realizzazioni future siamo nel caso di Incertezza.

una distribuzione di probabilità del fenomeno. Questo riflette precisamente i concetti di perdita attesa e perdita inattesa.

Per anni, l’attività bancaria ha preso in considerazione come principale fonte di rischio quello di credito. I motivi di questa situazione erano molteplici: innanzitutto la forte presenza di titoli di debito62 nei total assets a livello mondiale (circa l’80% del total asset

complessivo a livello globale sono gli strumenti di debito); inoltre i volumi dei mutui sono molto più rilevanti rispetto ai volumi azionari (equity o derivati); infine, forse l’aspetto di maggior rilevanza, la struttura finanziaria europea è fortemente “Bancocentrica” e quindi il rischio è legato al credito (al mutuo e a come prezzarlo). In realtà, nel corso degli anni, i rischi connessi all’attività bancaria aumentarono assai e divennero tutti significativi da essere presi in considerazione per tutelarsi da possibili fallimenti. La disciplina prudenziale obbliga gli intermediari a dotarsi di adeguati sistemi di gestione e di copertura patrimoniale per la copertura di tutti i rischi connessi all’attività. Per questo si dice che le banche devono dotarsi di un vincolo di capitale tale da garantire una loss absorbing capacity (LCA)63 che copra quasi tutto ciò che può

accadere. Ogni Istituto deve valutare quanto è ampio il profilo di rischio e dotarsi di una loss absorbing capacity adeguata al business, garantendo la tenuta a livello micro- prudenziale calcolando il capitale necessario per assorbire le perdite caratteristiche del business.

L’ammontare di capitale a fronte di un determinato business è una scelta fondamentale poiché comprende un enorme tradeoff: all’aumentare del capitale accantonato (aumenta quindi la LCA) vi è una minore probabilità di default, che assicura un potenziale buon debitore (sicuramente basso cost of funding); ma il rovescio della medaglia è l’alto costo del capitale, tasso di remunerazione in termine di dividendi che si deve concedere

62 Con strumenti di debito si indicano tutti gli strumenti che riguardano una controparte che deve

adempiere ad obblighi contrattuali.

63 La Loss Absorbing Capacity (LCA) è la capacità delle banche di assorbire le perdite, consiste

essenzialmente in un requisito patrimoniale di passività che possono essere utilizzate per la risoluzione della banca (soprattutto nel caso dell’attuale tecnica di Bail-in). Questa misura garantisce che le banche abbiano una capacità sufficiente a garantire l’assorbimento delle perdite e che quindi riescano ad effettuare una ricapitalizzazione, al fine di minimizzare i rischi di stabilità finanziaria.

a chi fornisce il capitale. Perciò l’aumento della LCA diminuisce il Cost of funding ma aumenta molto il costo del capitale. Al contrario, una minor LCA causa un aumento degli interessi per i prestiti, ma trattiene meno capitale e quindi costa meno la remunerazione che si deve dare sotto forma di dividendo.

Come detto, i rischi in capo alle banche, che fanno parte dell’attività, sono molteplici e devono essere tutti presi in considerazione:

- Rischio di Credito: è legato alla componente di impieghi del binomio bancario (raccolta di denaro – erogazione del credito). In un contratto fra le parti, il rischio di credito è legato all’insolvenza del debitore, alla non osservanza dell’obbligo di restituzione sia della quota capitale sia degli interessi. Il rischio di credito è composto da tre componenti elementari, la Probability of Default, la Loss Given Default e la Exposure at Default. La perdita attesa (Expected loss) di un’esposizione è data dalla moltiplicazione delle tre componenti appena citate64.

- Rischio di Liquidità: le banche devono detenere delle attività liquide per fronteggiare eventuali deflussi di liquidità. Le norme secondarie introducono regole organizzative, la banca deve avere strumenti organizzativi per presidiare il rischio di liquidità come le Riserve (limite strettamente quantitativo) o limiti operativi previsti ai dipendenti. Lo strumento più utilizzato in passato per presidiare la liquidità è stata la Riserva Obbligatoria65. Legato al rischio di

liquidità c’è anche il cosiddetto rischio connesso alla funzione di trasformazione delle scadenze, cioè il mis-matching tra le entrate e le uscite. La vigilanza richiede di utilizzare due indicatori principali per calcolare il rischio di liquidità, il Liquidity Coverage Ratio (LCR) e il Net Stable Funding Ratio (NSFR).

64 EL = PD * LGD * EaD

65 La singola banca doveva depositare una percentuale della sua raccolta in un conto in Banca d’Italia.

Questo deposito aveva due finalità; garantire un fondo in caso di crisi di liquidità e l’utilizzo della riserva (ROB) come strumento di politica monetaria. Il ROB veniva determinato dal Ministro del Tesoro. Con l’entrata nell’euro la percentuale di deposito in BI è stata tolta, per consentire alle banche italiane di rimanere competitive con quelle dell’Unione.

- Rischi di Mercato: in attuazione agli accordi di Basilea si introduce la disciplina dei rischi di mercato. La banca può detenere titoli sia per sé sia per offrirli ai propri clienti. Inizialmente erano previsti due portafogli, il Portafoglio Titoli Immobilizzati e il Portafoglio Titoli Non Immobilizzati. Il rischio veniva affrontato attraverso il divieto di spostamento da un portafoglio all’altro se non con autorizzazione ufficiale della Banca d’Italia. La CRR intervenne in materia cambiando il linguaggio: si parla di Banking Book (Portafoglio bancario) e di Trading Book (Portafoglio di Negoziazione). Da questi investimenti derivano molte sottocategorie di rischio di mercato, come il Rischio di Posizione, che deriva dall’oscillazione del prezzo, Rischio di Regolamento, legato al momento nel quale l’operazione viene regolata, Rischio di Concentrazione, cioè la non diversificazione degli impieghi, Rischio di Cambio/ di Valuta, quando si effettua un investimento in una moneta diversa dalla propria. Per ciascuno di questi rischi la banca deve accantonare una porzione di patrimonio di vigilanza.

- Rischio Operativo: rischio di perdita derivante da inadeguatezze, non è del tutto quantificabile ed è molto difficile da calcolare. Non è del tutto mitigabile ma si può prevenire attraverso la formazione del personale, la regolamentazione interna, analisi geo-politiche e una corretta definizione gerarchica che renda efficaci ed efficienti i processi interni. Anche per questa tipologia va accantonato del patrimonio. Direttamente collegato al rischio operativo è anche il rischio connesso alla disfunzione di processi, che può essere provocato da eventi esogeni ed endogeni (ad esempio Rischio Giuridico/Legale).

- Rischio Reputazionale: rischio di perdita derivante da un cambiamento di percezione nei confronti della banca. Definito come il rischio derivante da un peggioramento nelle percezioni di clienti, controparti, investitori, azionisti e regolatori nei confronti della banca che affligge negativamente il mantenimento del business. È considerato necessario l’accantonamento di una riserva perché non si è ancora trovato un accordo sul metodo di calcolo della stessa.

- Rischio Strategico: rischio di perdita o flessione degli utili causato da errori nella pianificazione strategica, decisioni aziendali errate, scarsa reattività al cambiamento del contento operativo.

Le banche sono quindi tenute a valutare il profilo di rischio e il fabbisogno globale di solvibilità, considerando tutti i rischi a cui potrebbero essere esposti in un’ottica forward looking, cioè prendendo in considerazione anche situazioni di rischio future e potenziali, tenendo conto anche della strategia operativa pianificata (Business strategy e Risk strategy).

Le banche definiscono un quadro di riferimento per la determinazione della propensione al rischio, una policy interna che fissi ex ante i limiti di rischio che la stessa banca intende assumersi. È un documento predisposto dal Consiglio di Amministrazione e viene definito Risk Appetite Framework (RAF)66. Il RAF è uno strumento di controllo di

gestione, permette la conoscenza dei rischi assunti dalla banca e ne definisce la propensione. Misura la capacità massima di assorbimento e si divide in diverse soglie: la Risk Capacity, cioè la capacità/soglia massima di rischio tecnicamente assumibile senza violare i requisiti patrimoniali imposti dalla vigilanza, il Risk Appetite, cioè l’obiettivo di rischio, quella soglia target che si intende assumere per il perseguimento degli obiettivi strategici e la Risk Tollerance, cioè la deviazione massima accettata rispetto alla soglia obiettivo, in maniera tale da garantire la piena operatività della banca. Inoltre, è definito Risk Profile il rischio effettivamente assunto, misurato in un determinato istante temporale.

Nella Circolare 263 il RAF viene definito come “il quadro di riferimento che definisce – in coerenza con il massimo rischio assumibile, il business model e il piano strategico – la propensione al rischio, le soglie di tolleranza, i limiti di rischio, le politiche di governo dei rischi, i processi di riferimento necessari per definirli e attuarli.”

66 Il RAF è stato introdotto nell’ordinamento di vigilanza italiano nel 2013. È contenuto nella Circolare 263,

Nel RAF, infatti, vengono definite procedure e interventi gestionali da attivare nel caso in cui sia necessario ricondurre il livello di rischio entro l’obiettivo o i limiti prestabiliti. In particolare, sono definiti gli interventi gestionali da adottare al raggiungimento della soglia di tolleranza. Con riferimento ai rischi quantificabili, vengono utilizzati opportuni parametri quantitativi e qualitativi, che tentano di stimare l’esposizione; a tal fine, le banche possono fare riferimento alle metodologie di misurazione dei rischi utilizzate ai fini della valutazione aziendale dell’adeguatezza patrimoniale. Il responsabile di questa misurazione è il Risk Manager, un organo di controllo interno, che attraverso modelli quantitativi stima e quantifica l’esposizione al rischio.

Per quanto riguarda i rischi non-quantificabili o difficilmente quantificabili (come, ad esempio, il rischio strategico, il rischio reputazionale e il rischio di compliance), non essendosi ancora affermate metodologie robuste e condivise di determinazione del capitale interno da accantonare, il RAF fornisce specifiche indicazioni di carattere qualitativo, ad esempio presìdi, procedure e tecniche di mitigazione, che siano in grado di orientare la definizione e l’aggiornamento dei processi del sistema dei controlli interni perciò non viene determinato un assorbimento patrimoniale.

CAPITOLO II