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Risultati emersi della sezione 3: domande per riflettere sull’invariabilità del genere di alcuni nomi e sul riconoscimento del genere per mezzo dell’accordo

L’indagine e l’analisi

3.4 Analisi dei dati raccolti

3.4.3 Risultati emersi della sezione 3: domande per riflettere sull’invariabilità del genere di alcuni nomi e sul riconoscimento del genere per mezzo dell’accordo

In I elementare tutti gli studenti riconoscono il genere di tutti quei nomi in cui l’informazione di genere non appare trasparente dal nome stesso, bensì dall’accordo. Quindi, implicitamente ricavano l’informazione dai targets, anche se esplicitamente faticano a riconoscerli e ad individuarli.

Alcuni dei piccoli studenti di classe I pensano che sia il nome stesso a rendere trasparente l’informazione del genere grammaticale. Contrariamente a quanto pensano, anche se il nome possiede inerentemente il genere, nelle prime quattro frasi proposte

Ad esempio Giorgia, nella frase il dentista di Sara si è ammalato, alla domanda se

dentista è maschio o femmina, risponde “ dentista è maschio, perché hai detto dentista”, poi ci ripensa e capisce che, in realtà, è l’articolo ad averle suggerito

l’informazione di maschile, non il nome.

Altri bambini, alla domanda su come hanno fatto a riconoscere se la parola in questione fosse maschio o femmina, rispondono “non lo so”.

Invece, una parte abbastanza consistente capisce che l’informazione del genere è resa trasparente dai targets. Il target che è stato più facilmente riconosciuto è l’articolo. Soltanto Benedetta riesce ad estrapolare dal participio ammalato l’informazione di genere maschile.

Per quanto riguarda le parole atleta e pediatra presenti nelle frasi 5 e 6 (frasi in cui il genere non è reso trasparente da nessun elemento, né dal nome stesso né dai targets), alcuni bambini reputano tali nomi femminili, poiché terminanti col morfema –a, morfema a cui attribuiscono l’informazione grammaticale di genere femminile.

Infatti, Giorgia afferma che atleta è femmina “perché sennò era atleto”.

Anche Benedetta inizialmente dice che per indicare un atleta maschio utilizzerebbe il nome atleto. Infatti, afferma “dico atleto: ogni atleto si allena molto”; poi, ripensandoci, sostiene che atleta possa essere utilizzato sia per il genere maschile sia femminile e ammette “ho visto che in un film dicono sempre atleta”. Tuttavia, all’incalzare delle mie domande su come si faccia a capire in una frase simile se il referente sia un maschio o una femmina, essendo incapace di spiegare questo fatto grammaticale, torna all’idea iniziale dicendo “ho cambiato idea, secondo me si dice

atleto”.

Risposte come quelle di Benedetta o di Giorgia sono spiegate dal fatto che le bambine non possiedono una conoscenza consolidata di tali lessemi, per questo motivo ragionano per analogia con quegli altri nomi che presentano il maschile in –o e il femminile in –a. Gli altri studenti, invece, forse conoscendo meglio tali nomi, hanno preferito la scelta del genere maschile; solo dopo aver chiesto loro di spiegare il motivo di tale scelta si

prevaricato sulla morfologia della parola, poiché tali nomi, teminanti in –a, potevano essere considerati come nomi di genere femminile.

In classe III e in classe V, invece, nelle frasi in cui il genere del nome traspare dai

targets, permane la tendenza principale a considerare l’articolo il target contenente

l’informazione di genere; solo in un secondo momento i bambini riconoscono avere la medesima informazione anche i participi o gli aggettivi.

Nelle frasi 5 e 6, in cui il genere grammaticale del nome in questione non traspare da nessun elemento, i bambini dimostrano di non avere particolari problematiche con il nome atleta. Infatti, tutti gli studenti, anche se in tempi diversi, riconoscono essere una parola che può riferirsi sia a un referente maschio sia femmina.

Con pediatra, invece, emergono più incertezze, forse perché la parola risulta loro meno familiare rispetto ad atleta. Ad esempio, Riccardo (V elementare), prima di accorgersi che si tratta di un nome epiceno, risponde che pediatra è femminile e, quando chiedo il motivo della prima risposta data, risponde che ciò che lo ha indotto a pensare ciò è stata la terminazione in –tra, a cui lui, implicitamente, associa l’informazione di femminile. La risposta di Riccardo non è affatto casuale o improvvisata, dal momento che ci sono molte parole femminili che, in italiano, terminano in –tra e molte di queste parole appartengono ad un lessico sicuramente molto adottato dai bambini in quella fascia d’età, come ad esempio maestra, palestra, minestra, giostra, destra, sinistra.

Un’altra risposta indicativa e che va a confermare quanto ho già in parte riscontrato sul modo di ragionare dei bambini è quella di Tommaso (V elementare), il quale, nella frase

la mia cantante preferita canta in inglese, dice di aver capito che il genere di cantante è

femminile grazie al morfema finale –e.

Tuttavia, ciò che Riccardo ha detto di aver fatto è chiaramente impossibile, poiché si tratta di un nome epiceno. Lo studente, quindi, ha implicitamente ricavato l’informazione del femminile dai targets presenti nella frase, ma non si è accorto di averlo fatto e ha così associato al nome stesso tale informazione grammaticale, anche se, in verità, non risulta trasparente dal nome, nonostante sia il nome stesso a

Ciò è a conferma del fatto che i bambini riconoscono che ogni nome presenta inerentemente un genere e che tale genere inerente va a condizionare la scelta dei relativi targets.

Un’altra risposta su cui può risultare interessante soffermare l’attenzione è quella di Michelangelo (III elementare), il quale dice di aver capito che insegnante è maschile grazie alla copula è (la frase in questione è Luca è insegnante di matematica). Michelangelo, dunque, associa al verbo essere l’informazione del maschile (resa trasparente solo dal nome Luca che contiene, convenzionalmente, l’informazione di maschile) poiché è l’elemento che collega il soggetto (Luca) alla parte nominale (insegnante). Questo legame grammaticale che vi è tra il soggetto e la parte nominale è reso possibile appunto solo grazie alla copula, elemento che Michelangelo ha reputato più significativo per l’attribuzione e la scelta del genere.

3.4.4 Risultati emersi della sezione 4: domande per cogliere la capacità di riflettere