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Dopo il 1492, come ho accennato precedentemente nelle notizie biografiche su David, 168Esodo 29, 45.

169Cfr. M. Idel, La Cabbalà in Italia (1280-1510),op. cit., pag. 238. 170Cfr. D. Carpi, Between Renaissance and Ghetto, Tel Aviv, 1989, 70-72.

è molto difficile ricostruire le vicende che hanno portato David alla partenza verso l'Impero Ottomano prima a Salonicco, poi a Corfù e infine a Valona. Con molta probabilità si potrebbe ipotizzare che il nostro autore, dopo il soggiorno presso la famiglia da Pisa, sia tornato a Napoli, città in cui Yehudah, suo padre, aveva istituito la sua yeshiva.

Yehudah plausibilmente avrebbe scelto Napoli come sede della sua "accademia" perchè la comunità ebraica napoletana, almeno fino al 1492, è sicuramente una delle più numerose e intellettualmente attive dell'Italia del Rinascimento.

Come attestazione di questa fervida vivacità culturale ritroviamo numerosi manoscritti ebraici databili 1450-1540 che sono stati ritrovati non soltanto a Napoli ma anche nei territori limitrofi come Salerno, Benevento, Lucera e in tutto il Regno di Napoli a Reggio Calabria, Trani, Taranto, Bari, Lecce, Monopoli, Barletta, Nardo, Gallipoli e Bitonto171.

Un altro indizio che ci aiuta a ricostruire questo mosaico culturale e questa prolifica produzione letteraria è la decisione dei fratelli Soncino di trasferire, nel 1490, la stamperia di famiglia a Napoli172, affiancando in questo modo Azriel ben Yoseph

Gunzenhauser che fino ad allora aveva esercitato questa professione nella città Partenopea stampando numerosi volumi a carattere religioso e non solo173.

Per una breve storia delle comunità ebraiche nel Regno di Napoli ricoridamo che a partire dall'anno 1330, durante il regno di Roberto d'Angiò, gli ebrei cominiciarono ad insideriarsi e a popolare i territori dell'Italia meridionale174 a partire dalle città costiere

della Puglia, della Calabria e, naturalmente, a Napoli175.

171Cfr. A. David, Jewish Intellectual Life at the Turn-of-the-Sixteenth-Century Kingdom of Naples according to Hebrew Sources, «Materia Giudaica » 11 (2006), p. 143-151.

172Nel 1491 la stamperia dei Soncino imprimerà a Napoli il Sefer ha-Shorashim (Il libro delle radici) di David Kimhi; nel 1492 il Commento ai Pirké Avot di Maimonide nella traduzione di ibn Tibbon; sempre nel 1492 una copia del Pentateuco con un commento di Salomon ben Yicthzaq, le Megillot, le Haftarot et il rotolo di Antiochus.

173Nel 1487 Azriel ben Yoseph Gunzenhauserstamperà il Perush le-Tehillim di David Kimhi; sempre nello stesso anno verrà stampato il Libro dei Proverbi con un commento di Immanuel Romano; nel 1490 il già citato Sefer ha-Agur (cf. note 31 e 32) e il Sefer Hazon di Yaacov Baruch ben Yehudah Landau; sempre nel 1490 il Commento al Pentateuco di Nahmanide.

174A seguito delle violente persecuzioni antiebraiche dei domenicani e alla conversione forzata del 1292 .

175Su gli ebrai a Napoli cfr. G. Lacerenza,, Lo spazio dell’ebreo. Insediamenti e cultura ebraica a Napoli (secoli XV-XVI), in Integrazione ed emarginazione. Circuiti e modelli: Italia e Spagna nei secoli XV-XVIII, a cura di L. Barletta, Ist. Suor Orsola Benincasa, Napoli, 2002, pp. 357-427; G. Lacerenza La topografia storica delle giudecche di Napoli nei secoli X-XVI. in « Materia Giudaica » 11 (2006), p. 113-142 ; A David, Jewish Intellectual Life at the Turn-of-the-Sixteenth-Century Kingdom of Naples according to Hebrew Sources, «Materia Giudaica » 11 (2006), p. 143-151; D. A Abulafia, The Aragonese Kings of Naples and the Jews, in The Jews of Italy. Memory and Identity, a cura di B. D. Copeerman e B. Garvin, University Press of Maryland, 2000, p. 82-106 ; id., The Role

Come messo in evidenza da Lacerenza nel suo articolo La topografia storica delle

giudecche di Napoli nei secoli X-XVI, Napoli, tra la fine del Quattrocento e gli inizi del

Cinquecento, accoglie una rilevante presenza ebraica, tanto da determinare in un certo qual modo l'assetto urbanistico della stessa città:

[...] La presenza in tal numero di giudecche176 nel tessuto della città di

Napoli, è un dato che introduce invece ad una riflessione più attenta, anche considerando che, quasi in ogni tempo, agli ebrei è stato possibile risiedere in qualunque parte della città. La diffusione di tali residenze, verificabile non solo nella toponomastica ma anche nella documentazione d'archivio -specialmente nel tardo periodo angioino (1268-1442), ma soprattutto in quello aragonese (1442-1503) e vicegenerale- indica chiaramente il superamento (o l'impossibilità di attuare) una modalità insediativa univoca, corrispondente cioé a quella della « giudecca » in strictu sensu. Il fiorire di alcune giudecche entro l'età angioino-aragonese, con la formazioni di altre in seguito all'arrivo degli esuli nel 1492 da Spagna, Sardegna e Sicilia, suggerisce d'altronde una differenziazione socio-demografica fra la massa,"naturalmente" convogliata verso le giudecche più anguste o più antiche, e i nuclei che tendono ad inserirsi negli stessi spazi della società locale, eventualmente per censo o per prospettive di integrazione, non diversamente dal gruppo di neofiti .177

Napoli è alla fine del 1400 un centro culturale molto attivo, accanto a personaggi del of the Jews in the Cultural Life of the Aragonese Kingdom of Naples, in Gli ebrei in Sicilia dal tardoantico al medioevo. Studi in onore di Mons. B. Rocco, a cura di N. Bucaria, Flaccovio, Palermo, 1998, p. 35-53.

176Per "giudecca" si intende più in generale il quariere abitato da ebrei nel medioevo ma in questo caso è utile riportare la nota n. 7 pag. 114 dell'articolo di G. Lacerenza in « Materia Giudaica » La topografia storica delle giudecche di Napoli nei secoli X-XVI. : « Si intende, con questo [n.d.r. Giudecca in strictu sensu], il quartiere unico di una città de medioevo in cui sono concentrati, più o meno coattivamente, gli ebrei. Le inevitabili eccezioni a tale definizione o regola generale si accompagnano al fatto che non sembra esservi possibilità di accordo, né univocità, circa l'appicazione del termine « giudecca » (e delle sue varianti nei lessici locali) nei diversi contesti dell'Italia medievale e moderna. L'ovvia differenziazione rispetto alla realtà, terminologicamente e giuridicamente posteriore, di « ghetto »- realizzatasi fra la comparsa del termine, Venezia 1516, e bolla di Paolo VI Cum nimis absurdum, 1555- che apparentemente non avrebbe mai riguardato l'Italia meridionale, non rende peraltro superflua l'avvertenza che, per sé, la stessa esistenza di una o più aree residenziali specifiche, ancorché non delimitate da mura o chiuse da porte e cancelli, è comunque indice di un contesto non sereno, tendente a favorire una politica di segregazione o di emarginazione, non meno biasimevole perché autodeterminata.»

177G.. Lacerenza La topografia storica delle giudecche di Napoli nei secoli X-XVI. in « Materia Giudaica » 11 (2006), p. 114

calibro di Yehudah e David Messer Leon troviamo nella città partenopea il traduttore e grammatico Abraham di Balmes, i rabbini Jacob ben David Provenzali e Jacob Landau e molti dei più importanti rabbini spagnoli arrivati nel Regno di Napoli prima del 1492 come Abraham Hayyun, Mose ben Shem ibn Habib e Yicthzaq Mar Hayyim. Successivamente all'Espulsione del 1492 Napoli accoglierà altre grandi personalità come il filosofo ed esegeta Yicthzaq Arama e suo figlio Meir, il cabalista Yehudah Chayat, il linguista David ben Solomon ibn Yahya e i ben più noti Yicthzaq e Yehudah Abravanel.

Accanto alla vivacità intellettuale di questi autori, esponenti di una comunità ebraica ormai "allargata", proprio perché molti ebrei espulsi dalla Spagna e dal Portogallo erano stati accolti dalla comunità locale, è necessario sottolineare anche l'importanza della vita intellettuale nel Rinascimento napoletano della corte aragonese.

In ambiente umanista troviamo Gioviano Pontano178 a capo dell'Accademia di studi

fondata dal Panormita179 e frequentata da molti dei più noti letterati, filosofi e poeti

dell'ambiente napoletano, tra questi possiamo ricordare Agostino Nifo180, Michele

178Gioviano o Giovanni Pontano ( Cerreto di Spoleto 1429-Napoli 1503), umanista e poeta italiano. Dopo gli anni di studio a Perugia si trasferì presso la corte di Alfonso d'Aragona di cui divenne un segretario di Stato (1486-1495 anno in cui fronteggiò l'invasione francese di Carlo VIII) e dopo la morte del Panormita, nel 1471, divenne il capo dell'Accademia Antoniana; fu autore di numerosi trattati astrologici, letterari e morali: ricordiamo infatti tra i trattati più noti Urania (1476), Meteororum liber (1490), De rebus coelestibus (1494) che hanno come tematica centrale l'influsso delle stelle nel destino dell'uomo; tra i trattati morali possiamo ricordare il De fortitudine (1481), De prudentia (1496-1499), De fortuna (1500-1501), De principe. Ma probabilmente la sua fama ci è nato per le sue opere in versi e per le elegie d'amore in uno stile latino puro tano da poter essere considerato il più grande poeta umanista dopo Poliziano, tra le sue rime ricordiamo dunque Amores (1455-1458), Hendecasyllabi sive Baiae (1490-1500), Lepidina (1496), De hortis Hesperidum (1501), De tumulis e il De amore coniugali.

179Antonio Becardelli detto il Panormita (Palermo 1394-Napoli 1471), umanista e letterato italiano. Fondò a Napoli nel 1458 l'Accademia Antoniana inizialmente soprannominata Porticus Antoiana, chiamata poi Pontoniana in onore del suo più grande esponente il Pontano. L'opera più conosciuta del Panormita è L'Hermaphroditus scritta nel 1425 è una raccolta di epigrammi. Ricordiamo anche le Epistolae Gallicae e le Epistolae Campanae pubblicate postume nel 1474.

180Agostino Nifo (forse Sessa Aurunca, Caserta 1473-forse Salerno, 1564 ca.). Filosofo e medico, insegnò a Padova, Napoli, Bologna, Pisa, Roma e Salerno. Profondo conoscitore di Aristotele e della tradizione aristotelica di matrice averroistica è autore di numerosi commenti alle opere di Aristotele ma anche di diversi trattati filosofici: De infiniate primi motoris (1504); De immortalitate animae (1518) in cui scaglia la sua violenta polemica contro Pomponazzi; De pulchro et amore (1535); Opuscola moralia (opera postuma Parigi 1645). Le sue ultime opere come il trattato sulla bellezza e sull'amore subiscono un'influenza platonica e neoplatonica.

Marullo Tarcaniota181, Mario Equicola182 ed Egidio da Viterbo183.

Molti poeti e letterati italiani che si ispiravano al dolce stil novo, all'Arcadia e alla lirica d'amore petrarchesca facevano parte della corte aragonese, tra questi possiamo ricordare Pietro Jacopo de Jennaro184, Jacopo Sannazzaro185, Giovanni Francesco

Caracciolo186, Benedetto Garteth detto il Cariteo187. Come ricorda Eugenio Garin:

La storia delle lettere nell'Italia umanistico-rinascimentale è, d'altra parte 181Michele Marullo detto il Tarcaniota dal nome della madre (Costantinopoli 1453-Cecina 1500),

umanista e poeta di origie greca che visse in Italia a Napoli e Firenze. Ci ha lasciato due opere: quattro Hymni naturales (1497) di ispirazione lucreziana e quattro libri di Epigrammata (1497) in cui parla della dell'amora per la sua patria perduta e per la sua moglie amata.

182Mario Equicola (Alvito, Frosinone 1470- Mantova 1525), umanista e letterato italiano. Lo troviamo a Napoli e poi al servizio Isabella d'Este e Federigo Gonzaga a Mantova. Scrisse nel 1521 una Chronica di Mantua e un trattato in latino (nel 1509 ma tradotto in volgare da un suo nipote nel 1525) De natura de Amore.

183Egidio Antonini da Viterbo (Viterbo 1469- Roma 1532) umanista e filosofo. Studiò filosofia, teologia e lingue antiche presso l'Ordine degli agostiniani. Fu proprio Egidio da Viterbo a pronunciare il sermone di apertula per il Quinto Concilio Lateranense durante il pontificato di Giulio II. Nel 1497 a Roma, conseguì il magisterum in teologia, sempre sotto il pontificato di Giulio II e venne nominato nunzio apostolico per le città di Venezia e Napoli (nel 1517 diventerà cardinale sotto Leone X). La formazione di Egido da Viterbo appare molto ecclettica: sono molteplici i suoi interessi e probabilmente accanto alle speculazioni filosofiche sarà proprio la Qabbalah ad essere al centro dei suoi studi. Egidio da Viterbo completerà lo studio delle lingue antiche apprendendo oltre al latino e greco anche l'arabo l'aramaico e soprattutto l'ebraico. In gioventù durante il suo soggiorno a Padova conobbe Pico della Mirandola e in seguito ad un viaggio a Firenze fu allievo di Marsilio Ficino con il quale mantenne un lungo rapporto epistolare. Sul versante filosofico appare chiaro il suo interesse per la filosofia platonica e neoplatonica, è un profondo conoscitore di Aristotele ma ne sarà anche un grande critico. E' da sottolineare anche lo scambio epistolare con l'umanista napoletano di adozione Gioviano Pontano, il quale dedicò al giovane agostiniano il dialogo Ægidus. Accanto ai rapporti con gli umanisti e i filosofi del Rinascimento italiano non possiamo dimenticare il legame con i più grandi studiosi di ebraico. Ha rapporti infatti con Giustiniani e Galatino, con Felice da Prato (ebreo convertito all'ordine degli agostiniani e maestro di ebreaico dell'editore Daniel Bomberg ), con Abraham de Balmes (il quale dedicherà al cardinale Egidio da Viterbo il Libro della Formazione del mondo nel 1523) con Elia Levita (il quale dimorerà presso il cardinale a partire dal 1512), conobbe anche Michel ben Sabthai, Nicolaus Cameriarius ed ebbe uno stretto rapporto epistolare con Johannes Reuchlin. Per un approfondimento sul pensiero e sulla figura di Egidio da Viterbo cfr. F. Secret, Les kabbalistes chrétiens de la Renaissance, Dunod, Paris, 1964 (trad. it. I cabbalisti cristiani del Rinascimento, Arkeios, Roma, 2001); F. Secret, Le Zohar chez le kabbalistes chrétiens de la Renaissance, Le Haye, Paris, 1964; F. Secret, Notes sur Egidio da Viterbo, Institut historique Augustinien, Heverlée, 1965; Istituto Agostiniano, Egidio da Viterbo o.s.a. e il suo tempo : atti del 5. Convegno dell'Istituto storico agostiniano : Roma, Viterbo, 20-23 ottobre 1982, Analecta Augustiniana, Roma, 1983; Aa.Vv., Guglielmo Raimondo Moncada, alias Flavio Mitridate: un ebreo converso siciliano : atti del Convegno internazionale, Caltabellotta (Agrigento), 23-24 ottobre 2004, a cura di Mauro Perani, Officina di sudi medievali, Palermo, 2008.

184Pietro Jacopo de Jennaro (Napoli 1436-1508) poeta e umanista, appartente alla corte aragonese e membro dell'Accademia Pontaniana. Il suo Canzoniere, è espressione di un'indubbia preparazione letteraria e umanistica, una lingua letteraria ricercata che prenda le distanze dalla koinè locale e trasmetta l'immagine di un poeta perfettamente integrato nella vita di corte dell'epoca. La raccolta, completata attorno al 1486, comprende testi risalenti fino al 1464. Sono giunti anche sette lettere, nove barzellette e due strambotti di tono popolareggiante e satirico.

185Jacopo Sannazaro (Napoli 1455-1530) poeta italiano, fu membro dell'Accademia Pontaniana con il nome di Actius Syncerus. La sua più importante opera è un romanzo pastorale scritto in volgare L'Arcadia scritto tra il 1480 e il 1481 ma pubblicato nel 1504, il poema si compone di dodici egloghe in stile classico con forti richiami alla letteratura latina classica -ovvero Teocrito, Virgilio e Ovidio- e

una storia legata alle sue città e alle sue corti, anche se non sempre necessariamente cortigiana, intessuta di contrasti e di incontri fra popolo e signori, intrecciata di armonie e conflitti fra volgare e latino, fra poesia, produzione dotta, ricercatezze erudite. Napoli, alla corte aragonese accoglie Gioviano (Giovanni) Pontano (1426-1503), fine umanista nel latino elegante dei suoi poemi astrologici, dei suoi carmi d'amore e di gioie familiari, dei suoi dialoghi morali, dei suoi trattati. L'aveva introdotto Antonio Beccadelli (Il Panormita: 1394-1471), il sensuale autore degli epigrammi di cui compose l'Ermaphroditus. A Napoli dimorò qualche tempo il greco Michele Marullo (1453-1500), cavaliere e poeta della natura. Vi nacque e vi operò Jacopo Sannazzaro (1455-1530), il cui romanzo pastorale in italiano L'Arcadia, di dodici egloghe e dodici prose, fitto di reminiscenze classiche (Teocrito,Virgilio, Ovidio), impose una moda all'Europa intera.188

Il Porticus Antoniana istuita nel 1458 fu la prima Accademia fondata in Italia - ben diciotto anni prima dell'Accademia fiorentina voluta da Cosimo dei Medici e di quella di Roma del cardinale Bessarione - ma non fu riconosciuta come tale poiché la prima Accademia a portare questo nome fu quella di Firenze. Ma è proprio il Pontano nella prefazione al suo trattato il De prudentia a spiegarne il motivo: « ne Lyceum tamen appellaremus, tanti viri memoria nos deterruit, quodque etsi nequaquam in Academia » ovvero la decisione di chiamare la scuola Porticus e non liceo nè accadema è per il profondo rispetto verso gli antichi, in particolare verso Aristotele e Platone, anche se in effetti nella quotidianità il Porticus è stato da subito ribattezzato con il titolo di Accademia Pontaniana. Nei primi anni della formazione, i membri dell'accademia mettevano al centro delle loro speculazioni l'amore per l'antichità e per la letteratura di poesia trecentesca – i cui poeti di riferimento sono Petrarca e Boccaccio. Per la corte aragonese compose anche dei poemi satirici e burleschi in toni popolari i Gliuommeri (Gomitoli) , Cimque Eclogae piscatorie (per esaltare la bellezza del Golfo di Napoli), tre libri di Epigrammi e tre di Elegie.

186Giovanni Francesco Caracciolo ( Napoli 1437 ca-1506) poeta italiano. Fu uno dei maaggiori esponenti dell'Accademia pontaniana, scrisse un imponente canzoniere prendendo come autore di riferimento Petrarca, la cui edizione fu curata da Geronimo Carbone nel 1506.

187Benedetto Gareth detto il Cariteo (Barcellona 1450 ca.- Napoli 1514) poeta italiano di origine spagnola membro dell'Accademia pontaniana e al servizio della corte aragonese. La sua più importante opera è un canzoniere intitolato Endimione, scritto nel 1506, le sue poesie e canzoni ricalcano il lirismo e la poetica del Petrarca, ma non mancano dei dotti riferimenti all'elegia e alla poesia latina di Virgilio, Lucrezio e Ovidio.

classica -soprattutto greca e latina, fino ad arrivare al dolce stilnovo-, come è infatti ampliamente dimostrato dalle produzioni letterarie dei pensatori che aderirono al circolo della famiglia aragonese. Anche la filosofia e la questione morale animava i dibattiti del Porticus, accanto all'impostazione prettamente aristotelica alcuni dei membri dell'accademia abbracciarono il pensiero platonico e neoplatonico interessandosi anche di astrologia (di cui proprio Giovino Pontano fu il maggiore interprete)

Il Cardinale Bessarione scrisse perciò la sua versione latina della metafisica di Aristotele, Leonardo Bruni detto l'Aretino quella della politica dello stesso Aristotele, Giovanni Poggio Bracciolini l'altra della Ciropedia, Antonio Casarino voltò dal greco la politica di Platone, Giannozzo Mannetti dall'ebraico il Salterio, dal greco le Isagoge di Porfirio ed il libro delle Categorie di Aristotele, e poi scrisse le opere De dignitate

et excellentia hominis – De terremotu - De recta interpretatione.

Francesco Filelfo compose le sue satire, Giacomo Curulo il suo compendio di Donato in Terentium, ed il suo Comento alle opere di Strabone, Giuniano Maggio il Libro De priscorum proprietate verborum, ed altri, altre opere riputatissime189

L'umanismo napoletano seppur spesso considerato dagli storici della letteratura e del pensiero una corrente di "nicchia" - rispetto ai movimenti letterari e filosofici della penisola italiana e più in generale dell'Europa - nell'ultimo decennio del Quattrocento rappresenta decisamente uno degli ambienti più fecondi del Rinascimento; con molta probabilità anche alcuni ebrei italiani e non, sono venuti a contatto con i membri dell'Accademia Pontoniana, sia per l'interesse della lingua ebraica dimostrato in parte degli autori cristiani aderenti al Porticus che per il pensiero filosofico tout court. A riprova di questo scambio fecondo tra questi due ambienti possiamo addurre come testimonianza le parole dello stesso Yehudah Abravanel che nella sua opera, il

Lamento sul Tempo, citerebbe implicitamente le accademie italiane -sia quella

fiorentina ma soprattutto quella napoletana- affermando però di non aver trovato dei validi interlocutori190:

189C. M. Tallarico, Giovanni Pontano e i suoi tempi, Corradetti, San Severino Marche, 1859, pp. 118- 119.

«I miei pensieri erano difficili a capirsi

e i sapiendi di Edom191 erano ai miei occhi come cavellette:

sono andato nelle loro scuole

e non c'è stato nessuno che potesse paragonarsi a me »192

Probabilemente in quegli stessi anni anche David Messer Leon si trova a Napoli e la sua opera Shevach ha-Nashim, Lode delle Donne , si può ascrivere proprio a questo periodo.

Ma l'unica testimonianza certa del soggiorno di David Messer Leon sotto il Regno di Ferrante I, è la firma di una haskamah193 che appare nel codice halachico Sefer ha- Agur di Jacob Landau pubblicato a Napoli nel 1492. Con sicurezza dunque possiamo

affermare che nel periodo napoletano David partecipa attivamente alla vita della comunità e soprattutto ai dibattiti e alle controversie rabbiniche del tempo. Indubbiamente la posizione paterna, come quella del rabbino Landau, si distingue per una forte influenza ashkenazita e il Sefer ha-Agur diviene, in un certo qual modo, un'opera vicino al pensiero e alla tradizione degli ashlenaziti nel tentativo di indebolire il potere delle comunità Sefardite all'interno della comunità di Napoli.

È nello stesso anno della pubblicazione del libro di Landau che la situazione politica del Regno di Napoli comincia a divenire più instabile, così come la permanenza degli ebrei nel territorio. La morte di Ferrante I, nel Febbraio del 1494, è cagione di una vera e propria crisi politica e un'estenuante lotta per la successione: la casata degli Angiovini prenderà infine il potere sul Regno di Napoli sconfiggendo gli Aragonesi. Carlo VIII, incoraggiato da Ludovico Sforza già Duca di Milano e acerrimo rivale di Ferrante I, nel settembre 1494 invade il Regno di Napoli; molti tra i più importanti intellettuali dell'epoca -tra i quali Pontano- accolsero favorevolmente le truppe di Carlo VIII passando repentinamente dalla fazione aragonese a quella angioina.194

Veltri, Cultural Intermediaries: Jewish Intellectual in Early Modern Italy , University of Pennsylavania Press, Philadelphia, 2004, pag. 61 : «If we look at the Jewish and Christian testimonies on Leone [...] we are surpresed that there are no Christian writers interested specifically in Leone's philosophy .»; e lo studio di A. Guidi, Amour et Sagesse. Les Dialogues d'amour de Juda Abravanel dans la tradition salomonienne, Brill, Leiden, 2011.

191Ovvero i sapienti Crisitiani.