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Il Ritratto dei coniugi Arnolfin

Nel documento Il quadro nel quadro (pagine 163-174)

Il quadro cancellato

COMMENTO TRADUZIONE

2. Jan Van Eyck e Il Ritratto dei coniugi Arnolfin

2.3 Il Ritratto dei coniugi Arnolfin

Il titolo del dipinto attuale recita: «Ritratto di Giovanni (?) Arnolfini e di sua moglie» («Portrait of Giovanni (?) Arnolfini and his wife»). È altresì noto come «Matrimonio Arnolfini» («The Arnolfini Marriage») o «coniugi Arnolfini». Conservato nella sala 56 della National Gallery, misura una superficie dipinta pari a 82,2x60. La tecnica pittorica è olio su tavola di quercia, ripulito nel 1942-1943, si trova in ottimo stato (a parte alcuni lievi deterioramenti di colore riscontrati da L. Campbell). Ma come afferma Marco Paoli:

«tale ottimo stato dell’opera fa ritenere che la perdita degli sportelli marmorizzati, attestati ancora nel 1700 ca. (inventario della collezione di pitture del palazzo reale di Madrid: «dos puerttas que se Zierran»), e della cornice con l’iscrizione dei versi ovidiani non sia dovuta ad eventi critici o al deterioramento del tempo, ma a circostanze legate all’acquisizione quasi certamente non lecita del dipinto da parte di James Hay, ufficiale scozzese impegnato nelle campagne contro Napoleone; per cui è possibile che il pannello […] sia stato alleggerito delle sovrastrutture lignee

che potevano difficoltarne il trasporto».2

Il Ritratto dei coniugi Arnolfini (Fig. 20) di Jan Van Eyck rappresenta uno dei dipinti a olio più illustri e virtuosi che vi siano al mondo. Il quadro, tuttora appare dal significato controverso per alcuni critici, ma tutti concordano sostanzialmente sul dato di fatto che si tratti del giuramento di matrimonio dei due Arnolfini, cioè Giovanni Arnolfini, mercante italiano recatosi nelle Fiandre per affari e la moglie Giovanna Cenami, a sua volta figlia di un mercante italiano. Secondo alcuni studiosi, il ritratto con il giuramento avrebbe testimoniato e suggellato l’impegno assunto dall’uomo, come oggi

2 PAOLI M. (2010), “Jan Van Eyck alla conquista della rosa. Il Matrimonio Arnolfini della National

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(Fig. 21) Johannes de Eyck fuit hic, dettaglio.

Potrebbe accadere con una fotografia. Lo stesso fatto di rappresentarli accanto al talamo nuziale allude alla loro unione in matrimonio, finalizzata alla procreazione.

Questo spiegherebbe la firma (Fig. 21) insolita in latino: «Johannes de Eyck fuit hic» (Jan Van Eyck è stato qui) ma l’opera si presta a una duplice lettura. A prima vista, impressiona il suo realismo, infatti, gli sposi hanno volti giovanili ma intensi per la solennità del momento, i loro abiti appaiono sfarzosi e la mano destra della donna è abbandonata in quella del marito. I dettagli del dipinto sono perfetti: il tappeto, il cagnolino (Fig. 23) ai piedi dei protagonisti, gli zoccoli (Fig. 26), le arance (Fig. 27, nei paesi nordici si dipingeva un’arancia al posto della mela, simbolo del peccato originale), l’unico lume ancora vivo del candeliere (Fig. 24), il rosario, la spazzola (Fig.

25), la probabile mattinata primaverile che s’intravede dalla finestra e

soprattutto lo specchio (Fig. 22), con delle scene miniaturizzate della passione e della resurrezione). In esso scorgiamo il riflesso dei due testimoni raffigurati da tergo che, posti nella stessa posizione dell’osservatore, che fu

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(Fig. 22) Lo specchio convesso, dettaglio.

una prospettiva maggiormente complessa l’ambientazione del quadro. Lo specchio convesso, caratteristica saliente di quest’opera, propone quasi un’idea della pittura intesa come duplicazione della realtà, nonostante la deformazione ottica arricchisca il quadro di un nuovo punto di vista,

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permettendoci di vedere la stanza con gli sposi anche da tergo e di scoprire le figure che li stanno osservando, presumibilmente il pittore e un altro testimone. Molti dei particolari che si prestano a una chiave di lettura simbolica, saranno trattati da Marco Paoli, per esempio, nel capitolo del suo saggio intitolato “La questione dei simboli mascherati”.

Il dipinto assolutamente complesso ed enigmatico è stato oggetto di numerosi studi e di varie interpretazioni, alimentando una fama misteriosa intrisa di domande ancora irrisolte. Innanzitutto, il dettaglio dello specchio, che per la prima volta nella storia dell’arte mostra il retro di un dipinto, copiato anche da Velázquez in Las Meninas. Le ultime ricerche della National Gallery di Londra (radiografie, infrarossi…) dimostrano che quasi tutti gli oggetti rappresentati dal pittore furono aggiunti dopo aver creato la scena principale.

Esaminando con maggior attenzione i dettagli, ci si accorge che Jan Van Eyck dipinse Giovanni Arnolfini anche in un altro ritratto (Musei statali di Berlino, 1435) mentre Giovanna Cenami posa la mano sul ventre, messo in evidenza dall’arricciatura sotto il seno che non indica una gravidanza ma è un simbolo di fertilità, con lo sguardo sottomesso e umile a indicare l’autorità del marito. Il vestito della sposa è un abito alla moda, guarnito di pelliccia e arricciature e che le donne fiamminghe amano molto per ornare i veli. L’acconciatura è elaborata ed è coperta da un velo merlato, con una collana, vari anelli e una cintura broccata d’oro. Il colore verde all’epoca simboleggiava la fertilità, il gesto di Giovanna Cenami è un rituale, non significa che è gravida ma allude a una promessa futura di fertilità, messa in rilievo dalla posizione della cintura che è molto alta, dalla piega del tessuto e dalla posizione del corpo. Giovanni Arnolfini, invece, indossa una tunica

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(Fig. 23) Il cagnolino, dettaglio.

scura e austera, coperta da un mantello con le falde foderate di pelliccia di marmotta, molto costosa. Il cappello a larghe tese è simbolo dell’occasione solenne ma è anche un “trucco” per evidenziare maggiormente il volto del personaggio, che spicca incorniciato e inondato dalla luce tenue.

Gli elementi della scena sono caratterizzati dalla ricchezza, con il tappeto molto lussuoso che fornisce un’altra prova della posizione economica e

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sociale del protagonista. Le ciliegie sull’albero (Fig. 28) fuori dalla finestra sono simbolo d’amore, mentre i vetri delle finestre stesse potevano permetterseli solo le famiglie più benestanti, poiché erano costosissimi. Il tappeto vicino al letto (accanto agli zoccoli di Giovanna Cenami, Fig. 29) è molto lussuoso, altro segno incontestabile del benessere della coppia. Gli zoccoli sul pavimento indicano che i personaggi sono scalzi, poiché in quel tempo si credeva che andare a piedi nudi fosse un segno di rispetto per la sacralità del suolo familiare, luogo della vita coniugale. È importante però anche la loro disposizione sul pavimento: quelli rossi della moglie si trovano vicino al letto, mentre quelli di suo marito, sono più vicini al mondo dell’osservatore. Il cane appare come una nota alquanto frivola in un quadro dal tema importante; esso simboleggia la fedeltà ma si può interpretare anche come emblema della lussuria e desiderio della coppia di avere un bambino. Incredibile con quanta meticolosità siano stati dipinti i peli del manto del cane.

Le mani congiunte dei due protagonisti indicano il giuramento degli sposi prima di presentarsi al sacerdote, che aveva valore legale, ma richiedeva la presenza di due testimoni. Proprio per questo motivo, più che a un matrimonio, il dipinto alluderebbe al momento del fidanzamento. La conferma di tutto ciò c’è data soprattutto dalla firma dell’artista, più simile nella forma e disposizione a una testimonianza notarile, piuttosto che a una firma di un’opera d’arte. L’opera appare come uno scatto di un momento, una fotografia. Sulla testiera del letto, Van Eyck dipinse una donna intagliata con un dragone ai suoi piedi, probabile rappresentazione di Santa Margherita, protettrice delle partorienti, il cui attributo è il drago. Considerando però la spazzola appesa a fianco del fregio, potrebbe trattarsi di santa Marta, patrona del focolare con cui condivide lo stesso attributo.

Gli studiosi hanno scritto anche di un possibile esorcismo o di una cerimonia, molto comuni all’epoca, per recuperare la fertilità (Arnolfini e la moglie non ebbero figli): ciò spiegherebbe la piccola scultura lignea (Fig. 25)

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(Fig. 24) Il candeliere, dettaglio.

Sorridente dietro le mani dei protagonisti, a simboleggiare il male che incombe sul matrimonio, la causa della sua punizione. Giovanni Arnolfini poteva essere un donnaiolo o un adultero. Non sarà di quest’idea Marco Paoli. Il candeliere a sei braccia con una sola candela accesa è simbolo della fiamma dell’amore e ricorda quella che brilla in modo permanente nel sacrario delle chiese, simbolo del “Cristo che tutto vede”. Inoltre, era abitudine nelle case fiamminghe accendere una candela il primo giorno delle nozze e questi oggetti compaiono anche nei dipinti dell’Annunciazione. Il rosario era il regalo comune del fidanzato alla moglie e lo vediamo appeso accanto allo specchio. Il vetro è segno di purezza e il rosario invita la fidanzata a essere fedele. L’opera, datata 1434, è firmata: «Johannes de Eyck fuit hic».

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(Fig. 25) Spazzola e scultura lignea, dettaglio.

spesso si potevano trovare vicino le porte o le finestre per creare degli effetti luminosi nelle stanze e per allontanare la sfortuna. La sua presenza all’interno del dipinto, racchiuso da una cornice particolare, allude all’interpretazione dell’avvenimento della coppia che dev’essere cristiana e spirituale in egual misura. Le storie della passione raffigurate attorno allo specchio erano anche un esempio quotidiano della sopportazione e delle tribolazioni cristiane. Il vetro dello specchio allude alla verginità di Maria, poiché speculum sine

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(Fig. 26) Zoccoli dell’uomo, dettaglio.

Che doveva rimanere casta durante il matrimonio. Il riflesso dello specchio è particolare, infatti, vediamo due persone sulla porta che osservano la coppia, una delle quali potrebbe essere il pittore stesso. Questo fatto significherebbe che i testimoni necessari per il matrimonio legale erano presenti.

Pertanto, il dipinto appariva rilevante non solo per la miriade di simboli, ma anche perché nel 1990 un ricercatore francese della Sorbona, Jacques

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(Fig. 27) Le arance, dettaglio.

Paviot, scoprì nell’archivio di Lille che Giovanni Arnolfini e Giovanna Cenami si erano sposati nel 1447, cioè sei anni dopo la morte di Jan Van Eyck e quindi non potevano essere identificati con i personaggi del quadro.

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2.4 Jan Van Eyck’s Arnolfini Portrait di Erwin Panosfky

Nel documento Il quadro nel quadro (pagine 163-174)