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Il significato di Las Meninas

Nel documento Il quadro nel quadro (pagine 138-148)

Il quadro cancellato

COMMENTO TRADUZIONE

1. Diego Velázquez e Las Meninas 1 Il contesto

1.6 Il significato di Las Meninas

Un altro tipo di specchio ci mostra il luogo figurativo racchiuso nella cornice e che amplia lo spazio contenuto all’interno dell’immagine. Nel dipinto di Quentin Metsys intitolato il Cambiavalute con la moglie (Fig. 12, Louvre, 1514) e che J. Gállego descrive nel capitolo Lo specchio nello

specchio, vediamo una coppia intenta a soppesare con meticolosa cura del

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(Fig. 12) Cambiavalute con la moglie (Metsys, Louvre – Parigi, 1514).

cui devono individuare il valore. A prima vista, tutto appare normale, fintanto che non ci accorgiamo di un elemento piccolissimo posto sulla scrivania dei nostri personaggi. Si tratta di uno specchio convesso che può facilmente sfuggire all’attenzione e che rimanda a una descrizione imprevista: lo specchio ci mostra il volto preoccupato di un uomo che aspetta, ansioso, una risposta dal cambiavalute, sullo sfondo di una grande finestra. In questo

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contesto, è presente una cesura tra lo spazio raffigurato sul quadro e quello nel quale viviamo, che potremo chiamare rispettivamente primario e

secondario. Pertanto, tratteremo la “riflessione” esterna al quadro, racchiuso

nella cornice, come un elemento che non vuole infrangere ma solo ampliare lo spazio (riflessione accidentalmente esterna o ontologicamente interna). Un’opera che Velázquez conosceva bene e che rimanda al concetto appena illustrato, è il ritratto dei coniugi Arnolfini (National Gallery, Londra, 1434) di Jan Van Eyck, in cui lo specchio allude a un qualcosa che non può trovarsi nello spazio figurativo, poiché per sua natura non vi appartiene.

In Las Meninas, Velázquez ha collocato lo specchio con il ritratto della coppia reale, al centro del gruppo dei personaggi raffigurati; attorno ad esso, gravitano le attività dei cortigiani, governati dal comportamento esemplare del re e della regina. L’Infanta Margherita ha la testa voltata verso il punto di proiezione del quadro, come fosse un’immagine a doppio senso: essa è fisicamente, il riflesso naturale dei suoi genitori che sono posti dietro di lei, a mirarla e governarla (come l’immagine dei suoi genitori nello specchio, rappresenta il riflesso naturale del loro ritratto). L’Infanta Margherita, pertanto, è raffigurata educata nello studio dell’artista, plasmata in un’immagine retta dallo specchio regale, che diverrà lo «specchio di una principessa».

Che cosa raffigura, dunque, Las Meninas?

La risposta potrebbe essere: un pittore dipinge un quadro, a una bambina è offerto un bicchiere d’acqua, un uomo e una donna parlano, un signore dopo aver aperto la porta, sta per abbandonare la sala, salendo dei gradini che s’intravedono nel vano della porta, mentre, un cane è sdraiato a guardarci e altri personaggi sono in piedi, sul lato destro del dipinto. Palomino, indubbiamente, ha ragione: il quadro rappresenta l’Infanta, ma simboleggia qualcosa di diverso dal semplice ritratto di una bambina. Las Meninas è un’opera che inneggia sia all’essere dell’Infanta sia alla sua educazione. L’ambientamento della tela nello studio dell’artista è garante, come nessun

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altro contesto avrebbe potuto esplicare, della collocazione intellettuale del dipinto, il suo soggetto e il luogo del suo argomento. Questo studio è il luogo consacrato alla formazione dell’uomo, all’esercizio artistico e alla sua esposizione. Las Meninas diventa, di conseguenza, un manuale per l’educazione della principessa, cioè, uno specchio della principessa. Se davvero si vuol dire che il quadro racconta qualcosa, dobbiamo rammentare che l’evento particolare cui Velázquez dà voce, attraverso una sorta d’istantanea, è l’evento in cui la realtà si fa quadro. A questo proposito, per J. Snyder e T. Cohen, non sembra possibile che lo specchio rifletta la coppia regale e questo è impossibile, se supponiamo che il re e la regina si trovino di fronte al piano del quadro. Il riflesso dell’immagine deve avere origine dalla porzione centrale della tela alla quale il Velázquez rappresentato sta lavorando. Per determinare la sorgente dell’immagine riflessa, dobbiamo utilizzare un sillogismo geometrico relativamente semplice. Immaginiamo di camminare nella sala dipinta guardando lo specchio, con lo scopo di vedervi comparire, da un istante all’altro, l’immagine riflessa di qualcuno che si trova nel punto da cui fu proiettata la scena dipinta di Las Meninas. Snyder e Cohen affermano che il problema può essere risolto dal punto di vista geometrico, stabilendo i confini dell’area da cui ebbe origine l’immagine riflessa. Nel primo caso, nessun oggetto a destra della tela rappresentata nel quadro può essere riflesso nello specchio, qualsiasi distanza sia riferita al punto di vista. La geometria del secondo caso, presenta la sorgente dell’immagine riflessa, collocata a sinistra della tela raffigurata, utilizzando la stima delle dimensioni della tela di Searle. Egli, infatti, nel suo saggio Las Meninas e i paradossi

della rappresentazione pittorica, si domanda sulla tela di Velázquez: «Ma che tipo di quadro sta dipingendo? Secondo l’interpretazione canonica egli starebbe dipingendo una raffigurazione al naturale di ciò che noi vediamo nello specchio, ma c’è un’obiezione che mi sembra abbastanza convincente. La tela su cui il pittore lavora è troppo grande per un soggetto del genere, essendo di ca. tre metri per due e mezzo […]. Io penso che il pittore

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stia dipingendo la scena che osserviamo noi, cioè Las Meninas di Velázquez».12

Per quanto concerne la domanda, Snyder e Cohen rispondono alla questione di Searle, scrivendo che il fatto che la tela raffigurata possa rappresentare il re e la regina è un’idea «ingegnosa e stimolante». A questo proposito, però, nessun particolare del dipinto conferma o discute quest’ipotesi, ma alla domanda di Searle, si può rispondere in modo formale e pragmatico. Se la sorgente dell’immagine riflessa si trova sulla tela (Searle non è di questo parere, poiché dice che il riflesso provenga dalla presenza reale dei regnanti all’esterno del quadro) e se dietro la tela, a destra di Velázquez, non si cela nient’altro che possa aggiungersi come elemento riflesso nello specchio, la sorgente dell’immagine riflessa dello specchio, dev’essere, indubbiamente, una parte della tela stessa.

Potrebbe essere così se il soggetto della tela su cui sta lavorando l’artista, fosse Las Meninas? Lo specchio del dipinto reale potrebbe riflettere un ipotetico specchio presente in Las Meninas, all’interno della tela di Velázquez? Se la classica immagine speculare rovescia la destra e la sinistra, quindi, la tela invisibile Las Meninas, dovrebbe essere Las Meninas con i suoi elementi speculari rovesciati. Searle crede che la sorgente dell’immagine riflessa siano il re e la regina stessi, ma Snyder e Cohen la collocano (formalmente) nella tela raffigurata da tergo contenuta all’interno di Las

Meninas.

A questo riguardo, il punto di vista del quadro fu fissato a una distanza ideale di poco più di tre metri e mezzo dal dipinto. Il punto cardine della sorgente dell’immagine riflessa, quindi, secondo i critici statunitensi, si troverebbe a destra del centro della tela, da cui Velázquez emerge e confluente proprio nel vano della porta dove si trova J. Nieto Velázquez. I sostenitori del critico Searle dovrebbero innanzitutto dimostrare che Snyder e Cohen sbagliano a porre il punto di fuga nel vano della porta e, poi, dimostrare che esso si trova

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nello specchio.

Si può provare a negare che la sala sia un rettangolo regolare? Supponiamo che lo studio del pittore abbia una forma strana e che la linea che unisce il soffitto alla parete di destra e la linea della modanatura sottostante, non siano né rettilinee né realmente parallele tra loro. Il punto d’incontro delle linee non sarebbe, di conseguenza, il punto di fuga del quadro. Che cosa accadrebbe, quindi? Niente d’importante, ma Snyder e Cohen si troverebbero impossibilitati a stabilire il punto di fuga del quadro, stessa cosa varrebbe per chiunque altro, compresi Searle e Foucault. L’assunto che il quadro sia una proiezione corretta di una sala irregolare, non può essere giustificato dal quadro stesso.

Se il punto di fuga, invece, si trovasse nello specchio? Supponiamo che esso coincida con l’occhio destro del re. Tracciamo un «ventaglio» di ortogonali, partendo dall’occhio del monarca, lungo il pavimento, le pareti e il soffitto. Nessuna di queste ortogonali coinciderà con le linee tracciate da Velázquez. Egli non ci ha soltanto tratti in inganno, ma ha scombussolato completamente gli assiomi della rappresentazione. Snyder e Cohen affermano che non si tratta né di una rappresentazione classica né moderna, ma di un’assurdità.

Las Meninas indica la presenza del re e la regina, nell’area subito dinanzi al

quadro e questo dato oggettivo è confermato da quasi tutti i critici. Questa è la spiegazione plausibile degli sguardi delle figure rivolti verso l’esterno, alcuni dei quali deferenti. La soluzione pragmatica dell’enigma consiste nel collocare il re e la regina da qualche parte, davanti al piano verticale del quadro.

Ma quanto è importante il punto di vista? Esso è una funzione del dipinto, non del suo aspetto e non è necessario calcolarlo geometricamente. L’analisi di Searle dipende completamente dalla localizzazione del punto di vista. J. Ruskin è stato molto chiaro in proposito:

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pezzo di vetro disposto verticalmente (Se il vetro non fosse verticale ma inclinato, si

potrebbe ancora disegnare gli oggetti su di esso, ma la loro prospettiva sarebbe diversa. La prospettiva, come la si insegna comunemente, è sempre calcolata per un quadro verticale) su cui sono stati disegnati gli oggetti visti attraverso la lastra. La

prospettiva dev’essere perciò necessariamente del tutto corretta, essendo calcolata per una posizione fissa dell’occhio dell’osservatore; né apparirà ingannevolmente corretta se viene vista da punti diversi da quello per il quale è calcolata. L’abitudine, però, ci permette di percepire la correttezza dell’opera usando entrambi gli occhi, e di accontentarci di questa percezione approssimativa, anche se ci troviamo a qualche

distanza dal punto in relazione al quale la prospettiva è stata determinata».13

Un osservatore può guardare un dipinto da vari punti di vista e poi scegliere la posizione che più gli piace. Un quadro costruito prospetticamente a regola d’arte (come, per esempio, Las Meninas) dev’essere proiettato da un unico punto di vista, che determina gli «aspetti» degli oggetti rappresentati e le loro relazioni spaziali, così come afferma Searle. Non possiamo collocarci solamente in un punto del piano del quadro, per dare un’essenza alla rappresentazione pittorica e non è necessario guardare l’opera precisamente dal punto di fuga. Non contempliamo un dipinto con uno sguardo scientifico e meticoloso e la nostra percezione spaziale, non c’induce a osservare un quadro, ponendoci esattamente nel punto di vista. Questo è l’errore compiuto da Searle e Foucault.

Las Meninas, per il primo, rappresenta un paradosso autoreferenziale, mentre, per il secondo, una visione pura e incondizionata, in quanto tale. L’intento di Velázquez è stato quello di illuderci, di modo che, a un primo sguardo, vedessimo nello specchio l’immagine dei sovrani riflessi e in seguito, ci rendessimo conto che non può essere così? Uno dei quadri appesi in fondo alla parete, precisamente, quello del mito di Aracne, rappresenta l’emblema della geometria. Essa, infatti, era maestra nell’arte della tessitura,

13 RUSKIN J. (1859), The Elements of Perspective with Notes on its Theory and Practice and on the

Proper Shapes of Pictures and Engravings, George Allen & Sons, Londra, 1910, pp. 3-4. (Tr. It. Di

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ma volle prevaricare e rompere una delicata armonia, giungendo addirittura a competere con Atena, la quale la punì, trasformandola in un ragno.

Las Meninas, secondo Snyder e Cohen, rappresenta un dipinto

autocelebrante, poiché Velázquez, che è un pittore dotato, rivaleggia con la natura. Velázquez vuole (sperando che lo spettatore comprenda il suo gesto) che lo specchio rifletta la scena invisibile dipinta sulla tela del quadro. L’immagine dello specchio, infatti, sembra riflettere quella del re e la regina, ma fa qualcosa di più: lo specchio supera la natura. L’immagine che si vede riflessa, dunque, che cos’è? Certamente, è la sua arte.

Sotto l’egida dei suoi sovrani ordinati da Dio, sotto lo sguardo perenne di Apollo e Atena, Velázquez celebra esultante la sua maestria artistica e consiglia a Filippo IV e a Marianna d’Austria, di non vivere come il riflesso di una vita irreale, piuttosto, di credere sempre fedelmente nella visione realistica e introspettiva del suo “suddito”.

Leo Steinberg affermò che lo specchio di Velázquez unisce due elementi fondamentali: esso rivela l’identità di ciò che la coppia reale vede dal suo punto di vista e che noi osserviamo dal nostro, a garanzia del capolavoro dipinto sulla tela e che nessun altro specchio potrà mai superare. L’ideologia seicentesca dell’elogio della pittura e della sua capacità di mimesi, non ci mostra Las Meninas come un quadro convenzionale. Il quadro induce lo spettatore ad una sorta di accentuazione della coscienza, stimolando l’occhio ad applicarsi secondo degli «atti multipli intensificati di percezione». Steinberg vede nell’opera varie sfumature di luce che modificano le porzioni della materia. La maggior parte dello spazio raffigurato è appena visibile ed è strettamente connesso alla per-spectiva (la forma latina utilizzata in alternativa a prospectiva), cioè, al «guardare attraverso». Secondo il critico, non esiste alcun dipinto così strutturale, in cui le linee prospettiche reggano l’armatura celata del disegno, nessun dipinto in cui i personaggi siano raggruppati e raccolti gerarchicamente, secondo ciò che vedono con il proprio sguardo.

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Las Meninas è un’opera incredibile che si comporta allo stesso modo di una

presenza viva e reale. Essa non è una scena incorniciata, uno spazio illusorio o un evento simulato, anche se il dipinto è tutto questo. Il quadro favorisce l’incontro dell’autore-spettatore e come in qualsiasi incontro vitale, l’opera d’arte diviene il polo «dell’autoriconoscimento reciproco».

«Se il quadro parlasse invece di esibire le sue forme e i suoi colori, direbbe: Vedo che mi vedi, e vedo in te me stesso visto, vedo che tu vedi te stesso visto, e così via oltre gli ambiti della grammatica. Noi siamo specchi messi l’uno di fronte all’altro, sé polari che riflettono senza fine l’uno la coscienza dell’altro: un infinito proiettato non nel mondo esterno ma nella mente che sa e che si sa saputa. Lo specchio all’interno del dipinto ne è semplicemente l’emblema centrale, un segno per il tutto.

Las Meninas è nella sua interezza una metafora, uno specchio della coscienza».14

14 STEINBERG L. (1981), Las Meninas di Velázquez. In Nova (1997), Velázquez, Foucault e l’enigma

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(Fig. 13) Uomo con il turbante (probabile autoritratto di Jan van Eyck. National Gallery – Londra, 1433.

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