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5. La liberazione e la morte

5.1 Una rivolta di tutta la città?

Il papa rimase prigioniero dei suoi nemici fino alla mattina di lunedì 9 settembre 1303. È difficile sapere cosa successe la domenica precedente. Le fonti parlano di tensioni tra il gruppo di assalitori, nonché tra questi ultimi e la popolazione di Anagni. Guglielmo Hundleby sostiene che tra Sciarra e gli altri capi ribelli sarebbe sorta una forte discussione sul destino del papa. Il Colonna avrebbe voluto ucciderlo, mentre Nogaret premeva per portarlo sano e salvo in Francia.

Sempre secondo il procuratore inglese, venuta a conoscenza delle in- tenzioni di Sciarra, la popolazione di Anagni si sarebbe riunita alle nove del mattino in un luogo segreto, all’oscuro del capitano del popolo, Adi- nolfo de Papa, e degli altri nemici di Bonifacio VIII. Corse il timore tra gli astanti che l’idea di Sciarra prevalesse. Sarebbe stata un’onta difficile da lavare: tutto il mondo avrebbe ricordato Anagni come la città in cui un papa era stato assassinato. L’intera Cristianità si sarebbe rivoltata contro il piccolo centro laziale e lo avrebbe distrutto. Per questo motivo, alcuni proposero l’idea di liberare Bonifacio VIII e i suoi consanguinei, e di porli sotto la loro custodia. Se le guardie di Sciarra non avessero accettato di arrendersi, sarebbero state eliminate. Così deciso, la popolazione sarebbe passata all’azione e avrebbe liberato i prigionieri, cacciando gli oppositori. Interim vero tractabatur per Thayram et suos, quando vellent ipsum papam morti tra- dere vel ipsum vivum ad regem Francie transmittere. Audiens populus Anagnie, sive communitas ville, quod papa morti traderetur, ipsa communitas ville Anagnie fecit quamdam congregacionem pro se in secreto loco, ignorantibus capitaneo, Thaira et aliis custodibus pape. Que quidem congregacio sic facta a communitate Anagnie facta fuit in crastino nat. beate Marie circa horam tertiam. In illa vero congregacione inter se dixerunt qui venerant: «Licet papa multa mala fecerit in hac vita, non tamen licet eum occidere in civitate ista quia, si interficiatur inter nos omnes hic, diceretur per universum orbem quod nos sumus rei mortis illius, et sic villa ista remanebit interdicta, in tantum quod numquam celebrabitur missa in villa ista et preterea, ex isto facto, tota Christianitas sur- get contra nos et sic erimus destructi omnes». Dixerunt etiam aliqui: «Quid ergo est faciendum?» Responderunt alii: «Eamus ad palacium pape omnes simul statim et aufe- ramus corpus pape et nepotis sui de manibus custodum, et habeamus nos custodiam ipsorum et sic salvabimus vitam ipsorum, adiciendo et iurando quod, si custodes pape

primo deputati per capitaneum et Thayram eis resisterent, nullum vivum dimitterent». Quibus factis, absque mora populus Anagnie, id est ipsa communitas, qui continebat, ut creditur, X milia hominum bene armatorum, currebat ad palatium pape, ubi incarcera- batur, et volentes intrare, non potuerunt propter custodes. Sed tamen, expulsis custodi- bus et multis ex eis interfectis, ingressus est populus Anagnie ad papam et dixit unus de communitate pro omnibus: «Pater sancte, nos venimus huc ut vitam vestram salvemus, et ideo volumus habere custodiam persone vestre quousque sedetur ista tempestas». Quo audito, papa, levatis oculis et manibus ad celum, regraciatus est Deo et communitati quia fuit liberatus a morte. Et sic factum est de nepotibus pape. Quibus auditis, Thayra cum excercitu suo de villa recessit, contra populum Anagnie multum provocatus et graviter comminatus est eis. Et sic liberatus est papa per populum Anagnie in crastino Nativitatis beate Marie, statim post nonam.1

Anche Nogaret riporta nella sua deposizione la liberazione del papa a opera della cittadinanza. La mattina di lunedì 9 settembre, uomini armati di Anagni avrebbero attaccato lui e la sua comitiva, dopo che appena due giorni prima avevano favorito il loro ingresso. Il giurista francese e i suoi sarebbero stati cacciati malamente dalla città; tra l’altro alcuni sarebbero stati uccisi.

LV. Item proponit, quod a die sabbathi, pridie dicti festi Nativitatis gloriose Virginis, circa vesperas, dictus Guillielmus adhibitis capitaneo civitatis, et aliis baronibus, et nobilibus, romane Ecclesie fidelibus, et subditis, adhibuit dictam custodiam, ad finem predictum, usque ad diem lune sequentem, hora prime, qua homines Anagnini, qui primo ipsum Guillielmum, et comitivam suam modicam, respectu ipsorum, sub fide sua receperant, et ad hoc auxilium prestiterant, cum aggressu, et potentia ipsum Guillielmum, et alios, qui secum erant, de domo dicti Bonifacii, et tota Anagnia deiecerunt, plures ex eis occidendo, et omnibus damna, et iniurias gravissimas irrogando.2

Anche Giovanni Villani afferma che gli Anagnini si sarebbero levati in armi e avrebbero liberato il Caetani, vincendo la resistenza dei suoi ne- mici.

Il popolo d’Anagna raveduti del loro errore, e usciti de la loro cieca ingratitudine, subita- mente si levaro a l’arme, gridando: «Viva il papa, e muoiano i traditori!»; e correndo la terra ne cacciarono Sciarra della Colonna e’ suoi seguaci, con danno di loro di presi e de’ morti, e liberato il papa e sua famiglia.3

Il continuatore orvietano di Martino Polono aggiunge che i cittadini di Anagni si sarebbero impegnati anche nel recuperare il tesoro apostolico perduto. Alle quindici sarebbe scattato l’assalto al palazzo papale per libe- rare Bonifacio VIII e cacciare i suoi nemici.

1 Beck, William, pp. 196-199. 2 Dupuy, Histoire, pp. 246-249. 3 Villani, Nuova Cronica, pp. 608-611.

His igitur die illo sabbati et sequenti die dominico immaniter perpetratis, cum multis po- pularibus de Anagnia tanta rapacitas displiceret, die lune proximo sequenti congregatur populus Anagninus in platea civitatis armatus; timentes autem ipsi ne propter multitudi- nem forensium advenientium gravem iacturam incurrerent, dicentes etiam se velle recu- perare tesaurum quem tam forenses quam terrigene inpudenter adceperunt, circa horam diei tertiam palatium pape a forensibus et Anagninis occupatum invadunt…4

Come per l’entrata degli assalitori, come si è visto, secondo le fonti più autorevoli e la ricostruzione storiografica più recente, anche per la li- berazione del papa avrebbe agito tutta la popolazione di Anagni. Tuttavia, vanno fatte delle attente valutazioni. Innanzitutto, Hundleby esagera cer- tamente nell’indicare ben diecimila uomini armati, anche se all’epoca la città campanina vantava senz’altro una popolazione molto numerosa. Inoltre, egli non tiene conto delle fazioni che animavano la vita politica della città. Come per l’appoggio ai nemici del papa, anche in questo caso non tutta la popolazione era probabilmente schierata a favore di Bonifacio VIII. Semplicemente, le dinamiche politiche interne potrebbero aver gi- rato questa volta a favore del papa e permesso la sua liberazione.

Francesco Pipino sostiene che, dopo la sua liberazione, Bonifacio VIII poté parlare con i cardinali, i quali avrebbero accolto la richiesta del popolo di Anagni di favorire la riconciliazione tra i nobili della città, cosa che av- venne con il perdono concesso a tutti coloro che parteciparono all’assalto del palazzo papale.

Circa vero vesprarum horam, procurante fratre Nicolao episcopo Ostiensi, qui postea papa factus dictus est Benedictus, papa cum cardinalibus colloquium habuit, et ad instan- tiam populi pro reconciliatione nobilium Anagnie rogantis, mittens pro eis, misertus est eorum, et omnes remisit eis iniuriam et offensam, ac etiam aliis, qui fuissent culpabiles de predictis excessibus.5

Il cronista domenicano fa delle nette distinzioni sociali nella popola- zione di Anagni ma allude a qualcosa di meno omogeneo. I populares agi- scono in tale frangente come pars che richiede a un potere superiore (il papa) di favorire la ricompositio del dissidio all’interno dei milites. Nel passo presentato, il termine nobilium deve essere considerato come un genitivo partitivo e, quindi, la proposizione finale sarebbe da tradurre «per la ricon- ciliazione tra i nobili di Anagni». Letta in questo modo, la testimonianza lascia intendere che non vi fosse una netta ripartizione tra populares-difen- sori del papa e i milites-nemici di quest’ultimo. Come nella connivenza con gli assalitori, nella liberazione del papa si sfidarono fazioni rivali di diversa provenienza sociale.

4 Una continuazione, pp. 99-111. 5 Pipini Chronicon, pp. 739-741.

Un’altra testimonianza suggerisce indirettamente la ribellione di una sola parte della cittadinanza. Le Storie pistoresi descrivono la furia nel pa- lazzo papale degli Anagnini, i quali avrebbero attaccato sia Rainaldo da Supino sia il loro capitano del popolo, Adinolfo de Papa. Nonostante l’au- tore della fonte affermi che tutta la cittadinanza avesse partecipato alla li- berazione, l’andamento delle cose dovrebbe essere stato ben più com- plesso. Pare che Adinolfo non avesse più il controllo della popolazione, la quale sarebbe stata guidata da uno sconosciuto cavaliere. È difficile cre- dere che un personaggio influente come il de Papa avesse perso in così poco tempo tutto il sostegno popolare, quindi è probabile che fosse stata solo una parte della cittadinanza, certamente diventata preponderante, a ribellarsi ai suoi ordini.

Lo terzo dì uno cavaliere d’Alagna, pensando quello che si facea al santo padre nella sua città, subito s’armò e montò a cavallo, e senza nulla altra deliberazione uscio di casa gri- dando «Viva lo papa Bonifazo, santo nostro padre! e muoiano li traditori!»: onde lo po- polo d’Alagna fue tutto ad arme; e corsono con quello cavalieri insieme al palagio dove lo papa era prigione. Molti di quelli dentro, udendo questo romore, se ne fuggirono fuori; lo popolo entrò nel palagio, e pigliavano e uccidevano li traditori cui potevano: di loro si gittarono molti per le finestre credendo campare, ma pochi ne camparono; presi vi furono messer Ranaldo da Soppino, messer Adinolfo e molti altri caporali, e furono menati di- nanzi al papa.6

Secondo Montauri, Adinolfo avrebbe addirittura guidato lui stesso l’attacco contro i suoi ex compagni.7 Tuttavia, egli scrisse più tardi rispetto

agli eventi ed è altamente improbabile una versione del genere: tale deci- sione avrebbe sicuramente risparmiato Adinolfo dalla scomunica, che in- vece fu scagliata nei suoi confronti da Benedetto XI qualche mese dopo. È interessante riportare la versione del cronista anonimo di Troyes, secondo il quale la rivolta sarebbe stata scatenata dalla decisione degli as- salitori di emanare editti a nome del re di Francia anziché di quello del papa. La reazione della popolazione non li avrebbe risparmiati; sarebbe stato divelto anche lo stendardo del sovrano di Francia e gettato a terra. Die dominica in crastino, levato iterum vexillo regis Francie, cum publicarentur edicta ex parte regis Francie et non pape, secundum quod consueverante, per civitatem Anagni- nam, indignati civitatens et coadunati, vexillum dicti regis inlicco proiecerunt.8

Più che uno scontro tra due componenti nettamente divise, fu una “resa dei conti” tra due partes delle quali una sosteneva il papa e l’altra no,

6 Storie pistoresi, pp. 238-239. 7 Montauri, Cronache, p. 231. 8 Schmidinger, Ein vergessener, p. 98.

anche se entrambe si contendevano interessi che andavano al di là di schie- ramenti meramente ideologici. A differenza dell’ingresso nella città, dove ebbe la meglio la parte nemica del papa, quest’ultima ebbe certamente la peggio la mattina del 9 settembre.

Tra l’altro, le sorti di questo conflitto mutarono anche perché una parte preponderante della cittadinanza (tanto nobiles, quanto populares), avuto il tempo per comprendere quanto stava accadendo, si rese certa- mente conto dei gravi rischi che stava correndo se il papa fosse morto per mano dei suoi assalitori. Per questo motivo, avrebbe sostenuto la fazione cittadina filo-bonifaciana, che aveva avuto tempo di riorganizzarsi dopo il colpo di mano di due giorni prima.

Inoltre, il fatto che il vessillo del re di Francia fosse stato gettato a terra potrebbe denotare un forte risentimento civico nei confronti dei nemici del “papa-concittadino”, che sarebbe maturato proprio in quei due giorni e avrebbe fatto perdere loro il favore di gran parte della popolazione.

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