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Trainspotting: analisi delle problematiche traduttive e linguistiche Traduzione di K.Ashley, Welsh in Translation, in B.Schoene, The

ROBERT MORACE Il LINGUAGGIO

Per quanto possa sembrare strano per un romanzo sulla droga come fenomeno sociale, rispetto al quale l'autore manifesta profonda preoccupazione e coinvolgimento personale (un autore privo di formazione letteraria e di esperienza di scrittura in un'epoca in cui la scena del romanzo britannico era dominata da scrittori laureati o addirittura facenti parte dell'establishment letterario londinese), un autore le cui origini risiedevano nella cultura giovanile e popolare (dal punk al rave) e nel sottoproletariato urbano scozzese. Per quanto possa sembrare strano, dicevo, Trainspotting si è rivelato, da un punto di vista critico e commerciale, un romanzo di successo, apprezzato in gran parte per, e non malgrado, il linguaggio. In effetti, ciò che si è rilevato degno di apprezzato particolare è stata l' “intraprendenza linguistica” dello scrittore la cui estetica, e non di meno la sua ideologia, andava decisamente contro l'establishment. Come ha notato Charles Spencer: “È la forza evocativa del linguaggio di Welsh a rendere gli incubi così realistici”. Le caratteristiche più salienti di questo linguaggio così suggestivo si possono notare benissimo già dalle prime parole del romanzo: “Sick Boy era sudato, tremava tutto”. Al lettore non viene fornita nessuna introduzione e nessuna spiegazione dello stato in cui si trova Sick Boy; viene semplicemente presentata la condizione in cui si trova. Nel primo capitolo, “I ragazzi del buco, Jean Claude Van Damne e la Madre Superiora”, ci sono tre fili conduttori legati tra loro: la droga, il film (di arti marziali, che sembra quasi di azione) e tematiche interne al romanzo (Madre Superiora diviene il soprannome dello spacciatore Jonny Swan).

And it draws on its own linguistic system as well which connects

Train-spotting to a specific locality (Leith) and to an aspect of the Scottish

literary tradition that goes back to Robert Burns and that more especially recalls Edwin Muir's analysis of "the predicament of the Scottish writer." This is his ("Scottish writer" being until recently an almost exclusively male designation) being "afflicted by the ineradicable psychological damage of a divided linguistic inheritance" and therefore "forced to feel in one language and think [and write] in another" (Craig, 1999, 11).

Welsh's handling of dialect, so often the marker of quaintness and/or social inferiority, is anything but artless and is, interestingly enough, reminiscent of another "vernacular spectacular" reviled in its day for the coarseness of its language and its deleterious effect on the nation's youth: Mark Twain's Adventures of Huckleberry Finn. Comparison of Welsh's novel, which he began writing in standard English, with sections published earlier in

Past Tense and elsewhere indicate that Welsh, perhaps responding to editors'

suggestions, kept fine-tuning the novel's dialect, sometimes making it heavier, sometimes lighter. (According to Andy Beckett, Welsh also tinkered with the tone, lightening an original that had been "morbid, almost gothic, and full of rage" [25 July 1998]). This "strangled Scottish vernacular," which, as Ian Bell has noted, is especially "strong on the rhythms of speech, the sub-poetry of slang and obscenity" (15 August 1993), affects the reader in multiple ways as it articulates, represents and even embodies its characters' lives. One of the ways it does this is by creating "a haze of language" which blurs individual identities, making the characters less

Il primo capitolo, inoltre, da una parte impiega lo Scots, dall'altra connette

Trainspotting ad una località specifica, Leith, e ad un aspetto della tradizione

letteraria scozzese che risale a Robert Burns e che, in particolare, richiama l'analisi di Edwin Muir The Predicament of a Scottish Writer. Questo è ciò che rende Irvine Welsh (la qualifica di “scrittore scozzese”, fino a poco tempo prima, riservata quasi esclusivamente agli uomini) “afflitto da un danno psicologico inestirpabile, generato dalla confusione all'interno di una propria tradizione linguistica” che lo ha indotto, di conseguenza, a sentire in una lingua e a pensare e a scrivere in un'altra” (Craig, 1999, 11).

Il modo in cui Welsh usa il dialetto, così spesso indice di originalità o di inferiorità sociale, è tutt'altro che privo di arte, e cosa piuttosto interessante, ricorda un altro “straordinario volgare”, disprezzato ai suoi tempi per la grossolanità del linguaggio e per l'effetto devastante che aveva sui giovani: Le

avventure di Huckleberry Finn di Mark Twein. Il paragone del romanzo di

Welsh, che ha iniziato a scrivere in inglese standard, con alcune pagine di

Trainspotting che vennero pubblicate prima in Past Tense e altrove sono la

prova che Welsh, forse in risposta ai suggerimenti degli editors, continuò a calibrare il dialetto del romanzo, rendendolo a volte più pesante, altre più leggero104. (Secondo Andy Beckett, Welsh era intervenuto anche sul tono mitigando una versione di Trainspotting precedente più macabra, quasi gotica, e piena di rabbia [25 luglio 1988]). Questo “dialetto scozzese addolcito” che, come ha notato Ian Bell, “ha un ritmo particolarmente forte, la pseudo-poesia del gergo e delle parolacce” (15 agosto 1993), influenza il lettore in molti modi dato che esprime, rappresenta, e perfino incarna la vita dei personaggi. Uno dei modi impiegati da Welsh per addolcire il suo stile è il ricorso ad “un linguaggio confuso” che offusca l'identità dei personaggi, rendendoli meno 104[N.d.t]Ho deciso di non tradurre elsewhere in quanto le pagine di Trainspotting che vengono

pubblicate in rivista prima dell'uscita del romanzo sono solo tre. CXVII

less distinct than their general environment and the pervasive subcultural mindset. Another way is by working in the opposite direction, creating differences within the apparent sameness of Leith-speak that serve to individualize the novel's numerous speakers. As Nicholas Williams has explained, "Welsh skillfully distinguishes between the many first-person narrators in his novel by giving them voices composed in varying degrees of Scots and English content, as well as creating verbal tics (like Spud's terminal 'ken?' [and 'like say'] or Sick Boy's constant reference to himself in the third person) which both reveal character and serve as helpful signposts in a potentially confusing narrative collage" (1999, 228-229).

Although Welsh's use of demotic Scots is indebted to Kelman and was generally reviewed as such, it is also apparent, as Christopher Whyte observes, that more attentive, culturally attuned readers will discern in the "written stylization of 'uneducated' speech" that Welsh devised less an imitation of Kelman's working-class Glaswegian than a challenge to it. Welsh's is a Leith-based alternative that not only allows and empowers its previously un(der)represented and therefore effectively silenced characters to speak. It also proves more demanding of and makes fewer concessions to, Standard English speakers, in part by confronting them with greater dialectical variation and fewer opportunities to escape into the refuge that Standard English affords. As John Skinner has noted, "Welsh's metropolitan Scots is actually far more impressive in range and variety than the more homogeneous Glaswegian demotic forged by Kelman" (1999, 218). And not just more varied; less sanitized too. "The problem I have with Kelman," Welsh has said

diversi dall'ambiente che li circonda e dalla mentalità pervasiva di una pseudo-cultura. Un'altra possibilità è andare nella direzione opposta, creare delle differenze all'interno dell'apparente monotonia della parlata di Leith in modo da localizzare i numerosi personaggi del romanzo. Come ha spiegato Nicholas Williams, “Welsh distingue in Trainspotting, con grande abilità, i diversi narratori in prima persona dando loro voce mediante una vasta gamma di temi scozzesi e inglesi, la creazione di forme di intercalare (come l'impiego di ken a fine frase usato da Spud, [e like say] o con il personaggio di Sick Boy che si riferisce continuamente a se stesso in terza persona) che rivelano da una parte l'indole dei personaggi e dall'altra divengono utili punti di riferimento in un quadro narrativo potenzialmente confuso” (1999, 228-229).

Sebbene lo scozzese popolare adottato da Welsh sia indebitato con la lingua di Kelman e venne generalmente visto come tale, è evidente, e come tale fu giudicato da Christhoper Whyte, che i lettori più attenti e in sintonia dal punto di vista culturale faranno una distinzione nella “stilizzazione scritta di modi popolareschi”, concepita da Welsh non tanto come propria della classe operaia ma come imitazione della lingua di Glasgow, tipica dei romanzi di Kelman, quanto come sfida a questo modello. Welsh, un anticonformista di Leith, non si limita a prendere in considerazione e a valorizzare i suoi “personaggi senza voce” che, di conseguenza, venivano effettivamente fatti tacere. Inoltre si dimostra più severo, e concede meno spazi, ai parlanti anglofoni, mettendoli in parte a confronto con una variazione dialettale più ampia e dando loro meno possibilità di rifugiarsi nello Standard English. Come ha notato John Skinner, “Lo scozzese popolare adottato da Welsh è, sorprendentemente, molto più impressionante per tipologia e varietà della più omogenea parlata popolare di Glasgow “plasmata” da Kelman” (1999, 218). Non solo è meno vario, ma anche meno esplicito. “Il problema che ho con Kelman”, disse

"is that he seems ideologically to censor his characters. They are always non- sexist and non-racis. But I don't feel you can put these parameters on the characters you've created. If they seem xenophobic or bigoted you have to let them speak that way" (Smith, C. L., 1995).

Another important point to keep in mind about dialect in Train-spotting is that while it "is not in any true or historical sense Scots," as Allan Massie has pointed out, neither is it nothing more than 'spelling English words as the characters' pronunciation of them sounds to the author's ear." Rather, dialect in the novel is a hybrid linguistic form that marginalizes the standard English on which it depends. It should therefore be understood in relation to the point Robert Crawford makes in Devolving English Literature (1992), namely "how an un-English identity may be preserved or developed within 'English literature' "(6). The use of dialect to marginalize standard English is underscored in two ways in Welsh's novel. One involves what the novel excludes: the glossary that a friend advised and Welsh refused to add. "The last thing I want is all these fuckers up in Charlotte Square putting on the vernacular as a stage managed thing. It's nothing to do with them" (Farquarson, 1993), although a glossary was appended to the US edition. The other way this marginalization is underscored involves what the novel includes: the narrating of four of its forty three unnumbered sections in standard English: "Growing up in Public," "Grieving and Mourning in Port Sunshine," "The First Shag in Ages" (all three in the third person), and "Bad Blood" (narrated in the first). Welsh's use of dialect makes standard English appear abnormal and freakish. It also resists

Welsh, “è che lui sembra censurare, ideologicamente, i propri personaggi. Non sono né sessisti né razzisti. Ma non credo che tu possa applicare questi parametri ai personaggi a cui hai dato vita. Se sono xenofobi o bigotti dovete lasciarli parlare a modo loro” (Smith, C. L, 1995). Un'altra cosa che va tenuta bene a mente per quanto riguarda il dialetto di Trainspotting è che mentre esso “non può essere definito da un punto di visto storico-linguistico veramente scozzese105, come messo in evidenza da Allan Massie, non è neanche “la trascrizione di parole inglesi così come suonano all'orecchio dell'autore”. Piuttosto, il dialetto di Trainspotting è un ibrido linguistico che emargina l'inglese standard, da cui tuttavia, dipende. Il dialetto, pertanto, deve essere considerato in relazione a quanto detto da Robert Crawford in Devolving

English Literature (1992), ossia: “come un identità non inglese si possa

preservare o sviluppare all'interno della letteratura inglese”. Il ricorso al dialetto con la funzione di “isolare” l'inglese standard viene messo in evidenza nei romanzi di Welsh in due modi. Il primo riguarda ciò che non si trova nel romanzo: un glossario, consigliato da un amico, che Welsh rifiutò di inserire. “L'ultima cosa che voglio è che tutti i coglioni in Charlotte Square usino il dialetto popolare come se fosse una cosa prestabilita. Con loro non c'è niente da fare” (Farquarson, 1993); nonostante ciò, nell'edizione americana è stato aggiunto un glossario. L'altro modo di mettere in evidenza la marginalizzazione riguarda ciò che si trova nel romanzo: la narrazione di quattro delle quarantatré parti non numerate è in inglese standard: “Diventare grandi in pubblico”, “Lutto e dolore a Port Sunshine”, “Una scopata dopo un secolo” (tutti e tre in terza persona), e “Sangue marcio” (narrato in prima persona). Il modo in cui Welsh impiega il dialetto fa apparire l'inglese standard come qualcosa di strano e bizzarro. Inoltre, il dialetto “si oppone alla 105[N.d.t]Lo “Scots” adottato da Welsh è uno pseudo-scozzese, un ibrido linguistico tra SE e SSE.

the transparency of much novelistic discourse to draw attention to itself as writing from the body" (Williams, 1999, 227), including the body politic. Welsh's linguistic assertion of Scottish identity is in fact an assertion more particularly of a Scottish subcultural identity within a mise-en-abime of identity politics: youth within working class Leith within cultured Edinburgh within Scotland within a Britain centered in London and based in the English language. Welsh's use of dialect in Trainspotting is, however, still more complex, in effect if not necessarily by intention. For as Cairns Craig suggests, "like the empty shell of Leith Central Station" that looms so ominously near novel's end, "it gestures to the lost community which dialect had represented in the Scottish tradition and which has now been corrupted into fearful individualism" (1999, 97). As such, dialect functions in much the same way that the singing of the Irish ballad, "The Boys of the Old Brigade," does for Begbie and the others on New Year's eve: "Stevie worried about the singing. It had a desperate edge to it. It was as if by singing loudly enough, they would weld themselves together into a powerful brotherhood" (46). Craig's warning concerning gutted community and fearful individualism aside for the moment, the novel's dialect is one of several features that together make up Welsh's "dazzlingly self-assured" style—. "the voice of punk grown up, grown wise and grown eloquent" (Hughes-Hallett, 1993). Another is the narrative's "verbal energy" and "unstoppable vitality." Equally important is the "rawness" of the novel's "gritty style" which connects

trasparenza di buona parte della narrazione106 per richiamare l'attenzione su di sé, come se fosse un tema a lui caro” (Williams, 1999, 227), sfera politica inclusa. La rivendicazione linguistica di Welsh dell'identità scozzese è, a dire il vero, una dichiarazione prettamente sull'identità subculturale scozzese all'interno di un mise-en-abime di identità politiche. I giovani che appartengono alla classe operaia di Leith vengono inseriti all'interno della colta Edimburgo, in un panorama scozzese, all'interno della Gran Bretagna, di cui Londra è il nucleo e la cui lingua è l'inglese. Il modo in cui Welsh adopera il dialetto in Trainspotting è, comunque, ancora più complesso anche se, a dire il vero, non era sua intenzione. Come suggerito da Cairns Craig, “allo stesso modo di Leith Station, una “carcassa vuota” che incombe sinistramente verso la fine del romanzo, “il modo in cui Welsh adopera il dialetto, un tempo il simbolo della Scozia, ed oggi “contaminato” in un preoccupante individualismo, indica la dissoluzione della comunità” (1997, 97). Così il dialetto ha la funzione, pressoché la stessa, della ballata irlandese “The boys

of the Old Brigade”, cantata da Begbie e dai suoi compagni la vigilia di

capodanno: “A Stevie quel loro modo di cantare gli dava da pensare. C'era troppa disperazione. Era come se, cantando sempre più forte, cercassero di fondersi in una gran fratellanza” (46).

Mettiamo da una parte per un momento il campanello d'allarme di Craig sulla distruzione della comunità e sullo spaventoso individualismo; il dialetto del romanzo è una delle tante caratteristiche che, messe insieme, formano “lo stile di Welsh che trasuda sicurezza”: “la voce del punk è cresciuta, in modo saggio e espressivo” (Hughes-Hallet, 1993). Un'altra caratteristica è “l'energia sprigionata dai verbi” e la loro “inarrestabile vitalità”. Altrettanto importante è lo stile “crudo” e “farraginoso” del romanzo che mette in relazione

106[N.d.t]Filo logico del discorso

Trainspotting to the traditions of literary realism and naturalism so evident in

the precision with which Welsh transcribes his characters' speech, describes their environment, renders their daily lives, and graphically details activities such as cooking a hit of heroin, shooting up, and withdrawal. Even so, Trains

potting resists being classified as realism or naturalism. Alan Freeman has

even wondered whether it is Welsh's "pulling apart the conventions of realism" that may be "the key to the power of his utterance, his world of unrealities eluding a final, stable reality on which to alight" (1996, 257). If the

Scotsman is right to liken Welsh's writing to "graffiti whose illicit action and

fierce street colours turn fully into art" ("It's"), then one way to understand what Welsh has accomplished is to recall his main filthy bluebottle, a big, furry currant ay a bastard" and smearing it against the wall to form the letters of his favorite football team, Hibs (Hibernians): "The vile bluebottle, which caused me a great deal of distress, has been transformed intae a work of art which gives me much pleasure tae look at" (25). But perhaps the better analogy is to the job Mark dredges up from "his portfolio of bogus employment identities": "curator at the museums section of the District Council's Recreation Department." "Ah rake around in people's rubbish for things that've been discarded, and present them as authentic historical artefacts ay working people's everyday lives. The ah make sure that they dinnae fall apart when they're oan exhibition" (146-147).

Trainspotting's realism is apparent but made to coexist with and to some

degree is undermined by other stylistic features, including the novel's pervasive humor, which manifests itself in several forms. The humor is there in section titles

Trainspotting alla tradizione del realismo e del naturalismo letterario, reso evidente dalla precisione con cui Welsh trascrive la parlata dei suoi personaggi, descrive l'ambiente che li circonda, rappresenta la loro vita e, attentamente, elenca attività come cucinare uno schizzo e bucarsi. Anche per questo Trainspotting continua ad essere considerato un romanzo realista o naturalista. Alan Freeman si era perfino domandato se il fatto che Welsh “evitasse le norme del realismo” potesse essere “la chiave per comprendere il potere della parola, del suo mondo irreale che non ha finale, una realtà stabile su cui fare affidamento” (1996, 257). Se lo scozzese può con ragione essere paragonato al modo di scrivere di Welsh come “murales la cui azione illegale e i colori violenti si trasformano completamente in arte (“It's”), allora l'unico modo per comprendere l'operazione compiuta da Welsh è rammentare il suo personaggio principale, Mark Renton, seduto in un bagno sudicio, che acchiappa un moscone schifoso, enorme, un bastardo peloso grosso come un uvetta, per spiaccicarlo sul muro di fronte formandoe delle lettere e componendo il nome della sua squadra preferita, Hibs (Hibernians): “quel moscone schifoso che mi aveva tanto cacato il cazzo si è trasformato in un'opera d'arte, e mi fa piacere starmela a guardare” (25). Ma forse l'analogia migliore è con il lavoro che Mark riesuma da “una delle sue tante attività lavorative fasulle”: “curatore nel reparto musei del Dipartimento ricreativo distrettuale”107. “Vado a cercare nella spazzatura le cose che la gente butta via, e le ripresento come testimonianze storiche autentiche della vita quotidiana dei lavoratori. E poi devo stare attento che non si rompano, quando sono in mostra” (146-147).

Il realismo di Trainspotting è evidente ma deve coesistere, e in certo qual senso è minato, da altri tratti stilistici, come l'umorismo che si trova in diversi

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