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Roberto Lembo

Nel documento Le trasformazioni dei lavori in corso (pagine 141-146)

Università degli Studi di Firenze DIDA Dipartimento di Architettura

Email: roberto.lembo@unifi.it Tel: 339 2624448

Abstract

Gli interventi di rigenerazione urbana avviati dal comune di Firenze con il Regolamento Urbanistico del 2015, sono stati messi a dura prova dalla recente giurisprudenza che ha evidenziato l’inadeguatezza del limite massimo di intervento edilizio di restauro e risanamento conservativo nel riuso del patrimonio edilizio di pregio. Questo documento affronta il rapporto fra tipo di intervento e obiettivi tipici della rigenerazione urbana, alla luce della giurisprudenza recentemente intervenuta. Si asserisce che l’interpretazione giurisprudenziale dei limiti operativi del restauro mal si coniuga con le prestazioni da garantire nella rigenerazione urbana del patrimonio edilizio di pregio. La tesi portata avanti è che non risultando più sufficiente l’intervento di restauro e risanamento conservativo finora ordinariamente utilizzato per il recupero del patrimonio edilizio esistente di pregio, occorre rivedere l’approccio perché si possa adeguatamente conciliare il riuso con la tutela degli edifici di pregio. Viene presa come caso di studio la variante adottata nel 2018 al Regolamento Urbanistico che propone di estendere alla ristrutturazione edilizia il limite massimo degli interventi consentiti per il recupero del patrimonio storico. Di seguito si descrivono i principi fondamentali del Regolamento Urbanistico vigente e dei precedenti strumenti, le caratteristiche degli interventi consentiti sul patrimonio edilizio di pregio, le problematiche emerse e le modifiche proposte dalla variante. In sintesi si vuole asserire che l’estensione della categoria di intervento alla ristrutturazione edilizia in una visione di tutela e riuso del patrimonio edilizio di pregio consentirà di trovare il corretto equilibrio fra l’orientamento giurisprudenziale - nell’interpretazione del restauro e risanamento conservativo - con l’esigenza di rigenerazione urbana.

Parole chiave: urban regeneration, historic center, planning

1 | Il Regolamento Urbanistico e la sua articolazione

Il Regolamento Urbanistico approvato il 02.04.2015 con deliberazione 2015/C/00025, è l’atto di governo del territorio comunale, che in coerenza con i principi enunciati dal Piano Strutturale del 2010 - primo fra tutti i “Volumi zero” - non si trova più a gestire dinamiche di crescita urbana con occupazione di nuovo suolo, ma si rivolge alla rigenerazione diffusa dell’esistente disciplinandola con trasformazioni puntuali e circoscritte, tentando di conciliare gli interventi massimi consentiti con le peculiarità del contesto.

Il Regolamento Urbanistico vigente ha classificato il patrimonio edilizio esistente sulla base di un giudizio di valore storico-architettonico, documentale, testimoniale, ed ha definito il limite di intervento al quale gli immobili sono assoggettati, prendendo a riferimento gli interventi del DPR 380/2001 e stabilendo al comma 2 dell’art.11 delle NTA che l’intervento di restauro, pur collocandosi nell'ambito della tipologia di intervento di

“restauro e risanamento conservativo, si caratterizza soprattutto per modalità progettuali ed operative tali da garantire le finalità individuate dalla vigente normativa in materia di tutela dei beni culturali, cioè di integrità materiale e di recupero dell'immobile, di protezione e trasmissione dei suoi valori culturali. A tal fine il progetto di restauro deve essere corredato di una specifica documentazione di analisi storico-critica come precisato all’art.13 - Lo spazio edificato - classificazione (comma 6 Norme comuni).

Con l’art.13 delle Norme Tecniche di Attuazione del RU al comma 6 – NORME COMUNI, il Regolamento Urbanistico ha individuato nell’intervento di restauro e risanamento conservativo lo strumento per garantire la conservazione del patrimonio edilizio di interesse storico-architettonico e documentale, tentando di coniugarla con l’obiettivo di rigenerazione. Così, al di là delle differenti classificazioni, esistono delle limitazioni per tutti gli edifici soggetti a restauro e risanamento conservativo ed è quindi prescritto il mantenimento:

- della distribuzione principale (corpi scale e androni);

- della quota di imposta della copertura fatte salve modeste modifiche necessarie a soddisfare esigenze di consolidamento non

altrimenti conseguibili, da attuarsi con tecniche e materiali compatibili;

- degli apparati decorativi;

- dei materiali di finitura (ove possibile);

- della composizione del prospetto sulla via pubblica;

- della sagoma ad esclusione delle superfetazioni e di modeste modifiche necessarie a migliorare la funzionalità delle coperture; - degli elementi tipologici.

2 | La norma nazionale di riferimento e le recenti modifiche

Nell’individuazione del limite massimo di intervento il Regolamento Urbanistico ha avuto a riferimento la definizione dell’intervento di restauro e risanamento di cui all’art.3, comma 1, lettera c) del DPR 380/2001 vigente al momento dell’approvazione:

c) interventi di restauro e di risanamento conservativo, quelli rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio;

Tale definizione permane in questa forma dalla sua prima scrittura nella legge 457/1978. Con la L. 96/2017, per fare chiarezza rispetto alla giurisprudenza che affermava l’impossibilità di mutare la destinazione d’uso con l’intervento di restauro e risanamento conservativo è stata modificata la definizione precisando espressamente che con il restauro e risanamento conservativo è consentito il mutamento della destinazione d’uso.

3 | Il restauro e risanamento conservativo nella disciplina comunale previgente

Fino al 2017 il mantenimento del limite massimo del restauro e risanamento conservativo era finalizzato a conservare il bene nei suoi elementi identitari permettendo l’inserimento di nuove destinazioni d’uso, anche quando ciò comportava la modifica del numero delle unità immobiliari o il riassetto dell’articolazione di più unità immobiliari; approccio questo consolidato anche nell’applicazione degli strumenti urbanistici pre-vigenti.

Il modello di pianificazione proposta negli anni dagli strumenti urbanistici fiorentini ha sempre rispecchiato i principi operativi consolidati nella disciplina urbanistica fin dal suo nascere (Legge 457/1978) riscontrabile nella pianificazione generale dei comuni italiani come anche in quella del Comune di Firenze, anche risalente ai piani precedenti, che attribuiva all’intervento di restauro e risanamento conservativo la capacità di:

- accogliere una nuova destinazione d’uso oggetto di valutazione sia a livello di compatibilità edilizia che urbanistica anche con modifica del numero o dell’articolazione delle unità immobiliari;

- conservare al contempo l’identità del bene attraverso il rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali.

Fattispecie questa che sia con il PRG ’98, approvato con DCRT n.385/1997, che con il RU attraverso quanto stabilito agli artt. 19 e 20 della LR 65/2014, ha avuto l’avallo della Regione Toscana.

4 | La giurisprudenza penale e amministrativa

Ma il quadro normativo nazionale aggiornato al 2017 sebbene risulti in linea con le scelte pianificatorie e con i limiti di intervento introdotti dal Regolamento Urbanistico per gli interventi sul patrimonio edilizio esistente di interesse storico-architettonico e documentale, presenta però delle problematiche se si fa riferimento alla giurisprudenza penale e amministrativa in materia di qualificazione degli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente.

“Dalla lettura delle sentenze (…) risulta come, proprio negli anni nei quali il Legislatore ha operato modifiche alle definizioni degli interventi edilizi, la giurisprudenza penale ha maturato e consolidato un orientamento, riferito anche alla giurisprudenza amministrativa, che ascrive alla ristrutturazione edilizia ogni intervento comportante anche solo una delle seguenti fattispecie:

- incremento del numero delle unità immobiliari;

- diversa distribuzione interna della superficie dell’unità immobiliare;

- cambio d’uso realizzato dopo l’ultimazione del fabbricato, anche con opere di modesta entità.

Secondo tali orientamenti emerge che, seppure il frazionamento e il cambio d’uso siano oggi espressamente contemplati dalla legge anche per interventi non trasformativi quali la manutenzione straordinaria (limitatamente al frazionamento), e il restauro e risanamento conservativo, resta tuttavia

escluso, che tali operazioni possano considerarsi manutenzione straordinaria o restauro e risanamento conservativo al momento in cui operino con modifica della distribuzione interna e inserimento di nuovi impianti.

A titolo esemplificativo si riporta una sentenza del Consiglio di Stato (Cons. Stato sez. IV n. 2395/16) che ben rappresenta questa interpretazione.

Il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi dall’orientamento del tutto prevalente di questo Consiglio di Stato, secondo cui gli interventi edilizi che alterino, anche sotto il profilo della distribuzione interna, l'originaria consistenza fisica di un immobile e comportino l'inserimento di nuovi impianti e la modifica e ridistribuzione dei volumi, non si configurano né come manutenzione straordinaria, né come restauro o risanamento conservativo, ma rientrano nell'ambito della ristrutturazione edilizia. In sostanza, affinché sia ravvisabile un intervento di ristrutturazione edilizia è sufficiente che risultino modificati la distribuzione della superficie interna e dei volumi, ovvero l'ordine in cui erano disposte le diverse porzioni dell'edificio, per il solo fine di rendere più agevole la destinazione d'uso esistente. Infatti, anche in questi casi si configura il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio e un'alterazione dell'originaria fisionomia e consistenza fisica dell'immobile, incompatibili con i concetti di manutenzione straordinaria e di risanamento conservativo, che presuppongono la realizzazione di opere che lascino inalterata la struttura dell'edificio e la distribuzione interna della sua superficie (in termini, sez. V, 12 novembre 2015, n. 5184; ma si vedano anche, nel medesimo senso, sez. V, 17 marzo 2014, n. 1326; sez. V, 17 luglio 2014, n. 3796, sez. IV, 14 luglio 2015, n. 3505; sez. V, 14 aprile

In termini concreti è evidente che:

- un frazionamento o un cambio d’uso comportano necessariamente la modifica della distribuzione interna, della qualificazione delle superficie, l’inserimento di impianti idonei ad assistere le funzioni da insediare. Si pensi al frazionamento di un alloggio in due appartamenti che richiede la formazione di dotazioni essenziali quali bagno e cucina in aggiunta a quelli già presenti nell’unità originaria e la conseguente efficace distribuzione dei vani che ne risultano;

- per gran parte del patrimonio edilizio plurisecolare che costituisce i centri storici di tutta Italia, sopravvissuto attraverso molteplici e anche pesanti trasformazioni del tutto aliene ai principi della conservazione e del restauro, non è possibile identificare nel dettaglio l’originaria distribuzione della superficie interna e dei volumi, ovvero l'ordine in cui erano disposte le diverse porzioni dell'edificio. La casistica esaminata dalla giurisprudenza attesta il confine fra restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia ad una soglia diversa da quella finora utilizzata e riproposta nello strumento urbanistico recentemente approvato, identificando il rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali

dell'organismo edilizio con la conservazione integrale della consistenza presente.

Come si è visto la giurisprudenza sia penale che amministrativa dà un’interpretazione delle norme che porta ad escludere l’applicazione della manutenzione straordinaria (frazionamento/accorpamento) e del restauro e risanamento conservativo tutte le volte che si interviene sulla distribuzione interna degli immobili. Le sentenze così come elencate in appendice alla presente relazione sono precedenti però alla modifica del DPR 380/2001 come integrato con Legge 96/2017 e DLgs 222/2016. La modifica al DPR 380/2001, apportata con Legge 96/2017, è infatti del giugno 2017 mentre l’emanazione del DLgs 222/2016 è del 25.11.2016, con entrata in vigore il 11.12.2016.

La Legge 96/2017, come abbiamo visto, modifica l’art. 3, comma 1, lett. c) del DPR 380/2001 precisando in modo espresso che con il restauro e risanamento conservativo è consentito il mutamento della destinazione d’uso. Nulla dice invece il medesimo art. 3 rinovellato relativamente alla modifica della distribuzione interna. Il DLgs 222/2016, pur declinando in maniera più dettagliata (Allegato A) le opere riferite ai diversi tipi di intervento, non contiene ugualmente alcuna specifica relativa alla modifica della distribuzione interna." 1

5 | La variante al Regolamento Urbanistico

Sulla scorta delle argomentazioni fin qui trattate, viste le innovazioni intercorse, per trovare il necessario equilibrio fra l’orientamento giurisprudenziale nella lettura dell’intervento di restauro e risanamento conservativo e gli obiettivi di rigenerazione urbana del Regolamento Urbanistico del 2015, la variante redatta nel 2017 ipotizza di superare le limitazioni evidenziate, estendendo l’intervento massimo alla ristrutturazione edilizia applicando specifiche limitazioni:

- non preveda la demolizione dell’edificio esistente; - non aumenti il volume lordo complessivo;

Testo tratto dalla relazione urbanistica della Variante al RU per l’aggiornamento della definizione del limite di intervento da applicare al 1

patrimonio edilizio esistente di interesse storico-architettonico e documentale rispetto all’innovato quadro normativo adottata dal Consiglio Comunale con deliberazione n. 2018/C/00011 del 16.04.2018.

- non modifichi la sagoma ad esclusione delle superfetazioni e di modeste modifiche necessarie a migliorare la funzionalità delle coperture;

- non modifichi sostanzialmente la composizione dei prospetti sulla via pubblica; - non modifichi la distribuzione principale interna (androni, corpi scale, ecc); - non modifichi imposta e materiali (se storici) degli orizzontamenti strutturali;

- non modifichi la quota di imposta della copertura fatte salve modeste modifiche necessarie a soddisfare esigenze di consolidamento non altrimenti conseguibili, da attuarsi con tecniche e materiali compatibili; - mantenga gli apparati decorativi ove presenti.

La variante prevede poi di non estendere tali limitazioni agli edifici specificatamente individuati da un apposito vincolo e che il Regolamento Urbanistico classifica come emergenze di valore storico- architettonico costituite da immobili notificati ai sensi della Parte II del DLgs 42/2004 (Beni culturali), specificando che “…la verifica della compatibilità degli interventi con le finalità di tutela dei valori individuati dal vincolo è assicurata dal procedimento autorizzativo di competenza della Soprintendenza.” 2

6 | L’intervento di restauro e risanamento conservativo

Al fine di far comprendere le contraddizioni interpretative che emergono nella lettura puntuale delle caratteristiche degli interventi alla luce degli orientamenti della giurisprudenza, viene illustrato il progetto realizzato su un edificio di proprietà pubblica che ha cambiato la sua destinazione da carcere a sede universitaria.

Il complesso di Santa Teresa sede della facoltà di Architettura dell’Università di Firenze si trova in via della Mattonaia, è classificato dal Regolamento Urbanistico come emergenze di valore storico-architettonico – beni culturali e ricade all’interno dell’ambito del centro storico UNESCO. Il completamento della riconversione da struttura carceraria a sede Universitaria è stato affidato nel 2004 allo Studio dell’Architetto Alberto Breschi. Il progetto si è trovato ad operare, con la preventiva autorizzazione della soprintendenza, nei limiti del restauro e risanamento conservativo. Il complesso immobiliare nato originariamente come convento, è stato adibito a struttura carceraria fino agli anni ’80 e trasformato infine in sede universitaria. Il progettista ha voluto mantenere una stratificazione della memoria delle varie epoche recuperando e valorizzando sia la memoria del carcere che quella più antica del convento, mantenendo il più possibile in vista l’impianto originario del convento. Il complesso è stato suddiviso in due macroblocchi: uno per la Facoltà di Architettura e l’altro per il Dipartimento di Progettazione. La Facoltà di Architettura occupa la parte che costituisce l’ampliamento ottocentesco del carcere, lungo via della Mattonaia; il dipartimento si collocherà nella parte restante che è il nucleo più antico del convento, con la chiesa e i locali intorno al chiostro. Per questa seconda parte più antica del convento, il progetto prevede un intervento di recupero e restauro che elimina le superfetazioni e porta alla luce l’impianto originario.

7 | I risultati attesi

La proposta di variante ha quindi l’obiettivo di aggiornare la definizione dell’intervento massimo ammissibile sul patrimonio edilizio esistente di interesse storico-architettonico e documentale, estendendola alla ristrutturazione edilizia in una visione di tutela e riuso del patrimonio edilizio di pregio per raggiungere il corretto equilibrio fra l’orientamento giurisprudenziale - nell’interpretazione del restauro e risanamento conservativo - con l’esigenza di rigenerazione urbana. Questa nuova declinazione delle categorie di intervento concilierà la tutela delle peculiarità del patrimonio edilizio esistente di interesse storico-architettonico e documentale, con la necessità di attuare in maniera meno complessa trasformazioni efficaci e compatibili di riuso.

Con questa soluzione potrebbero essere superate le criticità riscontrate consentendo il recupero per nuovi usi e la salvaguardia del patrimonio edilizio esistente di interesse storico-architettonico e documentale, contrastando così i fenomeni di degrado fisico e sociale conseguenti all’abbandono degli immobili.

Vedi nota n. 1 2

Riferimenti bibliografici

Breschi A. (2016), Santa Teresa. Un progetto di rigenerazione urbana per Firenze, Dip. Di Architettura Firenze, Firenze.

Cervellati P.L. (2000), L’arte di curare la città, Il Mulino, Bologna.

Docci M., Maestri D. (1994), Manuale di rilevamento architettonico e urbano, Laterza, Roma-Bari.

Sitografia

DIVISARE - https://divisare.com/projects/334411-breschistudio-associati-plesso-di-santa-teresa- universita-di-architettura-di-firenze

Sito istituzionale del Comune di Firenze sezione edilizia e urbanistica - 
 http://regolamentourbanistico.comune.fi.it/

Progetto e forme di urbanità.

Nel documento Le trasformazioni dei lavori in corso (pagine 141-146)