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Il ruolo del tutore pag

La mancanza di capacità di intendere e volere del soggetto non è un buon motivo per negare tutela al diritto alla autodeterminazione dell'individuo: questo è il fondamentale punto di partenza, ampiamente ribadito nella sentenza della Cassazione sul caso “Englaro”.

Nondimeno, non vi è dubbio che la incapacità del soggetto è condizione tale da incidere in modo significativo sulla tradizionale idea del consenso informato, che è l'ordinario veicolo per la espressione di tale autodeterminazione112; occorre quindi affidare l’espressione del consenso/ dissenso al trattamento medico ad un altro soggetto.

In un primo tempo la Cassazione aveva negato la sussistenza in capo alla figura del tutore, in mancanza di specifiche disposizioni, di un generale potere di rappresentanza con riferimento ai c.d. “atti

personalissimi”, tra i quali rientra sicuramente quello in esame,

implicante “valutazioni della vita e della morte, che trovano il loro

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Cfr. VIMERCATI, Amministratore di sostegno e consenso informato: scelte di politica legislativa e case law a raffronto, in Riv. it. medicina legale, 2011, 02, 405. 112 Cfr. GENNARI, La Suprema Corte scopre il substitutedjudgement, in Resp. civ. e prev. , 2008, 5, 1119.

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fondamento in concezioni di natura etica o religiosa, e comunque (anche) extragiuridiche, quindi squisitamente soggettive”.

Non essendo l'interdetta in grado di esprimere la propria scelta e potendo il provvedimento richiesto non corrispondere al suo interesse, il giudice aveva reputato dovesse trovare applicazione l'art. 78 del codice di procedura civile, che prevede la nomina di un curatore speciale al rappresentato “...quando vi è conflitto di interessi con il

rappresentante”.

Di qui la declaratoria di inammissibilità del ricorso per Cassazione proposto avverso il decreto della Corte d'appello che aveva rigettato la richiesta del tutore di interrompere idratazione e alimentazione artificiali, in quanto non notificato a tale necessario contraddittore.

Nella sentenza n. 21748 del 2007 la Cassazione ha superato il proprio precedente orientamento, affermando che in caso di incapacità del paziente ad autodeterminarsi riguardo i trattamenti cui essere o meno sottoposto, la doverosità medica impone di ricreare quel dualismo dei soggetti nel processo di elaborazione della decisione: tra medico e paziente, nella veste del legale rappresentante.

A sostegno del delicato compito spettante al tutore vengono in considerazione innanzi tutto gli articoli 357 e 424 del codice civile, i quali affermano che “il tutore ha la cura della persona” dell’interdetto; da tali disposizioni deriva il diritto- dovere di esprimere il consenso informato, diritto che non può trovare limitazione quando la persona interessata non è in grado di determinarsi, come nel caso della persona interdetta.

La Corte richiama anche sentenze precedenti113, nelle quali la stessa aveva affermato che, in tema di interdizione, l’incapacità di provvedere ai propri interessi, di cui all’art. 414 del codice civile, va riguardata anche sotto il profilo della protezione di interessi non

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70 patrimoniali, potendosi avere ipotesi di assoluta necessità di sostituzione della volontà del soggetto con quella della persona nominata tutore, pure in assenza di patrimoni da proteggere.

La valorizzazione, ma, al contempo, la responsabilizzazione del ruolo del tutore operate dalla giurisprudenza sono il frutto di un cambiamento di sensibilità maturato gradatamente.

Negli anni il legislatore ha mostrato un'attenzione crescente nei confronti dei margini di intervento del legale rappresentante nel caso di decisioni che toccano il diritto alla salute dell'incapace.

Tra le prime previsioni si segnala l'art. 13 della legge del 22 maggio 1978, n. 194, sulla tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza, che disciplina il caso in cui la richiesta di aborto, sia entro i primi novanta giorni sia trascorso tale periodo, riguardi una donna interdetta; la domanda può essere presentata, oltre che personalmente dall'interessata, anche dal tutore, nonché dal marito non tutore che non sia legalmente separato.

Nel caso di richiesta della donna o del marito, peraltro, il tutore deve essere sentito; l'istanza avanzata dal marito o dal tutore, a dimostrazione della centralità della volontà della donna, seppur incapace, deve essere confermata dalla stessa.

Tra le normative più recenti che prendono in considerazione il ruolo del legale rappresentante come garante della volontà del soggetto incapace in campo sanitario deve essere citato anche il decreto legislativo del 24 giugno 2003, n. 211, intitolato “Attuazione della

direttiva 2001/120/Ce relativa all'applicazione della buona pratica clinica nell'esecuzione delle sperimentazioni cliniche di medicinali per uso clinico”; l'art. 5 regola la “sperimentazione clinica su adulti incapaci di dare validamente il proprio consenso informato

prevedendo che nel caso in cui questi non l'abbiano reso o rifiutato prima dell'insorgere dell'incapacità, la sperimentazione è possibile, tra le altre, a condizione che “sia stato ottenuto il consenso informato del

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rappresentante legale”; si aggiunge che tale consenso “deve rappresentare la presunta volontà del soggetto”.

Infine, l’articolo 6 della Convenzione di Oviedo prevede al comma n. 3 che “allorquando, secondo la legge, un maggiorenne, a

causa di un handicap mentale, di una malattia o per un motivo similare, non ha la capacità di dare consenso ad un intervento, questo non può essere effettuato senza l’autorizzazione del suo rappresentante, di un’autorità o di una persona o di un organo designato dalla legge”114.

Una volta affermata la legittimità del tutore anche per la cura di interessi non patrimoniali facenti capo all’interdetto, è necessario stabilire i limiti del potere di rappresentanza del tutore.

Tali limiti discendono dalla stessa natura dell'istituto: la rappresentanza legale consiste nel potere-potestà conferito nell’altrui interesse, è ufficio di diritto privato connotato da discrezionalità e non da libertà assoluta di disporre della sfera giuridica della persona incapace115.

Nella misura in cui la salute è un diritto personalissimo e la libertà di rifiutare le cure involge gli aspetti più intimi e le convinzioni più profonde della persona, la funzione del tutore non si traduce in una sua sostituzione all'incapace, espropriandolo del potere di decidere in ordine alla propria salute e, in ultima istanza, della propria vita e della propria morte, ma è sottoposta a una duplicità di vincoli: in primo luogo, questi deve agire nell'assoluto interesse dell'incapace; in secondo luogo, nel perseguimento di tale obiettivo, ossia nella ricerca del c.d. best interest, deve comunque decidere non già “al posto”o “per” l'incapace, bensì “con” quest'ultimo, cercando di ricostruirne in via presuntiva la volontà prima dello stato di incoscienza.

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Nonostante la Convenzione di Oviedo non sia ancora stata ratificata nello Stato Italiano, essa non è comunque priva di effetti nel nostro ordinamento; può infatti essere ad essa applicata una funzione ausiliaria sul piano interpretativo. 115 SIMEOLI, Il rifiuto di cure: la volontà presunta o ipotetica del soggetto incapace, in Giust. civ. , 2008, 7-8, 1727B.

72 A tale scopo deve considerarne i desideri espressi in precedenza, la personalità, lo stile di vita, le inclinazioni, i valori e le convinzioni etiche, religiose, culturali e filosofiche.

Come precisato dalla giurisprudenza, il tutore deve farsi “porta–

voce” del rappresentato, “nulla di più e nulla di meno”116.

Il tutore nell’esprimere il consenso esercita un ruolo di natura personale che impone di tenere conto della personalità dell’interdetto; nell’esprimere il consenso al trattamento medico per il soggetto rappresentato, il tutore deve tener conto dell’opinione che questi è in grado di esprimere, o che ha espresso prima della perdita della coscienza.

La realizzazione del miglior interesse dell’incapace nelle decisioni sanitarie implica l’attuazione del suo diritto alla salute, e il rispetto della sua dignità e libertà, nell’interesse dell’ incapace; perciò la decisione del tutore non può che basarsi su tutti gli elementi che è possibile rintracciare riguardo la personalità e la visione della vita dell’interessato117.

I due principi ai quali si deve rivolgere il tutore nella sua scelta “con” l'incapace devono essere, dunque, da un lato preservare e tutelare la vita del rappresentato, dall'altro fare ciò senza trascurare

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Laddove la Suprema Corte impone che l'opzione del tutore non sia libera, ma debba essere espressione del volere presunto dell'incapace, ci si trova di fronte a un “limite di natura logica coessenziale all'espressione del diritto personalissimo di autodeterminazione volitiva orientata al rifiuto delle cure”, che dunque non pare porsi “in contrasto con il principio di uguaglianza, ma piuttosto realizzarlo”. Cosi si esprime il decreto n. 88 del 2008 della I sezione civile della Corte d'appello di Milano.

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Secondo NIVARRA, “nel caso Englaro, il consenso informato viene, nella sostanza, trasformato nella interpretazione che della visione del mondo della persona interessata è facultato a fornire il tutore ed è quindi tale soggetto il solo a decidere quale peso attribuire alla volontà presunta del paziente; e se la soluzione adottata dalla Cassazione può apparire preferibile nella misura in cui sembra ripristinare l'alleanza terapeutica, sia pure per interposta persona, essa, però, presenta il grave inconveniente di lasciar credere che l'autonoma iniziativa del tutore, in tesi ispirata al canone del best interest del paziente, sia la stessa cosa del consenso informato”; Autonomia (bio)giuridica e tutela della persona, in Europa e dir. priv., 2009, 03, 719.

73 l'idea di dignità dallo stesso manifestata prima di cadere nello stato di incoscienza118.

Nel caso esaminato, viene previsto un controllo di legittimità sull’istanza avanzata dal tutore nell'interesse dell'incapace e si estrinseca nell'autorizzare o meno la scelta compiuta dal tutore.

Si può affermare in via generale che il consenso all'interruzione del trattamento vitale, in quanto assimilabile in sede di volontaria giurisdizione agli atti di straordinaria amministrazione (art. 375 del codice civile), deve essere autorizzato dal Tribunale; ciò non esclude che, nella diversa sede contenziosa, ovvero di accertamento dell'illiceità del rifiuto da parte dei sanitari di dare corso all'indicazione del legale rappresentante di interrompere la terapia salvavita, il giudice possa fornire ogni tutela specifica anche condannatoria, così ponendosi anche tale soggetto in una posizione di garanzia nei confronti del soggetto rappresentato119.

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