MACROREGIONE ADRIATICO – IONICA
6.1 IL RUOLO DELL’UE NELLA GESTIONE DELLE CONTROVERSIE TRA STAT
Introduzione
Secondo l’art. 33 della Carta delle Nazioni Unite, nel diritto internazionale attuale sussiste l’obbligo per gli Stati di risolvere pacificamente le controversie che insorgono tra loro, specialmente quelle che possono mettere in pericolo il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Per tale fine è esplicitamente menzionato il ricorso ad organizzazioni o accordi regionali; per cui si può sostenere che l’ONU e le altre organizzazioni regionali costituiscano un unitario sistema volto alla soluzione pacifica delle controversie internazionali.261
Dal secondo dopoguerra ad oggi è notevolmente aumentato il numero di organizzazioni ed accordi regionali che contemplano proprio la soluzione pacifica delle controversie, e fra queste un ruolo importante è stato svolto, e continua ad essere svolto, dall’Unione Europea. Il ruolo di tali realtà regionali è stato utile, non solo in materia di soluzione delle controversie già esistenti, ma anche di prevenzione di esse e di attività atte a favorire lo stabilimento della pace al termine di un conflitto, soprattutto nella fase post Guerra Fredda. Nello specifico va sottolineato come il ruolo dell’UE sia stato particolarmente indirizzato, non solo alla soluzione delle controversie fra Stati membri e soggetti alle stesse normative comunitarie, ma anche alle controversie fra Stati membri e Stati non membri, le quali costituivano seri problemi di stabilità e pace ai confini europei.
Le procedure di allargamento europeo hanno generato, soprattutto dopo la Guerra Fredda e la dissoluzione jugoslava, sostanziali difficoltà in determinate relazioni tra Stati. In questo paragrafo saranno richiamate le particolari controversie tra Italia e Slovenia riguardo i territori di Dalmazia, Istria e Fiume, e tra Slovenia e Croazia riguardo la questione della Baia di Pirano. Queste controversie sono il frutto di complessità legate alle politiche balcaniche degli anni Novanta, ma che hanno
261 Leonardo Pasquali, La soluzione delle controversie fra Stati membri dell’Unione Europea, in:
Marcello Di Filippo (a cura di), Organizzazioni regionali, modello sovranazionale e metodo
cercato risoluzione attraverso il crescente ruolo dell’Unione Europea nella regione.262 Il potere di trasformazione dell’UE e la diffusione di strumenti politici mirati, anche al di là dei confini europei, hanno favorito sviluppi nella risoluzione di specifiche controversie tra Stati. Nel caso italo-sloveno si può notare l’evidente effetto trasformativo che l’integrazione europea ha provocato sulla posizione italiana, mentre nel caso croato-sloveno l’UE ha cercato di favorire una soluzione bilaterale alla questione.
La risoluzione giudiziale delle controversie tra Stati membri
Parlando di risoluzione giudiziale delle controversie tra Stati membri dell’Unione Europea si deve fare riferimento alle disposizioni contenute nei Trattati istitutivi. I principi fondamentali sono quelli in oggetto all’art. 344 TFUE, il quale dispone che “gli Stati membri si impegnano a non sottoporre una controversia relativa all’interpretazione o all’applicazione dei trattati a un modo di composizione diverso da quelli previsti dai trattati stessi”, e in oggetto all’art. 259 TFUE, il quale recita: “ciascuno degli Stati membri può adire la Corte di Giustizia dell’Unione Europea quando reputi che un altro Stato membro ha mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù dei trattati”.
Da questa premessa risulta evidente come l’ordinamento comunitario sia molto più simile alle procedure di diritto interno piuttosto che a quanto avviene nel diritto internazionale. L’esistenza di un organo sovranazionale così sviluppato e competente come la Corte di Giustizia, rende l’idea del grado di evoluzione raggiunto dall’ordinamento giuridico dell’UE. Tutto ciò è inoltre sottolineato dal divieto per gli Stati membri di adottare contromisure nei confronti dello Stato membro accusato di violazione del diritto dell’Unione senza prima aver sottoposto la controversia alle procedure previste dai Trattati. Lo Stato membro deve quindi agire in seno all’Unione Europea utilizzando le opportune procedure previste dal diritto comunitario.263
262 Andrew Geddes, Andrew Taylor, Those Who Knock on Europe’s Door Must Repent? Bilateral
Border Disputes and EU Enlargement, working paper, Università di Berlino, 2013.
263 Leonardo Pasquali, La soluzione delle controversie fra Stati membri dell’Unione Europea, in:
Marcello Di Filippo (a cura di), Organizzazioni regionali, modello sovranazionale e metodo
Qualora si ritenga che uno Stato membro dell’UE abbia infranto uno dei suoi obblighi derivanti dai Trattati, esso può essere chiamato a rispondere di fronte alla Corte di Giustizia, su iniziativa della Commissione (art. 258 TFUE) o di uno Stato membro (art. 259 TFUE). Si apre così la cosiddetta procedura per infrazione. Nella prassi, l’ipotesi più frequente tra le due è quella che vede titolare della legittimazione attiva la Commissione, la quale svolge in questa circostanza la sua funzione di organo preposto alla vigilanza sul rispetto del diritto UE da parte degli Stati membri. In entrambi i casi, comunque, la procedura si compone di due fasi collegate tra loro. La prima è la cosiddetta fase pre-contenziosa, il cui scopo è quello di favorire la risoluzione pacifica della controversia, attraverso un procedimento diplomatico con cui la Commissione chiede che gli Stati interessati presentino le proprie osservazioni scritte in modo da accertare la realtà dei fatti e promuovere una soluzione comune.264 Dopodiché la Commissione può formulare un “parere motivato”, tuttavia privo di carattere vincolante, ma con il quale indica allo Stato il termine entro cui rimuovere l’infrazione in oggetto. Nel caso in cui lo Stato non si conformi a tale parere entro il termine indicato, la Commissione può chiamare in causa la Corte di Giustizia e avviare la fase contenziosa vera e propria (art. 260 TFUE).
Nella fase contenziosa, qualora la Corte riconosca che uno Stato membro non ha adempiuto ad uno degli obblighi ad esso incombenti secondo la disciplina dei Trattati, tale Stato è tenuto a prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza comporta.265 La Corte si limita dunque ad accertare o meno l’esistenza dell’infrazione da parte dello Stato; nel caso in cui esso continui a perdurare l’inadempienza, la Commissione può a questo punto chiedere l’applicazione nei confronti dello Stato del pagamento di una somma forfetaria o di una penalità indicata dalla Commissione e ritenuta adeguata alle circostanze da parte della Corte.266
264 Antonio M. Calamia, Manuale breve di diritto dell’Unione Europea, Roma, Giuffrè, 2012, pp.
162-163.
265 Ivi, p. 164.
266 Le modalità di calcolo della sanzione devono tenere conto della durata, della gravità dell’infrazione
La risoluzione diplomatica delle controversie tra Stati: il caso italo-sloveno e il caso sloveno-croato
Va innanzitutto sottolineato che né nel TUE né nel TFUE vi è alcuna previsione esplicita di carattere generale di un ruolo dell’Unione o delle sue istituzioni nella risoluzione per via diplomatica delle eventuali controversie fra i suoi Stati membri. Il raggiungimento della pace è comunque il principale obiettivo che nel lontano 1950 si prefissò Robert Schuman e che si ritrova al giorno d’oggi come fondamento dell’attuale Unione Europea. Nel corso degli anni un forte incentivo al raggiungimento della pace è stato soprattutto il graduale processo di integrazione, il quale costituisce anche uno stimolo importante, per uno Stato che aspiri ad entrare nella comunità, a risolvere pacificamente le controversie che eventualmente già esistono tra se e gli altri Stati membri.
Parlando di controversie, importante è stato il contributo e il ruolo dell’Unione Europea nella risoluzione di quelle presenti nei territori della ex- Jugoslavia dopo gli eventi bellici degli anni Novanta e nel processo di stabilità avviato per l’intera regione balcanica.
A seguito della crisi del Kosovo, l’UE decise di avviare una nuova strategia per i Balcani Occidentali. In occasione del Consiglio Europeo di Colonia del 10 giugno 1999 fu sottoscritto il Patto di Stabilità per l’Europa Sud-Orientale, il quale istituì una strategia globale per la prevenzione dei conflitti basata su un approccio regionale.267 Tale Patto costituisce dunque un quadro entro cui promuovere la cooperazione regionale e facilitare l’integrazione dei Paesi dei Balcani Occidentali nelle strutture comunitarie. Frutto di tale strategia fu l’avvio della stipulazione degli Accordi di Stabilizzazione e Associazione (ASA) fra i singoli Stati aspiranti candidati e l’Unione Europea; tali trattati sono atti a facilitare e permettere ai singoli Paesi balcanici il graduale avvicinamento agli standard europei, in vista dell’associazione e con future prospettive di adesione, facendo anche esplicito riferimento ai famosi criteri di Copenaghen.
Particolarmente interessanti nella nostra analisi sono i casi italo-sloveno e croato-sloveno. Di quello italo-sloveno si è già più volte parlato nel corso del
267 Per un approfondimento riguardo il Patto di Stabilità per l’Europa Sud-Orientale si rimanda al
presente lavoro ed esso è dovuto principalmente allo storico dibattito italo-jugoslavo riguardo i confini, il quale ha portato poi conseguenze anche con la Slovenia in materia di beni abbandonati e tutela delle minoranze. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale circa 350000 italiani lasciarono i territori di Dalmazia, Istria e Fiume, mentre le loro proprietà e possedimenti furono nazionalizzati dalla Jugoslavia di Tito.268 Con il Trattato di pace di Parigi del 1947 l’Italia cedette alla Jugoslavia Zara,
l’isola di Pelagosa, la città di Fiume e la maggior parte della penisola istriana. Nel 1954, con il Memorandum di Londra, la Jugoslavia restituì Trieste all’Italia. Il passaggio successivo si ebbe nel 1975 con il Trattato di Osimo e i successivi protocolli, con i quali si cercò di definire e concludere le questioni in atto con la Jugoslavia. Tali questioni riemersero a seguito dell’indipendenza slovena, ma mentre quella riguardante la tutela delle minoranze fu risolta su un piano di collaborazione più bilaterale nel corso degli anni Novanta, quella riguardante i beni abbandonati dagli esuli italiani fu risolta solo all’interno del quadro comunitario e in seguito soprattutto alla firma slovena dell’Accordo ASA con l’UE nel 1996.
Particolarmente interessante è anche la controversia croato-slovena. La Croazia presentò domanda di adesione all’UE il 21 febbraio 2003. La Commissione Europea già nell’aprile 2004 riconobbe che la Croazia soddisfaceva sia i criteri politici stabiliti a Copenaghen nel 1993 che le condizioni del processo di stabilizzazione e associazione definite nel 1997, ma il cammino verso l’effettiva adesione fu rallentato nel 2005 in quanto la Croazia fu ritenuta colpevole di scarsa collaborazione col Tribunale penale per la ex-Jugoslavia riguardo la cattura del generale croato Ante Gotovina, accusato di gravi crimini internazionali.269 Successivamente però la Croazia si trovò ad affrontare l’opposizione slovena, con cui fin dal 25 giugno 1991 era in aperto contrasto per la definizione dei confini fra i due Paesi, in particolar modo la controversia riguardava il confine marittimo in corrispondenza della Baia di Pirano.270 La questione riguarda per lo più la richiesta
slovena di accesso diretto alle acque internazionali, in modo da non dover transitare
268 Per dettagliati approfondimenti si rimanda al Capitolo II, par. 2.2.
269 Leonardo Pasquali, La soluzione delle controversie fra Stati membri dell’Unione Europea, in:
Marcello Di Filippo (a cura di), Organizzazioni regionali, modello sovranazionale e metodo
intergovernativo: i casi dell’Unione Europea e del Mercosur, op. cit., p. 89, in part. p. 114.
270 Della controversia croato-slovena riguardo la Baia di Pirano si è già parlato nel Capitolo II, par. 2.2
dalle acque territoriali croate o italiane. Nel 2008 la presidenza di turno francese avanzò una proposta di mediazione, la quale fu accolta con positività dalla Croazia ma non dalla Slovenia. Per sbloccare tale situazione di stallo e far venir meno il blocco sloveno alla richiesta di adesione croata, fu necessario ricorrere alla mediazione dell’Unione Europea e degli Stati Uniti, grazie a cui si giunse, il 4 novembre 2009 a Stoccolma, alla sottoscrizione di un accordo di arbitrato da parte dei primi ministri sloveno e croato per raggiungere una decisione definitiva riguardo la definizione dei confini tra i due Paesi. La corte arbitrale era chiamata a stabilire la linea di confine terrestre e marittimo tra i due Paesi, applicando il diritto internazionale, i principi di equità e buon vicinato e tutte le altre circostanze ritenute pertinenti; tuttavia si prevedeva anche che le due parti avrebbero potuto accordarsi per una risoluzione bilaterale della questione. Tutt’oggi la questione manca ancora di una sua definizione certa, ma il recente ingresso croato nell’UE porta anche la stessa Slovenia a sperare in una risoluzione della controversia all’interno del quadro comunitario.