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LE TRAGEDIE DI LEONARDO CINNAMO

V. 2 «Lo farò madre, sì lo farò»: la pietà nel Melitone.

VI.2 Santo Eudossio

[C.1r]

SANTO/ EUDOSSIO/ TRAGGEDIA/ DEL / P.LIONARDO CINAMI/

Della Compagnia/ di Giesù/ ANNO DNI 1647

[C.2r]

Interlocutori

Prologo

Teseo, Ippolito, Coro d’ Angeli Alessio, Callisto (figli d'Eudossio)

Eudossio Coro di Martiri

Basilissa (moglie d'Eudossio) Macario (figlio di Zenone)

Arbogasto

Dorilo, Corisco, Eschilo, Palemone (pastori) Lucio, Sergio, Longino (soldati)

Zenone

[C.2v]

Coro d'Angeli Coro de' Cristiani

Messo Preside Coro di soldati

Primo intermezzo S. Francesco Saverio Coro d'Angeli Secondo intermezzo S. Francesco Saverio Coro d’ Indiani Coro d’ Angeli

[C.3r]

Prima del prologo

Occhi miei lagrimosi Volgetevi alle stelle

O quanto son leggiadre, o quanto belle. T’inchino, e ti saluto

Centro de miei desiri [5] Porto de miei sospiri

Mia speme, e mio diletto amico Cielo. Teatro di bellezza,

Pelago di dolcezza,

Campidoglio d’eroi, campo d’onore, [10] Tempio di trionfanti,

Bella piazza d’amor, nido d’amanti. Le stelle vostre o Cieli

Sono accesa fornace

Che mi lanciano al cor più di una face. [15] Ahi ch’ardo, e mi consumo,

E se non moro a così nobil foco Il Ciel ch’à se m’invita

Sol con la vista sua mi tiene in vita.

[C.3v]

Ma mentre è fiamma il petto [20] Vengono in giù da lumi

Due dolorosi fiumi E ‘l core è tutto amore, Gl’occhi tutto dolore

Quanto cresce il desio [25] Tanto si fa maggior l’affanno mio;

Voglio poggiarmi, ohimè, ma non ho l’ali. Chi scioglie la catena

A lo spirto amoroso, [30] E chi mostra il sentiero

Al piede generoso,

Qual è ‘l calle più dritto al santo Colle? Additatemi voi

Spirti celesti, e gloriosi eroi. [35] Veggo già veggo un non so che traluce

Amor con la sua face,

Sol m’è scorta pietosa, e sol m’è duce.

[C4r]

La generosa via

Seminata di rose [40] Belle sì, ma pungenti, e dolorose.

Chiunque vi s’invia Accoglie al nostro petto

Un’alma generosa un cor eletto.

Si dice sier di latte [45] Quel che mena nel Cielo

Vaghissimo sentiero,

Latte, latte non è, ma sangue nero. Correte in questo petto

O strali penetranti, [50] Piombate in questo collo

O spade fulminanti Ch’à quel seno di pace Menano le contese

A quel fonte di riso il pianto adduce [55] Che a la reggia di vita

[C5v]

Prologo

Teseo, Ippolito, Coro d’ Angeli. Teseo è menato legato dal fratello.

[Teseo]

Dove si trovano fratelli così barbari? in questo modo mi tratti, crudelissimo Ippolito.

Ippolito

Dove si trovano persone così sciocche? e non ti vergogni Teseo d’appellar questo crudeltà?

Teseo

Dopo così grand’ingiuria questo vi resta c’habbia da stimar piacevolezza l’esser ligato.

Ippolito

E tu hai ardir di dirmi, che non è cortesia questa che uso con te?

Teseo

Io sto per uscir di me. Da un fratello, e fratello tanto servito e tanto amato da me son fatto schiavo, e menato incatenato, e mi s’usa cortesia? dove siamo, fra Sciti, e fra Tartari, o pure fra Greci e Romani?

Ippolito

Mi dispiace che non vi sono uomini che veggano questo fatto; sciocco e senza giudicio, confessa in publico, e di per qual cagione t’ho così ligato, e vedrai se quest’alberi, e questi sassi medesmi ti daranno torto.

Teseo

Ippolito

Voi ricreatione?

Teseo

Io, io.

Ippolito

Poiché non volete dirlo voi, lo dirò io. T’ho preso perché volevi far quello che non havrebbe fatto una bestia.

Teseo

Agli oltraggi di prima aggiungi questo di più, m’hai disturbato tutti i contenti, m’hai ligato et ora m’ingiurii.

Ippolito

Ma dall’altro canto io non so come difendermi; è [...] che tu possa [C.6r] chiamar contenti, e sollazzi quelli che stavi per prenderti. Dimmi per cortesia.

Teseo

Che cosa?

Ippolito

Non volevi tu buttarti in un pozzo? Et io t’ho ligato, acciò che non ti precipitassi, e ti lamenti di me.

Teseo

Questo solo dici, e non conti il resto?

Ippolito

Io non ho altro che raccontare, se non che venuti tutti due a caccia in questa selva tu seguisti una fiera, et io fui tirato da un altra, e disviatici fra questi alberi, finalmente ti

vidi da lontano, ti chiamai, tu non volesti rispondere, corsi per ritrovarti, e ti viddi estatico, e come fuori di te cogl’occhi gonfi di lagrime, e colle labbra piene di riso, p[ri]ma steso in terra, e poi drizzato in piedi sopra l’orlo d'uno, non so se sia pozzo, o caverna,in atto [C.6v] già de precipitarti. Io giunsi a tempo stimai che fusse pazzia, come era in effetto, ti ligai per tenerti, et ora tu ti lamenti, e ‘l sommo beneficio stimi che sia stratio, crudeltà,fierezza, empietà.

Teseo

E come non ho forse raggione? tu m’hai levata tutta la mia felicità tu m'hai disturbato tutte le mie allegrezze, tu m’hai rubbato il mio Paradiso, et non hai voluto che corressi dove era tutto il mio bene, e dove solo poteva esser beato.

Ippolito

O Teseo e pur seguiti a freneticare? se tu raggioni sempre così non meritaresti d’esser sciolto giamai.

Teseo

Odimi, e vedi s’io frenetico.

Ippolito

T'odirò, ma temo c’habbia da dire qualch’altra pazzia più grossa delle [C.7r] passate.

Teseo

Dopo che fummo divisi dalle fiere, che tu sai, quella fiera che toccò a me mi si dileguò subito dagl'occhi; caminai un pezzo solo per ritrovarti,ma il Cielo non mi fece questa gratia per farmene un altra maggiore.

Ippolito

Teseo

Attendi per cortesia, né prender a scherno cose di sommo momento.

Ippolito

Seguita ch’attendo.

Teseo

Prima viddi un uomo, che con gran riverenza stava buttato a terra innanzi ad un albero, e gli raggionava.

Ippolito

Non ho detto io, ch’era qualch’altra pazzia. Che maggior sciocchezza può ritrovarsi, che parlar co i tronchi, e cogl’alberi?

[C.7v]

Teseo

E quel ch’è di maggior maraviglia l’albero non so come, favellava, e gli rispondeva. Mentre io di lontano stavo attonito a questo spettacolo venne un soldato, e l’albero subbito s’ammutolì, e quegli che gli ragionava si pose per timore a fuggire.

Ippolito

E questo soldato chi era?

Teseo

Non occorre ch’io lo descriva perché lo conosci. O aspetto! O maiestà! O portamento! O animo più celeste, che umano! È il valoroso Conte Eudossio il quale (et io non ancor lo sapeva) lasciati i sommi gradi della militia sta rintanato con la moglie Basilissa e coi figli in un antro di questa selva, mi vide, mi riconobbe, e volendo io adorare, e la sua antica autorità, e gloria militare, e la presente santità,[C.8r] non lo permise, m’alzò da terra, m’abbracciò, mi ritirò da quel luoco che egli chiamava infame, perché quell’albero era incantato, e quell’uomo fuggito, era un crudelissimo stregone. Mi

aggiunse di più, che era gionto a tempo a vederlo perché sperava che quel giorno fusse l’ultimo di sua vita.

Ippolito

Ohimè che mi conti?

Teseo

Io ancora a questa novella sentii con una spada passarmi il core. Ma egli mi consolò con dirmi che moriva per Cristo, e che questa morte era somma gloria, e sommo diletto, e che era ambita ancora dalla moglie, e da figli, e che per aviso divino sapeva dover haverci compagni Zenone suo fratello, e Macario, suo nipote. In tanto io piangeva a queste parole, et egli [C.8v] mi conzolava, e finalmente per darmi un saggio della gloria, che stava aspettandolo mi menò in quel pozzo, dove tu mi trovasti.

Ippolito

Vorrei che seguissi a ragionarmi d’Eudossio, ma voglio p[rim]a che mi racconti che cosa ti spingeva a buttarti dentro.

Teseo

Mi disse Eudossio che in quel luoco erano stati buttati cento martiri suoi compagni, e che vi haverebbe da riposar ancor egli dopo la morte. In aprirlo vidi uscirne dal fondo. O vista che mi fai beato solo in penzarvi!

Ippolito

Di' presto che cosa n’uscì?

Teseo

N’uscì un splendor così grande che ‘l sole di mezzo giorno è oscuro al suo paragone, e poi una fragranza tanto soave, che pareva che tutti gli odori d’Arabia fussero insieme confusi, e corressero [C.9r] a conzolarmi. Non ho detto nulla, un'altra cosa vi fu, che mi fece uscir di me stesso.

Ippolito

Più degna di queste?

Teseo

Non so se le sirene del Cielo cantano così dolcemente, n’uscirno voci tali che mi fecero uscire di me. Eudossio vi saltò dentro perché il luoco non è troppo profondo, et io già stavo per far l’istesso, quando giungesti tu e mi ligasti per levarmi il mio Paradiso.

Ippolito

Se così è fratello cariss[i]mo, hai ben raggione di querelarti di me, ritorniamoci insieme, e lascia ch’ancor io goda per qualche poco di tante delitie.

Teseo

Andiamo o felice me se son fatto degno di nuovo di udir quelle voci: Ippolito già vi siamo, qui mi ligasti, siamo [C.9v] a tempo non è finita la musica.

Ippolito

Teseo, e dove son gionto?

Coro d’Angeli

Cantano dentro il sepolcro

Felice quella vena Che per Giesù si svena, Fortunato quel core Che pò sentir dolore,

E beato quel petto [5] Ch’è si costante, e forte

Che ride alle ferite, et alla morte. Il fior di Primavera,

La porpora più ardente, [10] E l’ostro più lucente,

Gloriosissimo coro,

Perdono [...] il tuo sangue il preggio loro. Belle stille sanguigne

[C.10r]

Vini rubini amanti [15] Animati piropi, e fulgoranti,

Le celesti maremme

Non han di voi più pretiose gemme. Generose ferite,

Caratteri celesti [20] E felice trapunto, al cui lavoro

Fece Amor del suo strale Nobil ago immortale. Il ciel non mostra freggio

Ch’habbia di voi più lode, e maggior preggio. [25] A che servi, a che vali

O momento volante

Leggerissimo corso ombra incostante Breve vita mortale

Nulla sei, ma se vuoi

Farti grande più tu coi danni tuoi. [30] Felice quella vena

Che per Giesù si svena.

[C.11r]

ATTO PRIMO