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La passerella ternana Tripod ha evidenziato in generale un buon comportamento dal punto di vista delle vibrazioni sia da distacco di vortice che da carico pedonale. Salvo quindi qualche caso particolare su cui occorre focalizzare l’attenzione, il ponte è in grado di mantenere un livello di comfort che può essere considerato, in una visione complessiva, accettabile. Tuttavia, se si osservano nello specifico i risultati ottenuti nei precedenti capitoli, è chiaro come ci siano alcuni punti deboli su cui andare a lavorare, in maniera più o meno incisiva da caso a caso. Questo è necessario poichè l’opera rappresenta un punto di riferimento importante per la città di Terni ed in generale la regione, ed è necessario che risponda in maniera adeguata in uno spettro di situazioni il più ampio possibile. La nostra volontà è dunque quella di dotare la passerella di un adeguato comportamento per una serie di situazioni scelte in maniera ragionata nel seguito.

Come osservato al paragrafo 3.5, quando si parla di problemi di comfort è possibile intervenire in vario modo, a seconda delle esigenze. In generale, si possono prevedere:

• revisioni del progetto;

• installazione di dispositivi per il controllo della risposta.

Studiando la fattibilità di tali interventi per la nostra passerella, possiamo immediata- mente concludere che la prima soluzione non risulta fattibile, e ci sono due questioni importanti a sostegno di questa tesi. Il primo è di carattere architettonico: per opere di questo tipo non è infatti possibile allontanarsi eccessivamente dai vincoli estetico- dimensionali imposti dall’architetto, anzi è spesso necessaria una intermediazione fatta di compromessi e revisioni, in cui spesso è il progettista delle strutture che deve essere capace di rimanere all’interno dei confini che gli vengono imposti. Dunque, interventi come l’incremento di sezioni resistenti, la variazione dello schema statico o l’appesanti- mento della struttura sono sicuramente da escludere, così come qualsiasi soluzione che porti a modifiche nella sagoma della struttura.

La seconda questione è di carattere tecnico: si vede infatti come le carenze siano inerenti la risposta sia orizzontale che verticale, quindi occorrerebbe, a seconda del

11.1. Scelta della tipologia di intervento 148 modo, irrigidire o rendere più deformabile la struttura. E’ chiaro come non sia facile operare in questi termini, ovvero prevedere interventi che funzionino in maniera indi- pendente su ciascun modo. Per la direzione trasversale poi è possibile giocare soltanto soltanto sul diamentro dei controventi di piano, ma in questo modo i guadagni sulle frequenze crescono più lentamente di quanto non aumentino le sezioni trasversali.

Inoltre, dal punto di vista del distacco di vortice, prevedere un intervento che sia, ad esempio, di riduzione della frequenza, significa spostarsi verso velocità del vento più probabili e quindi accrescerne la suscettibilità. Oltre ciò poi si vanno a modificare alcune caratteristiche della struttura che magari era necessario conservare per assolvere adeguatame ad altri compiti, come quello di limitare l’inflessione sotto carichi statici.

Sulla base di queste considerazioni si sceglie dunque di operare attraverso dispositivi di controllo della risposta, che in generale possono essere di tipo:

• passivo; • attivo.

I primi sono definiti passivi in quanto non necessitano di energia per operare. Essi risultano quindi molto affidabili e si basano su di un concetto molto semplice, ovve- ro quello di ridurre la risposta della struttura mediante un movimento in contro-fase della loro massa. Questi dispositivi si distinguono in TMD (Tuned Mass Damper) o TLD (Tuned liquid damper) a seconda del tipo di massa oscillante utilizzata: i primi prevedono una massa "morta" opportunamente tarata e solidarizzata alla struttura mediante un sistema di molle ed eventualmente di smorzatori, i secondi fanno uso del movimento basculante di un liquido all’interno di serbatoi e dell’azione di frangimen- to dello stesso sulle pareti del contenitore. In quest’ultimo caso i valori di rigidezza e smorzamento dipendo dalla forma del contenitore e dalla quantità di liquido. La particolarità di questi dispositivi risiede nel fatto che funzionano unicamente per la frequenza sulla quale sono accordati, quindi se il range su cui lavorare riusulta troppo ampio occorre prevederne più di uno.

Un rimedio a questo inconveniente viene fornito dai dispositivi di controllo attivo i quali frniscono un contributo funzione del tipo di eccitazione che subisce la struttura istante per istante. Il controllo nel tempo della massa avviene mediante attuatori i quali per funzionare necessitano appunto di alimentazione continua.

Sebbene l’efficienza dei dispositivi di tipo attivo sia elevata, sopratutto perchè si riesce a coprire con pochi apparecchi un range ampio di frequenze, non si ritengono un intervento idoneo per il tipo di struttura con cui abbiamo a che fare. Innanzitutto per l’impegno che una loro progettazione ed installazione richiederebbe, in relazione al tipo di problema che si va a fronteggiare. In seconda battuta, nel seguito vedremo che abbiamo necessità di intervenire in posizioni e direzioni differenti della struttura, e da questo punto di vista il massimo della duttilità lo otteniamo con i TMD, i quali possono essere valuati in maniera essenzialmente indipendente da un modo all’altro. Quelli attivi lavorano infatti molto bene, ad esempio, in sommità degli edifici, dove

è semplice farli intervenire per movimenti nel piano. Nel nostro caso prevedere un settaggio che, in un dato punto della struttura, permetta un loro funzionamento in direzione verticale e trasversale, appare alquanto difficoltoso.

Si procede quindi con la scelta dell’utilizzo di TMD, che caratterizzaremo nei successivi paragrafi.